Pedofilia e Presbiteri
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Pedofilia e Presbiteri
Avanti un'altra (bufala) sui preti pedofili. La lettera del 1985 del cardinale Ratzinger
Massimo Introvigne
È durata ventiquattr’ore la nuova bufala americana lanciata dall’Associated Press contro il Papa. Anche i media più ostili, incalzati dagli esperti di diritto canonico, hanno fatto marcia indietro. Ma all’insegna del “calunniate, calunniate, qualche cosa resterà” agli utenti più distratti dei media rimarranno in testa solo i titoli secondo cui l’attuale Pontefice nel 1985 “protesse un prete pedofilo”.
Per capire il significato della lettera del 6 novembre 1985 del cardinale Ratzinger a mons. John Stephen Cummins (e non “Cummings”), vescovo di Oakland (California) occorre qualche semplice nozione di diritto canonico. La perdita dello stato clericale può avvenire (a) come pena comminata dal diritto canonico per delitti particolarmente gravi; oppure (b) su richiesta dello stesso sacerdote. Un sacerdote accusato o anche condannato per pedofilia può dunque perdere lo stato clericale (a) come pena per il suo delitto oppure (b) su sua richiesta, che il prete pedofilo può avere interesse ad avanzare per diversi motivi, per esempio per sfuggire alla sorveglianza della Chiesa (quello dello Stato talora è più blanda, come molte vicende provano) o anche perché vuole sposarsi. Nel primo caso si punisce il prete pedofilo. Nel secondo caso gli si fa un favore.
La pena per il delitto di pedofilia – la punizione – fino al 2001 era comminata dalle singole diocesi; la competenza è passata alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2001. L’esame delle richieste di dispensa dallo stato clericale – il favore – invece già nel 1985 era di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nel 1985 Stephen Miller Kiesle, sacerdote accusato di abusi su minori, è parte di due diversi procedimenti. Il primo riguarda l’indagine canonica suscettibile di portare alla dimissione dallo stato clericale di don Kiesle come pena per gli abusi compiuti. Questa indagine è di stretta competenza della diocesi di Oakland. La Congregazione per la Dottrina della Fede non c’entra, né se ne occupa.
Il secondo e diverso procedimento riguarda la richiesta dello stesso don Kiesle di una dispensa dallo stato clericale. Questa richiesta giunge sul tavolo della Congregazione per la Dottrina della Fede la quale, per una prassi che ha valore di regolamento, di fatto non concede la dispensa a chi non abbia compiuto i quarant’anni. Don Kiesle ne ha trentotto e il vescovo Cummins chiede alla Congregazione di fare un’eccezione perché, accogliendo la richiesta di Kiesle di essere ridotto allo stato laicale su sua domanda, Roma toglierebbe la diocesi di Oakland dall’imbarazzo di proseguire nell’indagine penale per gli abusi (indagine che, appunto, nel 1985 – prima delle modifiche procedurali del 2001 – era di stretta competenza della diocesi e su cui la Congregazione diretta dal cardinale Ratzinger non poteva intervenire). Se la Congregazione avesse accolto la domanda di Kiesle non avrebbe “punito” il sacerdote, ma gli avrebbe fatto un favore: infatti Kiesle voleva lasciare il sacerdozio in quanto intendeva sposarsi. È molto importante distinguere accoglimento di una domanda di dispensa dallo stato clericale, un beneficio accordato al sacerdote, di competenza della Congregazione, e dimissione dallo stato clericale come punizione, di competenza (fino al 2001) della diocesi e non di Roma.
Il cardinale Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, risponde esprimendo simpatia per la delicata posizione del vescovo – cioè, in termini meno curiali, gli dice che capisce bene che al vescovo piacerebbe che fosse Roma a togliergli le castagne dal fuoco – ma ritiene che per il bene della Chiesa si debba rispettare rigorosamente la prassi, e cioè considerare che l’età del richiedente non permette di accogliere la sua richiesta di dispensa dallo stato clericale. “Considerando il bene universale della Chiesa” – il che evidentemente non significa “per evitare scandali” (del caso di abusi sessuali attribuiti a Kiesle si era parlato ampiamente in California, e lo scandalo c’era già stato) ma “per non creare un precedente che aprirebbe la porta a molte altre richieste di dispensa di sacerdoti di meno di quarant’anni” – il cardinale Ratzinger spiega al vescovo che si dovrà prudentemente attendere, come sempre avviene nel caso di richieste di sacerdoti che non hanno compiuto il quarantesimo anno di età.
Nel frattempo la diocesi di Oakland potrà naturalmente proseguire la diversa indagine penale suscettibile di portare Kiesle alla dimissione dallo stato clericale non su sua richiesta ma come pena per gli abusi compiuti. Mentre la diocesi di Oakland continua a indagare su Kiesle – e lo esclude da attività di ministero – nel 1987 il sacerdote compie quarant’anni. A questo punto, come da prassi, la Congregazione accoglie la sua richiesta di riduzione allo stato laicale. Kiesle lascia l’esercizio del ministero sacerdotale e si sposa. È ben noto alle autorità di polizia come personalità disturbata e sospetto di abusi su minori. Le vicende di Kiesle successive al 1987 evidentemente non coinvolgono nessuna responsabilità della Chiesa, ma solo dei tribunali civili e della polizia. Se ha compiuto nuovi abusi la colpa non è della Chiesa – che Kiesle aveva abbandonato e che non aveva più nessun titolo per sorvegliarlo – ma delle autorità civili.
Come aver rifiutato una richiesta che un prete sospettato di pedofilia, il quale intendeva sposarsi, avanzava chiedendo un favore nel suo stesso interesse equivalesse a “proteggere il prete pedofilo è qualcosa che forse dovrebbe spiegarci l’Associated Press.
Massimo Introvigne
È durata ventiquattr’ore la nuova bufala americana lanciata dall’Associated Press contro il Papa. Anche i media più ostili, incalzati dagli esperti di diritto canonico, hanno fatto marcia indietro. Ma all’insegna del “calunniate, calunniate, qualche cosa resterà” agli utenti più distratti dei media rimarranno in testa solo i titoli secondo cui l’attuale Pontefice nel 1985 “protesse un prete pedofilo”.
Per capire il significato della lettera del 6 novembre 1985 del cardinale Ratzinger a mons. John Stephen Cummins (e non “Cummings”), vescovo di Oakland (California) occorre qualche semplice nozione di diritto canonico. La perdita dello stato clericale può avvenire (a) come pena comminata dal diritto canonico per delitti particolarmente gravi; oppure (b) su richiesta dello stesso sacerdote. Un sacerdote accusato o anche condannato per pedofilia può dunque perdere lo stato clericale (a) come pena per il suo delitto oppure (b) su sua richiesta, che il prete pedofilo può avere interesse ad avanzare per diversi motivi, per esempio per sfuggire alla sorveglianza della Chiesa (quello dello Stato talora è più blanda, come molte vicende provano) o anche perché vuole sposarsi. Nel primo caso si punisce il prete pedofilo. Nel secondo caso gli si fa un favore.
La pena per il delitto di pedofilia – la punizione – fino al 2001 era comminata dalle singole diocesi; la competenza è passata alla Congregazione per la Dottrina della Fede nel 2001. L’esame delle richieste di dispensa dallo stato clericale – il favore – invece già nel 1985 era di competenza della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Nel 1985 Stephen Miller Kiesle, sacerdote accusato di abusi su minori, è parte di due diversi procedimenti. Il primo riguarda l’indagine canonica suscettibile di portare alla dimissione dallo stato clericale di don Kiesle come pena per gli abusi compiuti. Questa indagine è di stretta competenza della diocesi di Oakland. La Congregazione per la Dottrina della Fede non c’entra, né se ne occupa.
Il secondo e diverso procedimento riguarda la richiesta dello stesso don Kiesle di una dispensa dallo stato clericale. Questa richiesta giunge sul tavolo della Congregazione per la Dottrina della Fede la quale, per una prassi che ha valore di regolamento, di fatto non concede la dispensa a chi non abbia compiuto i quarant’anni. Don Kiesle ne ha trentotto e il vescovo Cummins chiede alla Congregazione di fare un’eccezione perché, accogliendo la richiesta di Kiesle di essere ridotto allo stato laicale su sua domanda, Roma toglierebbe la diocesi di Oakland dall’imbarazzo di proseguire nell’indagine penale per gli abusi (indagine che, appunto, nel 1985 – prima delle modifiche procedurali del 2001 – era di stretta competenza della diocesi e su cui la Congregazione diretta dal cardinale Ratzinger non poteva intervenire). Se la Congregazione avesse accolto la domanda di Kiesle non avrebbe “punito” il sacerdote, ma gli avrebbe fatto un favore: infatti Kiesle voleva lasciare il sacerdozio in quanto intendeva sposarsi. È molto importante distinguere accoglimento di una domanda di dispensa dallo stato clericale, un beneficio accordato al sacerdote, di competenza della Congregazione, e dimissione dallo stato clericale come punizione, di competenza (fino al 2001) della diocesi e non di Roma.
Il cardinale Ratzinger, come prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, risponde esprimendo simpatia per la delicata posizione del vescovo – cioè, in termini meno curiali, gli dice che capisce bene che al vescovo piacerebbe che fosse Roma a togliergli le castagne dal fuoco – ma ritiene che per il bene della Chiesa si debba rispettare rigorosamente la prassi, e cioè considerare che l’età del richiedente non permette di accogliere la sua richiesta di dispensa dallo stato clericale. “Considerando il bene universale della Chiesa” – il che evidentemente non significa “per evitare scandali” (del caso di abusi sessuali attribuiti a Kiesle si era parlato ampiamente in California, e lo scandalo c’era già stato) ma “per non creare un precedente che aprirebbe la porta a molte altre richieste di dispensa di sacerdoti di meno di quarant’anni” – il cardinale Ratzinger spiega al vescovo che si dovrà prudentemente attendere, come sempre avviene nel caso di richieste di sacerdoti che non hanno compiuto il quarantesimo anno di età.
Nel frattempo la diocesi di Oakland potrà naturalmente proseguire la diversa indagine penale suscettibile di portare Kiesle alla dimissione dallo stato clericale non su sua richiesta ma come pena per gli abusi compiuti. Mentre la diocesi di Oakland continua a indagare su Kiesle – e lo esclude da attività di ministero – nel 1987 il sacerdote compie quarant’anni. A questo punto, come da prassi, la Congregazione accoglie la sua richiesta di riduzione allo stato laicale. Kiesle lascia l’esercizio del ministero sacerdotale e si sposa. È ben noto alle autorità di polizia come personalità disturbata e sospetto di abusi su minori. Le vicende di Kiesle successive al 1987 evidentemente non coinvolgono nessuna responsabilità della Chiesa, ma solo dei tribunali civili e della polizia. Se ha compiuto nuovi abusi la colpa non è della Chiesa – che Kiesle aveva abbandonato e che non aveva più nessun titolo per sorvegliarlo – ma delle autorità civili.
Come aver rifiutato una richiesta che un prete sospettato di pedofilia, il quale intendeva sposarsi, avanzava chiedendo un favore nel suo stesso interesse equivalesse a “proteggere il prete pedofilo è qualcosa che forse dovrebbe spiegarci l’Associated Press.
Re: Pedofilia e Presbiteri
Anglicani e pedofilia. Una storia di travi e pagliuzze
Massimo Introvigne
Quattrocento bambini molestati, un’intera zona infestata da ministri di culto pedofili che i superiori per quarant’anni si limitano a trasferire da una parrocchia all’altra, ostacolando in ogni modo le indagini della polizia. Una commissione d’inchiesta, condanne, scuse pubbliche che secondo le vittime non possono bastare, un vescovo che si dimette. L’ennesimo episodio di pedofilia nella Chiesa Cattolica? Niente affatto: si tratta dello scandalo dei pastori pedofili nella Chiesa Anglicana dell’Australia del Nord, scoperto nel 2003. La Comunione Anglicana fin dagli anni 1980 è stata devastata da alcuni dei più clamorosi scandali di abusi di minori e di pedofilia dell’intero mondo anglosassone. Nel giorno di venerdì santo del 2002 William Persell, vescovo di Chicago della Chiesa Episcopaliana – la branca statunitense della Comunione Anglicana – dichiarava in un sermone: “Saremmo ingenui e disonesti se dicessimo che quello della pedofilia è un problema della Chiesa Cattolica e non ha nulla a che fare con noi anglicani perché abbiamo preti sposati e donne prete. Non è così”.
Per questo i commenti dell’arcivescovo di Canterbury e responsabile mondiale della Comunione Anglicana, Rowan Williams, che il 3 aprile ha scatenato un attacco senza precedenti contro la Chiesa Cattolica, unendo la sua voce all’assalto di una lobby internazionale contro Benedetto XVI, sono apparsi a molti specialisti di abusi compiuti da religiosi come un pesce d’aprile di cattivo gusto e in ritardo di due giorni. Ma come? Il capo di una comunità dove gli abusi sono iniziati addirittura nel XIX secolo e continuano ampiamente ancora oggi si permette di attaccare il Papa? Non conosce forse la pagina del Vangelo sulla pagliuzza e sulla trave?
Statisticamente, Williams – che contrappone i protestanti ai cattolici – non potrebbe avere più torto. Secondo il sociologo Philip Jenkins, uno dei maggiori studiosi mondiali della questione degli abusi pedofili, il tasso di sacerdoti condannati per abusi su minori a seconda delle aree geografiche varia dallo 0,2 all’1,7% del totale, mentre per i ministri protestanti va dal 2 al 3%. Un rapporto del 2002 di un’agenzia protestante americana, Christian Ministry Resources, concludeva che “i cattolici ricevono tutta l’attenzione nei media, ma il problema è maggiore nelle Chiese protestanti” dove le accuse (certo da non confondersi con le condanne) negli Stati Uniti erano arrivate al bel numero di settanta alla settimana. Nelle sole congregazioni della Comunione Anglicana i siti specializzati riportano centinaia di casi.
Questo dimostra, fra l’altro, che il celibato non c’entra: la maggior parte dei pastori protestanti in genere e anglicani in specie è sposata. Nel 2002 in Australia il pastore anglicano Robert Ellmore, sposato, fu condannato per avere abusato di numerosi bambini, fra cui la sua nipotina di cinque anni. Un pastore episcopaliano di Tucson, in Arizona, Stephen P. Apthorp, nel 1992 era stato condannato per avere violentato 830 volte la figliastra, inducendola a tentare il suicidio, a partire da quando aveva dieci anni. In Australia nel 1995 la Chiesa Anglicana aveva deciso di occuparsi del problema costituendo un “Comitato della Chiesa sugli abusi sessuali”. Uno dei membri più noti del comitato era il canonico anglicano Ross Leslie McAuley. Quando lo nominarono, i vertici della Chiesa Anglicana sapevano già che era sotto inchiesta per diversi casi di abusi omosessuali. Più tardi sarebbe stato descritto dai suoi stessi superiori come “un predatore sessuale”. Il 12 marzo 2009 in Australia un ex responsabile della Church of England Boys Society è stato condannato a diciotto anni di carcere per una lunga catena di abusi sui bambini. E le condanne continuano.
Sarebbe sbagliato qualunque atteggiamento del tipo “mal comune, mezzo gaudio”, né certamente la Chiesa Cattolica intende assumerlo. Al contrario, il Papa è impegnato a denunciare – come ha scritto nella “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” – “la vergogna e il disonore” dei preti pedofili. Ma il capo anglicano Rowan Williams – che mantiene aperto il sacerdozio e l’episcopato agli omosessuali e ha auspicato l’introduzione in Gran Bretagna della legge islamica, la shari’a, per i musulmani – dovrebbe smetterla con il patetico tentativo di usare la questione della pedofilia per frenare la massiccia emorragia di anglicani che tornano alla Chiesa di Roma disgustati dalla sua gestione, lasciare al Papa il suo lavoro e occuparsi semmai di fare pulizia in casa sua.
Massimo Introvigne
Quattrocento bambini molestati, un’intera zona infestata da ministri di culto pedofili che i superiori per quarant’anni si limitano a trasferire da una parrocchia all’altra, ostacolando in ogni modo le indagini della polizia. Una commissione d’inchiesta, condanne, scuse pubbliche che secondo le vittime non possono bastare, un vescovo che si dimette. L’ennesimo episodio di pedofilia nella Chiesa Cattolica? Niente affatto: si tratta dello scandalo dei pastori pedofili nella Chiesa Anglicana dell’Australia del Nord, scoperto nel 2003. La Comunione Anglicana fin dagli anni 1980 è stata devastata da alcuni dei più clamorosi scandali di abusi di minori e di pedofilia dell’intero mondo anglosassone. Nel giorno di venerdì santo del 2002 William Persell, vescovo di Chicago della Chiesa Episcopaliana – la branca statunitense della Comunione Anglicana – dichiarava in un sermone: “Saremmo ingenui e disonesti se dicessimo che quello della pedofilia è un problema della Chiesa Cattolica e non ha nulla a che fare con noi anglicani perché abbiamo preti sposati e donne prete. Non è così”.
Per questo i commenti dell’arcivescovo di Canterbury e responsabile mondiale della Comunione Anglicana, Rowan Williams, che il 3 aprile ha scatenato un attacco senza precedenti contro la Chiesa Cattolica, unendo la sua voce all’assalto di una lobby internazionale contro Benedetto XVI, sono apparsi a molti specialisti di abusi compiuti da religiosi come un pesce d’aprile di cattivo gusto e in ritardo di due giorni. Ma come? Il capo di una comunità dove gli abusi sono iniziati addirittura nel XIX secolo e continuano ampiamente ancora oggi si permette di attaccare il Papa? Non conosce forse la pagina del Vangelo sulla pagliuzza e sulla trave?
Statisticamente, Williams – che contrappone i protestanti ai cattolici – non potrebbe avere più torto. Secondo il sociologo Philip Jenkins, uno dei maggiori studiosi mondiali della questione degli abusi pedofili, il tasso di sacerdoti condannati per abusi su minori a seconda delle aree geografiche varia dallo 0,2 all’1,7% del totale, mentre per i ministri protestanti va dal 2 al 3%. Un rapporto del 2002 di un’agenzia protestante americana, Christian Ministry Resources, concludeva che “i cattolici ricevono tutta l’attenzione nei media, ma il problema è maggiore nelle Chiese protestanti” dove le accuse (certo da non confondersi con le condanne) negli Stati Uniti erano arrivate al bel numero di settanta alla settimana. Nelle sole congregazioni della Comunione Anglicana i siti specializzati riportano centinaia di casi.
Questo dimostra, fra l’altro, che il celibato non c’entra: la maggior parte dei pastori protestanti in genere e anglicani in specie è sposata. Nel 2002 in Australia il pastore anglicano Robert Ellmore, sposato, fu condannato per avere abusato di numerosi bambini, fra cui la sua nipotina di cinque anni. Un pastore episcopaliano di Tucson, in Arizona, Stephen P. Apthorp, nel 1992 era stato condannato per avere violentato 830 volte la figliastra, inducendola a tentare il suicidio, a partire da quando aveva dieci anni. In Australia nel 1995 la Chiesa Anglicana aveva deciso di occuparsi del problema costituendo un “Comitato della Chiesa sugli abusi sessuali”. Uno dei membri più noti del comitato era il canonico anglicano Ross Leslie McAuley. Quando lo nominarono, i vertici della Chiesa Anglicana sapevano già che era sotto inchiesta per diversi casi di abusi omosessuali. Più tardi sarebbe stato descritto dai suoi stessi superiori come “un predatore sessuale”. Il 12 marzo 2009 in Australia un ex responsabile della Church of England Boys Society è stato condannato a diciotto anni di carcere per una lunga catena di abusi sui bambini. E le condanne continuano.
Sarebbe sbagliato qualunque atteggiamento del tipo “mal comune, mezzo gaudio”, né certamente la Chiesa Cattolica intende assumerlo. Al contrario, il Papa è impegnato a denunciare – come ha scritto nella “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” – “la vergogna e il disonore” dei preti pedofili. Ma il capo anglicano Rowan Williams – che mantiene aperto il sacerdozio e l’episcopato agli omosessuali e ha auspicato l’introduzione in Gran Bretagna della legge islamica, la shari’a, per i musulmani – dovrebbe smetterla con il patetico tentativo di usare la questione della pedofilia per frenare la massiccia emorragia di anglicani che tornano alla Chiesa di Roma disgustati dalla sua gestione, lasciare al Papa il suo lavoro e occuparsi semmai di fare pulizia in casa sua.
Re: Pedofilia e Presbiteri
Preti pedofili. Don Giorgio Govoni: quando la calunnia uccide
Massimo Introvigne
I preti pedofili esistono. Come ha ricordato il Papa, sono “una vergogna” per la Chiesa e nei loro confronti non è giustificata nessuna tolleranza. Ma vi è anche un’altra categoria che non dev’essere dimenticata in questo lungo venerdì santo della Chiesa: quella dei preti accusati ingiustamente. Dal tentativo nazista di screditare la resistenza della Chiesa tedesca al regime moltiplicando le accuse di pedofilia – quasi tutte false – agli studi legali miliardari americani che sparano accuse talora davvero insensate al solo scopo di spillare quattrini alla Chiesa, c’è una storia parallela di calunnie che, per i sacerdoti che le subiscono, costituiscono un vero martirio.
Ricorre quest’anno il decimo anniversario di una vicenda dolorosissima che ha coinvolto un sacerdote italiano, don Giorgio Govoni (1941-2000). Questo parroco della Bassa Modenese – un parroco esemplare, amatissimo dai suoi parrocchiani – è accusato nel 1997 da un’assistente sociale, che afferma di avere intervistato tredici bambini, di guidare un gruppo di «satanisti pedofili» che praticherebbero riti satanici in diversi cimiteri tra Mirandola e Finale Emilia, violentando e talora uccidendo bambini (di cui peraltro non si sono mai trovati i corpi). Rinviato a giudizio, è ritenuto colpevole dal pubblico ministero che chiede per lui quattordici anni di carcere. La Curia di Modena si schiera fin dall’inizio con lui e ne sostiene la difesa, facendo appello anche a chi scrive, il quale crede di avere dimostrato in una perizia di parte il carattere assolutamente inverosimile delle accuse. Ma, dopo l’arringa del pubblico ministero, don Giorgio muore stroncato da un infarto nell’ufficio del suo avvocato il 19 maggio 2000.
La morte del sacerdote estingue le accuse contro don Giorgio, ma la sentenza nei confronti dei coimputati mostra che i giudici del Tribunale di Modena credono nonostante tutto agli accusatori. La situazione però si rovescia in sede di appello, interposto anche dai difensori del sacerdote defunto per riabilitarlo almeno post mortem. L’11 luglio 2001 la Corte d’Appello di Bologna dichiara che nella Bassa Modenese non è mai esistito un gruppo di «satanisti pedofili» e che don Giorgio è stato ingiustamente calunniato sulla base di fantasie indotte in bambini molto piccoli da un’assistente sociale che ha letto una certa letteratura su casi americani. Nel 2002 la sentenza di appello è confermata dalla Corte di Cassazione, con soddisfazione delle autorità ecclesiastiche e dei parrocchiani che hanno sempre visto in don Giorgio un eccellente sacerdote travolto da accuse inventate.
Ogni anno i suoi parrocchiani, spesso con la presenza del vescovo di Modena, si riuniscono sulla tomba di don Giorgio. Io, che l’ho conosciuto personalmente, sono rimasto sia edificato dalla sua testimonianza di sacerdote e di uomo d’intensa preghiera, sia spaventato dalla facilità con cui chiunque – magari per essersi scontrato con un’assistente sociale sulla gestione di alcune famiglie in difficoltà – può essere umanamente e moralmente distrutto da accuse infamanti immediatamente riprese dai media prima di ogni verifica. Ricordare a dieci anni dalla morte don Giorgio Govoni non assolve certamente nessun sacerdote davvero colpevole di abusi. Ma ci ricorda che esistono pure i fabbricanti di calunnie. Anche nei loro confronti è giusta la tolleranza zero.
Massimo Introvigne
I preti pedofili esistono. Come ha ricordato il Papa, sono “una vergogna” per la Chiesa e nei loro confronti non è giustificata nessuna tolleranza. Ma vi è anche un’altra categoria che non dev’essere dimenticata in questo lungo venerdì santo della Chiesa: quella dei preti accusati ingiustamente. Dal tentativo nazista di screditare la resistenza della Chiesa tedesca al regime moltiplicando le accuse di pedofilia – quasi tutte false – agli studi legali miliardari americani che sparano accuse talora davvero insensate al solo scopo di spillare quattrini alla Chiesa, c’è una storia parallela di calunnie che, per i sacerdoti che le subiscono, costituiscono un vero martirio.
Ricorre quest’anno il decimo anniversario di una vicenda dolorosissima che ha coinvolto un sacerdote italiano, don Giorgio Govoni (1941-2000). Questo parroco della Bassa Modenese – un parroco esemplare, amatissimo dai suoi parrocchiani – è accusato nel 1997 da un’assistente sociale, che afferma di avere intervistato tredici bambini, di guidare un gruppo di «satanisti pedofili» che praticherebbero riti satanici in diversi cimiteri tra Mirandola e Finale Emilia, violentando e talora uccidendo bambini (di cui peraltro non si sono mai trovati i corpi). Rinviato a giudizio, è ritenuto colpevole dal pubblico ministero che chiede per lui quattordici anni di carcere. La Curia di Modena si schiera fin dall’inizio con lui e ne sostiene la difesa, facendo appello anche a chi scrive, il quale crede di avere dimostrato in una perizia di parte il carattere assolutamente inverosimile delle accuse. Ma, dopo l’arringa del pubblico ministero, don Giorgio muore stroncato da un infarto nell’ufficio del suo avvocato il 19 maggio 2000.
