Eluana Englaro
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Eluana Englaro
Ufficio per la Famiglia e la Vita
Carissimo Confratello,
dopo la recente sentenza della Corte di Cassazione che autorizza a sospendere l'alimentazione artificiale che tiene in vita Eluana Englaro, vogliamo intensificare la nostra preghiera personale e delle nostre Comunità attraverso Veglie, Rosari, Sante Messe, affinchè il Signore, per intercessione di Maria Salute degli infermi, ci aiuti a compiere la Sua Volontà; ci uniamo così alla preghiera di tante persone che vivono con grande amarezza questi momenti così tragici, ma che non hanno perso la speranza nel Signore della vita.
Allego la traccia del "Rosario meditato" che è stata seguita questa estate nella veglia del 30 luglio u.s.: è una semplice proposta di preghiera che può essere sostituita dalla lettura e meditazione di brani tratti dal Vangelo, soprattutto gli incontri di Gesù con la sofferenza dell'uomo e con la morte (Mc 1,29-31; Mc 2,1-12; Mc 3,1-6; Mt 9,18-26; Lc 13,10-17; Lc 18,35-43; Gv 4,46-54; Mt 27,32-50; Gv 19,25-30...); oppure ancora il Vangelo di domenica prossima sul giudizio finale (Mt 25,31-46): "...ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere [...] ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
Cordiali saluti a te e alla tua Comunità.
don Piero Pigollo
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Comunicato Presidenza CEI
La vita di Eluana Englaro, al cui dramma si è appassionata la coscienza del nostro Paese, è ormai incamminata verso la morte. Mentre partecipiamo con delicato rispetto e profonda compassione alla sua dolorosa vicenda, non possiamo fare a meno di richiamare alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza.
La convinzione che l’alimentazione e l’idratazione non costituiscano una forma di accanimento terapeutico è stata più volte, anche di recente, resa manifesta dalla Chiesa e non può che essere riaffermata anche in questo tragico momento. In tale contesto si fa più urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa, da elaborare con il più ampio consenso possibile da parte di tutti gli uomini di buona volontà.
La Presidenza della CEI
13 novembre 2008
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APPELLO AL GOVERNO ITALIANO PER SALVARE ELUANA ENGLARO
Cari amici,
Vi invitiamo ad aderire ed a promuovere l'iniziativa lanciata dal Movimento per la Vita in occasione del XXVIII Convegno Nazionale dei Centri di Aiuto alla Vita (cfr. Zenit.org, 16 novembre 2008), e chiediamo pertanto ad ognuno di Voi di farsi portatore di un accorato appello al Governo italiano affinché provveda attraverso decretazione d'urgenza - prevista dall'art. 77 della Costituzione Italiana proprio nei "casi straordinari di necessità e d'urgenza" - per impedire che siano interrotte l'alimentazione e l'idratazione di Eluana Englaro.
Se tale interruzione fosse attuata provocherebbe infatti la morte di Eluana in seguito ad una lunga e dolorosa agonia, come avvenne tre anni fa negli Stati Uniti d'America ai danni di Terry Schindler Schiavo.
Oggi è in Italia ad essere in pericolo la vita di una giovane donna che, da qui a pochi giorni, potrà essere lasciata morire di fame e di sete con l'avallo dei giudici, sulla base di sue presunte dichiarazioni rilasciate oltre sedici anni fa.
Non è sufficiente limitarsi a stigmatizzare tale gesto sui maggiori quotidiani nazionali, o tramite interviste e comunicati stampa: togliere la vita - così come permettere che sia tolta - ad una persona innocente ed indifesa, solo perché gravemente malata, é una pratica disumana, inaccettabile in ogni paese che voglia continuare a rientrare nel novero di quelli che rispettano un requisito minimo di civiltà!
La gravità della situazione è tale da determinare l'impossibilità di attendere l'approvazione per via ordinaria di una legge che, per gli inevitabili lunghi tempi previsti dal dibattito parlamentare, - quand'anche fosse totalmente rispettosa del diritto alla vita - sarebbe assolutamente inutile per salvare Eluana.
Non ci si può rassegnare alla fine che sembra prospettarsi per Eluana consolandosi col pensiero che tale disumanità non si ripeterà, nella speranza di poter (forse!) in futuro salvare coloro che si trovano nelle sue stesse condizioni: il popolo italiano attende un segnale forte in difesa del diritto alla vita, diritto inviolabile di ogni essere umano, e non intende rassegnarsi ad abbassare il capo di fronte all'esecuzione capitale di una sua connazionale.
***
Per far pervenire il proprio appello al Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell'attuale Governo è importante scrivere direttamente ai rispettivi recapiti email.
Vi chiediamo pertanto di:
- scrivere il prima possibile;
- scrivere un'email dal contenuto personalizzato, breve e semplice;
- mettere come oggetto del messaggio "Appello per salvare Eluana Englaro";
- indicare sotto il proprio nome e cognome a anche la località da cui si scrive ed il numero di un documento di identità per attribuire più formalità al messaggio;
- inserire la precisazione che ci si aspetta un intervento in difesa della vita di Eluana;
- coinvolgere il maggior numero possibile di persone in questa inizativa.
***
Destinatari: berlusconi_s@camera.it; bonaiuti_p@camera.it; micciche_g@camera.it; info@carlogiovanardi.it; giovanardi_c@posta.senato.it; brambilla_m@camera.it; brancher_a@camera.it; crimi_r@camera.it; balocchi_m@camera.it; fitto_r@camera.it; rotondi_g@camera.it; brunetta_r@camera.it; info@renatobrunetta.it; carfagna_m@camera.it; info@maracarfagna.net; ronchi_a@camera.it; vito_e@camera.it; bossi_u@camera.it; meloni_g@camera.it; calderoli_r@posta.senato.it; frattini_f@camera.it; maroni_r@camera.it; alfano_a@camera.it; alberticasellati_m@posta.senato.it; caliendo_g@posta.senato.it; larussa_i@camera.it; tremonti_g@camera.it; scajola_c@camera.it; redazione@lucazaia.it; prestigiacomo_s@camera.it; matteoli_a@posta.senato.it; sacconi_m@posta.senato.it; viespoli_p@posta.senato.it; ferruccio.fazio@hsr.it; martini_f@camera.it; roccella_e@camera.it; gelmini_m@camera.it; bondi_s@posta.senato.it
Oggetto: Appello per salvare Eluana Englaro!
Testo:
Genti.mi
Presidente del Consiglio
Sigg. ri Ministri e Sottosegretari,
come cittadino italiano chiedo che si provveda attraverso decretazione d'urgenza per impedire che siano interrotte l'alimentazione e l'idratazione di Eluana Englaro:
in caso contrario ne conseguirà la morte in seguito ad una lunga e dolorosa agonia.
Togliere la vita ad una persona innocente, solo perché gravemente malata, è una pratica disumana, inaccettabile in ogni paese che voglia potersi ancora definire civile!
Il popolo italiano attende un segnale forte in difesa del diritto alla vita, diritto inviolabile di ogni essere umano, e non intende rassegnarsi ad abbassare il capo di fronte all'esecuzione capitale di una sua connazionale.
In attesa di un Vostro intervento concreto per salvare Eluana si porgono distinti saluti.
Nome Cognome:
Città:
Numero documento d'identità:
Carissimo Confratello,
dopo la recente sentenza della Corte di Cassazione che autorizza a sospendere l'alimentazione artificiale che tiene in vita Eluana Englaro, vogliamo intensificare la nostra preghiera personale e delle nostre Comunità attraverso Veglie, Rosari, Sante Messe, affinchè il Signore, per intercessione di Maria Salute degli infermi, ci aiuti a compiere la Sua Volontà; ci uniamo così alla preghiera di tante persone che vivono con grande amarezza questi momenti così tragici, ma che non hanno perso la speranza nel Signore della vita.
Allego la traccia del "Rosario meditato" che è stata seguita questa estate nella veglia del 30 luglio u.s.: è una semplice proposta di preghiera che può essere sostituita dalla lettura e meditazione di brani tratti dal Vangelo, soprattutto gli incontri di Gesù con la sofferenza dell'uomo e con la morte (Mc 1,29-31; Mc 2,1-12; Mc 3,1-6; Mt 9,18-26; Lc 13,10-17; Lc 18,35-43; Gv 4,46-54; Mt 27,32-50; Gv 19,25-30...); oppure ancora il Vangelo di domenica prossima sul giudizio finale (Mt 25,31-46): "...ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere [...] ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".
