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HANS KÜNG E LE RIFORME DELLA CHIESA

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Messaggio Da spe salvi Dom 25 Mag 2008, 22:46

da Avvenire del 23 maggio 2008
GIANNI CARDINALE


Ieri il teologo svizzero Hans Küng ha fatto conoscere, trami­te una lunga intervista su 'Re­pubblica', la sua delusione nei con­fronti dell’attuale pontefice che, tra l’altro, non avrebbe fatto le riforme necessarie per la Chiesa.

Ma è pro­prio così? Benedetto XVI appena in­sediato sul soglio di Pietro ha rifor­mato le cerimonie di beatificazione e canonizzazione, nel senso che le prime vengono ora celebrate nelle diocesi di appartenenza dei nuovi beati e da un cardinale demandato all’incarico dal Papa (di norma dal prefetto del cardinale dell’apposito dicastero pontificio), mentre le se­conde rimangono riservate al Papa.
Questa piccola ma significativa riforma implica una maggiore valo­rizzazione delle Chiese locali, rende più evidente che l’infallibilità ponti­ficia non riguarda le beatificazioni, ma - secondo l’opinione teologica prevalente - le sole canonizzazioni, e - perché no - evita anche tentazio­ni di natura affaristica.

Un altro punto in cui il Papa ha impresso u­na marcia in più è stato nel contra­sto del fenomeno degli abusi ses­suali da parte di persone consacra­te. E i bene informati sanno come in questa linea particolarmente in­transigente il Papa abbia dovuto su­perare le obiezioni 'garantiste' che pure non erano mancate nella Cu­ria romana. A proposito della quale poi, in tre anni di pontificato papa Ratzinger ha cambiato i vertici della Segreteria di Stato, 4 prefetti e 4 se­gretari (su 9) di Congregazione, 4 presidenti (su 11) dei Pontifici Con­sigli. E lo ha fatto senza privilegiare, come avveniva in passato, persona­lità provenienti dalla carriera diplo­matica (e questo dovrebbe essere particolarmente apprezzato dai pensatori alla Küng…), e garanten­do una pluralità di sensibilità (tanto che in Curia oggi si possono conta­re figli spirituali del cardinal Siri, ma anche di padre Turoldo…). Certo non c’è stata quella riforma com­plessiva della Curia romana che qualcuno, soprattutto i media e non si sa con quanto fondamento reale, si aspettava.

Ma forse papa Benedetto XVI non ha puntato molto il suo pontificato su massive 'riforme istituzionali', in fondo c’e­rano già state con Paolo VI e Gio­vanni Paolo II, ma sulla trasmissio­ne dell’essenziale dei contenuti del­la fede cristiana attraverso i docu­menti solenni come le encicliche sulla carità e sulla speranza, infor­mali come il libro su «Gesù di Naza­ret », senza contare le catechesi del mercoledì e le omelie più solenni (anche se forse gli interventi più ef­ficaci del Papa sono stati quelli in cui sollecitato dalle domande di giovani, seminaristi o sacerdoti, ha risposto 'a braccio').

Benedetto X­VI poi ha reintrodotto la regola ob­bligatoria dei due terzi per l’elezio­ne del Papa e ha innovato i regola­menti del Sinodo introducendo il dibattito. E ha proseguito il dialogo ecumenico e quello interreligioso, sempre avendo l’ermeneutica della continuità come griglia interpreta­tiva del Concilio Vaticano. In questo senso ha emesso il 'motu proprio' che ha liberalizzato l’uso del messa­le pre-conciliare, ma allo stesso tempo ha detto chiaramente ai le­febvriani che sulla questione della libertà religiosa e del dialogo ecu­menico e religioso, appunto, non si torna indietro.

Certo, Benedetto XVI non ha fatto le riforme che piace­rebbero a Küng e a chi la pensa co­me lui: ad esempio non ha abolito il celibato sacerdotale, non ha cam­biato la dottrina morale cattolica tradizionale espressa dall’«Huma­nae vitae», e neanche le norme che regolano le nomine dei vescovi. Ma è difficile pensare che i cardinali che hanno eletto, rapidamente e ­per i cattolici - con l’assistenza dello Spirito Santo, Ratzinger, pensassero che queste riforme fossero necessa­rie per la Chiesa. È lecito poi dubita­re che siano avvertite come tali dal­la stragrande maggioranza dei fede­li che partecipano abitualmente al­la santa messa o dei fedeli che con­servano un legame, seppur flebile, con la Chiesa in cui sono stati bat­tezzati. E soprattutto, è proprio si­curo Küng che queste riforme siano proprio quello che il buon Gesù vuole dalla Sua Chiesa?


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