La morte del sacerdote estingue le accuse contro don Giorgio, ma la sentenza nei confronti dei coimputati mostra che i giudici del Tribunale di Modena credono nonostante tutto agli accusatori. La situazione però si rovescia in sede di appello, interposto anche dai difensori del sacerdote defunto per riabilitarlo almeno post mortem. L’11 luglio 2001 la Corte d’Appello di Bologna dichiara che nella Bassa Modenese non è mai esistito un gruppo di «satanisti pedofili» e che don Giorgio è stato ingiustamente calunniato sulla base di fantasie indotte in bambini molto piccoli da un’assistente sociale che ha letto una certa letteratura su casi americani. Nel 2002 la sentenza di appello è confermata dalla Corte di Cassazione, con soddisfazione delle autorità ecclesiastiche e dei parrocchiani che hanno sempre visto in don Giorgio un eccellente sacerdote travolto da accuse inventate.
Ogni anno i suoi parrocchiani, spesso con la presenza del vescovo di Modena, si riuniscono sulla tomba di don Giorgio. Io, che l’ho conosciuto personalmente, sono rimasto sia edificato dalla sua testimonianza di sacerdote e di uomo d’intensa preghiera, sia spaventato dalla facilità con cui chiunque – magari per essersi scontrato con un’assistente sociale sulla gestione di alcune famiglie in difficoltà – può essere umanamente e moralmente distrutto da accuse infamanti immediatamente riprese dai media prima di ogni verifica. Ricordare a dieci anni dalla morte don Giorgio Govoni non assolve certamente nessun sacerdote davvero colpevole di abusi. Ma ci ricorda che esistono pure i fabbricanti di calunnie. Anche nei loro confronti è giusta la tolleranza zero.
Re: Pedofilia e Presbiteri
Preti pedofili e attacco al Papa. La Madonna lo aveva previsto?
Massimo Introvigne ("il Giornale", 27 marzo 2010)
La duplice crisi che la Chiesa deve affrontare in questi giorni – gli episodi “vergognosi e criminali”, come li ha definiti Benedetto XVI, dei preti pedofili e l’attacco di lobby laiciste che, partendo da questi episodi ma esagerandone i numeri, attaccano la Chiesa e il Papa stesso – sono stati previsti da rivelazioni private? La Chiesa raccomanda cautela di fronte a testi che non sono mai “ufficiali” e non godono certo della stessa autorevolezza della Rivelazione pubblica e neppure degli insegnamenti del Magistero, così che nessun fedele deve ritenersi obbligato a seguirli. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che il ruolo delle rivelazioni private “non è quello di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica” (n. 67). Nulla vieta, peraltro, senza esagerarne la portata d’interrogarsi sulle possibili relazioni fra alcune rivelazioni private e la crisi attuale.
Che il sacerdozio cattolico, per la Chiesa la più santa delle istituzioni, sia esposto a rischi di deviazioni e corruzioni emerge appunto anche da rivelazioni private. Già in un ciclo del XIV secolo Gesù si rivolge a Santa Brigida di Svezia (1303-1373), co-patrona d’Europa, con l’espressione “I preti mi sono diventati insopportabili”. Un avvenimento di grande portata per la storia spirituale – ma anche culturale e letteraria – della Francia è l’apparizione della Madonna a La Salette nel 1846. Quest’apparizione è stata riconosciuta dalla Chiesa come autentica. Tuttavia, del cosiddetto “segreto” che una delle veggenti, Mélanie Calvat (1831-1904), mise per iscritto nel 1851 il Sant’Uffizio proibì la divulgazione, ancorché esso non sia mai stato dichiarato formalmente falso. Dev’essere quindi avvicinato con particolare cautela. In questo segreto si legge la profezia di tempi in cui “il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande; fra queste persone vi saranno anche dei vescovi”. “La Chiesa subirà una crisi spaventosa. (…) Si vedrà l'abominio nei luoghi santi; nei conventi i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio diventerà come il re dei cuori (…). Il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone dedite al peccato”. “I sacerdoti con la loro cattiva vita (…) sono diventati delle cloache d'impurità”. Non c’è da stupirsi se questa profezia oggi appare a molti di particolare attualità.
Ma non bisogna dimenticare che nello stesso segreto di La Salette si annuncia pure che “il Santo Padre soffrirà molto (…). I cattivi attenteranno diverse volte alla sua vita”. Il testo è stato studiato recentemente da specialisti di rivelazioni private, alcuni dei quali ritengono che – insieme a fantasie della veggente – contenga il nucleo di un’autentica esperienza spirituale. Ed è suggestiva l’idea di riferire a Giovanni Paolo II l’allusione di La Salette a un attentato alla vita del Papa.
Lo stesso riferimento a un attentato si ritrova nel terzo segreto di Fatima, pubblicato in modo molto ufficiale dalla Santa Sede con un commento dell’allora cardinale Ratzinger nel 2000. Qui la Madonna mostra “il Santo Padre (che) attraversa una grande città mezza in rovina; e mezzo tremulo con passo vacillante,afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce”. Lo stesso cardinale Ratzinger metteva in relazione la visione di Fatima con l’attentato che Giovanni Paolo II subì il 13 maggio 1981, giorno della festa della Madonna di Fatima. Ma notava pure che l’immagine è figura di tutte le persecuzioni che il Papa e la Chiesa nella storia continuamente subiscono. Anche le persecuzioni mediatiche di questi giorni fanno parte dei “colpi d’arma da fuoco e frecce” che sempre “soldati” al servizio delle Tenebre sono pronti a lanciare contro il Papa.
Massimo Introvigne ("il Giornale", 27 marzo 2010)
La duplice crisi che la Chiesa deve affrontare in questi giorni – gli episodi “vergognosi e criminali”, come li ha definiti Benedetto XVI, dei preti pedofili e l’attacco di lobby laiciste che, partendo da questi episodi ma esagerandone i numeri, attaccano la Chiesa e il Papa stesso – sono stati previsti da rivelazioni private? La Chiesa raccomanda cautela di fronte a testi che non sono mai “ufficiali” e non godono certo della stessa autorevolezza della Rivelazione pubblica e neppure degli insegnamenti del Magistero, così che nessun fedele deve ritenersi obbligato a seguirli. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ricorda che il ruolo delle rivelazioni private “non è quello di ‘completare’ la Rivelazione definitiva di Cristo, ma di aiutare a viverla più pienamente in una determinata epoca storica” (n. 67). Nulla vieta, peraltro, senza esagerarne la portata d’interrogarsi sulle possibili relazioni fra alcune rivelazioni private e la crisi attuale.
Che il sacerdozio cattolico, per la Chiesa la più santa delle istituzioni, sia esposto a rischi di deviazioni e corruzioni emerge appunto anche da rivelazioni private. Già in un ciclo del XIV secolo Gesù si rivolge a Santa Brigida di Svezia (1303-1373), co-patrona d’Europa, con l’espressione “I preti mi sono diventati insopportabili”. Un avvenimento di grande portata per la storia spirituale – ma anche culturale e letteraria – della Francia è l’apparizione della Madonna a La Salette nel 1846. Quest’apparizione è stata riconosciuta dalla Chiesa come autentica. Tuttavia, del cosiddetto “segreto” che una delle veggenti, Mélanie Calvat (1831-1904), mise per iscritto nel 1851 il Sant’Uffizio proibì la divulgazione, ancorché esso non sia mai stato dichiarato formalmente falso. Dev’essere quindi avvicinato con particolare cautela. In questo segreto si legge la profezia di tempi in cui “il numero dei preti e dei religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande; fra queste persone vi saranno anche dei vescovi”. “La Chiesa subirà una crisi spaventosa. (…) Si vedrà l'abominio nei luoghi santi; nei conventi i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio diventerà come il re dei cuori (…). Il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone dedite al peccato”. “I sacerdoti con la loro cattiva vita (…) sono diventati delle cloache d'impurità”. Non c’è da stupirsi se questa profezia oggi appare a molti di particolare attualità.
Ma non bisogna dimenticare che nello stesso segreto di La Salette si annuncia pure che “il Santo Padre soffrirà molto (…). I cattivi attenteranno diverse volte alla sua vita”. Il testo è stato studiato recentemente da specialisti di rivelazioni private, alcuni dei quali ritengono che – insieme a fantasie della veggente – contenga il nucleo di un’autentica esperienza spirituale. Ed è suggestiva l’idea di riferire a Giovanni Paolo II l’allusione di La Salette a un attentato alla vita del Papa.
Lo stesso riferimento a un attentato si ritrova nel terzo segreto di Fatima, pubblicato in modo molto ufficiale dalla Santa Sede con un commento dell’allora cardinale Ratzinger nel 2000. Qui la Madonna mostra “il Santo Padre (che) attraversa una grande città mezza in rovina; e mezzo tremulo con passo vacillante,afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della grande Croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e frecce”. Lo stesso cardinale Ratzinger metteva in relazione la visione di Fatima con l’attentato che Giovanni Paolo II subì il 13 maggio 1981, giorno della festa della Madonna di Fatima. Ma notava pure che l’immagine è figura di tutte le persecuzioni che il Papa e la Chiesa nella storia continuamente subiscono. Anche le persecuzioni mediatiche di questi giorni fanno parte dei “colpi d’arma da fuoco e frecce” che sempre “soldati” al servizio delle Tenebre sono pronti a lanciare contro il Papa.
Re: Pedofilia e Presbiteri
La lobby laicista contro il Papa. La grande bufala del "New York Times"
Massimo Introvigne
Se c’è un giornale che viene in mente quando si parla di lobby laiciste e anticattoliche, questo è il New York Times. Il 25 marzo 2010 il quotidiano di New York ha confermato questa sua vocazione sbattendo il Papa in prima pagina con un’incredibile bufala relativa a Benedetto XVI e al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Secondo il quotidiano nel 1996 i cardinali Ratzinger e Bertone avrebbero insabbiato il caso, segnalato alla Congregazione per la Dottrina della Fede dalla Arcidiocesi di Milwaukee, relativo a un prete pedofilo, don Lawrence Murphy. Incredibilmente – dopo anni di precisazioni e dopo che il documento è stato pubblicato e commentato ampiamente in mezzo mondo, svelando le falsificazioni e gli errori di traduzione delle lobby laiciste – il New York Times accusa ancora l’istruzione Crimen sollicitationis del 1962 (in realtà, seconda edizione di un testo del 1922) di avere operato per impedire che il caso di don Murphy fosse portato all’attenzione delle autorità civili.
I fatti sono un po’ diversi. Intorno al 1975 don Murphy fu accusato di abusi particolarmente gravi e sgradevoli in un collegio per minorenni sordi. Il caso fu tempestivamente denunciato alle autorità civili, che non trovarono prove sufficienti per procedere contro don Murphy. La Chiesa, nella fattispecie più severa dello Stato, continuò tuttavia con persistenza a indagare su don Murphy e, giacché sospettava che fosse colpevole, a limitare in diversi modi il suo esercizio del ministero, nonostante la denuncia contro di lui fosse stata archiviata dalla magistratura inquirente.
Vent’anni dopo i fatti, nel 1995 – in un clima di forti polemiche sui casi dei “preti pedofili” – l’Arcidiocesi di Milwaukee ritenne opportuno segnalare il caso alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La segnalazione era relativa a violazioni della disciplina della confessione, materia di competenza della Congregazione, e non aveva nulla a che fare con l’indagine civile, che si era svolta e si era conclusa vent’anni prima. Si deve anche notare che nei vent’anni precedenti al 1995 non vi era stato alcun fatto nuovo, o nuova accusa nei confronti di don Murphy. I fatti di cui si discuteva erano ancora quelli del 1975. L’arcidiocesi segnalò pure a Roma che don Murphy era moribondo. La Congregazione per la Dottrina della Fede certamente non pubblicò documenti e dichiarazioni a vent’anni dai fatti ma raccomandò che si continuassero a restringere le attività pastorali di don Murphy e che gli si chiedesse di ammettere pubblicamente le sue responsabilità. Quattro mesi dopo l’intervento romano don Murphy morì.
Questo nuovo esempio di giornalismo spazzatura conferma come funzionano i “panici morali”. Per infangare la persona del Santo Padre si rivanga un episodio di trentacinque anni fa, noto e discusso dalla stampa locale già a metà degli anni 1970, la cui gestione – per quanto di sua competenza, e un quarto di secolo dopo i fatti – da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede fu peraltro canonicamente e moralmente impeccabile, e molto più severa di quella delle autorità statali americane. Di quante di queste “scoperte” abbiamo ancora bisogno per renderci conto che l’attacco al Papa non ha nulla a che fare con la difesa delle vittime dei casi di pedofilia – certamente gravi, inaccettabili e criminali come Benedetto XVI ha ricordato con santa severità – e mira a screditare un Pontefice e una Chiesa che danno fastidio alle lobby per la loro efficace azione in difesa della vita e della famiglia?
Massimo Introvigne
Se c’è un giornale che viene in mente quando si parla di lobby laiciste e anticattoliche, questo è il New York Times. Il 25 marzo 2010 il quotidiano di New York ha confermato questa sua vocazione sbattendo il Papa in prima pagina con un’incredibile bufala relativa a Benedetto XVI e al cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
Secondo il quotidiano nel 1996 i cardinali Ratzinger e Bertone avrebbero insabbiato il caso, segnalato alla Congregazione per la Dottrina della Fede dalla Arcidiocesi di Milwaukee, relativo a un prete pedofilo, don Lawrence Murphy. Incredibilmente – dopo anni di precisazioni e dopo che il documento è stato pubblicato e commentato ampiamente in mezzo mondo, svelando le falsificazioni e gli errori di traduzione delle lobby laiciste – il New York Times accusa ancora l’istruzione Crimen sollicitationis del 1962 (in realtà, seconda edizione di un testo del 1922) di avere operato per impedire che il caso di don Murphy fosse portato all’attenzione delle autorità civili.
I fatti sono un po’ diversi. Intorno al 1975 don Murphy fu accusato di abusi particolarmente gravi e sgradevoli in un collegio per minorenni sordi. Il caso fu tempestivamente denunciato alle autorità civili, che non trovarono prove sufficienti per procedere contro don Murphy. La Chiesa, nella fattispecie più severa dello Stato, continuò tuttavia con persistenza a indagare su don Murphy e, giacché sospettava che fosse colpevole, a limitare in diversi modi il suo esercizio del ministero, nonostante la denuncia contro di lui fosse stata archiviata dalla magistratura inquirente.
Vent’anni dopo i fatti, nel 1995 – in un clima di forti polemiche sui casi dei “preti pedofili” – l’Arcidiocesi di Milwaukee ritenne opportuno segnalare il caso alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La segnalazione era relativa a violazioni della disciplina della confessione, materia di competenza della Congregazione, e non aveva nulla a che fare con l’indagine civile, che si era svolta e si era conclusa vent’anni prima. Si deve anche notare che nei vent’anni precedenti al 1995 non vi era stato alcun fatto nuovo, o nuova accusa nei confronti di don Murphy. I fatti di cui si discuteva erano ancora quelli del 1975. L’arcidiocesi segnalò pure a Roma che don Murphy era moribondo. La Congregazione per la Dottrina della Fede certamente non pubblicò documenti e dichiarazioni a vent’anni dai fatti ma raccomandò che si continuassero a restringere le attività pastorali di don Murphy e che gli si chiedesse di ammettere pubblicamente le sue responsabilità. Quattro mesi dopo l’intervento romano don Murphy morì.
Questo nuovo esempio di giornalismo spazzatura conferma come funzionano i “panici morali”. Per infangare la persona del Santo Padre si rivanga un episodio di trentacinque anni fa, noto e discusso dalla stampa locale già a metà degli anni 1970, la cui gestione – per quanto di sua competenza, e un quarto di secolo dopo i fatti – da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede fu peraltro canonicamente e moralmente impeccabile, e molto più severa di quella delle autorità statali americane. Di quante di queste “scoperte” abbiamo ancora bisogno per renderci conto che l’attacco al Papa non ha nulla a che fare con la difesa delle vittime dei casi di pedofilia – certamente gravi, inaccettabili e criminali come Benedetto XVI ha ricordato con santa severità – e mira a screditare un Pontefice e una Chiesa che danno fastidio alle lobby per la loro efficace azione in difesa della vita e della famiglia?
Re: Pedofilia e Presbiteri
Chiesa e pedofilia: Padre Lombardi e Introvigne a "Uno mattina" - Trascrizione completa
Presentazione della “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” a “Uno mattina” del 23 marzo 2010. Interviste a padre Federico Lombardi S.J. e a Massimo Introvigne - Trascrizione
Michele Cucuzza
Saluto Padre Federico Lombardi, che è il portavoce della sala stampa della Santa Sede. Abbiamo sentito il Papa: ha utilizzato parole forti, parole molto addolorate. “Vergogna e rimorso” – ha detto tra l’altro - “disonore”, per la violenza da parte di membri della Chiesa d’Irlanda, “atti peccaminosi di criminali” e così via. Come mai si è resa impellente la lettera e perché Sua Santità ha scelto proprio la Chiesa d’Irlanda come destinataria?
Padre Federico Lombardi
In Irlanda si sono verificati effettivamente dei fatti molto gravi e ci sono stati recentemente anche dei rapporti dalle autorità pubbliche che hanno approfondito la situazione e hanno suscitato grandissima emozione, grande reazione nella società irlandese, non solo nella Chiesa, per cui c’è una situazione particolare in questo Paese. Per questo il Papa ha convocato a Roma i vescovi, li ha incontrati, li ha ascoltati e ha pensato necessario rivolgere alla Chiesa in Irlanda una lettera specifica, proprio per la situazione che si è manifestata nel tempo, grave e in cui ci sono state anche delle responsabilità serie e gravi nel governo della Chiesa in Irlanda; cioè da parte dell’episcopato che non ha gestito queste situazioni con sufficiente decisione e chiarezza. Questo è stato messo in rilievo anche nei rapporti pubblici – il Papa lo riconosce – e pensa quindi di dover fare un intervento specifico per aiutare anche la Chiesa e la società irlandese ha far fronte a questa situazione e a riprendere il cammino.
Eleonora Daniele
La lettera apre comunque ad una voce di speranza, speranza che le vittime non perdano fiducia nei confronti della Chiesa e poi speranza, speranza per i peccatori nella misericordia di Dio. All’Angelus poi ricordiamo – l’Angelus di domenica – il Papa ha sottolineato il tema dell’indulgenza verso i peccatori. Padre Lombardi, perché il Papa ha scelto di veicolare e trasmettere questi due messaggi contemporaneamente? Non sarebbe stato più facile, più popolare, forse stare solamente dalla parte delle vittime?
Padre Federico Lombardi
Guardi, l’accostamento tra la lettera che è stata pubblicata sabato e mandata ieri e l’Angelus di domenica, che era un normale Angelus con un commento del Vangelo di domenica, è un po’ artificioso, quindi veramente non ha il rilievo che è stato dato sulla stampa italiana. Rimane il fatto che nella lettera stessa c’è questa dimensione, che lei già prima evocava, anche della misericordia di Dio, però vista non tanto come indulgenza verso chi ha mancato, per cui il Papa ha delle parole veramente durissime che sono state prima giustamente evocate, ma come il contesto diciamo spirituale in cui dare speranza a tutti quelli che stanno vivendo una sofferenza durissima – le vittime anzitutto – i colpevoli che rischiano di disperarsi per la gravità di ciò che hanno commesso, e anche la società e la Chiesa irlandese che vedono una situazione di grandissima crisi morale. Ecco, allora: ridare fiducia anche per poter fare un cammino che il Papa riconosce che è molto lungo, cioè non dice che con questa lettera lui ha risolto tutto – per carità – dice che ha dato un piccolo contributo per fare un passo avanti in un lungo cammino di risanamento delle ferite interiori di chi ha sofferto e anche di rinnovamento e purificazione.
Michele Cucuzza
Su questo cosa dobbiamo aspettarci? I vescovi collaboreranno anche con le autorità civili?
Padre Federico Lombardi
Ah certamente, questo è detto molto chiaramente nella lettera, ed è la linea che si assume. I vescovi come i cristiani, i cattolici, sono cittadini di una società, devono rispettarne le leggi. Se ci sono delle leggi come quella della gioventù vanno certamente rispettate.
Michele Cucuzza
In collegamento da Torino saluto il professor Massimo Introvigne, sociologo, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni. Ecco, il Papa ha indubbiamente scritto una lettera coraggiosa. I commenti sono unanimi. Eppure lei il 18 marzo aveva scritto su Avvenire che “dal punto di vista sociologico questo qui è un tipico esempio di” - ha detto – “panico morale” e ha sostenuto questa sua analisi con dei numeri, proprio dal punto di vista statistico. Le chiedo allora: ma esiste o non esiste il problema della pedofilia all’interno della Chiesa cattolica, a suo avviso?
Massimo Introvigne
Il problema esiste certamente. Se anche ci fossero soltanto due casi, bisogna dirlo con chiarezza, sarebbero due casi di troppo e quindi la santa severità del Papa contro abusi che definisce criminali e vergognosi mi trova completamente consenziente. Detto questo, e per quanto le vittime non siano certo mai consolate dalle statistiche di noi sociologi, non è indifferente per chi deve agire e prevenire sapere se i casi sono venti o ventimila. Il panico morale deriva quando sono fatte circolare da alcuni media delle statistiche folkloriche, esagerando. Se prendo i rapporti irlandesi citati da Padre Lombardi, e anche lo studio statistico più accurato, quello del John Jay College, un’istituzione non cattolica negli Stati Uniti pubblicato nel 2004, io ci trovo che in un arco di 52 anni, il 4% del clero degli Stati Uniti è stato accusato di abusi su minori. Questo vuol dire che il 4% dei preti americani sono pedofili? No, perché accusato non vuol dire condannato. Ci sono stati casi anche clamorosi di innocenti calunniati, e poi perché nella maggior parte dei casi non si tratta tecnicamente di pedofilia, ma di accuse di relazioni sessuali con minorenni. Se un parroco ha una relazione con una diciassettenne, questa non è una bella cosa, ma non si tratta di pedofilia. I casi di pedofilia negli Stati Uniti che hanno portato a condanne, sono stati negli ultimi 52 anni da uno a due all’anno. Sono troppi, sono vergognosi, sono criminali, ma non dobbiamo esagerare sul dato statistico.
Eleonora Daniele
Vorrei un commento anche su questi dati, un commento da Padre Lombardi. Tra l’altro il Santo Padre si è reso disponibile anche ad incontrare le vittime.
Padre Federico Lombardi
Sì, quello che ha detto il professor Introvigne è verissimo. Per avere una visione obiettiva dal punto di vista sociologico del problema, bisogna guardarlo nella sua ampiezza, nella sua completezza, non solo concentrarsi sulla Chiesa. Naturalmente, noi come persone di Chiesa siamo feriti profondissimamente, anche perché presentandoci in un certo senso come autorità morali dobbiamo avere un comportamento coerente e il Papa per questo parla con molta onestà del problema. Certo, il Papa, come dice lei, ha manifestato la sua partecipazione profonda anche incontrando delle vittime. Io ero presente, sia nella cappella della Nunziatura di Washington, sia nella cappella della Residenza a Sidney e poi anche qui a Roma li ha incontrati e dice nella lettera che è disposto a incontrarne ancora.
Michele Cucuzza
Padre Lombardi, come mai in passato ci sono stati tanti errori da parte della Chiesa nell’affrontare questo problema?
Padre Federico Lombardi
Certamente c’è stata una certa cultura del silenzio che non è solo della Chiesa ma anche molto diffusa nella società, su fatti di cui evidentemente ci si vergogna che sono piuttosto così gravi, così drammatici. Uno cerca di nasconderli molto spesso, questa è una tendenza abbastanza naturale e una istituzione come la Chiesa anche per salvare la sua onorabilità, in passato ha spesso cercato di non parlare, non affrontare specificamente questi casi. Magari un sacerdote che si sapeva che aveva mancato, che era a rischio, lo si spostava da un’altra parte, in modo tale da evitare che il problema dilagasse. E questo è un fatto che è stato abbastanza diffuso, ed è proprio su questo che si appunta la critica di governo da parte del Santo Padre. Per fortuna queste sono cose già di diversi decenni fa, mentre adesso la consapevolezza di dover affrontare le cose con tempestività, chiarezza e rigore è molto diffusa.
Eleonora Daniele
Professor Introvigne, facciamo un passo indietro, facciamo anche un po’ di chiarezza. Già nel 2006 il documentario della BBC ‘Sex Crimes and the Vatican’ aveva suscitato scalpore. Perché? Perché si faceva riferimento ad un presunto documento che vietava ai vescovi di denunciare i preti pedofili e ad un meccanismo anche perverso, di spostamento di diocesi in diocesi dei colpevoli. Era questo davvero lo stato delle cose? Se sì, quanto è durato questo periodo di insabbiamento, di omertà, chiamiamola così?