Cordiali saluti a te e alla tua Comunità.
don Piero Pigollo
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Comunicato Presidenza CEI
La vita di Eluana Englaro, al cui dramma si è appassionata la coscienza del nostro Paese, è ormai incamminata verso la morte. Mentre partecipiamo con delicato rispetto e profonda compassione alla sua dolorosa vicenda, non possiamo fare a meno di richiamare alla loro responsabilità morale quanti si stanno adoperando per porre termine alla sua esistenza.
La convinzione che l’alimentazione e l’idratazione non costituiscano una forma di accanimento terapeutico è stata più volte, anche di recente, resa manifesta dalla Chiesa e non può che essere riaffermata anche in questo tragico momento. In tale contesto si fa più urgente riflettere sulla convenienza di una legge sulla fine della vita, dai contenuti inequivocabili nella salvaguardia della vita stessa, da elaborare con il più ampio consenso possibile da parte di tutti gli uomini di buona volontà.
La Presidenza della CEI
13 novembre 2008
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APPELLO AL GOVERNO ITALIANO PER SALVARE ELUANA ENGLARO
Cari amici,
Vi invitiamo ad aderire ed a promuovere l'iniziativa lanciata dal Movimento per la Vita in occasione del XXVIII Convegno Nazionale dei Centri di Aiuto alla Vita (cfr. Zenit.org, 16 novembre 2008), e chiediamo pertanto ad ognuno di Voi di farsi portatore di un accorato appello al Governo italiano affinché provveda attraverso decretazione d'urgenza - prevista dall'art. 77 della Costituzione Italiana proprio nei "casi straordinari di necessità e d'urgenza" - per impedire che siano interrotte l'alimentazione e l'idratazione di Eluana Englaro.
Se tale interruzione fosse attuata provocherebbe infatti la morte di Eluana in seguito ad una lunga e dolorosa agonia, come avvenne tre anni fa negli Stati Uniti d'America ai danni di Terry Schindler Schiavo.
Oggi è in Italia ad essere in pericolo la vita di una giovane donna che, da qui a pochi giorni, potrà essere lasciata morire di fame e di sete con l'avallo dei giudici, sulla base di sue presunte dichiarazioni rilasciate oltre sedici anni fa.
Non è sufficiente limitarsi a stigmatizzare tale gesto sui maggiori quotidiani nazionali, o tramite interviste e comunicati stampa: togliere la vita - così come permettere che sia tolta - ad una persona innocente ed indifesa, solo perché gravemente malata, é una pratica disumana, inaccettabile in ogni paese che voglia continuare a rientrare nel novero di quelli che rispettano un requisito minimo di civiltà!
La gravità della situazione è tale da determinare l'impossibilità di attendere l'approvazione per via ordinaria di una legge che, per gli inevitabili lunghi tempi previsti dal dibattito parlamentare, - quand'anche fosse totalmente rispettosa del diritto alla vita - sarebbe assolutamente inutile per salvare Eluana.
Non ci si può rassegnare alla fine che sembra prospettarsi per Eluana consolandosi col pensiero che tale disumanità non si ripeterà, nella speranza di poter (forse!) in futuro salvare coloro che si trovano nelle sue stesse condizioni: il popolo italiano attende un segnale forte in difesa del diritto alla vita, diritto inviolabile di ogni essere umano, e non intende rassegnarsi ad abbassare il capo di fronte all'esecuzione capitale di una sua connazionale.
***
Per far pervenire il proprio appello al Presidente del Consiglio ed ai Ministri dell'attuale Governo è importante scrivere direttamente ai rispettivi recapiti email.
Vi chiediamo pertanto di:
- scrivere il prima possibile;
- scrivere un'email dal contenuto personalizzato, breve e semplice;
- mettere come oggetto del messaggio "Appello per salvare Eluana Englaro";
- indicare sotto il proprio nome e cognome a anche la località da cui si scrive ed il numero di un documento di identità per attribuire più formalità al messaggio;
- inserire la precisazione che ci si aspetta un intervento in difesa della vita di Eluana;
- coinvolgere il maggior numero possibile di persone in questa inizativa.
***
Destinatari: berlusconi_s@camera.it; bonaiuti_p@camera.it; micciche_g@camera.it; info@carlogiovanardi.it; giovanardi_c@posta.senato.it; brambilla_m@camera.it; brancher_a@camera.it; crimi_r@camera.it; balocchi_m@camera.it; fitto_r@camera.it; rotondi_g@camera.it; brunetta_r@camera.it; info@renatobrunetta.it; carfagna_m@camera.it; info@maracarfagna.net; ronchi_a@camera.it; vito_e@camera.it; bossi_u@camera.it; meloni_g@camera.it; calderoli_r@posta.senato.it; frattini_f@camera.it; maroni_r@camera.it; alfano_a@camera.it; alberticasellati_m@posta.senato.it; caliendo_g@posta.senato.it; larussa_i@camera.it; tremonti_g@camera.it; scajola_c@camera.it; redazione@lucazaia.it; prestigiacomo_s@camera.it; matteoli_a@posta.senato.it; sacconi_m@posta.senato.it; viespoli_p@posta.senato.it; ferruccio.fazio@hsr.it; martini_f@camera.it; roccella_e@camera.it; gelmini_m@camera.it; bondi_s@posta.senato.it
Oggetto: Appello per salvare Eluana Englaro!
Testo:
Genti.mi
Presidente del Consiglio
Sigg. ri Ministri e Sottosegretari,
come cittadino italiano chiedo che si provveda attraverso decretazione d'urgenza per impedire che siano interrotte l'alimentazione e l'idratazione di Eluana Englaro:
in caso contrario ne conseguirà la morte in seguito ad una lunga e dolorosa agonia.
Togliere la vita ad una persona innocente, solo perché gravemente malata, è una pratica disumana, inaccettabile in ogni paese che voglia potersi ancora definire civile!
Il popolo italiano attende un segnale forte in difesa del diritto alla vita, diritto inviolabile di ogni essere umano, e non intende rassegnarsi ad abbassare il capo di fronte all'esecuzione capitale di una sua connazionale.
In attesa di un Vostro intervento concreto per salvare Eluana si porgono distinti saluti.
Nome Cognome:
Città:
Numero documento d'identità:
Re: Eluana Englaro
ETICA E GIUSTIZIA
«Non escluderei che dopo la morte della donna un giudice incrimini chi l’ha provocata.
Qui non ci sono spine da staccare»
Il presidente emerito della Corte Costituzionale: in questo caso c’è un padre offuscato dall’affetto.
Ma se in futuro ci fossero parenti che chiedono di accelerare un decesso magari per l’eredità?
«Eluana, sentenza con effetti devastanti»
Chieppa: si afferma l’idea che il diritto alla vita non riguarda la collettività ma il privato
DA ROMA GIOVANNI GRASSO
«Sul caso Englaro si sono dette e sostenute cose molto diverse, facendo spesso confusione. E debbo aggiungere che, con il massimo rispetto per la Corte di Cassazione, la sua sentenza, probabilmente al di là delle intenzioni stesse, apre la strada a conseguenze ed effetti devastanti. Perché con essa si afferma l’idea che il diritto alla vita, che è un valore fondante della democrazia, previsto dalla Costituzione e da tutti i trattati internazionali, non è più questione che riguardi la collettività, lo Stato, ma diventa un fatto privato».
Il presidente emerito della Corte Costituzionale Riccardo Chieppa è preoccupato degli sviluppi giuridici e sociali del caso Eluana.
E spiega: «Se la vita è un diritto fondamentale e indisponibile, come si può di fatto autorizzare qualcuno a compiere un atto, quello di togliere la vita appunto, che è normalmente considerato un reato? E chi è semmai il soggetto depositario del potere di decidere la morte o la sopravvivenza?»
Lei parla di conseguenze devastanti: in che senso?
Il caso di Eluana è molto triste, c’è un padre offuscato dalla sofferenza che, per il grande affetto per la figlia, vuole mettere la parola fine a una storia penosa. Ma chi può escludere, in futuro, che ci siano, ad esempio, parenti intenzionati ad accelerare la morte di un soggetto in stato di coma per prendersi l’eredità? E si delegherà a loro la scelta? Quando si tratta di principi così delicati, come quelli che riguardano il diritto alla vita, bisogna andare con i piedi di piombo e non limitarsi solo alla impressione da singoli casi umani.
Il fatto sembra particolarmente grave perché in questa fattispecie non si tratta di rinunciare, sia pure per interposta persona, alle cure…
Qui è il nocciolo della questione. Non si tratta di dire di no a un accanimento terapeutico, ed il no è una cosa del tutto legittima, né tantomeno di rifiutare le cure per motivi religiosi, morali, personali o familiari. E non si tratta, come pure si è erroneamente affermato, di staccare la spina, perché Eluana non è attaccata a una macchina che le permette di respirare. Ma piuttosto di mettere in atto un comportamento, quello di non provvedere all’idratazione e alla nutrizione, con l’intenzione di provocare la morte del soggetto. Se si stacca un respiratore ci può essere la possibilità, sia pure remota, che l’organismo reagisca, ma se tolgo l’acqua la fine è sicura. Non si può nemmeno escludere che qualche giudice finisca per incriminare qualcuno dopo la morte di Eluana.
Non è un caso che i familiari stiano incontrando delle difficoltà a trovare un centro sanitario disposto a interrompere l’idratazione: oltre ai motivi morali, nessuno se la sente di rischiare l’accusa di omicidio volontario.
Si è parlato molto della volontà espressa dalla Englaro prima di finire in stato di incoscienza e della necessità di rispettare queste indicazioni.
Intanto: una dichiarazione del genere, riportata da altri e in un contesto non ufficiale, non può avere un valore giuridico. Se una persona in tribunale sostiene che il defunto gli aveva detto, un giorno, che gli avrebbe lasciato tutti i suoi averi, ma non c’è il testamento, questa testimonianza non ha alcun valore.
E allora se non ha valore per dei beni materiali, dovrebbe averlo per una vita umana?
Diverso sarebbe, e qui dovrebbe intervenire il legislatore, se una volontà del genere fosse affermata davanti a un’istituzione legittimata a raccoglierla come un notaio, un pubblico ufficiale o con altra formalità prestabilita in modo da avere rappresentazione ed informazione delle conseguenze. Ma anche qui, il caso Eluana non c’entra. Perché davanti all’organo eventualmente preposto si potrà affermare la volontà di rinunciare alle cure, all’accanimento terapeutico, ma non certo di ricorrere a forme mascherate di eutanasia o suicidio assistito.
Ci sono della associazioni che si sono rivolte alla corte di Giustizia europea chiedendo di sospendere l’esecuzione della sentenza di morte per Eluana.
Alla Corte europea dei diritti dell’uomo e alla relativa Commissione si possono normalmente rivolgere rispettivamente i singoli Stati-parte contraente, e ogni persona fisica o organizzazione non governativa o gruppi di privati (comprese persone giuridiche o soggetti privati in rappresentanza di interessi collettivi) quali vittime di violazioni dopo l’esaurimento dei ricorsi nazionali. Non so se queste associazioni siano state rappresentate nei procedimenti avvenuti in Italia. Dovranno però dimostrare in qualche modo di rappresentare la titolarità del diritto leso di Eluana. E non nascondo che, dal punto di vista procedurale, non sarà un’impresa del tutto scontata, anche se dal punto di vista etico e giuridico sostanziale le ragioni di violazione sono preponderanti; ma vale sicuramente la pena tentare.
In ogni caso ciascuno di noi, come appartenente ad una collettività che rischia di perdere il senso della vita ed il rispetto dei più deboli, non può fare a meno di ricordare ogni giorno Eluana e i familiari tutti in una preghiera di solidarietà: che il Signore La protegga ed illumini coloro che Le sono accanto.
© Copyright Avvenire, 21 novembre 2008
I malati di Sla chiedono aiuto per una vita dignitosa
Da Avvenire 22 Gennaio 2009
Lucia Bellaspiga
I malati di Sla chiedono aiuto per una vita dignitosa
Ma i giornalisti si agitano
solo quando c’è da togliere il sondino
Ma i giornalisti si agitano
solo quando c’è da togliere il sondino
E ra una lunga tavolata, quella allestita lo scorso fine settimana a Salò, sulle rive del Garda, ma non c’erano piatti né bicchieri: « Noi non mangiamo», aveva sorriso uno dei commensali al giornalista rimasto interdetto. « Noi abbiamo il sondino. È così da mesi, a volte anni». Era da poco finito il primo raduno nazionale dei malati di Sla e a quel tavolo iniziava la loro festa, ma i giornalisti, gli invitati d’onore, gli unici per cui una tavola era imbandita e profumava di risotto ai funghi, erano davvero pochi. In quella sala avveniva qualcosa di importante, addirittura vitale, ma le grandi testate erano altrove.
«Siamo qui per gridare il nostro diritto a vivere», dicevano i malati di Sla, sclerosi laterale amiotrofica, nota come il morbo dei calciatori, una malattia che non perdona e in pochi anni immobilizza ogni muscolo del corpo fino a negare la capacità di deglutire e di articolare la parola. Quando a essere compromessi sono infine i muscoli respiratori, sopraggiunge la morte. « Siamo in cinquemila e vogliamo vivere, aiutateci a farlo con dignità » , ribadivano, ma il loro appello, forse oggigiorno troppo scomodo, è caduto nel silenzio mediatico. Seduti sulle sedie a rotelle, il collo sorretto dai sostegni, gridavano il loro no all’eutanasia ( non un lancio di agenzia), ricordavano che non è quella la soluzione, sostenevano che la vita va vissuta fino all’ultimo respiro, e che è bello farlo, se solo qualcuno ti sta accanto. Si ribellavano a chi, in nome della 'pietas', offre invece la morte. «Noi siamo vivi, volevamo ricordarvi questo», annunciavano alla stampa ( che non c’era), e in tempi di sentenze che giudicano vite ' degne' e vite ' meno degne' non è così scontato.
Così come non suona esagerato il loro appello a non lasciarli morire: in alcune zone d’Italia le Asl non passano la sacca dell’alimentazione e dell’idratazione, troppo costosa, fanno sapere. Non solo: la Sla, « la grande bastarda » come la chiamano loro, è una nera saracinesca che pian piano ti chiude fuori dalla vita ma fino all’ultimo ti tiene sul bordo, non sei morto ma non comunichi più col mondo esterno... Un vegetale, si direbbe di questi tempi, decidendo per ' pietas' che è meglio reciderlo. Peccato che, dentro, la vita pulsi come prima, il pensiero corra lucido, la personalità e la memoria non si perdano: sono persone che amano, sentono, desiderano. Il controllo dei muscoli oculari è l’ultima funzione che resta, per questo se la Asl passa loro il ' Comunicatore' possono tornare a esprimersi con una voce vera, emessa dal sintetizzatore vocale ma attivata dal semplice movimento degli occhi. Un miracolo, « il ritorno a una vita dignitosa » , hanno provato a spiegare i malati di Sla, «il confine tra il voler continuare a vivere e il voler morire».
Ma molti non l’hanno: troppo costoso. Ecco allora il pianto improvviso di una ragazza che lo attende da un anno, e lo sfogo di Mario Melazzini, il volto noto della Sla, il medico diventato paziente: « Perché per un solo italiano che vuole staccare il sondino si muovono tutti, per migliaia che lo chiedono non si muove nessuno? Si parla solo di diritto alla morte, ma prima non c’è il diritto alla vita?». Dov’erano i giornalisti? Dove i politici schierati per la morte di Eluana Englaro? Dove i cosiddetti garantisti?
«È una bella gara di solidarietà » , ha commentato il neurologo Defanti, non riferendosi a chi da anni si prende cura di Eluana ma ai personaggi ( l’ultima la governatrice del Piemonte) che ora qua ora là danno la loro «disponibilità» ad «accogliere» Eluana, cioè a farla morire. E i quindici medici della famosa équipe pronta ad accorrere gratuitamente a Udine per staccare un sondino, dove sono? Per ora sono disoccupati, perché allora non investire questa loro passione per i ' diritti' umani accanto a qualcuno di questi malati? Mettere il sondino è più dura che toglierlo, non richiede quindici giorni bensì anni di gratuità: a Salò lo gridavano in tanti, ma i giornalisti erano altrove, forse a Lecco, a registrare puntuali lo sparuto corteo radicale per la morte di Eluana.
«Siamo qui per gridare il nostro diritto a vivere», dicevano i malati di Sla, sclerosi laterale amiotrofica, nota come il morbo dei calciatori, una malattia che non perdona e in pochi anni immobilizza ogni muscolo del corpo fino a negare la capacità di deglutire e di articolare la parola. Quando a essere compromessi sono infine i muscoli respiratori, sopraggiunge la morte. « Siamo in cinquemila e vogliamo vivere, aiutateci a farlo con dignità » , ribadivano, ma il loro appello, forse oggigiorno troppo scomodo, è caduto nel silenzio mediatico. Seduti sulle sedie a rotelle, il collo sorretto dai sostegni, gridavano il loro no all’eutanasia ( non un lancio di agenzia), ricordavano che non è quella la soluzione, sostenevano che la vita va vissuta fino all’ultimo respiro, e che è bello farlo, se solo qualcuno ti sta accanto. Si ribellavano a chi, in nome della 'pietas', offre invece la morte. «Noi siamo vivi, volevamo ricordarvi questo», annunciavano alla stampa ( che non c’era), e in tempi di sentenze che giudicano vite ' degne' e vite ' meno degne' non è così scontato.