Massimo Introvigne
Il documentario del parlamentare irlandese Colm O’Gorman era così sensazionalistico da essere fondamentalmente falso, falso non perché – lo abbiamo visto - gli abusi non ci siano stati, ma perché pretendeva che questi abusi fossero garantiti e favoriti dal diritto canonico. Citava in particolare l’istruzione del 1962, ma in realtà riedizione di una del 1922, Crimen sollicitationis, e la lettera della Congregazione della Dottirna della Fede De delictis gravioribus del 2001. Ora, c’erano anche nel documentario dei marchiani errori di traduzione dal latino. Questi documenti chiedevano in realtà maggiore severità nel perseguire gli abusi. La scomunica nella Crimen sollicitationis era per chi non denunciava gli abusi, non per chi li denunciava. La De delictis gravioribus semmai creava un termine di prescrizione lunghissimo, dieci anni dal compimento del diciottesimo anno della vittima; vuol dire che se un bambino di quattro anni è abusato nel 2010, il colpevole può essere perseguito fino al 2034. Quindi la severità nel diritto canonico c’era, c’era assolutamente. Ha ragione il Papa: preti e anche vescovi hanno commesso abusi anche gravi, ma li hanno commessi perché non hanno applicato il diritto canonico, certo non perché lo hanno applicato.
Michele Cucuzza
Eppure - mi rivolgo a Padre Lombardi - lo dicevamo prima: omissioni, connivenze ci sono state, anche per decenni. Che cosa risponde oggi il Vaticano a chi – abbiamo sentito nella rassegna stampa – ha contestato a questa lettera di Benedetto XVI, che pure per alcuni è coraggiosa, una sorta di auto-assoluzione. Hanno usato la parola “insufficiente”, “non basta”…
Padre Federico Lombardi
La lettera va letta, e chi la legge onestamente capisce benissimo che non c’è nulla dell’auto-assoluzione, anzi c’è un riconoscimento fortissimo di responsabilità e una volontà fortissima di purificazione; e tra l’altro devo dire proprio come evocava il professor Introvigne, Benedetto XVI come Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, come Cardinale Ratzinger, è stato veramente un protagonista della linea di chiarezza e di rigore anche negli anni precedenti. Ecco, quindi non bisogna equivocare i documenti della Chiesa che anche obbligano i vescovi a riferire su questi casi gravi e sono proprio per portare fino in fondo i processi canonici nei confronti dei colpevoli, e non per metterli da parte.
Eleonora Danile
Per molti, lo scandalo della pedofilia nella Chiesa Cattolica nasconde un attacco diretto al Santo Padre e alla stessa Chiesa Cattolica. Sentiamo cosa ne pensa Lucetta Scaraffia, che tra l’altro ha scritto un importante articolo qualche giorno fa proprio sull’Osservatore Romano.
Lucetta Scaraffia
Uscirà una Chiesa che starà molto più attenta - per fortuna - come è successo anche negli Stati Uniti d’America dopo, nella selezione del clero, nell’accettazione del clero, nell’accettare persone che sono molto stabili psicologicamente per evitare queste forme gravi, queste forme di malattia insomma molto gravi, malattia o anche permissivismo esagerato. Però io non penso assolutamente che questo cambierà la Chiesa. Già il cambiamento, diciamo così la linea di severità, era stata già decisa e iniziata dal cardinale Ratzinger quando era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, e lì aveva già iniziato con enorme severità a colpire, a denunciare e a portare a termine tutti i processi di abuso sessuale, quindi continuerà su questa linea, penso.
Eleonora
Andiamo dal professore. Anche lei crede all’ipotesi dell’attacco – diciamo così – l’attacco politico?
Massimo Introvigne
Qualche volta c’è qualcosa di simile. Faccio un esempio, se si vuole da manuale. Il caso del sacerdote della diocesi di Essen in Germania, che nel 1980 fu accolto, accusato di pedofilia nella diocesi di Monaco, nella diocesi del Papa, per essere curato, e che poi un incauto vicario di quella diocesi immesse nel ministero pastorale. Bene, questo caso si verifica nel 1980. Scoppia sui giornali tedeschi nell’85, c’è un processo nel 1986, che tra l’altro esclude qualsiasi responsabilità personale del cardinale Joseph Ratzinger, dell’attuale Pontefice. Quindi, caso già scoppiato sui giornali e già oggetto di una sentenza di un tribunale tedesco 24 anni fa. Ecco, quando 24 anni dopo questo caso viene riscoperto come se fosse una cosa nuova da un quotidiano tedesco e sbattuto in prima pagina, ripeto a distanza di un quarto di secolo, io mi chiedo se qualche manovra per mettere a tacere la voce della Chiesa, che è una voce scomoda, quando si leva a difesa della vita, della famiglia, dei diritti delle persone, in effetti, non ci sia.
Michele Cucuzza
Padre Lombardi, qual è la sua opinione in proposito? Perché eventualmente questo attacco? Perché ora? Che cosa si vorrebbe attaccare veramente?
Padre Federico Lombardi
Guardi, io non sono mai stato un complottista, uno scopritore di complotti, quindi non sono tanto dell’idea che ci sia una strategia orchestrata, però è vero - è quanto diceva anche il professor Introvigne - che la Chiesa è generalmente in tanti aspetti della società secolarizzata odierna, controcorrente. E quindi è una voce contro cui si polemizza volentieri da parte di molte persone, di molte testate, di molte direzioni di carattere culturale. E quindi non c’è da stupirsi che si concentrino, in un momento di difficoltà, gli attacchi.
Presentazione della “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” a “Uno mattina” del 23 marzo 2010. Interviste a padre Federico Lombardi S.J. e a Massimo Introvigne - Trascrizione
Michele Cucuzza
Saluto Padre Federico Lombardi, che è il portavoce della sala stampa della Santa Sede. Abbiamo sentito il Papa: ha utilizzato parole forti, parole molto addolorate. “Vergogna e rimorso” – ha detto tra l’altro - “disonore”, per la violenza da parte di membri della Chiesa d’Irlanda, “atti peccaminosi di criminali” e così via. Come mai si è resa impellente la lettera e perché Sua Santità ha scelto proprio la Chiesa d’Irlanda come destinataria?
Padre Federico Lombardi
In Irlanda si sono verificati effettivamente dei fatti molto gravi e ci sono stati recentemente anche dei rapporti dalle autorità pubbliche che hanno approfondito la situazione e hanno suscitato grandissima emozione, grande reazione nella società irlandese, non solo nella Chiesa, per cui c’è una situazione particolare in questo Paese. Per questo il Papa ha convocato a Roma i vescovi, li ha incontrati, li ha ascoltati e ha pensato necessario rivolgere alla Chiesa in Irlanda una lettera specifica, proprio per la situazione che si è manifestata nel tempo, grave e in cui ci sono state anche delle responsabilità serie e gravi nel governo della Chiesa in Irlanda; cioè da parte dell’episcopato che non ha gestito queste situazioni con sufficiente decisione e chiarezza. Questo è stato messo in rilievo anche nei rapporti pubblici – il Papa lo riconosce – e pensa quindi di dover fare un intervento specifico per aiutare anche la Chiesa e la società irlandese ha far fronte a questa situazione e a riprendere il cammino.
Eleonora Daniele
La lettera apre comunque ad una voce di speranza, speranza che le vittime non perdano fiducia nei confronti della Chiesa e poi speranza, speranza per i peccatori nella misericordia di Dio. All’Angelus poi ricordiamo – l’Angelus di domenica – il Papa ha sottolineato il tema dell’indulgenza verso i peccatori. Padre Lombardi, perché il Papa ha scelto di veicolare e trasmettere questi due messaggi contemporaneamente? Non sarebbe stato più facile, più popolare, forse stare solamente dalla parte delle vittime?
Padre Federico Lombardi
Guardi, l’accostamento tra la lettera che è stata pubblicata sabato e mandata ieri e l’Angelus di domenica, che era un normale Angelus con un commento del Vangelo di domenica, è un po’ artificioso, quindi veramente non ha il rilievo che è stato dato sulla stampa italiana. Rimane il fatto che nella lettera stessa c’è questa dimensione, che lei già prima evocava, anche della misericordia di Dio, però vista non tanto come indulgenza verso chi ha mancato, per cui il Papa ha delle parole veramente durissime che sono state prima giustamente evocate, ma come il contesto diciamo spirituale in cui dare speranza a tutti quelli che stanno vivendo una sofferenza durissima – le vittime anzitutto – i colpevoli che rischiano di disperarsi per la gravità di ciò che hanno commesso, e anche la società e la Chiesa irlandese che vedono una situazione di grandissima crisi morale. Ecco, allora: ridare fiducia anche per poter fare un cammino che il Papa riconosce che è molto lungo, cioè non dice che con questa lettera lui ha risolto tutto – per carità – dice che ha dato un piccolo contributo per fare un passo avanti in un lungo cammino di risanamento delle ferite interiori di chi ha sofferto e anche di rinnovamento e purificazione.
Michele Cucuzza
Su questo cosa dobbiamo aspettarci? I vescovi collaboreranno anche con le autorità civili?
Padre Federico Lombardi
Ah certamente, questo è detto molto chiaramente nella lettera, ed è la linea che si assume. I vescovi come i cristiani, i cattolici, sono cittadini di una società, devono rispettarne le leggi. Se ci sono delle leggi come quella della gioventù vanno certamente rispettate.
Michele Cucuzza
In collegamento da Torino saluto il professor Massimo Introvigne, sociologo, direttore del Centro Studi sulle Nuove Religioni. Ecco, il Papa ha indubbiamente scritto una lettera coraggiosa. I commenti sono unanimi. Eppure lei il 18 marzo aveva scritto su Avvenire che “dal punto di vista sociologico questo qui è un tipico esempio di” - ha detto – “panico morale” e ha sostenuto questa sua analisi con dei numeri, proprio dal punto di vista statistico. Le chiedo allora: ma esiste o non esiste il problema della pedofilia all’interno della Chiesa cattolica, a suo avviso?
Massimo Introvigne
Il problema esiste certamente. Se anche ci fossero soltanto due casi, bisogna dirlo con chiarezza, sarebbero due casi di troppo e quindi la santa severità del Papa contro abusi che definisce criminali e vergognosi mi trova completamente consenziente. Detto questo, e per quanto le vittime non siano certo mai consolate dalle statistiche di noi sociologi, non è indifferente per chi deve agire e prevenire sapere se i casi sono venti o ventimila. Il panico morale deriva quando sono fatte circolare da alcuni media delle statistiche folkloriche, esagerando. Se prendo i rapporti irlandesi citati da Padre Lombardi, e anche lo studio statistico più accurato, quello del John Jay College, un’istituzione non cattolica negli Stati Uniti pubblicato nel 2004, io ci trovo che in un arco di 52 anni, il 4% del clero degli Stati Uniti è stato accusato di abusi su minori. Questo vuol dire che il 4% dei preti americani sono pedofili? No, perché accusato non vuol dire condannato. Ci sono stati casi anche clamorosi di innocenti calunniati, e poi perché nella maggior parte dei casi non si tratta tecnicamente di pedofilia, ma di accuse di relazioni sessuali con minorenni. Se un parroco ha una relazione con una diciassettenne, questa non è una bella cosa, ma non si tratta di pedofilia. I casi di pedofilia negli Stati Uniti che hanno portato a condanne, sono stati negli ultimi 52 anni da uno a due all’anno. Sono troppi, sono vergognosi, sono criminali, ma non dobbiamo esagerare sul dato statistico.
Eleonora Daniele
Vorrei un commento anche su questi dati, un commento da Padre Lombardi. Tra l’altro il Santo Padre si è reso disponibile anche ad incontrare le vittime.
Padre Federico Lombardi
Sì, quello che ha detto il professor Introvigne è verissimo. Per avere una visione obiettiva dal punto di vista sociologico del problema, bisogna guardarlo nella sua ampiezza, nella sua completezza, non solo concentrarsi sulla Chiesa. Naturalmente, noi come persone di Chiesa siamo feriti profondissimamente, anche perché presentandoci in un certo senso come autorità morali dobbiamo avere un comportamento coerente e il Papa per questo parla con molta onestà del problema. Certo, il Papa, come dice lei, ha manifestato la sua partecipazione profonda anche incontrando delle vittime. Io ero presente, sia nella cappella della Nunziatura di Washington, sia nella cappella della Residenza a Sidney e poi anche qui a Roma li ha incontrati e dice nella lettera che è disposto a incontrarne ancora.
Michele Cucuzza
Padre Lombardi, come mai in passato ci sono stati tanti errori da parte della Chiesa nell’affrontare questo problema?
Padre Federico Lombardi
Certamente c’è stata una certa cultura del silenzio che non è solo della Chiesa ma anche molto diffusa nella società, su fatti di cui evidentemente ci si vergogna che sono piuttosto così gravi, così drammatici. Uno cerca di nasconderli molto spesso, questa è una tendenza abbastanza naturale e una istituzione come la Chiesa anche per salvare la sua onorabilità, in passato ha spesso cercato di non parlare, non affrontare specificamente questi casi. Magari un sacerdote che si sapeva che aveva mancato, che era a rischio, lo si spostava da un’altra parte, in modo tale da evitare che il problema dilagasse. E questo è un fatto che è stato abbastanza diffuso, ed è proprio su questo che si appunta la critica di governo da parte del Santo Padre. Per fortuna queste sono cose già di diversi decenni fa, mentre adesso la consapevolezza di dover affrontare le cose con tempestività, chiarezza e rigore è molto diffusa.
Eleonora Daniele
Professor Introvigne, facciamo un passo indietro, facciamo anche un po’ di chiarezza. Già nel 2006 il documentario della BBC ‘Sex Crimes and the Vatican’ aveva suscitato scalpore. Perché? Perché si faceva riferimento ad un presunto documento che vietava ai vescovi di denunciare i preti pedofili e ad un meccanismo anche perverso, di spostamento di diocesi in diocesi dei colpevoli. Era questo davvero lo stato delle cose? Se sì, quanto è durato questo periodo di insabbiamento, di omertà, chiamiamola così?
Massimo Introvigne
Il documentario del parlamentare irlandese Colm O’Gorman era così sensazionalistico da essere fondamentalmente falso, falso non perché – lo abbiamo visto - gli abusi non ci siano stati, ma perché pretendeva che questi abusi fossero garantiti e favoriti dal diritto canonico. Citava in particolare l’istruzione del 1962, ma in realtà riedizione di una del 1922, Crimen sollicitationis, e la lettera della Congregazione della Dottirna della Fede De delictis gravioribus del 2001. Ora, c’erano anche nel documentario dei marchiani errori di traduzione dal latino. Questi documenti chiedevano in realtà maggiore severità nel perseguire gli abusi. La scomunica nella Crimen sollicitationis era per chi non denunciava gli abusi, non per chi li denunciava. La De delictis gravioribus semmai creava un termine di prescrizione lunghissimo, dieci anni dal compimento del diciottesimo anno della vittima; vuol dire che se un bambino di quattro anni è abusato nel 2010, il colpevole può essere perseguito fino al 2034. Quindi la severità nel diritto canonico c’era, c’era assolutamente. Ha ragione il Papa: preti e anche vescovi hanno commesso abusi anche gravi, ma li hanno commessi perché non hanno applicato il diritto canonico, certo non perché lo hanno applicato.
Michele Cucuzza
Eppure - mi rivolgo a Padre Lombardi - lo dicevamo prima: omissioni, connivenze ci sono state, anche per decenni. Che cosa risponde oggi il Vaticano a chi – abbiamo sentito nella rassegna stampa – ha contestato a questa lettera di Benedetto XVI, che pure per alcuni è coraggiosa, una sorta di auto-assoluzione. Hanno usato la parola “insufficiente”, “non basta”…
Padre Federico Lombardi
La lettera va letta, e chi la legge onestamente capisce benissimo che non c’è nulla dell’auto-assoluzione, anzi c’è un riconoscimento fortissimo di responsabilità e una volontà fortissima di purificazione; e tra l’altro devo dire proprio come evocava il professor Introvigne, Benedetto XVI come Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, come Cardinale Ratzinger, è stato veramente un protagonista della linea di chiarezza e di rigore anche negli anni precedenti. Ecco, quindi non bisogna equivocare i documenti della Chiesa che anche obbligano i vescovi a riferire su questi casi gravi e sono proprio per portare fino in fondo i processi canonici nei confronti dei colpevoli, e non per metterli da parte.
Eleonora Danile
Per molti, lo scandalo della pedofilia nella Chiesa Cattolica nasconde un attacco diretto al Santo Padre e alla stessa Chiesa Cattolica. Sentiamo cosa ne pensa Lucetta Scaraffia, che tra l’altro ha scritto un importante articolo qualche giorno fa proprio sull’Osservatore Romano.
Lucetta Scaraffia
Uscirà una Chiesa che starà molto più attenta - per fortuna - come è successo anche negli Stati Uniti d’America dopo, nella selezione del clero, nell’accettazione del clero, nell’accettare persone che sono molto stabili psicologicamente per evitare queste forme gravi, queste forme di malattia insomma molto gravi, malattia o anche permissivismo esagerato. Però io non penso assolutamente che questo cambierà la Chiesa. Già il cambiamento, diciamo così la linea di severità, era stata già decisa e iniziata dal cardinale Ratzinger quando era Prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede, e lì aveva già iniziato con enorme severità a colpire, a denunciare e a portare a termine tutti i processi di abuso sessuale, quindi continuerà su questa linea, penso.
Eleonora
Andiamo dal professore. Anche lei crede all’ipotesi dell’attacco – diciamo così – l’attacco politico?
Massimo Introvigne
Qualche volta c’è qualcosa di simile. Faccio un esempio, se si vuole da manuale. Il caso del sacerdote della diocesi di Essen in Germania, che nel 1980 fu accolto, accusato di pedofilia nella diocesi di Monaco, nella diocesi del Papa, per essere curato, e che poi un incauto vicario di quella diocesi immesse nel ministero pastorale. Bene, questo caso si verifica nel 1980. Scoppia sui giornali tedeschi nell’85, c’è un processo nel 1986, che tra l’altro esclude qualsiasi responsabilità personale del cardinale Joseph Ratzinger, dell’attuale Pontefice. Quindi, caso già scoppiato sui giornali e già oggetto di una sentenza di un tribunale tedesco 24 anni fa. Ecco, quando 24 anni dopo questo caso viene riscoperto come se fosse una cosa nuova da un quotidiano tedesco e sbattuto in prima pagina, ripeto a distanza di un quarto di secolo, io mi chiedo se qualche manovra per mettere a tacere la voce della Chiesa, che è una voce scomoda, quando si leva a difesa della vita, della famiglia, dei diritti delle persone, in effetti, non ci sia.
Michele Cucuzza
Padre Lombardi, qual è la sua opinione in proposito? Perché eventualmente questo attacco? Perché ora? Che cosa si vorrebbe attaccare veramente?
Padre Federico Lombardi
Guardi, io non sono mai stato un complottista, uno scopritore di complotti, quindi non sono tanto dell’idea che ci sia una strategia orchestrata, però è vero - è quanto diceva anche il professor Introvigne - che la Chiesa è generalmente in tanti aspetti della società secolarizzata odierna, controcorrente. E quindi è una voce contro cui si polemizza volentieri da parte di molte persone, di molte testate, di molte direzioni di carattere culturale. E quindi non c’è da stupirsi che si concentrino, in un momento di difficoltà, gli attacchi.
Re: Pedofilia e Presbiteri
Una bella lettera di Marcello Pera sui preti pedofili e l'attacco al Papa
Nota di Massimo Introvigne: Non sono sempre e su tutto d'accordo con Marcello Pera. Questa lettera aperta al "Corriere della Sera" sulla campagna mediatica contro il Papa in tema di preti pedofili mi sembra però ben scritta e capace di centrare il problema
Caro Direttore,
La questione dei sacerdoti pedofili o omosessuali scoppiata da ultimo in Germania ha come bersaglio il Papa. Si commetterebbe però un grave errore se si pensasse che il colpo non andrà a segno data l'enormità temeraria dell'impresa. E si commetterebbe un errore ancora più grave se si ritenesse che la questione finalmente si chiuderà presto come tante simili. Non è cosí.
È in corso una guerra. Non propriamente contro la persona del Papa, perchè, su questo terreno, essa è impossibile. Benedetto XVI è reso inespugnabile dalla sua immagine, la sua serenità, la sua limpidezza, fermezza e dottrina. Basta il suo sorriso mite per sbaragliare un esercito di avversari. No, la guerra è fra il laicismo e il cristianesimo. I laicisti sanno bene che, se uno schizzo di fango arrivasse sulla tonaca bianca, verrebbe sporcata la Chiesa, e se fosse sporcata la Chiesa allora lo sarebbe anche la religione cristiana. Per questo i laicisti accompagnano la loro campagna con domande del tipo "chi porterà più i nostri figli in Chiesa?", oppure "chi manderà più i nostri ragazzi in una scuola cattolica?", oppure ancora "chi farà curare i nostri piccoli in un ospedale o una clinica cattolica?".
Qualche giorno fa una laicista si è lasciata sfuggire l'intenzione. Ha scritto: "l'entità della diffusione dell'abuso sessuale su bambini da parte di sacerdoti mina la stessa legittimazione della Chiesa cattolica come garante della educazione dei più piccoli". Non importa che questa sentenza sia senza prove, perchè viene accuratamente nascosta "l'entità della diffusione": un per cento di sacerdoti pedofili? dieci per cento? tutti? Non importa neppure che la sentenza sia priva di logica: basterebbe sostituire "sacerdoti" con "maestri" o con "politici" o con "giornalisti" per "minare la legittimazione" della scuola pubblica, dei parlamenti o della stampa. Ciò che importa è l'insinuazione, anche a spese della grossolanità dell'argomento: i preti sono pedofili, dunque la Chiesa non ha autorità morale, dunque l'educazione cattolica è pericolosa, dunque il cristianesimo è un inganno e un pericolo.
Questa guerra del laicismo contro il cristianesimo è campale. Si deve portare la memoria al nazismo e al comunismo per trovarne una simile. Cambiano i mezzi, ma il fine è lo stesso: oggi come ieri, ciò che si vuole è la distruzione della religione. Allora l'Europa pagò a questa furia distruttrice il prezzo della propria libertà. à incredibile che soprattutto la Germania, mentre si batte continuamente il petto per la memoria di quel prezzo che essa inflisse a tutta l'Europa, oggi, che è tornata democratica, se ne dimentichi e non capisca che la stessa democrazia sarebbe perduta se il cristianesimo venisse ancora cancellato. La distruzione della religione comportò allora la distruzione della ragione. Oggi non comporterà il trionfo della ragion laica, ma un'altra barbarie.
Sul piano etico, è la barbarie di chi uccide un feto perchè la sua vita nuocerebbe alla "salute psichica" della madre. Di chi dice che un embrione è un "grumo di cellule" buono per esperimenti. Di chi ammazza un vecchio perchè non ha più una famiglia che se ne curi. Di chi affretta la fine di un figlio perchè non è più cosciente ed è incurabile. Di chi pensa che "genitore A" e "genitore B" sia lo stesso che "padre" e "madre". Di chi ritiene che la fede sia come il coccige, un organo che non partecipa più all'evoluzione perchè l'uomo non ha più bisogno della coda e sta eretto da solo. E cosí via.
Oppure, per considerare il lato politico della guerra dei laicisti al cristianesimo, la barbarie sarà la distruzione dell'Europa. Perchè, abbattuto il cristianesimo, resterà il multiculturalismo, che ritiene che ciascun gruppo ha diritto alla propria cultura. Il relativismo, che pensa che ogni cultura sia buona quanto qualunque altra. Il pacifismo che nega che il male esiste. Oppure resterà quell'europeismo retorico e irresponsabile che dice che l'Europa non deve avere una propria specifica identità, ma essere il contenitore di tutte le identità. Salvo poi ricredersi e andare nella cattedrale di Strasburgo a dire: "ora abbiamo bisogno dell'anima cristiana dell'Europa".
Questa guerra al cristianesimo non sarebbe cosí pericolosa se i cristiani la capissero. Invece, all'incomprensione partecipano molti di loro. Sono quei teologi frustrati dalla supremazia intellettuale di Benedetto XVI. Quei vescovi incerti che ritengono che venire a compromesso con la modernità sia il modo migliore per aggiornare il messaggio cristiano. Quei cardinali in crisi di fede che cominciano a insinuare che il celibato dei sacerdoti non è un dogma e che forse sarebbe meglio ripensarlo. Quegli intellettuali cattolici felpati che pensano che esista una questione femminile dentro la Chiesa e un non risolto problema fra cristianesimo e sessualità. Quelle conferenze episcopali che sbagliano l'ordine del giorno e, mentre auspicano la politica delle frontiere aperte a tutti, non hanno il coraggio di denunciare le aggressioni che i cristiani subiscono e l'umiliazione che sono costretti a provare dall'essere tutti, indiscriminatamente, portati sul banco degli imputati. Oppure quei cancellieri venuti dall'Est che esibiscono un bel ministro degli esteri omosessuale mentre attaccano il Papa su ogni argomento etico, o quelli nati nell'Ovest, i quali pensano che l'Occidente deve essere laico, cioè anticristiano.