Così come non suona esagerato il loro appello a non lasciarli morire: in alcune zone d’Italia le Asl non passano la sacca dell’alimentazione e dell’idratazione, troppo costosa, fanno sapere. Non solo: la Sla, « la grande bastarda » come la chiamano loro, è una nera saracinesca che pian piano ti chiude fuori dalla vita ma fino all’ultimo ti tiene sul bordo, non sei morto ma non comunichi più col mondo esterno... Un vegetale, si direbbe di questi tempi, decidendo per ' pietas' che è meglio reciderlo. Peccato che, dentro, la vita pulsi come prima, il pensiero corra lucido, la personalità e la memoria non si perdano: sono persone che amano, sentono, desiderano. Il controllo dei muscoli oculari è l’ultima funzione che resta, per questo se la Asl passa loro il ' Comunicatore' possono tornare a esprimersi con una voce vera, emessa dal sintetizzatore vocale ma attivata dal semplice movimento degli occhi. Un miracolo, « il ritorno a una vita dignitosa » , hanno provato a spiegare i malati di Sla, «il confine tra il voler continuare a vivere e il voler morire».
Ma molti non l’hanno: troppo costoso. Ecco allora il pianto improvviso di una ragazza che lo attende da un anno, e lo sfogo di Mario Melazzini, il volto noto della Sla, il medico diventato paziente: « Perché per un solo italiano che vuole staccare il sondino si muovono tutti, per migliaia che lo chiedono non si muove nessuno? Si parla solo di diritto alla morte, ma prima non c’è il diritto alla vita?». Dov’erano i giornalisti? Dove i politici schierati per la morte di Eluana Englaro? Dove i cosiddetti garantisti?
«È una bella gara di solidarietà » , ha commentato il neurologo Defanti, non riferendosi a chi da anni si prende cura di Eluana ma ai personaggi ( l’ultima la governatrice del Piemonte) che ora qua ora là danno la loro «disponibilità» ad «accogliere» Eluana, cioè a farla morire. E i quindici medici della famosa équipe pronta ad accorrere gratuitamente a Udine per staccare un sondino, dove sono? Per ora sono disoccupati, perché allora non investire questa loro passione per i ' diritti' umani accanto a qualcuno di questi malati? Mettere il sondino è più dura che toglierlo, non richiede quindici giorni bensì anni di gratuità: a Salò lo gridavano in tanti, ma i giornalisti erano altrove, forse a Lecco, a registrare puntuali lo sparuto corteo radicale per la morte di Eluana.
Lucia Bellaspiga
Re: Eluana Englaro
Nelle festività natalizie, mi hanno passato un augurio particolare e non posso fare a meno di condividerlo perché è commovente e molto attuale.
La mia vita
Poggia la mano sul mio petto, chiudi gli occhi… ascolta il battito del mio cuore: senti? È il respiro della mia vita. La mia vita avvolta in una nuvola d’amore. Voglio vivere! Sì, voglio vivere! Se la mia vita avrà la durata di un fiore; voglio vivere!!! Quanta gente meravigliosa mi circonda. Angeli senza ali che allietano il mio cammino con piccoli gesti ma grandi cuori. La mia vita fragile come un fiore. Piccola come un granello di sale, intensa come l’azzurro del cielo d’estate. Sorprendente e fantastica nell’esistenza. Misteriosa come l’infinito, ma splendidamente e unicamente solo nelle mani di Dio.
La mia vita
Poggia la mano sul mio petto, chiudi gli occhi… ascolta il battito del mio cuore: senti? È il respiro della mia vita. La mia vita avvolta in una nuvola d’amore. Voglio vivere! Sì, voglio vivere! Se la mia vita avrà la durata di un fiore; voglio vivere!!! Quanta gente meravigliosa mi circonda. Angeli senza ali che allietano il mio cammino con piccoli gesti ma grandi cuori. La mia vita fragile come un fiore. Piccola come un granello di sale, intensa come l’azzurro del cielo d’estate. Sorprendente e fantastica nell’esistenza. Misteriosa come l’infinito, ma splendidamente e unicamente solo nelle mani di Dio.
Il caso di Eluana Englaro. Uccidete le vostre anime. Vogliono la morte per fame e per sete di una donna ancora viva.
Vogliono la morte per fame e per sete di una donna ancora viva.
Ma voglio soprattutto togliere all’umanità il tempo del pentimento e della conversione. Ecco perché lo fanno.
Ma voglio soprattutto togliere all’umanità il tempo del pentimento e della conversione. Ecco perché lo fanno.
La vicenda di Eluana Englaro aggiunge un tragico tassello al mosaico messo insieme in questi decenni dalla cultura della morte. Sarà bene scavare più in profondità in questa storia, alla ricerca del meccanismo che rende così efficace l'azione dei nemici della verità e della vita.
Il caso-Englaro può essere scomposto in una serie di elementi fondamentali. Li elenchiamo secondo un ordine che ne mette in luce la progressione cronologica e psicologica: a) la non casualità dell'intera vicenda; b) il disorientamento morale dell'opinione pubblica; c) lo stravolgimento dei principi dell'ordinamento giuridico; d) l'abolizione della sofferenza e della morte come tempo di conversione; e) l'odio per la Chiesa. Mentre i primi elementi sono i più visibili, gli ultimi sono spesso non dichiarati e, anche per questo motivo, poco riconoscibili dall'opinione pubblica.
a) La non casualità dell'intera vicenda
Dobbiamo partire da una constatazione: un caso come quello di Eluana Englaro non è il frutto del susseguirsi di coincidenze casuali, ma il prodotto di un disegno ben preciso, che risponde a una strategia lucidissima.
La causa scatenante è - questa sì - un evento imponderabile. Nel caso specifico: una bella e giovane ragazza che subisce danni gravissimi a causa di un incidente stradale. Anche il dolore del padre e di quelli che la conoscevano è del tutto normale e comprensibile, oltre che condivisibile. Fin qui, nessuna congiura, nessun complotto. Ma di fronte a un padre che imbastisce un'azione giudiziaria che dura 16 anni in molteplici gradi di giudizio, che scrive libri sull'argomento, che scatena insomma una vera e propria campagna mediatica, in presenza di tutto questo siamo di fronte a una svolta ideologica.
Lo scopo perseguito non è più quello - certo già erroneo in sé - di ottenere la morte provocata della propria figlia. Lo scopo diventa un altro. Si cerca di ottenere l'affermazione di un principio valido per tutti: chiunque si trovi in una condizione identica o analoga a quella di Eluana deve avere il diritto - a norma di legge - di morire.
b) Il disorientamento morale dell'opinione pubblica
È del tutto evidente che il caso Englaro ha prodotto un certo disorientamento della gente comune. Lasciando pure da parte quanti hanno già una posizione pro-eutanasia, vicende come questa producono un senso di smarrimento, di paura, di confusione anche fra coloro che sono in buona fede o che addirittura sono contro l'uccisione pietosa. Le certezze vacillano e gli argomenti del "nemico" sembrano a un tratto persuasivi, pieni di buon senso. Si diffondono frasi del tipo: "in una situazione del genere, meglio farla morire". Questo clima è paragonabile all'indebolimento che rende un corpo umano facile preda di una malattia virale. Lo stesso accade al corpo sociale, una volta che le sue "difese immunitarie" morali siano minate dal tarlo del dubbio e della paura.
c) Lo stravolgimento dei principi classici dell'ordinamento giuridico
Il caso-Englaro è diventato, per l'appunto, un caso giudiziario, attraverso il quale si vogliono raggiungere alcuni obiettivi nel campo del diritto:
1. stabilire che il fondamento dell'atto medico è la volontà del paziente: se un malato rifiuta le cure, anche salvavita, bisogna lasciarlo morire;
2. stabilire che la volontà del malato può essere desunta anche da affermazioni e stili di vita attribuibili al paziente prima della sua malattia;
3. a causa della aleatorietà di questo ultimo criterio, si punta a introdurre la legalizzazione del testamento biologico, cioè un documento scritto che provi in modo certo la volontà anticipata del paziente;
4. affermare l'idea che far morire qualcuno astenenendosi dal curare è diverso dall'uccidere somministando un veleno;
5. affermare che esistono patologie che sono sicuramente irreversibili, e che questa irreversibilità richiede un cambiamento nelle scelte terapeutiche;
6. confondere alimentazione e idratazione con delle terapie, facendo in modo che esse possano essere sospese lecitamente, così come si può sospendere una terapia ritenuta inutile o sproporzionata;
7. affermare l'idea che la qualità della vita può ridurre o addirittura eliminare il dovere di curare un malato incosciente, per cui non solo le persone in stato vegetativo, ma anche pazienti in coma, con danni cerebrali gravi, malati di mente, neonati, potranno essere assimilati al caso di Eluana, e "lasciati morire";
8. legalizzare l'eutanasia, eventualmente chiamandola in un modo diverso.
d) L'abolizione delle sofferenze e della morte come tempo di conversione
Vogliono provocare la morte di Eluana sostenendo che la ragazza é ormai ridotta a un vegetale, che non capisce nulla e non avverte ciò che le accade. Vi sono molti dubbi che le cose stiano davvero così. Ma concediamolo per un momento. Se così fosse, allora non sarebbe Eluana ad avere bisogno urgente di essere uccisa. Chi infatti è incosciente non desidera nulla, né in bene, né in male.
Sono quelli che le stanno intorno che vedono, pensano, soffrono, piangono. Ecco emergere una verità terribile: i pazienti come Eluana devono essere eliminati perché costituiscono uno scandalo insopportabile per quelli che stanno bene, per i familiari, per il personale medico, per la società intera. La modernità ha convinto milioni di uomini che si può vivere benissimo senza Dio, senza Chiesa, senza giudizio, inferno e paradiso. L'impostura regge fintantoché le cose vanno bene: il portafoglio è pieno, la giovinezza regala vigore, gli affari vanno bene. Quando però il vento della sorte gira, l'uomo scopre tutta la sua solitudine e la sua debolezza. La malattia e la morte rappresentano il culmine di questa drammatica presa di coscienza. Per questo motivo, il capezzale di un malato, e ancor più di un moribondo, sono il luogo dove da secoli molte anime si riconciliano con Dio, chiedono di confessarsi, ricevono il viatico. Testamento biologico ed eutanasia sono due potentissimi antidoti alle grazie che la sofferenza porta con sé. Bisogna convincere l'uomo moderno a "scegliere" la morte prima che egli possa fare i conti con la sua coscienza.
e) L'odio per la Chiesa
Chi si sta prendendo cura di Eluana Englaro? Le suore Misericordine fondate dal beato Luigi Telamoni. Questa donna, bisognosa di cure e di amore, è affidata ai cattolici.
Questo fatto rende ancor più insopportabile l'intera vicenda. Là dove c'è un uomo che soffre, là c'è la Chiesa, là c'è Cristo. Bisogna dunque colpire - e colpire duro - proprio in quel luogo: si elimineranno in un solo colpo il problema del soffrire, e il problema del credere. La rettitudine delle suore che accudiscono Eluana è intollerabile: dimostra con i fatti ciò che è giusto e possibile fare di fronte a una malata così, e a una sofferenza simile. Il silenzio di Eluana diventa eloquente più di molti discorsi: dice che anche un corpo immobile può diventare occasione di santificazione per tutti quelli che se ne prendono cura. Ecco spiegato perché questa eminente forma di carità deve essere impedita dalla "cultura laica", da un diritto capovolto, da una medicina che ha rinnegato Ippocrate.
Ecco perché una donna - che ha trovato chi si prende cura di lei - deve essere "tolta di mezzo con ingiusta sentenza".
link
Re: Eluana Englaro
tutta questa insistenza del padre per far morire la figlia mi fa un po' tanto pensare che non sia del tutto a posto o che ci sia dell'altro. In tanti si sono offerti di curarla e di seguirla, quindi lui non avrebbe alcuna incombenza. Come mai insiste sul far fuori la figlia? Siamo sicuri che i tutori di incapaci siano a piombo?
Re: Eluana Englaro
Ricevo e inoltro.
E' urgente che il popolo della vita si mobiliti il più presto possibile per salvare Eluana dall'ennesimo tentativo di ucciderla.
Per farsi sentire abbiamo due vie: la posta elettronica e il telefono.
Per la posta elettronica scrivere a: segreteria@laquieteudine.it
Per il telefono telefonare a: Ufficio Segreteria dell'Asp "La Quiete", la responsabile dell'ufficio è la sig.ra Barbara Duriavig, tel. 0432-8862216 oppure 0432-8862214, fax. 0432-26460
Che cosa scrivere? Scrivete quello che volete oppure: “Per salvare la vostra anima e per impedire la morte di una civiltà non uccidete Eluana. Non mettetevi a disposizione di chi vuole spegnere una vita”.
Dato che la casa di riposo è convenzionata con il comune di Udine non sarebbe male scrivere e telefonare anche in comune. Stesse parole....
Per scrivere al comune: e-mail: urp@comune.udine.it
Per telefonare in comune: Ufficio Relazioni con il Pubblico Telefono: 0432-271616 - Fax: 0432 - 271355
PIU' GENTE SCRIVERA' E TELEFONERA'
E PIU' CI SONO PROBABILITA' CHE ELUANA"
NON VENGA CONDOTTA AD UDINE PER MORIRE.
E' urgente che il popolo della vita si mobiliti il più presto possibile per salvare Eluana dall'ennesimo tentativo di ucciderla.
Per farsi sentire abbiamo due vie: la posta elettronica e il telefono.
Per la posta elettronica scrivere a: segreteria@laquieteudine.it
Per il telefono telefonare a: Ufficio Segreteria dell'Asp "La Quiete", la responsabile dell'ufficio è la sig.ra Barbara Duriavig, tel. 0432-8862216 oppure 0432-8862214, fax. 0432-26460
Che cosa scrivere? Scrivete quello che volete oppure: “Per salvare la vostra anima e per impedire la morte di una civiltà non uccidete Eluana. Non mettetevi a disposizione di chi vuole spegnere una vita”.
Dato che la casa di riposo è convenzionata con il comune di Udine non sarebbe male scrivere e telefonare anche in comune. Stesse parole....
Per scrivere al comune: e-mail: urp@comune.udine.it
Per telefonare in comune: Ufficio Relazioni con il Pubblico Telefono: 0432-271616 - Fax: 0432 - 271355
PIU' GENTE SCRIVERA' E TELEFONERA'
E PIU' CI SONO PROBABILITA' CHE ELUANA"
NON VENGA CONDOTTA AD UDINE PER MORIRE.
Vi racconto la mia esperienza. Ho 33 anni e sono tetraplegico. Ero «chiuso dentro» ma sentivo tutto
Da Avvenire 15 febbraio 2009
Caro Direttore,
dopo aver visto in tivù varie perso­ne con contrastanti pareri, desidero an­ch’io dare il mio modesto e personale pa­rere sul caso Eluana. Mi presento: sono un giovane di 33 anni, abito in provincia di Brescia e sono tetraplegico da 18 an­ni. Una trombosi poi, mi ha tolto l’uso della parola; così sono costretto a letto senza che mi sia concesso un benché mi­nimo movimento che non sia il ruotare il capo e il battito delle ciglia (con cui scel­go le lettere dell’alfabeto scritte su una ta­vola, che chi vuol interloquire con me, mi porge).
Sono tracheotomizzato e ag­gredito da una rete di tubi e connessio­ni varie. Queste rendono necessarie mol­te aspirazioni, di giorno e di notte. Inol­tre da qualche tempo, a intervalli di qual­che ora, devo ricorrere all’ossigeno per a­gevolare l’esercizio respiratorio. Come si può considerare la mia condi­zione sanitaria non è rosea. Posso rite­nermi fortunato per il dono della intelli­genza, ma per il resto non sono messo be­ne, al contrario di me (come affermato dalle suore) Eluana godeva di uno stato di salute buono: non aveva bisogno d’es­sere aspirata, non usava antibiotici né al­tri farmaci, e soprattutto respirava auto­nomamente, tanto da poter essere ac­compagnata in giardino dalle suore. A­veva una buona postura da seduta: que­sto significa che i muscoli del dorso la­voravano ottimamente; io viceversa ho bisogno d’essere legato, perché i miei muscoli non lavorano più e cadrei.