La guerra dei laicisti continuerà, se non altro perchè un Papa come Benedetto XVI che sorride ma non arretra di un millimetro la alimenta. Ma se si capisce perchè non si sposta, allora si prende la situazione in mano e non si aspetta il prossimo colpo. Chi si limita soltanto a solidarizzare con lui o è uno entrato nell'orto degli ulivi di notte e di nascosto oppure è uno che non ha capito perchè ci sta.
Nota di Massimo Introvigne: Non sono sempre e su tutto d'accordo con Marcello Pera. Questa lettera aperta al "Corriere della Sera" sulla campagna mediatica contro il Papa in tema di preti pedofili mi sembra però ben scritta e capace di centrare il problema
Caro Direttore,
La questione dei sacerdoti pedofili o omosessuali scoppiata da ultimo in Germania ha come bersaglio il Papa. Si commetterebbe però un grave errore se si pensasse che il colpo non andrà a segno data l'enormità temeraria dell'impresa. E si commetterebbe un errore ancora più grave se si ritenesse che la questione finalmente si chiuderà presto come tante simili. Non è cosí.
È in corso una guerra. Non propriamente contro la persona del Papa, perchè, su questo terreno, essa è impossibile. Benedetto XVI è reso inespugnabile dalla sua immagine, la sua serenità, la sua limpidezza, fermezza e dottrina. Basta il suo sorriso mite per sbaragliare un esercito di avversari. No, la guerra è fra il laicismo e il cristianesimo. I laicisti sanno bene che, se uno schizzo di fango arrivasse sulla tonaca bianca, verrebbe sporcata la Chiesa, e se fosse sporcata la Chiesa allora lo sarebbe anche la religione cristiana. Per questo i laicisti accompagnano la loro campagna con domande del tipo "chi porterà più i nostri figli in Chiesa?", oppure "chi manderà più i nostri ragazzi in una scuola cattolica?", oppure ancora "chi farà curare i nostri piccoli in un ospedale o una clinica cattolica?".
Qualche giorno fa una laicista si è lasciata sfuggire l'intenzione. Ha scritto: "l'entità della diffusione dell'abuso sessuale su bambini da parte di sacerdoti mina la stessa legittimazione della Chiesa cattolica come garante della educazione dei più piccoli". Non importa che questa sentenza sia senza prove, perchè viene accuratamente nascosta "l'entità della diffusione": un per cento di sacerdoti pedofili? dieci per cento? tutti? Non importa neppure che la sentenza sia priva di logica: basterebbe sostituire "sacerdoti" con "maestri" o con "politici" o con "giornalisti" per "minare la legittimazione" della scuola pubblica, dei parlamenti o della stampa. Ciò che importa è l'insinuazione, anche a spese della grossolanità dell'argomento: i preti sono pedofili, dunque la Chiesa non ha autorità morale, dunque l'educazione cattolica è pericolosa, dunque il cristianesimo è un inganno e un pericolo.
Questa guerra del laicismo contro il cristianesimo è campale. Si deve portare la memoria al nazismo e al comunismo per trovarne una simile. Cambiano i mezzi, ma il fine è lo stesso: oggi come ieri, ciò che si vuole è la distruzione della religione. Allora l'Europa pagò a questa furia distruttrice il prezzo della propria libertà. à incredibile che soprattutto la Germania, mentre si batte continuamente il petto per la memoria di quel prezzo che essa inflisse a tutta l'Europa, oggi, che è tornata democratica, se ne dimentichi e non capisca che la stessa democrazia sarebbe perduta se il cristianesimo venisse ancora cancellato. La distruzione della religione comportò allora la distruzione della ragione. Oggi non comporterà il trionfo della ragion laica, ma un'altra barbarie.
Sul piano etico, è la barbarie di chi uccide un feto perchè la sua vita nuocerebbe alla "salute psichica" della madre. Di chi dice che un embrione è un "grumo di cellule" buono per esperimenti. Di chi ammazza un vecchio perchè non ha più una famiglia che se ne curi. Di chi affretta la fine di un figlio perchè non è più cosciente ed è incurabile. Di chi pensa che "genitore A" e "genitore B" sia lo stesso che "padre" e "madre". Di chi ritiene che la fede sia come il coccige, un organo che non partecipa più all'evoluzione perchè l'uomo non ha più bisogno della coda e sta eretto da solo. E cosí via.
Oppure, per considerare il lato politico della guerra dei laicisti al cristianesimo, la barbarie sarà la distruzione dell'Europa. Perchè, abbattuto il cristianesimo, resterà il multiculturalismo, che ritiene che ciascun gruppo ha diritto alla propria cultura. Il relativismo, che pensa che ogni cultura sia buona quanto qualunque altra. Il pacifismo che nega che il male esiste. Oppure resterà quell'europeismo retorico e irresponsabile che dice che l'Europa non deve avere una propria specifica identità, ma essere il contenitore di tutte le identità. Salvo poi ricredersi e andare nella cattedrale di Strasburgo a dire: "ora abbiamo bisogno dell'anima cristiana dell'Europa".
Questa guerra al cristianesimo non sarebbe cosí pericolosa se i cristiani la capissero. Invece, all'incomprensione partecipano molti di loro. Sono quei teologi frustrati dalla supremazia intellettuale di Benedetto XVI. Quei vescovi incerti che ritengono che venire a compromesso con la modernità sia il modo migliore per aggiornare il messaggio cristiano. Quei cardinali in crisi di fede che cominciano a insinuare che il celibato dei sacerdoti non è un dogma e che forse sarebbe meglio ripensarlo. Quegli intellettuali cattolici felpati che pensano che esista una questione femminile dentro la Chiesa e un non risolto problema fra cristianesimo e sessualità. Quelle conferenze episcopali che sbagliano l'ordine del giorno e, mentre auspicano la politica delle frontiere aperte a tutti, non hanno il coraggio di denunciare le aggressioni che i cristiani subiscono e l'umiliazione che sono costretti a provare dall'essere tutti, indiscriminatamente, portati sul banco degli imputati. Oppure quei cancellieri venuti dall'Est che esibiscono un bel ministro degli esteri omosessuale mentre attaccano il Papa su ogni argomento etico, o quelli nati nell'Ovest, i quali pensano che l'Occidente deve essere laico, cioè anticristiano.
La guerra dei laicisti continuerà, se non altro perchè un Papa come Benedetto XVI che sorride ma non arretra di un millimetro la alimenta. Ma se si capisce perchè non si sposta, allora si prende la situazione in mano e non si aspetta il prossimo colpo. Chi si limita soltanto a solidarizzare con lui o è uno entrato nell'orto degli ulivi di notte e di nascosto oppure è uno che non ha capito perchè ci sta.
Re: Pedofilia e Presbiteri
La “Lettera ai cattolici dell’Irlanda”. Il Papa e la rivoluzione culturale degli anni 1960
di Massimo Introvigne
È evidente che la “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” di Benedetto XVI non è rivolta ai sociologi. Il Papa parla a una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili. Denuncia con voce fortissima i “crimini abnormi”, “la vergogna e disonore”, la violazione della dignità delle vittime, il colpo inferto alla Chiesa “a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”. A nome della Chiesa “esprime apertamente la vergogna e il rimorso”. Affronta il problema dal punto di vista del diritto canonico – ribadendo con forza che è stata la sua “mancata applicazione” da parte talora anche di vescovi, non le sue norme come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la “vergogna” – e della vita spirituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del problema e cui chiede di ritornare attraverso l’adorazione eucaristica, le missioni, la pratica frequente della confessione. Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore di mali, possa nell’Anno Sacerdotale avviare per i sacerdoti “una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”, dimostrando “a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20)”. Peraltro, “nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo”.
Tuttavia il Papa – che pure non intende certamente rubare il mestiere ai sociologi – offre anche elementi d’interpretazione delle radici di un problema che, certo, “non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa”. Dopo avere evocato le glorie plurisecolari del cattolicesimo irlandese – una storia di santità che non può e non deve essere dimenticata –, Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle “gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese”. “Si è verificato – spiega il Papa – un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. C’è stata una “rapida” scristianizzazione della società, e c’è stata contemporaneamente anche all’interno della Chiesa “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. “Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”. “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali” furono “disattese”. “È in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In questo quarto paragrafo della “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” Benedetto XVI entra su un terreno che è anche quello del sociologo, e che naturalmente non è rigidamente separato dagli altri elementi d’interpretazione. Certo, le norme del diritto canonico furono violate. Certo, la vita di pietà di molti sacerdoti si affievolì. Ma perché, precisamente, questo avvenne? E quando? Riprendendo temi familiari del suo magistero, Benedetto XVI elenca fra le cause il “fraintendimento” del Concilio – altrove ha parlato di una “ermeneutica della discontinuità e della rottura” –, non i documenti del Vaticano II in se stessi. Ma anche questo “fraintendimento” fu possibile in un quadro generale da cui la Chiesa non poteva completamente tenersi fuori, e che oggi è al centro di un vasto dibattito.
Benedetto XVI entra così nel vasto dibattito che è al centro della sociologia delle religioni contemporanea, quello sulla “secolarizzazione”. Il dibattito è stato particolarmente caldo alla fine del secolo XX, ma – anche attraverso scambi fra studiosi non sempre cortesi – è arrivato a un risultato che oggi la maggior parte dei sociologi condivide. Se le dimensioni della religione sono tre – le “tre B”, in inglese “believing” (credere), “belonging” (appartenere) e “behaving” (comportarsi) – tutti concordano che non c’è, in Occidente – perché è dell’Occidente che si parla, mentre per l’Africa o per l’Asia i termini sono diversi –, una significativa secolarizzazione delle credenze (believing). La grande maggioranza delle persone si dichiara ancora credente. Nonostante un’attiva propaganda, il numero degli atei non aumenta. È invece chiaro a tutti che c’è un’ampia secolarizzazione dei comportamenti (behaving). Dal divorzio all’aborto e all’omosessualità la società e le leggi tengono sempre meno conto dei precetti delle Chiese. Il dibattito rimane vivo sulla secolarizzazione delle appartenenze (belonging) e sulla diminuzione della pratica religiosa, perché sul modo di raccogliere le statistiche ci sono molte polemiche e fra Stati Uniti ed Europa, così come fra diversi Paesi europei, i numeri variano. Non c’è dubbio, però, che in alcuni Paesi il numero di praticanti cattolici e protestanti sia sceso in modo particolarmente drastico negli ultimi cinquant’anni e che fra questi ci siano le Isole Britanniche, anche se in Irlanda le cifre assolute, pure in discesa, rimangono più alte della media europea.
Attenuatesi le polemiche sulla nozione di secolarizzazione, il dibattito si è ampiamente spostato sulle cause e le date d’inizio del processo, con un fitto dialogo fra storici e sociologi. Oltre una decina di anni di discussioni ha convinto la maggioranza degli studiosi che non si è trattato di un processo graduale. C’è stata una drammatica accelerazione della secolarizzazione – dei comportamenti e delle appartenenze, non delle credenze – negli anni 1960. Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano “the Sixties” (“gli anni Sessanta”) e noi, concentrandoci sull’anno emblematico, “il Sessantotto” appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione. C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny – Vaticano II - Che cosa è andato storto? – rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l’uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a influenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All’inizio degli anni 1990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la “rivoluzione culturale” del 1968 “non fu un fenomeno d’urto abbattutosi dall’esterno contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo”; lo stesso “processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ’70”, il cui legame con il 1968 è a sua volta decisivo “rimane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare”. Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo libro Svolta dell’Europa?.
Ma – ancora – perché gli anni 1960? Sul tema, per rimanere nelle Isole Britanniche, Hugh McLeod ha pubblicato nel 2007 presso Oxford University Press, un importante volume – The Religious Crisis of the 1960s – che fa il punto sulle discussioni in corso. Due tesi si sono contrapposte: quella di Alan Gilbert secondo cui a determinare la rivoluzione degli anni 1960 è stato il boom economico, che ha diffuso il consumismo e ha allontanato le popolazioni dalle chiese, e quella di Callum Brown secondo cui il fattore decisivo è stata l’emancipazione delle donne dopo la diffusione dell’ideologia femminista, del divorzio, della pillola anticoncezionale e dell’aborto. McLeod pensa, a mio avviso giustamente, che un solo fattore non può spiegare una rivoluzione di questa portata. C’entrano il boom economico e il femminismo, ma anche aspetti più strettamente culturali sia all’esterno delle Chiese e comunità cristiane (l’incontro fra psicanalisi e marxismo) sia all’interno (le “nuove teologie”).
Senza entrare negli elementi più tecnici di questa discussione, Benedetto XVI nella sua “Lettera” si mostra consapevole del fatto che ci fu negli anni 1960 un’autentica rivoluzione, non meno importante della Riforma protestante o della Rivoluzione francese, che fu “rapidissima” e che assestò un colpo durissimo alla “tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. Con molto acume un pensatore cattolico brasiliano, Plinio Corrêa de Oliveira, parlò a suo tempo di una Quarta Rivoluzione – successiva appunto alla Riforma, alla Rivoluzione francese e a quella sovietica – più radicale delle precedenti perché capace di penetrare “in interiore homine” e di sconvolgere non solo il corpo sociale, ma il corpo umano.
Nella Chiesa Cattolica della portata di questa rivoluzione non ci fu subito sufficiente consapevolezza. Anzi, essa contagiò – ritiene oggi Benedetto XVI – “anche sacerdoti e religiosi”, determinò fraintendimenti nell’interpretazione del Concilio, causò “insufficiente formazione, umana, morale e spirituale nei seminari e nei noviziati”. In questo clima certamente non tutti i sacerdoti insufficientemente formati o contagiati dal clima successivo agli anni Sessanta, e nemmeno una loro percentuale significativa, divennero pedofili: sappiamo dalle statistiche che il numero reale dei preti pedofili è molto inferiore a quello proposto da certi media. E tuttavia questo numero non è uguale – come tutti vorremmo – a zero, e giustifica le severissime parole del Papa. Ma lo studio della “Quarta Rivoluzione” degli anni 1960, e del 1968, è cruciale per capire quanto è successo dopo, pedofilia compresa. E per trovare rimedi reali. Se questa rivoluzione, a differenza delle precedenti, è morale e spirituale e tocca l’interiorità dell’uomo, solo dalla restaurazione della moralità, della vita spirituale e di una verità integrale sulla persona umana potranno ultimamente venire i rimedi. Ma per questo i sociologi, come sempre, non bastano: occorrono i padri e i maestri, gli educatori e i santi. E abbiamo tutti molto bisogno del Papa: di questo Papa, che ancora una volta – per riprendere il titolo della sua ultima enciclica – dice la verità nella carità e pratica la carità nella verità.
Nota: trovate qui https://www.facebook.com/note.php?note_id=409803781356 una sintesi della lettera del Papa compilata dall'amico di Facebook Marco Ciamei
di Massimo Introvigne
È evidente che la “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” di Benedetto XVI non è rivolta ai sociologi. Il Papa parla a una Chiesa ferita e disorientata dalle notizie relative ai preti pedofili. Denuncia con voce fortissima i “crimini abnormi”, “la vergogna e disonore”, la violazione della dignità delle vittime, il colpo inferto alla Chiesa “a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione”. A nome della Chiesa “esprime apertamente la vergogna e il rimorso”. Affronta il problema dal punto di vista del diritto canonico – ribadendo con forza che è stata la sua “mancata applicazione” da parte talora anche di vescovi, non le sue norme come una certa stampa laicista pretenderebbe, a causare la “vergogna” – e della vita spirituale dei sacerdoti, la cui trascuratezza è alle radici del problema e cui chiede di ritornare attraverso l’adorazione eucaristica, le missioni, la pratica frequente della confessione. Se questi rimedi saranno presi sul serio è possibile che la Provvidenza, che sa trarre il bene anche dal peggiore di mali, possa nell’Anno Sacerdotale avviare per i sacerdoti “una stagione di rinascita e di rinnovamento spirituale”, dimostrando “a tutti che dove abbonda il peccato, sovrabbonda la grazia (cfr Rm 5, 20)”. Peraltro, “nessuno si immagini che questa penosa situazione si risolverà in breve tempo”.
Tuttavia il Papa – che pure non intende certamente rubare il mestiere ai sociologi – offre anche elementi d’interpretazione delle radici di un problema che, certo, “non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa”. Dopo avere evocato le glorie plurisecolari del cattolicesimo irlandese – una storia di santità che non può e non deve essere dimenticata –, Benedetto XVI fa cenno agli ultimi decenni e alle “gravi sfide alla fede scaturite dalla rapida trasformazione e secolarizzazione della società irlandese”. “Si è verificato – spiega il Papa – un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. C’è stata una “rapida” scristianizzazione della società, e c’è stata contemporaneamente anche all’interno della Chiesa “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo”. “Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio Vaticano Secondo fu a volte frainteso”. “Molto sovente le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali” furono “disattese”. “È in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti” “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In questo quarto paragrafo della “Lettera ai cattolici dell’Irlanda” Benedetto XVI entra su un terreno che è anche quello del sociologo, e che naturalmente non è rigidamente separato dagli altri elementi d’interpretazione. Certo, le norme del diritto canonico furono violate. Certo, la vita di pietà di molti sacerdoti si affievolì. Ma perché, precisamente, questo avvenne? E quando? Riprendendo temi familiari del suo magistero, Benedetto XVI elenca fra le cause il “fraintendimento” del Concilio – altrove ha parlato di una “ermeneutica della discontinuità e della rottura” –, non i documenti del Vaticano II in se stessi. Ma anche questo “fraintendimento” fu possibile in un quadro generale da cui la Chiesa non poteva completamente tenersi fuori, e che oggi è al centro di un vasto dibattito.
Benedetto XVI entra così nel vasto dibattito che è al centro della sociologia delle religioni contemporanea, quello sulla “secolarizzazione”. Il dibattito è stato particolarmente caldo alla fine del secolo XX, ma – anche attraverso scambi fra studiosi non sempre cortesi – è arrivato a un risultato che oggi la maggior parte dei sociologi condivide. Se le dimensioni della religione sono tre – le “tre B”, in inglese “believing” (credere), “belonging” (appartenere) e “behaving” (comportarsi) – tutti concordano che non c’è, in Occidente – perché è dell’Occidente che si parla, mentre per l’Africa o per l’Asia i termini sono diversi –, una significativa secolarizzazione delle credenze (believing). La grande maggioranza delle persone si dichiara ancora credente. Nonostante un’attiva propaganda, il numero degli atei non aumenta. È invece chiaro a tutti che c’è un’ampia secolarizzazione dei comportamenti (behaving). Dal divorzio all’aborto e all’omosessualità la società e le leggi tengono sempre meno conto dei precetti delle Chiese. Il dibattito rimane vivo sulla secolarizzazione delle appartenenze (belonging) e sulla diminuzione della pratica religiosa, perché sul modo di raccogliere le statistiche ci sono molte polemiche e fra Stati Uniti ed Europa, così come fra diversi Paesi europei, i numeri variano. Non c’è dubbio, però, che in alcuni Paesi il numero di praticanti cattolici e protestanti sia sceso in modo particolarmente drastico negli ultimi cinquant’anni e che fra questi ci siano le Isole Britanniche, anche se in Irlanda le cifre assolute, pure in discesa, rimangono più alte della media europea.
Attenuatesi le polemiche sulla nozione di secolarizzazione, il dibattito si è ampiamente spostato sulle cause e le date d’inizio del processo, con un fitto dialogo fra storici e sociologi. Oltre una decina di anni di discussioni ha convinto la maggioranza degli studiosi che non si è trattato di un processo graduale. C’è stata una drammatica accelerazione della secolarizzazione – dei comportamenti e delle appartenenze, non delle credenze – negli anni 1960. Quelli che gli inglesi e gli americani chiamano “the Sixties” (“gli anni Sessanta”) e noi, concentrandoci sull’anno emblematico, “il Sessantotto” appare sempre di più come il tempo di un profondo sconvolgimento dei costumi, con effetti cruciali e duraturi sulla religione. C’è stato del resto un Sessantotto nella società e anche un Sessantotto nella Chiesa: proprio il 1968 è l’anno del dissenso pubblico contro l’enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, una contestazione che secondo un pregevole e influente studio del filosofo americano recentemente scomparso Ralph McInerny – Vaticano II - Che cosa è andato storto? – rappresenta un punto di non ritorno nella crisi del principio di autorità nella Chiesa Cattolica. Ci si può anche chiedere se sia venuto prima l’uovo o la gallina, cioè se sia stato il Sessantotto nella società a influenzare quello nella Chiesa, o se non sia anche avvenuto il contrario. All’inizio degli anni 1990 un teologo cattolico poteva per esempio scrivere che la “rivoluzione culturale” del 1968 “non fu un fenomeno d’urto abbattutosi dall’esterno contro la Chiesa bensì è stata preparata e innescata dai fermenti postconciliari del cattolicesimo”; lo stesso “processo di formazione del terrorismo italiano dei primi anni ’70”, il cui legame con il 1968 è a sua volta decisivo “rimane incomprensibile se si prescinde dalla crisi e dai fermenti interni al cattolicesimo postconciliare”. Il teologo in questione era il cardinale Joseph Ratzinger, allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, nel suo libro Svolta dell’Europa?.
Ma – ancora – perché gli anni 1960? Sul tema, per rimanere nelle Isole Britanniche, Hugh McLeod ha pubblicato nel 2007 presso Oxford University Press, un importante volume – The Religious Crisis of the 1960s – che fa il punto sulle discussioni in corso. Due tesi si sono contrapposte: quella di Alan Gilbert secondo cui a determinare la rivoluzione degli anni 1960 è stato il boom economico, che ha diffuso il consumismo e ha allontanato le popolazioni dalle chiese, e quella di Callum Brown secondo cui il fattore decisivo è stata l’emancipazione delle donne dopo la diffusione dell’ideologia femminista, del divorzio, della pillola anticoncezionale e dell’aborto. McLeod pensa, a mio avviso giustamente, che un solo fattore non può spiegare una rivoluzione di questa portata. C’entrano il boom economico e il femminismo, ma anche aspetti più strettamente culturali sia all’esterno delle Chiese e comunità cristiane (l’incontro fra psicanalisi e marxismo) sia all’interno (le “nuove teologie”).
Senza entrare negli elementi più tecnici di questa discussione, Benedetto XVI nella sua “Lettera” si mostra consapevole del fatto che ci fu negli anni 1960 un’autentica rivoluzione, non meno importante della Riforma protestante o della Rivoluzione francese, che fu “rapidissima” e che assestò un colpo durissimo alla “tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici”. Con molto acume un pensatore cattolico brasiliano, Plinio Corrêa de Oliveira, parlò a suo tempo di una Quarta Rivoluzione – successiva appunto alla Riforma, alla Rivoluzione francese e a quella sovietica – più radicale delle precedenti perché capace di penetrare “in interiore homine” e di sconvolgere non solo il corpo sociale, ma il corpo umano.
Nella Chiesa Cattolica della portata di questa rivoluzione non ci fu subito sufficiente consapevolezza. Anzi, essa contagiò – ritiene oggi Benedetto XVI – “anche sacerdoti e religiosi”, determinò fraintendimenti nell’interpretazione del Concilio, causò “insufficiente formazione, umana, morale e spirituale nei seminari e nei noviziati”. In questo clima certamente non tutti i sacerdoti insufficientemente formati o contagiati dal clima successivo agli anni Sessanta, e nemmeno una loro percentuale significativa, divennero pedofili: sappiamo dalle statistiche che il numero reale dei preti pedofili è molto inferiore a quello proposto da certi media. E tuttavia questo numero non è uguale – come tutti vorremmo – a zero, e giustifica le severissime parole del Papa. Ma lo studio della “Quarta Rivoluzione” degli anni 1960, e del 1968, è cruciale per capire quanto è successo dopo, pedofilia compresa. E per trovare rimedi reali. Se questa rivoluzione, a differenza delle precedenti, è morale e spirituale e tocca l’interiorità dell’uomo, solo dalla restaurazione della moralità, della vita spirituale e di una verità integrale sulla persona umana potranno ultimamente venire i rimedi. Ma per questo i sociologi, come sempre, non bastano: occorrono i padri e i maestri, gli educatori e i santi. E abbiamo tutti molto bisogno del Papa: di questo Papa, che ancora una volta – per riprendere il titolo della sua ultima enciclica – dice la verità nella carità e pratica la carità nella verità.
Nota: trovate qui https://www.facebook.com/note.php?note_id=409803781356 una sintesi della lettera del Papa compilata dall'amico di Facebook Marco Ciamei
Re: Pedofilia e Presbiteri
Preti pedofili: un panico morale
Massimo Introvigne
Perché si ritorna a parlare di preti pedofili, con accuse che si riferiscono alla Germania, a persone vicine al Papa e ormai anche al Papa stesso? La sociologia ha qualche cosa da dire o deve lasciare libero il campo ai soli giornalisti? Credo che la sociologia abbia molto da dire, e che non debba tacere per il timore di scontentare qualcuno. La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre due caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali. In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come “nuovi”, o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente. In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all'altro e possono ispirare campagne mediatiche persistenti. Philip Jenkins ha sottolineato il ruolo nella creazione e gestione dei panici di “imprenditori morali” le cui agende non sono sempre dichiarate. I panici morali non fanno bene a nessuno. Distorcono la percezione dei problemi e compromettono l’efficacia delle misure che dovrebbero risolverli. A una cattiva analisi non può che seguire un cattivo intervento.
Intediamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. In una serie di pregevoli studi lo stesso Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i due elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”.
Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone. I sociologi sono spesso accusati di lavorare sui freddi numeri dimenticando che dietro ogni numero c’è un caso umano. Ma i numeri, per quanto non siano sufficienti, sono necessari. Sono il presupposto di ogni analisi adeguata.
Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti. Aggiungo che per gli Stati Uniti le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-2010, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede.
Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono “pedofili”? Niente affatto. Secondo quella ricerca il 78,2% delle accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà. Avere rapporti sessuali con una diciassettenne non è certamente una bella cosa, tanto meno per un prete: ma non si tratta di pedofilia. Dunque i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia negli Stati Uniti sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all’anno. Le condanne sono state 54, poco più di una all’anno.
Il numero di condanne penali di sacerdoti e religiosi in altri Paesi è simile a quello degli Stati Uniti, anche se per nessun Paese si dispone di uno studio completo come quello del John Jay College. Si citano spesso una serie di rapporti governativi in Irlanda che definiscono “endemica” la presenza di abusi nei collegi e negli orfanatrofi (maschili) gestiti da alcune diocesi e ordini religiosi, e non vi è dubbio che casi di abusi sessuali su minori anche molto gravi in questo Paese vi siano stati. Lo spoglio sistematico di questi rapporti mostra peraltro come molte accuse riguardino l’uso di mezzi di correzione eccessivi o violenti. Il cosiddetto rapporto Ryan del 2009 – che usa un linguaggio molto duro nei confronti della Chiesa Cattolica – su 25.000 allievi di collegi, riformatori e orfanatrofi nel periodo che esamina riporta 253 accuse di abusi sessuali da parte di ragazzi e 128 da parte di ragazze, non tutte attribuite a sacerdoti, religiosi o religiose, di diversa natura e gravità, raramente riferite a bambini prepuberi e che ancor più raramente hanno condotto a condanne.
Le polemiche di queste ultime settimane sulla Germania e l’Austria mostrano una caratteristica tipica dei panici morali: si presentano come “nuovi” fatti risalenti a molti anni or sono, in alcuni casi a oltre trent’anni fa, in parte già noti. Il fatto che – con una particolare insistenza su quanto tocca l’area geografica bavarese, da cui viene il Papa – siano presentati sulle prime pagine dei giornali avvenimenti degli anni 1980 come se fossero avvenuti ieri, e che ne nascano furibonde polemiche, con un attacco concentrico che ogni giorno annuncia in stile urlato nuove “scoperte” mostra bene come il panico morale sia promosso da “imprenditori morali” in modo organizzato e sistematico. Il caso che – come alcuni giornali hanno titolato – “coinvolge il Papa” è a suo modo da manuale. Si riferisce a un episodio di abusi nell’Arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga, di cui era arcivescovo l’attuale Pontefice, che risale al 1980. Il caso è emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986, accertando tra l’altro che la decisione di accogliere nell’arcidiocesi il sacerdote in questione non era stata presa dal cardinale Ratzinger e non gli era neppure nota, il che non è strano in una grande diocesi con una complessa burocrazia. Perché un quotidiano tedesco decida di riesumare questo caso e sbatterlo in prima pagina ventiquattro anni dopo la sentenza dovrebbe essere la vera questione.
Una domanda sgradevole – perché il semplice porla sembra difensivo, e non consola le vittime – ma importante è se essere un prete cattolico sia una condizione che comporta un rischio di diventare pedofilo o di abusare sessualmente di minori – le due cose, come si è visto, non coincidono perché chi abusa di una sedicenne non è un pedofilo – più elevato rispetto al resto della popolazione. Rispondere a questa domanda è fondamentale per scoprire le cause del fenomeno e quindi per prevenirlo. Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più altra tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.
Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un dato che è assai più significativo: per oltre l’ottanta per cento i pedofili sono omosessuali, maschi che abusano di altri maschi. E – per citare ancora una volta Jenkins – oltre il novanta per cento dei sacerdoti cattolici condannati per abusi sessuali su minori e pedofilia è omosessuale. Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi. È un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia. Anche a questo deve servire l’Anno Sacerdotale.
Rispetto al 2006 – quando la BBC mandò in onda il documentario-spazzatura del parlamentare irlandese e attivista omosessuale Colm O’Gorman – e al 2007 – quando Santoro ne propose la versione italiana su Annozero – non c’è, in realtà, molto di nuovo, salva l’accresciuta severità e vigilanza della Chiesa. I casi dolorosi di cui più si parla in queste settimane non sono sempre inventati, ma risalgono a venti o anche a trent’anni fa.
O, forse, qualche cosa di nuovo c’è. Perché riesumare nel 2010 casi vecchi o molto spesso già noti, al ritmo di uno al giorno, attaccando sempre più direttamente il Papa – un attacco, per di più, paradossale se si considera la grandissima severità del cardinale Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi su questo tema? Gli “imprenditori morali” che organizzano il panico hanno un’agenda che emerge sempre più chiaramente, e che non ha veramente al suo centro la protezione dei bambini. La lettura di certi articoli ci mostra come – alla vigilia di scelte politiche, giuridiche e anche elettorali che un po’ dovunque in Europa e nel mondo mettono in questione la somministrazione della pillola RU486, l’eutanasia, il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui quasi solo la voce della Chiesa e del Papa si leva a difendere la vita e la famiglia – lobby molto potenti cercano di squalificare preventivamente questa voce con l’accusa più infamante e oggi purtroppo anche più facile, quella di favorire o tollerare la pedofilia. Queste lobby più o meno massoniche manifestano il sinistro potere della tecnocrazia evocato dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate e la denuncia di Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1985 (dell’8-12-1984), a proposito di “disegni nascosti” – accanto ad altri “apertamente propagandati” – “miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta”.
Davvero è questa un’ora di tenebre, che riporta alla mente la profezia di un grande pensatore cattolico del XIX secolo, il vercellese Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), secondo cui alle rovine arrecate dalle ideologie laiciste avrebbe fatto seguito un’autentica “demonolatria” che si sarebbe manifestata particolarmente nell’attacco alla famiglia e alla vera nozione del matrimonio. Ristabilire la verità sociologica sui panici morali in tema di preti e pedofilia di per sé non risolve i problemi e non ferma le lobby, ma può costituire almeno un piccolo e doveroso omaggio alla grandezza di un Pontefice e di una Chiesa feriti e calunniati perché sulla vita e la famiglia non si rassegnano a tacere.
Massimo Introvigne
Perché si ritorna a parlare di preti pedofili, con accuse che si riferiscono alla Germania, a persone vicine al Papa e ormai anche al Papa stesso? La sociologia ha qualche cosa da dire o deve lasciare libero il campo ai soli giornalisti? Credo che la sociologia abbia molto da dire, e che non debba tacere per il timore di scontentare qualcuno. La discussione attuale sui preti pedofili – considerata dal punto di vista del sociologo – rappresenta un esempio tipico di “panico morale”. Il concetto è nato negli anni 1970 per spiegare come alcuni problemi siano oggetto di una “ipercostruzione sociale”. Più precisamente, i panici morali sono stati definiti come problemi socialmente costruiti caratterizzati da una amplificazione sistematica dei dati reali, sia nella rappresentazione mediatica sia nella discussione politica. Altre due caratteristiche sono state citate come tipiche dei panici morali. In primo luogo, problemi sociali che esistono da decenni sono ricostruiti nelle narrative mediatiche e politiche come “nuovi”, o come oggetto di una presunta e drammatica crescita recente. In secondo luogo, la loro incidenza è esagerata da statistiche folkloriche che, benché non confermate da studi accademici, sono ripetute da un mezzo di comunicazione all'altro e possono ispirare campagne mediatiche persistenti. Philip Jenkins ha sottolineato il ruolo nella creazione e gestione dei panici di “imprenditori morali” le cui agende non sono sempre dichiarate. I panici morali non fanno bene a nessuno. Distorcono la percezione dei problemi e compromettono l’efficacia delle misure che dovrebbero risolverli. A una cattiva analisi non può che seguire un cattivo intervento.
Intediamoci: i panici morali hanno ai loro inizi condizioni obiettive e pericoli reali. Non inventano l’esistenza di un problema, ma ne esagerano le dimensioni statistiche. In una serie di pregevoli studi lo stesso Jenkins ha mostrato come la questione dei preti pedofili sia forse l’esempio più tipico di un panico morale. Sono presenti infatti i due elementi caratteristici: un dato reale di partenza, e un’esagerazione di questo dato ad opera di ambigui “imprenditori morali”.
Anzitutto, il dato reale di partenza. Esistono preti pedofili. Alcuni casi sono insieme sconvolgenti e disgustosi, hanno portato a condanne definitive e gli stessi accusati non si sono mai proclamati innocenti. Questi casi – negli Stati Uniti, in Irlanda, in Australia – spiegano le severe parole del Papa e la sua richiesta di perdono alle vittime. Anche se i casi fossero solo due – e purtroppo sono di più – sarebbero sempre due casi di troppo. Dal momento però che chiedere perdono – per quanto sia nobile e opportuno – non basta, ma occorre evitare che i casi si ripetano, non è indifferente sapere se i casi sono due, duecento o ventimila. E non è neppure irrilevante sapere se il numero di casi è più o meno numeroso tra i sacerdoti e i religiosi cattolici di quanto sia in altre categorie di persone. I sociologi sono spesso accusati di lavorare sui freddi numeri dimenticando che dietro ogni numero c’è un caso umano. Ma i numeri, per quanto non siano sufficienti, sono necessari. Sono il presupposto di ogni analisi adeguata.
Per capire come da un dato tragicamente reale si è passati a un panico morale è allora necessario chiedersi quanti sono i preti pedofili. I dati più ampi sono stati raccolti negli Stati Uniti, dove nel 2004 la Conferenza Episcopale ha commissionato uno studio indipendente al John Jay College of Criminal Justice della City University of New York, che non è un’università cattolica ed è unanimemente riconosciuta come la più autorevole istituzione accademica degli Stati Uniti in materia di criminologia. Questo studio ci dice che dal 1950 al 2002 4.392 sacerdoti americani (su oltre 109.000) sono stati accusati di relazioni sessuali con minorenni. Di questi poco più di un centinaio sono stati condannati da tribunali civili. Il basso numero di condanne da parte dello Stato deriva da diversi fattori. In alcuni casi le vere o presunte vittime hanno denunciato sacerdoti già defunti, o sono scattati i termini della prescrizione. In altri, all’accusa e anche alla condanna canonica non corrisponde la violazione di alcuna legge civile: è il caso, per esempio, in diversi Stati americani del sacerdote che abbia una relazione con una – o anche un – minorenne maggiore di sedici anni e consenziente. Ma ci sono anche stati molti casi clamorosi di sacerdoti innocenti accusati. Questi casi si sono anzi moltiplicati negli anni 1990, quando alcuni studi legali hanno capito di poter strappare transazioni milionarie anche sulla base di semplici sospetti. Gli appelli alla “tolleranza zero” sono giustificati, ma non ci dovrebbe essere nessuna tolleranza neanche per chi calunnia sacerdoti innocenti. Aggiungo che per gli Stati Uniti le cifre non cambierebbero in modo significativo se si aggiungesse il periodo 2002-2010, perché già lo studio del John Jay College notava il “declino notevolissimo” dei casi negli anni 2000. Le nuove inchieste sono state poche, e le condanne pochissime, a causa di misure rigorose introdotte sia dai vescovi statunitensi sia dalla Santa Sede.
Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei sacerdoti americani sono “pedofili”? Niente affatto. Secondo quella ricerca il 78,2% delle accuse si riferisce a minorenni che hanno superato la pubertà. Avere rapporti sessuali con una diciassettenne non è certamente una bella cosa, tanto meno per un prete: ma non si tratta di pedofilia. Dunque i sacerdoti accusati di effettiva pedofilia negli Stati Uniti sono 958 in cinquantadue anni, diciotto all’anno. Le condanne sono state 54, poco più di una all’anno.
Il numero di condanne penali di sacerdoti e religiosi in altri Paesi è simile a quello degli Stati Uniti, anche se per nessun Paese si dispone di uno studio completo come quello del John Jay College. Si citano spesso una serie di rapporti governativi in Irlanda che definiscono “endemica” la presenza di abusi nei collegi e negli orfanatrofi (maschili) gestiti da alcune diocesi e ordini religiosi, e non vi è dubbio che casi di abusi sessuali su minori anche molto gravi in questo Paese vi siano stati. Lo spoglio sistematico di questi rapporti mostra peraltro come molte accuse riguardino l’uso di mezzi di correzione eccessivi o violenti. Il cosiddetto rapporto Ryan del 2009 – che usa un linguaggio molto duro nei confronti della Chiesa Cattolica – su 25.000 allievi di collegi, riformatori e orfanatrofi nel periodo che esamina riporta 253 accuse di abusi sessuali da parte di ragazzi e 128 da parte di ragazze, non tutte attribuite a sacerdoti, religiosi o religiose, di diversa natura e gravità, raramente riferite a bambini prepuberi e che ancor più raramente hanno condotto a condanne.
Le polemiche di queste ultime settimane sulla Germania e l’Austria mostrano una caratteristica tipica dei panici morali: si presentano come “nuovi” fatti risalenti a molti anni or sono, in alcuni casi a oltre trent’anni fa, in parte già noti. Il fatto che – con una particolare insistenza su quanto tocca l’area geografica bavarese, da cui viene il Papa – siano presentati sulle prime pagine dei giornali avvenimenti degli anni 1980 come se fossero avvenuti ieri, e che ne nascano furibonde polemiche, con un attacco concentrico che ogni giorno annuncia in stile urlato nuove “scoperte” mostra bene come il panico morale sia promosso da “imprenditori morali” in modo organizzato e sistematico. Il caso che – come alcuni giornali hanno titolato – “coinvolge il Papa” è a suo modo da manuale. Si riferisce a un episodio di abusi nell’Arcidiocesi di Monaco di Baviera e Frisinga, di cui era arcivescovo l’attuale Pontefice, che risale al 1980. Il caso è emerso nel 1985 ed è stato giudicato da un tribunale tedesco nel 1986, accertando tra l’altro che la decisione di accogliere nell’arcidiocesi il sacerdote in questione non era stata presa dal cardinale Ratzinger e non gli era neppure nota, il che non è strano in una grande diocesi con una complessa burocrazia. Perché un quotidiano tedesco decida di riesumare questo caso e sbatterlo in prima pagina ventiquattro anni dopo la sentenza dovrebbe essere la vera questione.
Una domanda sgradevole – perché il semplice porla sembra difensivo, e non consola le vittime – ma importante è se essere un prete cattolico sia una condizione che comporta un rischio di diventare pedofilo o di abusare sessualmente di minori – le due cose, come si è visto, non coincidono perché chi abusa di una sedicenne non è un pedofilo – più elevato rispetto al resto della popolazione. Rispondere a questa domanda è fondamentale per scoprire le cause del fenomeno e quindi per prevenirlo. Secondo gli studi di Jenkins se si paragona la Chiesa Cattolica degli Stati Uniti alle principali denominazioni protestanti si scopre che la presenza di pedofili è – a seconda delle denominazioni – da due a dieci volte più altra tra i pastori protestanti rispetto ai preti cattolici. La questione è rilevante perché mostra che il problema non è il celibato: la maggior parte dei pastori protestanti è sposata. Nello stesso periodo in cui un centinaio di sacerdoti americani era condannato per abusi sessuali su minori, il numero professori di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili – anche questi in grande maggioranza sposati – giudicato colpevole dello stesso reato dai tribunali statunitensi sfiorava i seimila. Gli esempi potrebbero continuare, non solo negli Stati Uniti. E soprattutto secondo i periodici rapporti del governo americano due terzi circa delle molestie sessuali su minori non vengono da estranei o da educatori – preti e pastori protestanti compresi – ma da familiari: patrigni, zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori. Dati simili esistono per numerosi altri Paesi.
Per quanto sia poco politicamente corretto dirlo, c’è un dato che è assai più significativo: per oltre l’ottanta per cento i pedofili sono omosessuali, maschi che abusano di altri maschi. E – per citare ancora una volta Jenkins – oltre il novanta per cento dei sacerdoti cattolici condannati per abusi sessuali su minori e pedofilia è omosessuale. Se nella Chiesa Cattolica c’è stato effettivamente un problema, questo non è stato il celibato ma una certa tolleranza dell’omosessualità nei seminari particolarmente negli anni 1970, quando è stata ordinata la grande maggioranza di sacerdoti poi condannati per gli abusi. È un problema che Benedetto XVI sta vigorosamente correggendo. Più in generale il ritorno alla morale, alla disciplina ascetica, alla meditazione sulla vera, grande natura del sacerdozio sono l’antidoto ultimo alle tragedie vere della pedofilia. Anche a questo deve servire l’Anno Sacerdotale.
Rispetto al 2006 – quando la BBC mandò in onda il documentario-spazzatura del parlamentare irlandese e attivista omosessuale Colm O’Gorman – e al 2007 – quando Santoro ne propose la versione italiana su Annozero – non c’è, in realtà, molto di nuovo, salva l’accresciuta severità e vigilanza della Chiesa. I casi dolorosi di cui più si parla in queste settimane non sono sempre inventati, ma risalgono a venti o anche a trent’anni fa.
O, forse, qualche cosa di nuovo c’è. Perché riesumare nel 2010 casi vecchi o molto spesso già noti, al ritmo di uno al giorno, attaccando sempre più direttamente il Papa – un attacco, per di più, paradossale se si considera la grandissima severità del cardinale Ratzinger prima e di Benedetto XVI poi su questo tema? Gli “imprenditori morali” che organizzano il panico hanno un’agenda che emerge sempre più chiaramente, e che non ha veramente al suo centro la protezione dei bambini. La lettura di certi articoli ci mostra come – alla vigilia di scelte politiche, giuridiche e anche elettorali che un po’ dovunque in Europa e nel mondo mettono in questione la somministrazione della pillola RU486, l’eutanasia, il riconoscimento delle unioni omosessuali, in cui quasi solo la voce della Chiesa e del Papa si leva a difendere la vita e la famiglia – lobby molto potenti cercano di squalificare preventivamente questa voce con l’accusa più infamante e oggi purtroppo anche più facile, quella di favorire o tollerare la pedofilia. Queste lobby più o meno massoniche manifestano il sinistro potere della tecnocrazia evocato dallo stesso Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate e la denuncia di Giovanni Paolo II, nel messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 1985 (dell’8-12-1984), a proposito di “disegni nascosti” – accanto ad altri “apertamente propagandati” – “miranti a soggiogare tutti i popoli a regimi in cui Dio non conta”.
Davvero è questa un’ora di tenebre, che riporta alla mente la profezia di un grande pensatore cattolico del XIX secolo, il vercellese Emiliano Avogadro della Motta (1798-1865), secondo cui alle rovine arrecate dalle ideologie laiciste avrebbe fatto seguito un’autentica “demonolatria” che si sarebbe manifestata particolarmente nell’attacco alla famiglia e alla vera nozione del matrimonio. Ristabilire la verità sociologica sui panici morali in tema di preti e pedofilia di per sé non risolve i problemi e non ferma le lobby, ma può costituire almeno un piccolo e doveroso omaggio alla grandezza di un Pontefice e di una Chiesa feriti e calunniati perché sulla vita e la famiglia non si rassegnano a tacere.
Re: Pedofilia e Presbiteri
Il Wall Street Journal difende Benedetto XVI
E la storia continua ...
Ma un'altra campana suona in favore di Benedetto XVI. Sì, perché, non ci nascondiamo dietro ad un dito: il punto non è la lotta contro la pedofilia nella Chiesa cattolica (nessuna intenzione di insabbiare o di negare la realtà degli abusi che ci sono stati), la questione sollevata in questi ultimi tempi riguarda il coinvolgimento dell'attuale Pontefice che, dal 1981 al 2005, ha guidato la Congregazione per la Dottrina della Fede, Organo istituzionale della Chiesa cattolica deputato in via esclusiva a gestire i casi di "sollicitazione nel confessionale".
Dunque, la domanda a cui bisogna dare una risposta è la seguente: l'attuale Pontefice ha coperto o ha combattuto la pedofilia nella Chiesa cattolica?
A parte che chiunque abbia una pur minima conoscenza di come vanno e sono andate le cose nella Curia vaticana (e nel dibattito teologico e dottrinale interno alla Chiesa) sa benissimo quale sia stata e sia tutt'ora la visione e l'azione di Ratzinger su questo problema, esiste un principio altissimo di civiltà, secondo il quale si può arrivare ad un giudizio verosimile (la Verità la lasciamo a Dio, per chi ci crede) solo esaminando accuratamente le ragioni dell'accusa e quelle della difesa. Le giustizie sommarie e mediatiche non hanno mai fatto bene alla verità.
Vi propongo un articolo del Wall Street Gournal di ieri, a firma di William McGurn (di certo non un clericale, ma neanche digiuno di cattolicità).
Buona lettura
*****
"Il Wall Street Journal difende Benedetto XVI"
(di MARCO TOSATTI, da LaStampa.it)
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=752&ID_sezione=396&sezione=
Un editoriale di William McGurn critica pesantemente gli articoli del New York Times sul caso Murphy e il Papa. Ve ne offriamo una nostra traduzione.
A differenza del papato romano, in alcuni circoli il New York Times ancora gode della presunzione di autorevolezza.
Così, quando la prima pagina offre una storia titolata “Il Vaticano rifiutò di spretare un sacerdote U.S. che abusava di bambini sordi", la gente lo nota. Scritto da Laurie Goodstein e pubblicata il 25 marzo, l‘accusa è a doppia faccia.
Prima: che Lawrence Murphy, un sacerdote che abusò di bambini alla St. John's School for the Deaf in Milwaukee dal 1950 al 1970s, sfuggì alla punizione. Padre Murphy, scrisse l’autrice, “non fu mai processato o punito dal sistema di giustizia della Chiesa”. Tutto questo per dare più forza all’attacco: “lo sforzo di far dimettere padre Murphy si bloccò improvvisamente dopo che il prete chiese misericordia al cardinale Ratzinger”. In altre parole, Murphy se ne è andato tranquillo e il cardinale ha guardato dall’altra parte. La Goodstein cita documenti interni alla chiesa, forniti da Jeff Anderson and Mike Finnegan.
Questi sono descritti come avvocati di “cinque uomini che hanno intentato cause contro l’arcidiocesi di Milwaukee”. Quello che non è detto ai lettori è che il signor Anderson non è semplicemente un avvocato dei tanti. E’ l’avvocato che più di tutti si è specializzato in processi alla chiesa. Nel 2002 ha detto all’Associated Press che ha vinto più di sessanta milioni di dollari in accordi con la chiesa, e una volta si è vantato al settimanale Twin Cities weekly di “fargli causa fino a farli scoppiare dappertutto”. E il NY Times non ha detto un altro fatto importante su Anderson: che sta cercando di far causa al Vaticano in una corte federale.
Questo fa di Anderson un giocatore molto più grosso di quanto l’articolo racconti.
In realtà, è difficile immaginare qualcuno con un interesse finanziario più grande nel promuovere racconti di una chiesa che compie “azione zero” verso i preti che abusano, con papa Benedetto XVI personalmente colpevole. Richiesta di spiegare queste omissioni in una e-mail, Ms. Goodstein risponde così: “Vista la complessità del caso Murphy, e la relativa brevità del mio articolo, non credo che sia realistico attendersi che l’articolo tratti altri casi che questi legali hanno affrontato”.
Nussbaum, un avvocato non coinvolto nel caso Murphy ma che ha difeso altre diocesi e chiese in cause per abusi sessuali, mi ha mandato quattro lettere interessanti mandate a Murphy da tre vescovi del Wisconsin. Questi documenti non sono fra quelli pubblicati online dal Times. Sono rilevanti, comunque, perché confutano l’idea che Murphy non fu punito.
In effetti le lettere dei vescovi – tre nel 1993 e una nel 1995, dopo che vennero alla luce accuse su Murphy – informavano il prete che non doveva celebrare in pubblico, né avere alcuno contatto con i minori, e non doveva lavorare in nessun programma parrocchiale educativo. Quando è stato chiesto se sapeva delle lettere, Ms. Goodstein non ha risposto direttamente, dicendo che il suo focus era su quello che era “nuovo”: per esempio “I tentativi di questi vescovi di ridurre Murphy allo stato laicale”.
Per quanto riguarda Roma, non venne a conoscenza del caso fino al 1996, quando Milwaukee informò la Congregazione per la Dottrina della Fede allora diretta dal cardinale Joseph Ratzinger. La CDF in quel periodo poteva gestire casi che comprendevano una rottura del sigillo confessionale (Murphy fu accusato di usare il confessione per gli abusi). A quell’epoca, inoltre, l’unica reale opzione per ridurre Murphy allo stato laicale era un processo ecclesiastico, e i vescovi in Wisconsin diedero inizio a un processo.
L’articolo di Ms. Goodstein ha detto semplicemente che il delegato del Cardinal Ratzinger ha bloccato il processo di Murphy dopo che il prete inviò una lettera al cardinal dicendo che stave morendo, e chiedendo clemenza. Un secondo articolo ha spiegato che Roma seguì la via che seguì perché Murphy si era “apparentemente comportato bene” negli ultimi 24 anni e perché “sarebbe stato difficile processarlo” perché “tanto tempo era passato fra i crimini e il processo”. Inoltre i suoi vescovi avevano già privato Murphy delle sue facoltà ministeriali, l’equivalente di togliere a un medico la licenza di esercitare.
Tutto questo fa pensare a gente che si gira indifferente dall’altra parte?
Qualche anno più tardi, quando la Congregazione per la Dottrina della Fede assunse autorità su tutti i casi di abusi, il Cardinal Ratzinger mise in atto cambiamenti che permisero un’azione amministrativa diretta nvece di processi che spesso prendevano anni.
Circa il 60% dei casi di preti accusati di abusi sessuali furono trattati in questo modo. L’uomo che è ora papa riaprì casi che erano stati chiusi; fece più di chiunque altro per processare casi e per rendere responsabili i preti che abusarono; e divenne il primo papa ad incontrare le vittime.
L’interpretazione più ragionevole di tutti questi fatti è che casi come quello di Murphy lo aiutarono a promuovere riforme che diedero alla Chiesa strumenti più efficaci per gestire gli abusi commessi dai preti. Il che non vuol dire che la stampa deve essere timida, anche rispetto alle decisioni di papa Benedetto da cardinale.
Il caso Murphy solleva questioni pesanti: perché ci sono voluti quasi due decenni all’arcivescovo di Milwaukee per sospendere Murphy? perché innocenti le cui vite sono distrutte da persone che devono essere viste come icone di Cristo hanno avuto così poca giustizia? cosa devono fare i vescovi con un prete accusato, quando la giustizia laica non da' risposte conclusive? come equilibrare la richiesta di giustizia con l’imperativo cattolico di perdonare i peccati?
Oh sì, e anche un po’ di contesto, e un po’ di scetticismo giornalistico sui racconti di un avvocato d’assalto che fa milioni con le sue cause.
E questa è una storia degna di essere investigata.
Qui di seguito il link dell'articolo originale del WSJ di ieri:
http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304017404575165792228341212.html
E la storia continua ...
Ma un'altra campana suona in favore di Benedetto XVI. Sì, perché, non ci nascondiamo dietro ad un dito: il punto non è la lotta contro la pedofilia nella Chiesa cattolica (nessuna intenzione di insabbiare o di negare la realtà degli abusi che ci sono stati), la questione sollevata in questi ultimi tempi riguarda il coinvolgimento dell'attuale Pontefice che, dal 1981 al 2005, ha guidato la Congregazione per la Dottrina della Fede, Organo istituzionale della Chiesa cattolica deputato in via esclusiva a gestire i casi di "sollicitazione nel confessionale".
Dunque, la domanda a cui bisogna dare una risposta è la seguente: l'attuale Pontefice ha coperto o ha combattuto la pedofilia nella Chiesa cattolica?
A parte che chiunque abbia una pur minima conoscenza di come vanno e sono andate le cose nella Curia vaticana (e nel dibattito teologico e dottrinale interno alla Chiesa) sa benissimo quale sia stata e sia tutt'ora la visione e l'azione di Ratzinger su questo problema, esiste un principio altissimo di civiltà, secondo il quale si può arrivare ad un giudizio verosimile (la Verità la lasciamo a Dio, per chi ci crede) solo esaminando accuratamente le ragioni dell'accusa e quelle della difesa. Le giustizie sommarie e mediatiche non hanno mai fatto bene alla verità.
Vi propongo un articolo del Wall Street Gournal di ieri, a firma di William McGurn (di certo non un clericale, ma neanche digiuno di cattolicità).
Buona lettura
*****
"Il Wall Street Journal difende Benedetto XVI"
(di MARCO TOSATTI, da LaStampa.it)
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=752&ID_sezione=396&sezione=
Un editoriale di William McGurn critica pesantemente gli articoli del New York Times sul caso Murphy e il Papa. Ve ne offriamo una nostra traduzione.
A differenza del papato romano, in alcuni circoli il New York Times ancora gode della presunzione di autorevolezza.
Così, quando la prima pagina offre una storia titolata “Il Vaticano rifiutò di spretare un sacerdote U.S. che abusava di bambini sordi", la gente lo nota. Scritto da Laurie Goodstein e pubblicata il 25 marzo, l‘accusa è a doppia faccia.
Prima: che Lawrence Murphy, un sacerdote che abusò di bambini alla St. John's School for the Deaf in Milwaukee dal 1950 al 1970s, sfuggì alla punizione. Padre Murphy, scrisse l’autrice, “non fu mai processato o punito dal sistema di giustizia della Chiesa”. Tutto questo per dare più forza all’attacco: “lo sforzo di far dimettere padre Murphy si bloccò improvvisamente dopo che il prete chiese misericordia al cardinale Ratzinger”. In altre parole, Murphy se ne è andato tranquillo e il cardinale ha guardato dall’altra parte. La Goodstein cita documenti interni alla chiesa, forniti da Jeff Anderson and Mike Finnegan.
Questi sono descritti come avvocati di “cinque uomini che hanno intentato cause contro l’arcidiocesi di Milwaukee”. Quello che non è detto ai lettori è che il signor Anderson non è semplicemente un avvocato dei tanti. E’ l’avvocato che più di tutti si è specializzato in processi alla chiesa. Nel 2002 ha detto all’Associated Press che ha vinto più di sessanta milioni di dollari in accordi con la chiesa, e una volta si è vantato al settimanale Twin Cities weekly di “fargli causa fino a farli scoppiare dappertutto”. E il NY Times non ha detto un altro fatto importante su Anderson: che sta cercando di far causa al Vaticano in una corte federale.
Questo fa di Anderson un giocatore molto più grosso di quanto l’articolo racconti.
In realtà, è difficile immaginare qualcuno con un interesse finanziario più grande nel promuovere racconti di una chiesa che compie “azione zero” verso i preti che abusano, con papa Benedetto XVI personalmente colpevole. Richiesta di spiegare queste omissioni in una e-mail, Ms. Goodstein risponde così: “Vista la complessità del caso Murphy, e la relativa brevità del mio articolo, non credo che sia realistico attendersi che l’articolo tratti altri casi che questi legali hanno affrontato”.
Nussbaum, un avvocato non coinvolto nel caso Murphy ma che ha difeso altre diocesi e chiese in cause per abusi sessuali, mi ha mandato quattro lettere interessanti mandate a Murphy da tre vescovi del Wisconsin. Questi documenti non sono fra quelli pubblicati online dal Times. Sono rilevanti, comunque, perché confutano l’idea che Murphy non fu punito.
In effetti le lettere dei vescovi – tre nel 1993 e una nel 1995, dopo che vennero alla luce accuse su Murphy – informavano il prete che non doveva celebrare in pubblico, né avere alcuno contatto con i minori, e non doveva lavorare in nessun programma parrocchiale educativo. Quando è stato chiesto se sapeva delle lettere, Ms. Goodstein non ha risposto direttamente, dicendo che il suo focus era su quello che era “nuovo”: per esempio “I tentativi di questi vescovi di ridurre Murphy allo stato laicale”.
Per quanto riguarda Roma, non venne a conoscenza del caso fino al 1996, quando Milwaukee informò la Congregazione per la Dottrina della Fede allora diretta dal cardinale Joseph Ratzinger. La CDF in quel periodo poteva gestire casi che comprendevano una rottura del sigillo confessionale (Murphy fu accusato di usare il confessione per gli abusi). A quell’epoca, inoltre, l’unica reale opzione per ridurre Murphy allo stato laicale era un processo ecclesiastico, e i vescovi in Wisconsin diedero inizio a un processo.
L’articolo di Ms. Goodstein ha detto semplicemente che il delegato del Cardinal Ratzinger ha bloccato il processo di Murphy dopo che il prete inviò una lettera al cardinal dicendo che stave morendo, e chiedendo clemenza. Un secondo articolo ha spiegato che Roma seguì la via che seguì perché Murphy si era “apparentemente comportato bene” negli ultimi 24 anni e perché “sarebbe stato difficile processarlo” perché “tanto tempo era passato fra i crimini e il processo”. Inoltre i suoi vescovi avevano già privato Murphy delle sue facoltà ministeriali, l’equivalente di togliere a un medico la licenza di esercitare.
Tutto questo fa pensare a gente che si gira indifferente dall’altra parte?
Qualche anno più tardi, quando la Congregazione per la Dottrina della Fede assunse autorità su tutti i casi di abusi, il Cardinal Ratzinger mise in atto cambiamenti che permisero un’azione amministrativa diretta nvece di processi che spesso prendevano anni.
Circa il 60% dei casi di preti accusati di abusi sessuali furono trattati in questo modo. L’uomo che è ora papa riaprì casi che erano stati chiusi; fece più di chiunque altro per processare casi e per rendere responsabili i preti che abusarono; e divenne il primo papa ad incontrare le vittime.
L’interpretazione più ragionevole di tutti questi fatti è che casi come quello di Murphy lo aiutarono a promuovere riforme che diedero alla Chiesa strumenti più efficaci per gestire gli abusi commessi dai preti. Il che non vuol dire che la stampa deve essere timida, anche rispetto alle decisioni di papa Benedetto da cardinale.
Il caso Murphy solleva questioni pesanti: perché ci sono voluti quasi due decenni all’arcivescovo di Milwaukee per sospendere Murphy? perché innocenti le cui vite sono distrutte da persone che devono essere viste come icone di Cristo hanno avuto così poca giustizia? cosa devono fare i vescovi con un prete accusato, quando la giustizia laica non da' risposte conclusive? come equilibrare la richiesta di giustizia con l’imperativo cattolico di perdonare i peccati?
Oh sì, e anche un po’ di contesto, e un po’ di scetticismo giornalistico sui racconti di un avvocato d’assalto che fa milioni con le sue cause.
E questa è una storia degna di essere investigata.
Qui di seguito il link dell'articolo originale del WSJ di ieri:
http://online.wsj.com/article/SB10001424052702304017404575165792228341212.html
Re: Pedofilia e Presbiteri
Quanto mi hai fatto soffrire, Chiesa, eppure...
Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!
Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!
Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza.
Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!
Nulla ho visto al mondo di più oscurantista, più compresso, più falso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.
Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porte della mia anima, quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.
No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei?
A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò, sarà la mia Chiesa, non più quella di Cristo.
Sono abbastanza vecchio per capire che non sono migliore degli altri.
L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi, non è più credibile".
Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza, e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.
Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra...
La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo.
Forse che la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?
Quando Paolo arrivò a Gerusalemme portando nel cuore la sua sete di universalità, forse che i discorsi di Giacomo sul prepuzio da tagliare o la debolezza di Pietro che si attardava con i ricchi di allora e che dava lo scandalo di pranzare solo con i puri, poterono dargli dei dubbi sulla veridicità della Chiesa, che Cristo aveva fondato fresca fresca, e fargli venire la voglia di andarne a fondare un'altra ad Antiochia o a Tarso?
Forse che a Santa Caterina da Siena, vedendo il Papa che faceva una sporca politica contro la sua città, poteva saltare in capo l'idea di andare sulle colline senesi, trasparenti come il cielo, e fare un'altra Chiesa più trasparente di quella di Roma cosi spessa, così piena di peccati e così politicante?
...La Chiesa ha il potere di darmi la santità ed è fatta tutta quanta, dal primo all'ultimo, di soli peccatori, e che peccatori!
Ha la fede onnipotente e invincibile di rinnovare il mistero eucaristico, ed è composta di uomini deboli che brancolano nel buio e che si battono ogni giorno contro la tentazione di perdere la fede.
Porta un messaggio di pura trasparenza ed è incarnata in una pasta sporca, come è sporco il mondo.
Parla della dolcezza dei Maestro, della sua non-violenza, e nella storia ha mandato eserciti a sbudellare infedeli e torturare eresiarchi.
Trasmette un messaggio di evangelica povertà, e non fa' che cercare denaro e alleanze con i potenti.
Coloro che sognano cose diverse da questa realtà non fanno che perdere tempo e ricominciare sempre da capo. E in più dimostrano di non aver capito l'uomo.
Perché quello è l'uomo, proprio come lo vede visibile la Chiesa, nella sua cattiveria e nello stesso tempo nel suo coraggio invincibile che la fede in Cristo gli ha dato e la carità dei Cristo gli fa vivere.
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo Papa- Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una roccia così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io.
...E se le minacce sono così numerose e la violenza del castigo così grande, più numerose sono le parole d'amore e più grande è la sua misericordia. Direi proprio, pensando alla Chiesa e alla mia povera anima, che Dio è più grande della nostra debolezza.
E poi cosa contano le pietre? Ciò che conta è la promessa di Cristo, ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo è capace di fare la Chiesa con delle pietre mai tagliate come siamo noi!...
E il mistero sta qui.
Questo impasto di bene e di male, di grandezza e di miseria, di santità e di peccato che è la Chiesa, in fondo sono io...
Ognuno di noi può sentire con tremore e con infinito gaudio che ciò che passa nel rapporto Dio-Chiesa è qualcosa che ci appartiene nell'intimo.
In ciascuno di noi si ripercuotono le minacce e la dolcezza con cui Dio tratta il suo popolo di Israele, la Chiesa. A Ognuno di noi Dio dice come alla Chiesa: "Io ti farò mia sposa per sempre" (Osea 2, 21), ma nello stesso tempo ci ricorda la nostra realtà: "La tua impurità è come la ruggine. Ho cercato di toglierla, fatica sprecata! E' così abbondante che non va via nemmeno col fuoco" (Ezechiele 24, 12).
Ma poi c'è ancora un'altra cosa che forse è più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo, il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.
E' come se il male non avesse potuto toccare la profondità più intima dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciar imputridire l'anima lontana dall'amore.
"Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi nel perdono, e continua: "Ti ho amato di amore eterno; per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Geremia 3 1, 3-4).
Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo, nello spirito e nel cuore.
In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, è più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è l'ambiente divino della Chiesa...
(Carlo Carretto)
Quanto sei contestabile, Chiesa, eppure quanto ti amo!
Quanto mi hai fatto soffrire, eppure quanto a te devo!
Vorrei vederti distrutta, eppure ho bisogno della tua presenza.
Mi hai dato tanti scandali, eppure mi hai fatto capire la santità!
Nulla ho visto al mondo di più oscurantista, più compresso, più falso e nulla ho toccato di più puro, di più generoso, di più bello.
Quante volte ho avuto la voglia di sbatterti in faccia la porte della mia anima, quante volte ho pregato di poter morire tra le tue braccia sicure.
No, non posso liberarmi di te, perché sono te, pur non essendo completamente te.
E poi, dove andrei?
A costruirne un'altra?
Ma non potrò costruirla se non con gli stessi difetti, perché sono i miei che porto dentro. E se la costruirò, sarà la mia Chiesa, non più quella di Cristo.
Sono abbastanza vecchio per capire che non sono migliore degli altri.
L'altro ieri un amico ha scritto una lettera ad un giornale: "Lascio la Chiesa perché, con la sua compromissione con i ricchi, non è più credibile".
Mi fa pena!
O è un sentimentale che non ha esperienza, e lo scuso; o è un orgoglioso che crede di essere migliore degli altri.
Nessuno di noi è credibile finché è su questa terra...
La credibilità non è degli uomini, è solo di Dio e del Cristo.
Forse che la Chiesa di ieri era migliore di quella di oggi? Forse che la Chiesa di Gerusalemme era più credibile di quella di Roma?
Quando Paolo arrivò a Gerusalemme portando nel cuore la sua sete di universalità, forse che i discorsi di Giacomo sul prepuzio da tagliare o la debolezza di Pietro che si attardava con i ricchi di allora e che dava lo scandalo di pranzare solo con i puri, poterono dargli dei dubbi sulla veridicità della Chiesa, che Cristo aveva fondato fresca fresca, e fargli venire la voglia di andarne a fondare un'altra ad Antiochia o a Tarso?
Forse che a Santa Caterina da Siena, vedendo il Papa che faceva una sporca politica contro la sua città, poteva saltare in capo l'idea di andare sulle colline senesi, trasparenti come il cielo, e fare un'altra Chiesa più trasparente di quella di Roma cosi spessa, così piena di peccati e così politicante?
...La Chiesa ha il potere di darmi la santità ed è fatta tutta quanta, dal primo all'ultimo, di soli peccatori, e che peccatori!
Ha la fede onnipotente e invincibile di rinnovare il mistero eucaristico, ed è composta di uomini deboli che brancolano nel buio e che si battono ogni giorno contro la tentazione di perdere la fede.
Porta un messaggio di pura trasparenza ed è incarnata in una pasta sporca, come è sporco il mondo.
Parla della dolcezza dei Maestro, della sua non-violenza, e nella storia ha mandato eserciti a sbudellare infedeli e torturare eresiarchi.
Trasmette un messaggio di evangelica povertà, e non fa' che cercare denaro e alleanze con i potenti.
Coloro che sognano cose diverse da questa realtà non fanno che perdere tempo e ricominciare sempre da capo. E in più dimostrano di non aver capito l'uomo.
Perché quello è l'uomo, proprio come lo vede visibile la Chiesa, nella sua cattiveria e nello stesso tempo nel suo coraggio invincibile che la fede in Cristo gli ha dato e la carità dei Cristo gli fa vivere.
Quando ero giovane non capivo perché Gesù, nonostante il rinnegamento di Pietro, lo volle capo, suo successore, primo Papa- Ora non mi stupisco più e comprendo sempre meglio che avere fondato la Chiesa sulla tomba di un traditore, di un uomo che si spaventa per le chiacchiere di una serva, era un avvertimento continuo per mantenere ognuno di noi nella umiltà e nella coscienza della propria fragilità.
No, non vado fuori di questa Chiesa fondata su una roccia così debole, perché ne fonderei un'altra su una pietra ancora più debole che sono io.
...E se le minacce sono così numerose e la violenza del castigo così grande, più numerose sono le parole d'amore e più grande è la sua misericordia. Direi proprio, pensando alla Chiesa e alla mia povera anima, che Dio è più grande della nostra debolezza.
E poi cosa contano le pietre? Ciò che conta è la promessa di Cristo, ciò che conta è il cemento che unisce le pietre, che è lo Spirito Santo. Solo lo Spirito Santo è capace di fare la Chiesa con delle pietre mai tagliate come siamo noi!...
E il mistero sta qui.
Questo impasto di bene e di male, di grandezza e di miseria, di santità e di peccato che è la Chiesa, in fondo sono io...
Ognuno di noi può sentire con tremore e con infinito gaudio che ciò che passa nel rapporto Dio-Chiesa è qualcosa che ci appartiene nell'intimo.
In ciascuno di noi si ripercuotono le minacce e la dolcezza con cui Dio tratta il suo popolo di Israele, la Chiesa. A Ognuno di noi Dio dice come alla Chiesa: "Io ti farò mia sposa per sempre" (Osea 2, 21), ma nello stesso tempo ci ricorda la nostra realtà: "La tua impurità è come la ruggine. Ho cercato di toglierla, fatica sprecata! E' così abbondante che non va via nemmeno col fuoco" (Ezechiele 24, 12).
Ma poi c'è ancora un'altra cosa che forse è più bella. Lo Spirito Santo, che è l'Amore, è capace di vederci santi, immacolati, belli, anche se vestiti da mascalzoni e adulteri.
Il perdono di Dio, quando ci tocca, fa diventare trasparente Zaccheo, il pubblicano, e immacolata la Maddalena, la peccatrice.
E' come se il male non avesse potuto toccare la profondità più intima dell'uomo. E' come se l'Amore avesse impedito di lasciar imputridire l'anima lontana dall'amore.
"Io ho buttato i tuoi peccati dietro le mie spalle", dice Dio a ciascuno di noi nel perdono, e continua: "Ti ho amato di amore eterno; per questo ti ho riservato la mia bontà. Ti edificherò di nuovo e tu sarai riedificata, vergine Israele" (Geremia 3 1, 3-4).
Ecco, ci chiama "vergini" anche quando siamo di ritorno dall'ennesima prostituzione nel corpo, nello spirito e nel cuore.
In questo, Dio è veramente Dio, cioè l'unico capace di fare le "cose nuove".
Perché non m'importa che Lui faccia i cieli e la terra nuovi, è più necessario che faccia "nuovi" i nostri cuori.
E questo è il lavoro di Cristo.
E questo è l'ambiente divino della Chiesa...
(Carlo Carretto)
Re: Pedofilia e Presbiteri
E Ratzinger non coprì neanche questa volta....
Pubblichiamo i lanci dell'Agenzia Italia che si riferiscono alle nuove accuse di fonte statunitense che cercano di coinvolgere Joseph Ratzinger - ora Benedetto XVI - nello scandalo pedofilia.
MARCO TOSATTI
"Con accanimento continuano i tentativi di coinvolgere Joseph Ratzinger nello scandalo della pedofilia". Fonti autorevoli della Santa Sede commentano cosi' la notizia di una breve lettera - pubblicata in America - nella quale l'allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede consiglio' prudenza (in tutti i sensi, non tanto verso il sacedote quanto per i bambini) al vescovo di Oakland, mons. John Cummins, che prospettava la necessita' che un sacerdote sospettato di essere pedofilo venisse ridotto allo stato laicale.
Nella missiva del 1985, pubblicata in fac simile sui siti di diversi quotidiani in Usa e in Italia, Ratzinger consigliava "di avere la massima cura paterna" non tanto per il prete "quanto - si sottolinea - per le vittime e per i bambini che mai piu' avrebbe dovuto poter avvicinare". Il card. Ratzinger definiva gli argomenti a favore della riduzione del sacerdote allo stato laicale di "grande significato", ma suggeriva prudenza al vescovo sottolineando di considerare "il bene della Chiesa universale" e il "danno che concedere la dispensa puo' provocare nella comunita' dei credenti in Cristo, in particolare vista la giovane eta'" del religioso, poi ridotto allo stato laicale nel 1987, cioe' solo due anni dopo la lettera.
"Quella invocata dal futuro Pontefice risulta dunque - si fa notare - nulla piu' che un normale invito alla prudenza per vedere chiaro nelle cose prospettate dalla diocesi". Fermo restando che il sacerdote non veniva riammesso al lavoro pastorale, tema che comunque non era all'epoca di competenza della Congregazione della Dottrina della Fede, che come e' noto divenne competentesu questi casi nel 2001. I tempi intercorsi si spiegano con la lentezza delle comunicazioni in quell'epoca. E sembra che alcuni commentatori confondano la rimozione di un sacerdote dall'incarico - all'epoca di competenza del vescovo locale - con la riduzione allo stato laicale che deve essere autorizzata dalla Santa Sede.
"L'allora cardinale Ratzinger non coprì il caso ma, come si evince chiaramente dalla lettera, fece presente la necessità di studiare il caso con maggiore attenzione". Lo precisa il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, in merito alla lettera di risposta del card. Joseph Ratzinger al vescovo di Oakland (Usa). Padre Benedettini fa notare inoltre - nella sua risposta ai giornalisti - che "la rimozione dall'incarico era allora competenza del vescovo locale e non della Congregazione della Dottrina della Fede". - Cinque inesattezze nella ricostruzione del "caso Kiesle" da parte dei media americani sono state rilevate da un esperto di diritto canonico. Eccole: 1) Nel 1985 la Sacra (allora ancora c'era tale aggettivo per le Congregazioni romane) Congregazione per la Dottrina della Fede non era competente per i casi di pedofilia, ma lo era per le richieste di dispensa dal sacerdozio. 2) Il sacerdote Stephen Miller Kiesle chiedeva appunto la dispensa dal sacerdozio; la richiesta era appoggiata dal vescovo, ma era del sacerdote. 3) Non si trattava quindi di una riduzione allo stato laicale di tipo "penale" (cioe' di una punizione per gli atti di pedofilia), ma di una domanda del sacerdote stesso. Non risulta, dalla lettera, se il vescovo aveva intrapreso procedimenti punitivi nei confronti del sacerdote. 4) Era ed e' tuttora prassi che non si concedano dispense dal sacerdozio a coloro che le richiedono, se non al compimento dei 40 anni di eta' (salvo casi particolari, come l'esistenza di figli). Il rev. Kiesle ne aveva allora 38, secondo le notizie che si leggono in Internet. Sempre secondo tali notizie, la dispensa dallo stato clericale gli fu concessa nel 1987, cioe' proprio quando raggiunse i 40 anni. 5) La responsabilita' dell'intera vicenda - e di eventuali ritardi nelle decisioni - non puo' essere addossata alla Santa Sede, che fino al 2001 non aveva competenza per i casi di pedofilia se non implicavano la "sollecitazione" della vittima nel confessionale. Sembra pertanto che la Congregazione per la Dottrina della Fede si sia comportata in questo caso come per le altre richieste provenienti da sacerdoti, dal momento che non aveva competenze "penali" sugli atti commessi dal rev. Kiesle e che se il vescovo non aveva intrapreso un processo canonico contro di lui avrebbe mancato a un suo preciso dovere
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp?ID_blog=196
Pubblichiamo i lanci dell'Agenzia Italia che si riferiscono alle nuove accuse di fonte statunitense che cercano di coinvolgere Joseph Ratzinger - ora Benedetto XVI - nello scandalo pedofilia.