E­luana quindi non era una «patata», come volevano fare credere, ma una persona di costituzione sana che ha il senso dell’in­telletto addormentato. Il senso dell’in­telletto risiede nella persona quando e­siste un’attività celebrale, il segno di es­sa in Eluana era il sorriso e le lacrime che le rigavano il volto. Solo chi ha creato l’uomo, ossia Dio, può conoscere quanto lei percepisse: il 10%, il 50% o ancor più. Dico tutto ciò sulla base della mia esperienza di stato co­matoso: per chiarire vi racconto un po’ del mio passato. Fino a 18 anni fa ero un ragazzo atletico: altro un metro e no­vanta, alpinista, scatenato come e forse più di tanti miei coetanei. Un tuffo mal riuscito, mentre facevo il bagno nel lago mi ha leso gravemente la colonna verte­brale. Ne seguirono 144 giorni di coma profondo, dal quale mi sono imprevedi­bilmente risvegliato, ma nelle condizio­ni sopra accennate.
Il mio coma è chia­mato «sindrome del chiuso dentro», cioè potevo comunicare solo con me stesso, ma dall’esterno si percepiva solo che io ero in coma. Io non conosco la cartella clinica di E­luana, ma se anche lei avesse vissuto la «sindrome del chiuso dentro»? Io ero al 100% sveglio, ne è testimone il fatto che ero perfettamente al corrente della mia situazione clinica; perché i medici ne par­lavano tra loro accanto al letto, pensan­do che io non comprendessi alcunché. Pensiamo un solo attimo, se Eluana ca­piva che la volevano fare morire di fame e di sete, cosa avrà provato? Ora confido nel governo, che si è dichiarato più vol­te a favore della cultura della vita, per­ché fermi definitivamente questa deriva di morte, questo tentativo di introdurre in Italia l’eutanasia. Voglia Dio che falli­sca questa manovra perversa! Ricordia­mo che il Signore ci dice molto chiara­mente: «Con la stessa misura con cui mi­surate, sarà misurato a voi» ( Marco 4: 24). Vi ringrazio e vi saluto cordialmente,
Forza, Massimiliano, siamo tutti con te. Davvero ( db)
Massimiliano Amolini
Caro Direttore,
dopo aver visto in tivù varie perso­ne con contrastanti pareri, desidero an­ch’io dare il mio modesto e personale pa­rere sul caso Eluana. Mi presento: sono un giovane di 33 anni, abito in provincia di Brescia e sono tetraplegico da 18 an­ni. Una trombosi poi, mi ha tolto l’uso della parola; così sono costretto a letto senza che mi sia concesso un benché mi­nimo movimento che non sia il ruotare il capo e il battito delle ciglia (con cui scel­go le lettere dell’alfabeto scritte su una ta­vola, che chi vuol interloquire con me, mi porge).
Sono tracheotomizzato e ag­gredito da una rete di tubi e connessio­ni varie. Queste rendono necessarie mol­te aspirazioni, di giorno e di notte. Inol­tre da qualche tempo, a intervalli di qual­che ora, devo ricorrere all’ossigeno per a­gevolare l’esercizio respiratorio. Come si può considerare la mia condi­zione sanitaria non è rosea. Posso rite­nermi fortunato per il dono della intelli­genza, ma per il resto non sono messo be­ne, al contrario di me (come affermato dalle suore) Eluana godeva di uno stato di salute buono: non aveva bisogno d’es­sere aspirata, non usava antibiotici né al­tri farmaci, e soprattutto respirava auto­nomamente, tanto da poter essere ac­compagnata in giardino dalle suore. A­veva una buona postura da seduta: que­sto significa che i muscoli del dorso la­voravano ottimamente; io viceversa ho bisogno d’essere legato, perché i miei muscoli non lavorano più e cadrei.
E­luana quindi non era una «patata», come volevano fare credere, ma una persona di costituzione sana che ha il senso dell’in­telletto addormentato. Il senso dell’in­telletto risiede nella persona quando e­siste un’attività celebrale, il segno di es­sa in Eluana era il sorriso e le lacrime che le rigavano il volto. Solo chi ha creato l’uomo, ossia Dio, può conoscere quanto lei percepisse: il 10%, il 50% o ancor più. Dico tutto ciò sulla base della mia esperienza di stato co­matoso: per chiarire vi racconto un po’ del mio passato. Fino a 18 anni fa ero un ragazzo atletico: altro un metro e no­vanta, alpinista, scatenato come e forse più di tanti miei coetanei. Un tuffo mal riuscito, mentre facevo il bagno nel lago mi ha leso gravemente la colonna verte­brale. Ne seguirono 144 giorni di coma profondo, dal quale mi sono imprevedi­bilmente risvegliato, ma nelle condizio­ni sopra accennate.
Il mio coma è chia­mato «sindrome del chiuso dentro», cioè potevo comunicare solo con me stesso, ma dall’esterno si percepiva solo che io ero in coma. Io non conosco la cartella clinica di E­luana, ma se anche lei avesse vissuto la «sindrome del chiuso dentro»? Io ero al 100% sveglio, ne è testimone il fatto che ero perfettamente al corrente della mia situazione clinica; perché i medici ne par­lavano tra loro accanto al letto, pensan­do che io non comprendessi alcunché. Pensiamo un solo attimo, se Eluana ca­piva che la volevano fare morire di fame e di sete, cosa avrà provato? Ora confido nel governo, che si è dichiarato più vol­te a favore della cultura della vita, per­ché fermi definitivamente questa deriva di morte, questo tentativo di introdurre in Italia l’eutanasia. Voglia Dio che falli­sca questa manovra perversa! Ricordia­mo che il Signore ci dice molto chiara­mente: «Con la stessa misura con cui mi­surate, sarà misurato a voi» ( Marco 4: 24). Vi ringrazio e vi saluto cordialmente,
Forza, Massimiliano, siamo tutti con te. Davvero ( db)
Massimiliano Amolini
Cittadinanza onoraria di FIrenze a Beppino Englaro
DA BEPPINO ENGLARO A CESARE LIA
UN’ONORIFICENZA PER CHI È PADRE NEL SILENZIO
MARINA CORRADI
N ello stesso giorno in cui il Comune di Firenze ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, il signor Cesare Lia di Tricase, in Puglia, ha ricevuto una lettera dall’Inps. La raccomandata chiedeva, col consueto stile anonimo degli uffici pubblici, notizie urgenti sul reddito della figlia di Cesare, Emanuela Lia, 37 anni; altrimenti, si minacciava, le sarebbe stata sospesa la pensione di invalidità. Ma Emanuela Lia è dal 1993 in stato vegetativo dopo un incidente. Un’altra Eluana, solo che la sua famiglia non chiede che possa morire, ma da sedici anni combatte perché viva.
La contemporaneità dei due episodi la cittadinanza di Firenze sortita dal voto di una maggioranza risicata e con una spaccatura all’interno del Pd, e la distrattamente spietata lettera dell’Inps - fa pensare. Al padre che ha combattuto perché la figlia in stato vegetativo morisse, un’onorificenza. A quello che con la sua famiglia ogni giorno legge brani di libri a Emanuela, e non la lascia mai sola, l’intimazione di un ente burosaurico, viene da dire, tanto cieca e goffa appare quella raccomandata che pretende il reddito di una donna in coma da 16 anni.
Non è un caso, questa doppia misura. L’incensamento di Englaro, l’onorificenza, sono l’altra faccia della solitudine e spesso dell’abbandono in cui vengono lasciate in Italia migliaia di famiglie con un malato o handicappato grave in casa. Perché oggi chi vuole 'staccare spine' è funzionale a un certo atteggiamento, e allora va in tv; chi invece con coraggio, e spesso con eroismo, si tiene in casa quel figlio, quella madre, non fa notizia. E per di più è lasciato solo ad affrontare Inps, Asl, Comuni: che scrivono un sacco di raccomandate, tutti gli anni, come ignorando che una donna in stato vegetativo al girare dell’anno non cambia il proprio stato. E allora questa differenza di trattamento suona affronto, per citare un termine usato ieri dall’arcivescovo di Firenze, Betori. Affronto magari bislaccamente distratto, di certo ideologico, a tutti quelli che il loro caro se lo tengono, se lo curano, sacrificando vita e lavoro, semplicemente perché lo a-mano così, malato com’è.
Il signor Englaro ha detto di sua figlia in un’intervista: 'Ogni volta che la guardavo, avrei spaccato il mondo per la rabbia. (...) La mia creatura era vittima di violenza inaudita, anche se a toccarla erano le mani delle suore'. E ha condotto fino in fondo la sua battaglia, nel segno della ribellione al destino toccato a sua figlia, e a lui. Ha vinto, a suo modo, ed è diventato un alfiere della libertà - nel senso in cui si intende oggi questa parola. A Firenze l’hanno detto chiaro: Beppe Englaro, in sostanza, è un eroe, o almeno un modello.