MARCO TOSATTI
"Con accanimento continuano i tentativi di coinvolgere Joseph Ratzinger nello scandalo della pedofilia". Fonti autorevoli della Santa Sede commentano cosi' la notizia di una breve lettera - pubblicata in America - nella quale l'allora prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede consiglio' prudenza (in tutti i sensi, non tanto verso il sacedote quanto per i bambini) al vescovo di Oakland, mons. John Cummins, che prospettava la necessita' che un sacerdote sospettato di essere pedofilo venisse ridotto allo stato laicale.
Nella missiva del 1985, pubblicata in fac simile sui siti di diversi quotidiani in Usa e in Italia, Ratzinger consigliava "di avere la massima cura paterna" non tanto per il prete "quanto - si sottolinea - per le vittime e per i bambini che mai piu' avrebbe dovuto poter avvicinare". Il card. Ratzinger definiva gli argomenti a favore della riduzione del sacerdote allo stato laicale di "grande significato", ma suggeriva prudenza al vescovo sottolineando di considerare "il bene della Chiesa universale" e il "danno che concedere la dispensa puo' provocare nella comunita' dei credenti in Cristo, in particolare vista la giovane eta'" del religioso, poi ridotto allo stato laicale nel 1987, cioe' solo due anni dopo la lettera.
"Quella invocata dal futuro Pontefice risulta dunque - si fa notare - nulla piu' che un normale invito alla prudenza per vedere chiaro nelle cose prospettate dalla diocesi". Fermo restando che il sacerdote non veniva riammesso al lavoro pastorale, tema che comunque non era all'epoca di competenza della Congregazione della Dottrina della Fede, che come e' noto divenne competentesu questi casi nel 2001. I tempi intercorsi si spiegano con la lentezza delle comunicazioni in quell'epoca. E sembra che alcuni commentatori confondano la rimozione di un sacerdote dall'incarico - all'epoca di competenza del vescovo locale - con la riduzione allo stato laicale che deve essere autorizzata dalla Santa Sede.
"L'allora cardinale Ratzinger non coprì il caso ma, come si evince chiaramente dalla lettera, fece presente la necessità di studiare il caso con maggiore attenzione". Lo precisa il vicedirettore della sala stampa vaticana, padre Ciro Benedettini, in merito alla lettera di risposta del card. Joseph Ratzinger al vescovo di Oakland (Usa). Padre Benedettini fa notare inoltre - nella sua risposta ai giornalisti - che "la rimozione dall'incarico era allora competenza del vescovo locale e non della Congregazione della Dottrina della Fede". - Cinque inesattezze nella ricostruzione del "caso Kiesle" da parte dei media americani sono state rilevate da un esperto di diritto canonico. Eccole: 1) Nel 1985 la Sacra (allora ancora c'era tale aggettivo per le Congregazioni romane) Congregazione per la Dottrina della Fede non era competente per i casi di pedofilia, ma lo era per le richieste di dispensa dal sacerdozio. 2) Il sacerdote Stephen Miller Kiesle chiedeva appunto la dispensa dal sacerdozio; la richiesta era appoggiata dal vescovo, ma era del sacerdote. 3) Non si trattava quindi di una riduzione allo stato laicale di tipo "penale" (cioe' di una punizione per gli atti di pedofilia), ma di una domanda del sacerdote stesso. Non risulta, dalla lettera, se il vescovo aveva intrapreso procedimenti punitivi nei confronti del sacerdote. 4) Era ed e' tuttora prassi che non si concedano dispense dal sacerdozio a coloro che le richiedono, se non al compimento dei 40 anni di eta' (salvo casi particolari, come l'esistenza di figli). Il rev. Kiesle ne aveva allora 38, secondo le notizie che si leggono in Internet. Sempre secondo tali notizie, la dispensa dallo stato clericale gli fu concessa nel 1987, cioe' proprio quando raggiunse i 40 anni. 5) La responsabilita' dell'intera vicenda - e di eventuali ritardi nelle decisioni - non puo' essere addossata alla Santa Sede, che fino al 2001 non aveva competenza per i casi di pedofilia se non implicavano la "sollecitazione" della vittima nel confessionale. Sembra pertanto che la Congregazione per la Dottrina della Fede si sia comportata in questo caso come per le altre richieste provenienti da sacerdoti, dal momento che non aveva competenze "penali" sugli atti commessi dal rev. Kiesle e che se il vescovo non aveva intrapreso un processo canonico contro di lui avrebbe mancato a un suo preciso dovere
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp?ID_blog=196
Re: Pedofilia e Presbiteri
9/4/2010
Edward Koch: anticattolicesimo
L'ex sindaco di New York interviene con un commento sul Jerusalem Post sullo scandalo pedofilia, i media e gli attacchi alla Chiesa cattolica. "Il troppo è troppo". "Manifestazioni di anticattolicesimo".
MARCO TOSATTI
Vi offriamo alcuni brani dell'editoriale di Ed Koch sul Jerusalem Post, nella nostra traduzione:
Credo che i continui attacchi da parte dei media alla Chiesa cattolica e a Papa Benedetto XVI siano diventate manifestazioni di anti-cattolicesimo. La sequela di articoli su gli stessi eventi non ha più, a mio parere, lo scopo di informare, ma semplicemente dir punire. La molestia sessuale dei bambini, principalmente maschi, è orrendo. Su questo sono d’accordo tutti, i cattolici, la Chiesa stessa, così come i non cattolici e i media. Il Papa in varie occasioni, a nome della Chiesa, ha ammesso errori e ha chiesto perdono. Per esempio, Il New York Times riferito il 18 aprile 2008, che il papa "si trovò faccia a faccia con uno scandalo che ha lasciato ferite duraturo sulla chiesa americana giovedì, e tenne una riunione a sorpresa con più vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti nella zona di Boston .... ' Nessuna mia parola potrebbe descrivere il dolore ed il danno recati da tale abuso, 'ha detto il Papa nella sua omelia.' E 'importante che a quanti hanno sofferto sia riservata un'amorevole attenzione pastorale.' " Il 20 marzo 2010, Il Times ha riportato nella sua ottava pagina la lettera pastorale ai cattolici irlandesi, in cui il Papa scriveva: "Avete sofferto gravemente, e mi dispiace davvero ... La vostra fiducia è stata tradita e la vostra dignità è stata violata". Il papa ha anche "criticato i vescovi d'Irlanda per 'gravi errori di giudizio e per fallimenti nella leadership'". La spiegazione principale per gli abusi che sono accaduti - e questo non per giustificare il fatto di aver mantenuto nella loro posizione dei preti il che ha permesso loro di continuare a danneggiare i bambini - è stata la convinzione che i sacerdoti potevano essere curati con la psicoterapia, una teoria da tempo scartato dalla professione medica. Purtroppo, è anche probabile che anni fa l'abuso dei bambini non sia stato preso sul serio come oggi. Grazie a Dio abbiamo fatto passi avanti su questo tema. Molti di coloro che nei media, che stanno attaccando la Chiesa e il papa oggi chiaramente lo fanno con piacere, e alcuni con malizia. Il motivo, credo, per i continui assalti è che ci sono molti nei media, e alcuni cattolici, così come molti nel pubblico, che sono contrari e si sentono irritati dalle posizioni della Chiesa, tra cui l'opposizione a tutti gli aborti, l'opposizione al sesso gay e al matrimonio tra persone dello stesso sesso, il mantenimento delle regole di celibato per i sacerdoti, l’esclusione delle donne dal clero, e ad altre cose. Un mio buon amico, il Cardinale O'Connor, una volta mi disse: "La Chiesa non è un salad bar, in cui puoi selezionare e scegliere ciò che ti piace." La Chiesa ha il diritto di esigere rispetto di tutti i suoi obblighi religiosi dai suoi fedeli, e il diritto di mantenere ciò in cui crede.. Non sono d'accordo con la Chiesa su tutte queste posizioni. Tuttavia, si ha il diritto di tenere questi punti di vista secondo le proprie credenze religiose. Non sono d'accordo con molti principi dell'ebraismo ortodosso - la religione della mia nascita - e ho scelto di seguire i principi del giudaismo conservatore. Gli Ebrei ortodossi, come la Chiesa cattolica romana, possono chiedere un’assoluta obbedienza alle regole religiose. Chi non vuole aderire è libero di andarsene. Credo che la chiesa cattolica sia una forza positiva nel mondo, non negativa. Inoltre, l'esistenza di un miliardo, 130 milioni di cattolici in tutto il mondo è importante per la pace e la prosperità del pianeta. È troppo è troppo. Sì, atti terribili sono stati commessi da membri del clero cattolico. La Chiesa ha pagato miliardi per le vittime negli Stati Uniti e pagherà milioni, forse miliardi, per altre tali vittime in tutto il mondo. Sta cercando disperatamente di espiare il suo passato con le sue ammissioni e con i cambiamenti nelle procedure per trattare i preti pedofili. Chiudo con una parafrasi delle parole di Gesù, come indicato in Giovanni 8:7: Chi è senza peccato tra voi, scagli la prima pietra.
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=756&ID_sezione=396&sezione=
Edward Koch: anticattolicesimo
L'ex sindaco di New York interviene con un commento sul Jerusalem Post sullo scandalo pedofilia, i media e gli attacchi alla Chiesa cattolica. "Il troppo è troppo". "Manifestazioni di anticattolicesimo".
MARCO TOSATTI
Vi offriamo alcuni brani dell'editoriale di Ed Koch sul Jerusalem Post, nella nostra traduzione:
Credo che i continui attacchi da parte dei media alla Chiesa cattolica e a Papa Benedetto XVI siano diventate manifestazioni di anti-cattolicesimo. La sequela di articoli su gli stessi eventi non ha più, a mio parere, lo scopo di informare, ma semplicemente dir punire. La molestia sessuale dei bambini, principalmente maschi, è orrendo. Su questo sono d’accordo tutti, i cattolici, la Chiesa stessa, così come i non cattolici e i media. Il Papa in varie occasioni, a nome della Chiesa, ha ammesso errori e ha chiesto perdono. Per esempio, Il New York Times riferito il 18 aprile 2008, che il papa "si trovò faccia a faccia con uno scandalo che ha lasciato ferite duraturo sulla chiesa americana giovedì, e tenne una riunione a sorpresa con più vittime di abusi sessuali da parte di sacerdoti nella zona di Boston .... ' Nessuna mia parola potrebbe descrivere il dolore ed il danno recati da tale abuso, 'ha detto il Papa nella sua omelia.' E 'importante che a quanti hanno sofferto sia riservata un'amorevole attenzione pastorale.' " Il 20 marzo 2010, Il Times ha riportato nella sua ottava pagina la lettera pastorale ai cattolici irlandesi, in cui il Papa scriveva: "Avete sofferto gravemente, e mi dispiace davvero ... La vostra fiducia è stata tradita e la vostra dignità è stata violata". Il papa ha anche "criticato i vescovi d'Irlanda per 'gravi errori di giudizio e per fallimenti nella leadership'". La spiegazione principale per gli abusi che sono accaduti - e questo non per giustificare il fatto di aver mantenuto nella loro posizione dei preti il che ha permesso loro di continuare a danneggiare i bambini - è stata la convinzione che i sacerdoti potevano essere curati con la psicoterapia, una teoria da tempo scartato dalla professione medica. Purtroppo, è anche probabile che anni fa l'abuso dei bambini non sia stato preso sul serio come oggi. Grazie a Dio abbiamo fatto passi avanti su questo tema. Molti di coloro che nei media, che stanno attaccando la Chiesa e il papa oggi chiaramente lo fanno con piacere, e alcuni con malizia. Il motivo, credo, per i continui assalti è che ci sono molti nei media, e alcuni cattolici, così come molti nel pubblico, che sono contrari e si sentono irritati dalle posizioni della Chiesa, tra cui l'opposizione a tutti gli aborti, l'opposizione al sesso gay e al matrimonio tra persone dello stesso sesso, il mantenimento delle regole di celibato per i sacerdoti, l’esclusione delle donne dal clero, e ad altre cose. Un mio buon amico, il Cardinale O'Connor, una volta mi disse: "La Chiesa non è un salad bar, in cui puoi selezionare e scegliere ciò che ti piace." La Chiesa ha il diritto di esigere rispetto di tutti i suoi obblighi religiosi dai suoi fedeli, e il diritto di mantenere ciò in cui crede.. Non sono d'accordo con la Chiesa su tutte queste posizioni. Tuttavia, si ha il diritto di tenere questi punti di vista secondo le proprie credenze religiose. Non sono d'accordo con molti principi dell'ebraismo ortodosso - la religione della mia nascita - e ho scelto di seguire i principi del giudaismo conservatore. Gli Ebrei ortodossi, come la Chiesa cattolica romana, possono chiedere un’assoluta obbedienza alle regole religiose. Chi non vuole aderire è libero di andarsene. Credo che la chiesa cattolica sia una forza positiva nel mondo, non negativa. Inoltre, l'esistenza di un miliardo, 130 milioni di cattolici in tutto il mondo è importante per la pace e la prosperità del pianeta. È troppo è troppo. Sì, atti terribili sono stati commessi da membri del clero cattolico. La Chiesa ha pagato miliardi per le vittime negli Stati Uniti e pagherà milioni, forse miliardi, per altre tali vittime in tutto il mondo. Sta cercando disperatamente di espiare il suo passato con le sue ammissioni e con i cambiamenti nelle procedure per trattare i preti pedofili. Chiudo con una parafrasi delle parole di Gesù, come indicato in Giovanni 8:7: Chi è senza peccato tra voi, scagli la prima pietra.
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=756&ID_sezione=396&sezione=
Re: Pedofilia e Presbiteri
venerdì 9 aprile 2010
L’imprevedibile effetto della bufera pedofilia
di Bruno Mastroianni, Tempi, 8.4.10
Non c’è niente da fare: papa Ratzinger ha il carisma della verità che vince oltre le polemiche. Così come è accaduto con il caso Ratisbona, grazie al quale si è avviata una riflessione sul rapporto tra ragione e religione; così come è accaduto per il caso dei lefebvriani, che ha riportato in primo piano il significato del Concilio e della sua continuità con gli insegnamenti della Chiesa; e così come è avvenuto con i presunti dissidi con gli ebrei, che hanno riacceso la voglia di verità storica e di confronto sereno tra religioni; anche oggi, la bufera pedofilia si sta trasformando nel suo opposto. Il susseguirsi di accuse (poche, del passato e già chiuse) snocciolate ad arte una alla volta, più che confermare sentimenti anticattolici sta avendo un effetto opposto. In questi giorni tutti si sono sentiti chiamati a raccolta: vescovi e cardinali di tutto il mondo che hanno espresso la loro fiducia incondizionata al pontefice, intellettuali (anche non credenti) che sono scesi in campo per difendere la realtà delle cose, fedeli di tutto il mondo impegnati in iniziative e attività (anche attraverso internet) per chiarire la verità. Tutti accomunati dal desiderio di rendere giustizia all’azione cristallina e determinata di un Papa che più di tutti ha contribuito a risolvere il problema. È un fatto che forse non troverà spazio tra i caratteri cubitali dei titoli, eppure sta accadendo: la Chiesa di Benedetto XVI, di fronte all’ennesimo attacco, invece di scomporsi, sta reagendo riscoprendo il valore dell’unità.
L’imprevedibile effetto della bufera pedofilia
di Bruno Mastroianni, Tempi, 8.4.10
Non c’è niente da fare: papa Ratzinger ha il carisma della verità che vince oltre le polemiche. Così come è accaduto con il caso Ratisbona, grazie al quale si è avviata una riflessione sul rapporto tra ragione e religione; così come è accaduto per il caso dei lefebvriani, che ha riportato in primo piano il significato del Concilio e della sua continuità con gli insegnamenti della Chiesa; e così come è avvenuto con i presunti dissidi con gli ebrei, che hanno riacceso la voglia di verità storica e di confronto sereno tra religioni; anche oggi, la bufera pedofilia si sta trasformando nel suo opposto. Il susseguirsi di accuse (poche, del passato e già chiuse) snocciolate ad arte una alla volta, più che confermare sentimenti anticattolici sta avendo un effetto opposto. In questi giorni tutti si sono sentiti chiamati a raccolta: vescovi e cardinali di tutto il mondo che hanno espresso la loro fiducia incondizionata al pontefice, intellettuali (anche non credenti) che sono scesi in campo per difendere la realtà delle cose, fedeli di tutto il mondo impegnati in iniziative e attività (anche attraverso internet) per chiarire la verità. Tutti accomunati dal desiderio di rendere giustizia all’azione cristallina e determinata di un Papa che più di tutti ha contribuito a risolvere il problema. È un fatto che forse non troverà spazio tra i caratteri cubitali dei titoli, eppure sta accadendo: la Chiesa di Benedetto XVI, di fronte all’ennesimo attacco, invece di scomporsi, sta reagendo riscoprendo il valore dell’unità.
Re: Pedofilia e Presbiteri
9/4/2010
Enzo Bianchi: basta mea culpa
Il priore della comunità di Bose difende Benedetto XVI e padre Cantalamessa: «ma che cosa ha detto di male? Voleva solo fare un esempio, banalmente ed avidamente strumentalizzato, siamo seri»
MARCO TOSATTI
Davanti agli attacchi mediatici contro Benedetto XVI occorre «seguire la linea del Papa: prudenza e silenzio. Se nessuno replica alle critiche, queste da sole decadono e il gioco finisce, i provocatori si stancano. Ma non si deve chiedere perdono per colpe che non si hanno». Lo afferma il priore di Bose, Enzo Bianchi, per il quale «la Chiesa di ’mea culpà ne ha fatti fin troppi e forse - spiega sul sito Pontifex - oggi siamo perseguitati proprio a causa di un eccesso di trasparenza scambiata per debolezza o senso di colpa». «La Chiesa Cattolica - ricorda - non è responsabile collettivamente delle colpe di qualche ministro o figlio infedele che, del resto, esiste dappertutto e in ogni categoria». Enzo Bianchi ritiene che «i cattolici abbiano già troppe volte chiesto scusa. Ora - dice il pensatore cattolico - spero che lo facciano anche gli altri». Quanto alle parole di padre Cantalamessa il venerdì santo, Bianchi si chiede: «ma che cosa ha detto di male?». «Voleva - conclude - solo fare un esempio, banalmente ed avidamente strumentalizzato, siamo seri».
Enzo Bianchi: basta mea culpa
Il priore della comunità di Bose difende Benedetto XVI e padre Cantalamessa: «ma che cosa ha detto di male? Voleva solo fare un esempio, banalmente ed avidamente strumentalizzato, siamo seri»
MARCO TOSATTI
Davanti agli attacchi mediatici contro Benedetto XVI occorre «seguire la linea del Papa: prudenza e silenzio. Se nessuno replica alle critiche, queste da sole decadono e il gioco finisce, i provocatori si stancano. Ma non si deve chiedere perdono per colpe che non si hanno». Lo afferma il priore di Bose, Enzo Bianchi, per il quale «la Chiesa di ’mea culpà ne ha fatti fin troppi e forse - spiega sul sito Pontifex - oggi siamo perseguitati proprio a causa di un eccesso di trasparenza scambiata per debolezza o senso di colpa». «La Chiesa Cattolica - ricorda - non è responsabile collettivamente delle colpe di qualche ministro o figlio infedele che, del resto, esiste dappertutto e in ogni categoria». Enzo Bianchi ritiene che «i cattolici abbiano già troppe volte chiesto scusa. Ora - dice il pensatore cattolico - spero che lo facciano anche gli altri». Quanto alle parole di padre Cantalamessa il venerdì santo, Bianchi si chiede: «ma che cosa ha detto di male?». «Voleva - conclude - solo fare un esempio, banalmente ed avidamente strumentalizzato, siamo seri».
Re: Pedofilia e Presbiteri
Angeli, Demoni e il NY Times
Un rapporto governativo statunitense sugli abusi: "per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole del Paese quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie". Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici coinvolti il rapporto datato 2008 stima che "siano meno dello 0,03 per cento" sul totale dei criminali che hanno commesso abusi su minori.
MARCO TOSATTI
Pubblichiamo una riflessione del vaticanista dell'Agenzia Italia, Salvatore Izzo.
Per essere fedeli alla loro vocazione i sacerdoti debbono essere come gli "angeli". Lo ha affermato Benedetto XVI che oggi - lunedì dell'Angelo - ha voluto citare le parole dell'antico scrittore cristiano Tertulliano, per il quale Gesù é anche "angelo del consiglio", cioè "annunziatore perché doveva annunziare al mondo il grande disegno del Padre per la restaurazione dell'uomo". Nel breve discorso pronunciato a Castelgandolfo - dove trascorre alcuni giorni di vacanza, il Papa ha così sottolineato che "il termine 'angelo’ oltre a definire gli Angeli, creature spirituali dotate di intelligenza e volontà, servitori e messaggeri di Dio, é anche uno dei titoli pi antichi attribuiti a Gesù stesso" e, ha aggiunto, "come Gesù é stato annunciatore dell'amore di Dio Padre, anche noi lo dobbiamo essere della carità di Cristo: siamo messaggeri della sua risurrezione, della sua vittoria sul male e sulla morte, portatori del suo amore divino". Mi piace sottolinearlo - ha scandito - in quest'Anno Sacerdotale". Gesù Risorto sostiene la Chiesa "in mezzo alle difficoltà", ha poi affermato Papa Ratzinger, rivolgendosi ai pellegrini radunati oggi nel cortile della residenza estiva di Castelgandolfo dove trascorrerà qualche giorno di vacanza. "Cristo é resuscitato e vive tra noi", ha ripetuto: "la sua presenza amorosa accompagna il cammino della Chiesa e la sostiene in mezzo alle difficoltà. Con questa certezza nel vostro cuore, offrite al mondo una testimonianza serena e coraggiosa della vita nuova che nasce dal Vangelo".
Ieri in un breve saluto che precedeva la messa di Pasqua in piazza San Pietro (alla quale hanno partecipato oltre 100 mila fedeli) il card. Angerlo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio, si era rivolto al Papa con un'antica e significativa espressione, utilizzata nel 1380 da Santa Caterina da Siena e nel secolo scorso anche da Don Orione: "Buona Pasqua Padre Santo, la Chiesa é con te, dolce Cristo in terra". "La liturgia della Chiesa - aveva detto il porporato - ci invita a una santa letizia: anche se scende la pioggia su questa storica piazza il sole risplende sui nostri cuori, ci stringiamo a lei roccia indefettibile della Santa Chiesa di Cristo. Oggi con lei sono i cardinali i vescovi e i 400 mila sacerdoti. É con lei il popolo che non si lascia impressionare dal chiacchiericcio".
Il saluto pronunciato da Sodano é stato un fatto del tutto inusuale reso necessario dalla drammaticità del momento che sta attraversando la Chiesa a seguito dello scandalo degli abusi sessuali che al di là delle sue dimensioni limitate é diventato centrale per l'accanimento con cui i media propongono sempre nuove "rivelazioni" (spesso su episodi che risalgono agli anni '50 o '60). Le affermazioni del promotore di giustizia della Congregazione della Dottrina della Fede, padre Charles Scicluna, che su Avvenire aveva rassicurato circa la "marginalità" del fenomeno nella Chiesa Cattolica trovano conferma proprio oggi in un rapporto governativo statunitense sugli abusi: "per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole del Paese quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie". Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici coinvolti il rapporto datato 2008 stima che "siano meno dello 0,03 per cento" sul totale dei criminali che hanno commesso abusi su minori. Lo riferisce la Radio Vaticana che denuncia "una eclatante campagna diffamatoria che, secondo alcuni commentatori, non vuole colpire i preti pedofili ma Benedetto XVI nonostante la sua decisa azione contro 'la sporcizia nella Chiesa’”.
In proposito, l'emittente della Santa Sede cita l'intellettuale statunitense George Weigel, per il quale "il Papa é sotto attacco perché afferma l'esistenza della verità", mentre "forze potenti in Occidente" la negano. "La Chiesa - ricorda la nota trasmessa nel radiogiornale internazionale - difende la giustizia, e la prima giustizia é il diritto alla vita, difende la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna". Così c'é chi vede "nelle mancanze di alcuni figli della Chiesa l'opportunità di distruggere gli insegnamenti della Chiesa", escludendola dal dibattito pubblico su temi cruciali; per non parlare poi di "avvocati senza scrupoli che tentano di mettere le risorse del Vaticano alla portata dei tribunali". In questo attacco, rileva Radio Vaticana, "Weigel vede anche il coinvolgimento di settori cattolici che perseguono una rivoluzione mai realizzata: fine del celibato, ordinazione delle donne e diminuzione dell'autorità dei vescovi".
Questa analisi appare in grande sintonia con quella di Benedetto XVI che nella Lettera ai cattolici dell'Irlanda, lo scorso 19 marzo, ha collegato una certa recrudescenza degli episodi di pedofilia in ambiente ecclesiastico a partire dagli anni '60 con il fenomeno della secolarizzazione in qualche modo favorito dal Concilio. "Fu anche determinante in questo periodo - spiega il Papa nel documento - la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio fu a volte frainteso". Ed accanto a un allentamento della disciplina nei seminari e nei conventi, vi fu anche "una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari".
Secondo Ratzinger, "é in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell'abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt'altro che piccola all'indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti". In questa ottica le parole pronunciate ieri da Sodano in piazza San Pietro con il richiamo alla sacralità delle persona del Papa sono particolarmente preziose a sostegno della lotta di Benedetto XVI contro gli abusi.