E poi ci sono mille Cesare Lia. Le loro storie restano oscure. Che notizia c’è in una malata immobile nel suo letto e amorevolmente accudita? La notizia taciuta è l’infinita fatica e dedizione, e amore, che mille e mille italiani dedicano ai loro cari. Non riceveranno, dalle loro città, alcuna cittadinanza onoraria. Invece, tanta posta: richieste di certificati, grane, ingiunzioni - la macchina della burocrazia che si inceppa e si accanisce.
Con l’onoreficenza di Firenze Englaro è un modello, un maestro. E’, quella pergamena, cosa ben diversa dal mostrare solidarietà umana o pietà per la sua drammatica storia. Firenze mate-rializza in una sorta di medaglia al valore il sentire di una parte del Paese: minoranza forse, però rumorosa. Gli altri, i Lia e quelli come lui, militi ignoti di una paziente oscura guerra, che continuino a combattere, perfino con l’Inps, senza riconoscimenti. Quella fatica, quel dolore che non diventa rabbia, non piacciono. L’ordine è: staccare la spina. E questo tempo si sceglie dunque i suoi eroi.
UN’ONORIFICENZA PER CHI È PADRE NEL SILENZIO
MARINA CORRADI
N ello stesso giorno in cui il Comune di Firenze ha deciso di conferire la cittadinanza onoraria a Beppino Englaro, il signor Cesare Lia di Tricase, in Puglia, ha ricevuto una lettera dall’Inps. La raccomandata chiedeva, col consueto stile anonimo degli uffici pubblici, notizie urgenti sul reddito della figlia di Cesare, Emanuela Lia, 37 anni; altrimenti, si minacciava, le sarebbe stata sospesa la pensione di invalidità. Ma Emanuela Lia è dal 1993 in stato vegetativo dopo un incidente. Un’altra Eluana, solo che la sua famiglia non chiede che possa morire, ma da sedici anni combatte perché viva.
La contemporaneità dei due episodi la cittadinanza di Firenze sortita dal voto di una maggioranza risicata e con una spaccatura all’interno del Pd, e la distrattamente spietata lettera dell’Inps - fa pensare. Al padre che ha combattuto perché la figlia in stato vegetativo morisse, un’onorificenza. A quello che con la sua famiglia ogni giorno legge brani di libri a Emanuela, e non la lascia mai sola, l’intimazione di un ente burosaurico, viene da dire, tanto cieca e goffa appare quella raccomandata che pretende il reddito di una donna in coma da 16 anni.
Non è un caso, questa doppia misura. L’incensamento di Englaro, l’onorificenza, sono l’altra faccia della solitudine e spesso dell’abbandono in cui vengono lasciate in Italia migliaia di famiglie con un malato o handicappato grave in casa. Perché oggi chi vuole 'staccare spine' è funzionale a un certo atteggiamento, e allora va in tv; chi invece con coraggio, e spesso con eroismo, si tiene in casa quel figlio, quella madre, non fa notizia. E per di più è lasciato solo ad affrontare Inps, Asl, Comuni: che scrivono un sacco di raccomandate, tutti gli anni, come ignorando che una donna in stato vegetativo al girare dell’anno non cambia il proprio stato. E allora questa differenza di trattamento suona affronto, per citare un termine usato ieri dall’arcivescovo di Firenze, Betori. Affronto magari bislaccamente distratto, di certo ideologico, a tutti quelli che il loro caro se lo tengono, se lo curano, sacrificando vita e lavoro, semplicemente perché lo a-mano così, malato com’è.
Il signor Englaro ha detto di sua figlia in un’intervista: 'Ogni volta che la guardavo, avrei spaccato il mondo per la rabbia. (...) La mia creatura era vittima di violenza inaudita, anche se a toccarla erano le mani delle suore'. E ha condotto fino in fondo la sua battaglia, nel segno della ribellione al destino toccato a sua figlia, e a lui. Ha vinto, a suo modo, ed è diventato un alfiere della libertà - nel senso in cui si intende oggi questa parola. A Firenze l’hanno detto chiaro: Beppe Englaro, in sostanza, è un eroe, o almeno un modello.
E poi ci sono mille Cesare Lia. Le loro storie restano oscure. Che notizia c’è in una malata immobile nel suo letto e amorevolmente accudita? La notizia taciuta è l’infinita fatica e dedizione, e amore, che mille e mille italiani dedicano ai loro cari. Non riceveranno, dalle loro città, alcuna cittadinanza onoraria. Invece, tanta posta: richieste di certificati, grane, ingiunzioni - la macchina della burocrazia che si inceppa e si accanisce.
Con l’onoreficenza di Firenze Englaro è un modello, un maestro. E’, quella pergamena, cosa ben diversa dal mostrare solidarietà umana o pietà per la sua drammatica storia. Firenze mate-rializza in una sorta di medaglia al valore il sentire di una parte del Paese: minoranza forse, però rumorosa. Gli altri, i Lia e quelli come lui, militi ignoti di una paziente oscura guerra, che continuino a combattere, perfino con l’Inps, senza riconoscimenti. Quella fatica, quel dolore che non diventa rabbia, non piacciono. L’ordine è: staccare la spina. E questo tempo si sceglie dunque i suoi eroi.
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tratto dall'Avvenire di mercoledì 11 marzo 2009
tratto dall'Avvenire di mercoledì 11 marzo 2009
Re: Eluana Englaro
Isacco, Eluana e la mano che non è stata fermata
Una cittadina in età adulta, resa disabile 17 anni fa da un incidente, è stata eliminata in esecuzione di una sentenza. Contro l’ideologia mortifera la battaglia di credenti e “atei imprudenti” non poteva che essere persa
La mano di Abramo sul collo di Isacco, che testimoniava la fede, qualcuno l’ha fermata. La mano dei volenterosi guerrieri culturali che hanno costituito l’associazione “per Eluana”, e le hanno tolto clinicamente la vita per celebrare l’ideologia della libertà di coscienza, anche presunta, non l’ha fermata nessuno. Una cittadina italiana in età adulta, resa disabile diciassette anni fa da un incidente stradale che le aveva tolto la capacità percettiva, senza staccare la spina della sua attività cerebrale e lasciandola per tutto questo tempo in uno stato abulico di sonno e di veglia, è stata fisicamente eliminata in esecuzione di una sentenza giudiziaria. Niente moratoria per la signora Englaro.
Dopo il caso di Terri Schiavo, per la seconda volta in occidente una disabilità grave è curata con la morte su richiesta di una autorità tutoria (ieri un marito, oggi un padre). La Schiavo era reclamata dai suoi genitori, ma il marito la pensava diversamente, e nonostante la rivolta dell’esecutivo e del Congresso, anche lì l’ultima parola spettò a una corte giudiziaria. Anche lì la cerimonia dell’addio fu celebrata in pubblico, per affermare un modello morale moderno, che ha le sue radici nel disprezzo verso la vita umana mostrato dalle socialdemocrazie e dai totalitarismi convergenti, nella prima metà del Novecento, intorno alla maledizione dell’eugenetica. In Italia c’è stato un clamoroso e benedetto sussulto della classe dirigente, contraddetto e reso vano con disprezzo da una casta di funzionari dell’ideologia secolarista che odiano ogni possibile lezione di umanità laica e di carità cristiana. Qui a reclamare Eluana, che è morta presto fuori di quel suo ambiente, sottoposta a una forma molto asettica e moderna di tortura, c’erano le suorine misericordine della clinica Beato Talamoni di Lecco. A loro vanno le nostre condoglianze.
Questo è un mondo in cui, da oriente a occidente, la vita è trattata in relazione all’onnipotenza dei desideri personali.
Questo è un mondo in cui, da oriente a occidente, la vita è trattata in relazione all’onnipotenza dei desideri personali.
Non voglio un figlio, lo abortisco perché me lo consente la mia libera coscienza. Lo stato non lo vuole femmina, e impone di abortirlo per ragioni utilitaristiche. Non lo voglio potenzialmente malato, ed è la deriva eugenetica in atto con il contributo ideologico della tecnoscienza. Anche piccoli difetti possono determinare una condanna a morte. I vecchi sono in cura, ancora per qualche tempo, ma la cura delle loro disabilità, e domani l’assunziuone responsabile della loro dipendenza totale dalla attenzione e dall’amore degli altri, viene messa in discussione da campagne pubbliche oblique, fondate su casi solo apparentemente privati, il cui scopo è l’introduzione anche in Italia di protocolli eutanasici. L’azione di carità che pervade la santità moderna, dalle suorine di Lecco tutrici di Eluana Englaro a Madre Teresa, è svillaneggiata e disprezzata sempre più apertamente come versione oscurantista e premoderna di una fede cristiana che logora la potenza semidivina dell’uomo tecnologico.
Perfino grandi preti operosi, che fondano ospedali e scuole di filosofia, pensano che la cura non abbia senso senza la possibilità ravvicinata di guarigione, e che il conforto, la consolazione, l’attesa e la carezza siano paccottiglia residua di un passato che anche la chiesa deve imparare a dimenticare in nome degli idoli della scienza e della ricerca. La battaglia dei credenti e degli “atei imprudenti” contro la barbarica esecuzione di una disabile non poteva che essere perduta. E non poteva che essere data. Grazie a tutti coloro che questa battaglia hanno accostato e guardato con lo stesso sentimento di laica e razionale pietà di chi l’ha animata.
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Da Il Foglio del 10 febbraio 2009
Re: Eluana Englaro
eugenismi
L’insopportabile «empietà» del Cottolengo
Il partigiano Bocca alla guerra di Eluana. Nel giro di poche ore Giorgio Bocca, l’ormai ottuagenario giornalista che abbiamo visto fustigare per decenni l’Italia consumista e del malaffare, ha scagliato due bordate senza precedenti contro quello che lui chiama, con una vena neppure malcelata di disprezzo, il «partito della vita». Due articoli violentissimi, apparsi rispettivamente sul Venerdì di Repubblica e sull’Espresso, dai titoli che sono tutto un programma: «Partito della vita o dei finti misericordiosi?» e «I faziosi di Eluana».
«L’antitaliano», dal titolo della sua rubrica più famosa, fa ricorso a tutto l’armamentario laicista disponibile sulla piazza mediatica e che ha proprio nei giornali del Gruppo Espresso il suo megafono magniloquente. Eccolo attaccare quanti, a vario titolo, hanno riconosciuto in quella di Eluana una vita nel momento della sua massima fragilità.
Bocca non si fa mancare niente, denunciando palesemente le sue «fonti» d’informazione e mostrando un assoluto disprezzo per le ricostruzioni di cronaca offerte da altri organi, così come da quegli osservatori più indipendenti, che nei giorni più dolorosi hanno saputo con ragionevolezza indicare le presunzioni ideologiche che agitavano il campo dei sostenitori della libertà assoluta svincolata dalla relazione. Si dirà che questa osservazione è mossa dal pregiudizio, ma è sotto gli occhi di tutti che la campagna per la morte di Eluana altro non è stata che lo strumento posto nelle mani del «partito dell’eutanasia» per poter realizzare in Italia quella nuova breccia di Porta Pia invocata da Maurizio Mori e che punta a «porre fine alla concezione sacrale della vita».
Senza voler andare troppo oltre, e quindi non volendo fare un processo alle intenzioni di Bocca, potremo almeno osservare che questo giornalista, come tanti altri opinionisti, ha ormai sviluppato una personale incapacità a riconoscere la vita nelle sue forme più nascoste. Non è vita l’embrione, non è vita quella della persona in stato vegetativo persistente. E domani chissà a chi toccherà. Ma Bocca già lo sa e ce lo dice senza remore. Ecco le parole con le quali conclude la sua tirata sull’Espresso: «...lo stesso culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della Divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi. Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell’ideologia. I cultori della vita a ogni costo in obbedienza a Dio non si accorgono di volersi sostituire a Dio, massima empietà ». E pensare che tutti noi abbiamo sempre considerato ogni carezza a un povero o a un malato di Giuseppe Cottolengo o di Madre Teresa, grandi santi sociali, come le carezze di Dio. Potrà Bocca scusarci questa «bestemmia» contro la laicità?
Certo, dopo aver letto gli articoli del partigiano Bocca non riusciamo più a cogliere la distanza che c’è tra le sue posizioni e quelle di chi mandava a morte ebrei, omosessuali e rom. Anche quelli erano «malati » non degni di vivere. Che tristezza! È proprio vero che le ideologie oscurano la vista e ottenebrano le coscienze. Chissà cosa ne pensano i piemontesi che con Cottolengo e Bocca condividono la terra d’origine. Sino a ieri la Piccola casa della Divina Provvidenza era il fiore all’occhiello della carità operosa e silenziosa dei piemontesi. E oggi: il luogo in cui «tengono in vita esseri mostruosi e deformi ». Possiamo dichiarare il nostro disgusto per tanta disumanità senza essere denunciati all’autorità giudiziaria per accanimento alla vita?
Domenico Delle Foglie
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tratto da Avvenire 12/03/2009
L’insopportabile «empietà» del Cottolengo
Il partigiano Bocca alla guerra di Eluana. Nel giro di poche ore Giorgio Bocca, l’ormai ottuagenario giornalista che abbiamo visto fustigare per decenni l’Italia consumista e del malaffare, ha scagliato due bordate senza precedenti contro quello che lui chiama, con una vena neppure malcelata di disprezzo, il «partito della vita». Due articoli violentissimi, apparsi rispettivamente sul Venerdì di Repubblica e sull’Espresso, dai titoli che sono tutto un programma: «Partito della vita o dei finti misericordiosi?» e «I faziosi di Eluana».
«L’antitaliano», dal titolo della sua rubrica più famosa, fa ricorso a tutto l’armamentario laicista disponibile sulla piazza mediatica e che ha proprio nei giornali del Gruppo Espresso il suo megafono magniloquente. Eccolo attaccare quanti, a vario titolo, hanno riconosciuto in quella di Eluana una vita nel momento della sua massima fragilità.
Bocca non si fa mancare niente, denunciando palesemente le sue «fonti» d’informazione e mostrando un assoluto disprezzo per le ricostruzioni di cronaca offerte da altri organi, così come da quegli osservatori più indipendenti, che nei giorni più dolorosi hanno saputo con ragionevolezza indicare le presunzioni ideologiche che agitavano il campo dei sostenitori della libertà assoluta svincolata dalla relazione. Si dirà che questa osservazione è mossa dal pregiudizio, ma è sotto gli occhi di tutti che la campagna per la morte di Eluana altro non è stata che lo strumento posto nelle mani del «partito dell’eutanasia» per poter realizzare in Italia quella nuova breccia di Porta Pia invocata da Maurizio Mori e che punta a «porre fine alla concezione sacrale della vita».
Senza voler andare troppo oltre, e quindi non volendo fare un processo alle intenzioni di Bocca, potremo almeno osservare che questo giornalista, come tanti altri opinionisti, ha ormai sviluppato una personale incapacità a riconoscere la vita nelle sue forme più nascoste. Non è vita l’embrione, non è vita quella della persona in stato vegetativo persistente. E domani chissà a chi toccherà. Ma Bocca già lo sa e ce lo dice senza remore. Ecco le parole con le quali conclude la sua tirata sull’Espresso: «...lo stesso culto della vita a ogni costo che lascia perplessi i visitatori della Piccola casa della Divina Provvidenza, la pia istituzione del Cottolengo, dove tengono in vita esseri mostruosi e deformi. Gli eccessi della carità fanno il paio con quelli dell’ideologia. I cultori della vita a ogni costo in obbedienza a Dio non si accorgono di volersi sostituire a Dio, massima empietà ». E pensare che tutti noi abbiamo sempre considerato ogni carezza a un povero o a un malato di Giuseppe Cottolengo o di Madre Teresa, grandi santi sociali, come le carezze di Dio. Potrà Bocca scusarci questa «bestemmia» contro la laicità?
Certo, dopo aver letto gli articoli del partigiano Bocca non riusciamo più a cogliere la distanza che c’è tra le sue posizioni e quelle di chi mandava a morte ebrei, omosessuali e rom. Anche quelli erano «malati » non degni di vivere. Che tristezza! È proprio vero che le ideologie oscurano la vista e ottenebrano le coscienze. Chissà cosa ne pensano i piemontesi che con Cottolengo e Bocca condividono la terra d’origine. Sino a ieri la Piccola casa della Divina Provvidenza era il fiore all’occhiello della carità operosa e silenziosa dei piemontesi. E oggi: il luogo in cui «tengono in vita esseri mostruosi e deformi ». Possiamo dichiarare il nostro disgusto per tanta disumanità senza essere denunciati all’autorità giudiziaria per accanimento alla vita?
Domenico Delle Foglie
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tratto da Avvenire 12/03/2009
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