E il fatto che dietro l'attacco del New York Times ci sia - con le sue menzogne - proprio l'ex arcivescovo Weakland, che fu capofila dei progressisti nella Chiesa Usa e oggi é un testimonial delle rivendicazioni gay, conferma quanto sensata fosse l'analisi proposta dalla Lettera ai cattolici d'Irlanda. E l'altro personaggio che sta indirizzando i media a trovare in Ratzinger il capro espiatorio di tutto il male compiuto sui bambini, non é forse il teologo Hans Kung, autore negli anni '70 del libro "Infallibile?, una domanda" che ha segnato un forte tentativo di abbattere l'autorità del Papa nella Chiesa?
E infine, mentre non mancano esorcisti come padre Gabriele Amorth che definiscono "demoniaca" sia la pedofilia che la campagna mediatica contro il Papa, come non rilevare che sempre oggi é un attivista gay a contestare pubblicamente le parole di Sodano, come se dopo le polemiche dell'anno scorso sui preservativi sia stato trovato finalmente il punto debole di questa Chiesa? "La sensazione é che dietro queste aggressioni vi sia una mano ben precisa che da sempre ha inteso colpire la Chiesa", ha commentato il giudice Corrado Carnevale, presidente di sezione della Corte di Cassazione. "Quale?", gli ha chiesto il sito Pontifex. "Poteri e lobbies massoniche - ha risposto l'alto magistrato - il cui vero scopo é quello di annientare la Chiesa Cattolica". Per il dottor Carnevale, "non vi é dubbio che per la sua chiarezza dottrinale e il rigore, il Papa sia sovraesposto e soggetto ad attacchi anche forti. E che molti di essi siano sospetti per il momento".
Un rapporto governativo statunitense sugli abusi: "per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole del Paese quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie". Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici coinvolti il rapporto datato 2008 stima che "siano meno dello 0,03 per cento" sul totale dei criminali che hanno commesso abusi su minori.
MARCO TOSATTI
Pubblichiamo una riflessione del vaticanista dell'Agenzia Italia, Salvatore Izzo.
Per essere fedeli alla loro vocazione i sacerdoti debbono essere come gli "angeli". Lo ha affermato Benedetto XVI che oggi - lunedì dell'Angelo - ha voluto citare le parole dell'antico scrittore cristiano Tertulliano, per il quale Gesù é anche "angelo del consiglio", cioè "annunziatore perché doveva annunziare al mondo il grande disegno del Padre per la restaurazione dell'uomo". Nel breve discorso pronunciato a Castelgandolfo - dove trascorre alcuni giorni di vacanza, il Papa ha così sottolineato che "il termine 'angelo’ oltre a definire gli Angeli, creature spirituali dotate di intelligenza e volontà, servitori e messaggeri di Dio, é anche uno dei titoli pi antichi attribuiti a Gesù stesso" e, ha aggiunto, "come Gesù é stato annunciatore dell'amore di Dio Padre, anche noi lo dobbiamo essere della carità di Cristo: siamo messaggeri della sua risurrezione, della sua vittoria sul male e sulla morte, portatori del suo amore divino". Mi piace sottolinearlo - ha scandito - in quest'Anno Sacerdotale". Gesù Risorto sostiene la Chiesa "in mezzo alle difficoltà", ha poi affermato Papa Ratzinger, rivolgendosi ai pellegrini radunati oggi nel cortile della residenza estiva di Castelgandolfo dove trascorrerà qualche giorno di vacanza. "Cristo é resuscitato e vive tra noi", ha ripetuto: "la sua presenza amorosa accompagna il cammino della Chiesa e la sostiene in mezzo alle difficoltà. Con questa certezza nel vostro cuore, offrite al mondo una testimonianza serena e coraggiosa della vita nuova che nasce dal Vangelo".
Ieri in un breve saluto che precedeva la messa di Pasqua in piazza San Pietro (alla quale hanno partecipato oltre 100 mila fedeli) il card. Angerlo Sodano, decano del Collegio Cardinalizio, si era rivolto al Papa con un'antica e significativa espressione, utilizzata nel 1380 da Santa Caterina da Siena e nel secolo scorso anche da Don Orione: "Buona Pasqua Padre Santo, la Chiesa é con te, dolce Cristo in terra". "La liturgia della Chiesa - aveva detto il porporato - ci invita a una santa letizia: anche se scende la pioggia su questa storica piazza il sole risplende sui nostri cuori, ci stringiamo a lei roccia indefettibile della Santa Chiesa di Cristo. Oggi con lei sono i cardinali i vescovi e i 400 mila sacerdoti. É con lei il popolo che non si lascia impressionare dal chiacchiericcio".
Il saluto pronunciato da Sodano é stato un fatto del tutto inusuale reso necessario dalla drammaticità del momento che sta attraversando la Chiesa a seguito dello scandalo degli abusi sessuali che al di là delle sue dimensioni limitate é diventato centrale per l'accanimento con cui i media propongono sempre nuove "rivelazioni" (spesso su episodi che risalgono agli anni '50 o '60). Le affermazioni del promotore di giustizia della Congregazione della Dottrina della Fede, padre Charles Scicluna, che su Avvenire aveva rassicurato circa la "marginalità" del fenomeno nella Chiesa Cattolica trovano conferma proprio oggi in un rapporto governativo statunitense sugli abusi: "per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole del Paese quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie". Per quanto riguarda i sacerdoti cattolici coinvolti il rapporto datato 2008 stima che "siano meno dello 0,03 per cento" sul totale dei criminali che hanno commesso abusi su minori. Lo riferisce la Radio Vaticana che denuncia "una eclatante campagna diffamatoria che, secondo alcuni commentatori, non vuole colpire i preti pedofili ma Benedetto XVI nonostante la sua decisa azione contro 'la sporcizia nella Chiesa’”.
In proposito, l'emittente della Santa Sede cita l'intellettuale statunitense George Weigel, per il quale "il Papa é sotto attacco perché afferma l'esistenza della verità", mentre "forze potenti in Occidente" la negano. "La Chiesa - ricorda la nota trasmessa nel radiogiornale internazionale - difende la giustizia, e la prima giustizia é il diritto alla vita, difende la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna". Così c'é chi vede "nelle mancanze di alcuni figli della Chiesa l'opportunità di distruggere gli insegnamenti della Chiesa", escludendola dal dibattito pubblico su temi cruciali; per non parlare poi di "avvocati senza scrupoli che tentano di mettere le risorse del Vaticano alla portata dei tribunali". In questo attacco, rileva Radio Vaticana, "Weigel vede anche il coinvolgimento di settori cattolici che perseguono una rivoluzione mai realizzata: fine del celibato, ordinazione delle donne e diminuzione dell'autorità dei vescovi".
Questa analisi appare in grande sintonia con quella di Benedetto XVI che nella Lettera ai cattolici dell'Irlanda, lo scorso 19 marzo, ha collegato una certa recrudescenza degli episodi di pedofilia in ambiente ecclesiastico a partire dagli anni '60 con il fenomeno della secolarizzazione in qualche modo favorito dal Concilio. "Fu anche determinante in questo periodo - spiega il Papa nel documento - la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento proposto dal Concilio fu a volte frainteso". Ed accanto a un allentamento della disciplina nei seminari e nei conventi, vi fu anche "una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari".
Secondo Ratzinger, "é in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell'abuso sessuale dei ragazzi, che ha contribuito in misura tutt'altro che piccola all'indebolimento della fede e alla perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti". In questa ottica le parole pronunciate ieri da Sodano in piazza San Pietro con il richiamo alla sacralità delle persona del Papa sono particolarmente preziose a sostegno della lotta di Benedetto XVI contro gli abusi.
E il fatto che dietro l'attacco del New York Times ci sia - con le sue menzogne - proprio l'ex arcivescovo Weakland, che fu capofila dei progressisti nella Chiesa Usa e oggi é un testimonial delle rivendicazioni gay, conferma quanto sensata fosse l'analisi proposta dalla Lettera ai cattolici d'Irlanda. E l'altro personaggio che sta indirizzando i media a trovare in Ratzinger il capro espiatorio di tutto il male compiuto sui bambini, non é forse il teologo Hans Kung, autore negli anni '70 del libro "Infallibile?, una domanda" che ha segnato un forte tentativo di abbattere l'autorità del Papa nella Chiesa?
E infine, mentre non mancano esorcisti come padre Gabriele Amorth che definiscono "demoniaca" sia la pedofilia che la campagna mediatica contro il Papa, come non rilevare che sempre oggi é un attivista gay a contestare pubblicamente le parole di Sodano, come se dopo le polemiche dell'anno scorso sui preservativi sia stato trovato finalmente il punto debole di questa Chiesa? "La sensazione é che dietro queste aggressioni vi sia una mano ben precisa che da sempre ha inteso colpire la Chiesa", ha commentato il giudice Corrado Carnevale, presidente di sezione della Corte di Cassazione. "Quale?", gli ha chiesto il sito Pontifex. "Poteri e lobbies massoniche - ha risposto l'alto magistrato - il cui vero scopo é quello di annientare la Chiesa Cattolica". Per il dottor Carnevale, "non vi é dubbio che per la sua chiarezza dottrinale e il rigore, il Papa sia sovraesposto e soggetto ad attacchi anche forti. E che molti di essi siano sospetti per il momento".
Re: Pedofilia e Presbiteri
FC: "Il Papa agisce, gli stati no".
Un editoriale di Famiglia Cristiana, firmato d Beppe Del Colle, chiama in causa stati e altre confessioni religiose nello scandalo della pedofilia.
MARCO TOSATTI
''Il Papa agisce, gli Stati no''. E' il titolo dell'editoriale di 'Famiglia Cristiana' dedicato allo scandalo pedofilia a firma di Beppe Del Colle. ''Quale Stato si è mai preoccupato seriamente dell'abuso sessuale dei minori come fenomeno sociale di estrema importanza? - si legge sul settimanale - Quale altra confessione religiosa si e' mossa, come sta facendo la Chiesa di Benedetto XVI, per scovare, denunciare e assumere pubblicamente il problema, portandolo alla luce e perseguendolo esplicitamente?''. ''Lo 'scandalo' mediatico scatenato sui 'preti pedofili' in due continenti, Europa e America, sta rivelando un fenomeno di malafede difficilmente immaginabile per qualsiasi altro caso di comportamenti immorali e illegali - si legge su 'Famiglia Cristiana' - E' ora di reagire sul piano della realtà e dire le cose come stanno davvero''. ''Non c'è alcun dubbio - continua - che la pedofilia è per la Chiesa cattolica 'vergogna e disonore', come ha scritto Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici irlandesi, in cui parla di 'crimini abnormi' e di colpo inferto alla Chiesa 'a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione'. Lo stesso Pontefice aveva già drammaticamente lamentato 'quanta sporcizia c'è nella Chiesa', quando era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e lo aveva fatto con cognizione di causa, visto che tante cose, in quella veste, già le conosceva''.
Un editoriale di Famiglia Cristiana, firmato d Beppe Del Colle, chiama in causa stati e altre confessioni religiose nello scandalo della pedofilia.
MARCO TOSATTI
''Il Papa agisce, gli Stati no''. E' il titolo dell'editoriale di 'Famiglia Cristiana' dedicato allo scandalo pedofilia a firma di Beppe Del Colle. ''Quale Stato si è mai preoccupato seriamente dell'abuso sessuale dei minori come fenomeno sociale di estrema importanza? - si legge sul settimanale - Quale altra confessione religiosa si e' mossa, come sta facendo la Chiesa di Benedetto XVI, per scovare, denunciare e assumere pubblicamente il problema, portandolo alla luce e perseguendolo esplicitamente?''. ''Lo 'scandalo' mediatico scatenato sui 'preti pedofili' in due continenti, Europa e America, sta rivelando un fenomeno di malafede difficilmente immaginabile per qualsiasi altro caso di comportamenti immorali e illegali - si legge su 'Famiglia Cristiana' - E' ora di reagire sul piano della realtà e dire le cose come stanno davvero''. ''Non c'è alcun dubbio - continua - che la pedofilia è per la Chiesa cattolica 'vergogna e disonore', come ha scritto Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici irlandesi, in cui parla di 'crimini abnormi' e di colpo inferto alla Chiesa 'a un punto tale cui non erano giunti neppure secoli di persecuzione'. Lo stesso Pontefice aveva già drammaticamente lamentato 'quanta sporcizia c'è nella Chiesa', quando era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e lo aveva fatto con cognizione di causa, visto che tante cose, in quella veste, già le conosceva''.
Re: Pedofilia e Presbiteri
5/4/2010
Insabbiatore a chi? Come il Vaticano ha reagito alla crisi
MARCO TOSATTI
Una relazione dei vescovi USA ha rilevato che 398 nuove accuse credibili di abusi sessuali su minori sono state presentate contro 286 sacerdoti diocesani e diaconi nel 2009. Solo sei delle 398 accuse coinvolgono persone che sono attualmente minori; le altre accuse sono state fatte da adulti che sostengono di essere stati abusati quando erano minori. In tutto, 65 accuse di abusi a partire dal 2004 hanno coinvolto coloro che erano minorenni nell''anno della denuncia. "Per la maggior parte delle nuove accuse (71 per cento), l''abuso si è verificato o è iniziato tra il 1960 e il 1984", prosegue il rapporto. "Il periodo di tempo più comune per le accuse riportate nel 2009 è stato quello 1975-1979. Questo è approssimativamente lo stesso modello di tempo che è stato segnalato negli anni precedenti, con la maggior parte delle accuse riportate che si sono verificate fra la metà del 1960 e la metà del 1980. Secondo Josep Miró i Ardèvol, presidente di e-Cristians sostiene che le cifre presentate dimostrano che i casi di pedofilia denunciati negli Stati Uniti sono stati circa 8 all'anno fino al 2000, e da allora sono in ulteriore decrescita. E non c'è rapporto, quantitativamente, con altre categorie, come gli insegnanti. "Sono percentuali molto più alte di quelle dei sacerdoti, a cui nessno ha prestato attenzione. E' in corso una campagna di manipolazione delle cifre e uso disonesto dei dati".
La crisi pedofilia negli Stati Uniti alla fine del secolo scorso portò di colpo il problema all’attenzione della Chiesa a livello centrale. E infatti i vescovi Usa vennero a Roma, in gruppo, per discutere del problema con Giovanni Paolo II e con i suoi collaboratori più stretti; e ci si rese conto, fra l’altro, che c’era spesso un problema locale: i vescovi non prendevano misure sufficientemente severe, credevano ai propositi di pentimento e di conversione dei colpevoli, temevano, per paura dello scandalo di portare alla luce i fatti; e lo nascondevano anche a Roma. Per affrontare questa piaga, che certamente provocò molto dolore e sorpresa a Giovanni Paolo II, furono promulgati un “Motu proprio” del Papa nel 2001 e un’ “Istruzione” (che in termini laici potremmo definire un decreto attuativo) da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, che specificava quali fossero i reati più gravi che dovevano andare sotto la diretta competenza della Congregazione. Fra di questi, erano compresi e «la sollecitazione, nell''atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso», e «il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età».
Nell’Istruzione “De delictis gravioribus” si stabilisce che il vescovo responsabile della diocesi svolge un''indagine preliminare. Se accertano il fondamento del fatto, lo segnalano alla Congregazione, che previo esame rimanda la pratica al tribunale diocesano per ulteriori accertamenti e istruisce il processo. L''unico appello al giudizio del tribunale diocesano è possibile presso il supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Scompare la prescrizione del delitto dopo dieci anni, a partire - nei casi di pedofilia - dal compimento dei 18 anni da parte della vittima. Rispetto a prima non ci sarà più prescrizione, mentre resterà in vigore il segreto pontificio, con analogia al segreto istruttorio dei tribunali civili.
Chi ha parlato di questo documento come di una volontà di insabbiamento si è sbagliato profondamente. Era vero, allora, ed è vero ora esattamente il contrario. E’ stato concepito proprio per evitare che a livello locale ci fossero atti di debolezza o coperture, nei confronti di un delitto che sia Giovanni Paolo II che Joseph Ratzinger giudicavano e giudicano particolarmente odioso. Il coinvolgimento della Congregazione serviva proprio a esercitare un controllo più stretto sull’opera dei responsabili diocesani. E il caso Murphy, della diocesi di Milwaukee, in cui Roma è venuta a conoscenza delle accuse decenni dopo il fatto, ne è un esempio. Il caso di Lawrence Murphy è arrivato alla Congregazione della Dottrina della Fede solo nel 1996. Vale a dire, oltre vent''anni dopo gli abusi, avvenuti tra il 1950 e il 1977. E il comportamento dei vescovi di Milwaukee di quei decenni, compreso Rembert Weakland, così coccolato dal New York Times, e responsabile oltre che di reali coperture di aver speso 450mila dollari della sua dicoesi dati a un suo amante omosessuale, ha detto l’attuale responsabile della diocesi, non è stato esente da debolezze ed errori. Che probabilmente avrebbero potuto essere evitati, se fosse stato già in vigore il “Motu proprio” e l’Istruzione di Ratzinger, che allora come adesso cercava di contrastare il fenomeno. Chi lo vuole far passare come un “insabbiatore” ha evidentemente poca esperienza della persona e della sua storia. O conta sul vecchio detto: calunniate, calunniare, qualche cosa resterà…
Insabbiatore a chi? Come il Vaticano ha reagito alla crisi
MARCO TOSATTI
Una relazione dei vescovi USA ha rilevato che 398 nuove accuse credibili di abusi sessuali su minori sono state presentate contro 286 sacerdoti diocesani e diaconi nel 2009. Solo sei delle 398 accuse coinvolgono persone che sono attualmente minori; le altre accuse sono state fatte da adulti che sostengono di essere stati abusati quando erano minori. In tutto, 65 accuse di abusi a partire dal 2004 hanno coinvolto coloro che erano minorenni nell''anno della denuncia. "Per la maggior parte delle nuove accuse (71 per cento), l''abuso si è verificato o è iniziato tra il 1960 e il 1984", prosegue il rapporto. "Il periodo di tempo più comune per le accuse riportate nel 2009 è stato quello 1975-1979. Questo è approssimativamente lo stesso modello di tempo che è stato segnalato negli anni precedenti, con la maggior parte delle accuse riportate che si sono verificate fra la metà del 1960 e la metà del 1980. Secondo Josep Miró i Ardèvol, presidente di e-Cristians sostiene che le cifre presentate dimostrano che i casi di pedofilia denunciati negli Stati Uniti sono stati circa 8 all'anno fino al 2000, e da allora sono in ulteriore decrescita. E non c'è rapporto, quantitativamente, con altre categorie, come gli insegnanti. "Sono percentuali molto più alte di quelle dei sacerdoti, a cui nessno ha prestato attenzione. E' in corso una campagna di manipolazione delle cifre e uso disonesto dei dati".
La crisi pedofilia negli Stati Uniti alla fine del secolo scorso portò di colpo il problema all’attenzione della Chiesa a livello centrale. E infatti i vescovi Usa vennero a Roma, in gruppo, per discutere del problema con Giovanni Paolo II e con i suoi collaboratori più stretti; e ci si rese conto, fra l’altro, che c’era spesso un problema locale: i vescovi non prendevano misure sufficientemente severe, credevano ai propositi di pentimento e di conversione dei colpevoli, temevano, per paura dello scandalo di portare alla luce i fatti; e lo nascondevano anche a Roma. Per affrontare questa piaga, che certamente provocò molto dolore e sorpresa a Giovanni Paolo II, furono promulgati un “Motu proprio” del Papa nel 2001 e un’ “Istruzione” (che in termini laici potremmo definire un decreto attuativo) da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, che specificava quali fossero i reati più gravi che dovevano andare sotto la diretta competenza della Congregazione. Fra di questi, erano compresi e «la sollecitazione, nell''atto o in occasione o con il pretesto della confessione, al peccato contro il sesto comandamento del Decalogo, se è finalizzata a peccare con il confessore stesso», e «il delitto contro la morale, cioè: il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore al di sotto dei 18 anni di età».
Nell’Istruzione “De delictis gravioribus” si stabilisce che il vescovo responsabile della diocesi svolge un''indagine preliminare. Se accertano il fondamento del fatto, lo segnalano alla Congregazione, che previo esame rimanda la pratica al tribunale diocesano per ulteriori accertamenti e istruisce il processo. L''unico appello al giudizio del tribunale diocesano è possibile presso il supremo Tribunale della Congregazione per la Dottrina della Fede. Scompare la prescrizione del delitto dopo dieci anni, a partire - nei casi di pedofilia - dal compimento dei 18 anni da parte della vittima. Rispetto a prima non ci sarà più prescrizione, mentre resterà in vigore il segreto pontificio, con analogia al segreto istruttorio dei tribunali civili.
Chi ha parlato di questo documento come di una volontà di insabbiamento si è sbagliato profondamente. Era vero, allora, ed è vero ora esattamente il contrario. E’ stato concepito proprio per evitare che a livello locale ci fossero atti di debolezza o coperture, nei confronti di un delitto che sia Giovanni Paolo II che Joseph Ratzinger giudicavano e giudicano particolarmente odioso. Il coinvolgimento della Congregazione serviva proprio a esercitare un controllo più stretto sull’opera dei responsabili diocesani. E il caso Murphy, della diocesi di Milwaukee, in cui Roma è venuta a conoscenza delle accuse decenni dopo il fatto, ne è un esempio. Il caso di Lawrence Murphy è arrivato alla Congregazione della Dottrina della Fede solo nel 1996. Vale a dire, oltre vent''anni dopo gli abusi, avvenuti tra il 1950 e il 1977. E il comportamento dei vescovi di Milwaukee di quei decenni, compreso Rembert Weakland, così coccolato dal New York Times, e responsabile oltre che di reali coperture di aver speso 450mila dollari della sua dicoesi dati a un suo amante omosessuale, ha detto l’attuale responsabile della diocesi, non è stato esente da debolezze ed errori. Che probabilmente avrebbero potuto essere evitati, se fosse stato già in vigore il “Motu proprio” e l’Istruzione di Ratzinger, che allora come adesso cercava di contrastare il fenomeno. Chi lo vuole far passare come un “insabbiatore” ha evidentemente poca esperienza della persona e della sua storia. O conta sul vecchio detto: calunniate, calunniare, qualche cosa resterà…
Re: Pedofilia e Presbiteri
Le calunnie su Benedetto XVI
Rilanciamo, dal Giornale on-line della Fondazione Magna Carta, l'Occidentale, un articolo scritto su "The Corner-National Review Online" sul caso Murphy.
Lo scorso 25 marzo, il New York Times ha accusato il cardinale Joseph Ratzinger, l’attuale Papa Benedetto XVI, di essere intervenuto per impedire che il sacerdote Lawrence Murphy venisse processato per numerosi casi di abusi sessuali su minori. Queste affermazioni sono false. Si tratta di un’insinuazione smentita dagli stessi documenti che la sostengono. Al contrario, lontano dall’essere segno di un giornalismo responsabile, la storia raccontata dal giornale americano dimostra nei minimi dettagli che è parte di una grande campagna coordinata contro papa Benedetto XVI. Prima di analizzare la falsità sostanziale della calunnia, vale la pena prendere in considerazione le seguenti circostanze:
- L’accusa del New York Times si basa su due fonti. La prima sono gli avvocati che attualmente stanno portando avanti una causa civile contro l’Arcidiocesi di Milwaukee. Jeffrey Anderson, uno dei legali, sta anche svolgendo dei processi contro la Santa Sede presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. Quindi, in tutta questa storia Anderson ha un interesse finanziario diretto.
- La seconda fonte è Rembert Weakland, arcivescovo di Milwaukee in pensione. Questo personaggio è il vescovo meno affidabile e senza ritegno di tutti gli Stati Uniti, molto conosciuto per aver gestito male, quando ancora era in carica, molti casi di abusi sessuali. Weakland è stato anche ritenuto colpevole per aver utilizzato 450mila dollari dei fondi dell’Arcidiocesi per azzittire un suo ex amante omosessuale che lo stava ricattando. Nella vicenda degli abusi sui minori da parte di padre Murphy, l’arcivescovo era il responsabile nel periodo tra il 1977 e il 1998, quando il sacerdote morì. Per molto tempo Weakland è stato amareggiato per essere caduto in disgrazia agli occhi del papa Giovanni Paolo II e del cardinale Joseph Ratzinger a causa della sua cattiva amministrazione dell’Arcidiocesi di Milwaukee, molto prima che venisse a galla la storia del pagamento del ricatto al suo amante clandestino con i soldi dei parrocchiani. L’arcivescovo Weakland, quindi, non è prima facie una fonte affidabile.
- L’autrice dell’articolo del New York Times, Laurie Goodstein, ha già avuto in precedenza un legame con l’arcivescovo. L’anno scorso, subito dopo la pubblicazione della sfortunata autobiografia dell’arcivescovo, la Goodstein scrisse un peculiare e compassionevole articolo che cercava di nascondere tutte le accuse più gravi mosse contro Weakland (New York Times, 14 maggio 2009). - Lo stesso venerdì in cui il quotidiano americano pubblicava l’articolo sugli abusi, a Roma si è svolta una manifestazione. Uno potrebbe anche domandarsi come hanno fatto gli attivisti statunitensi ad essere a Roma distribuendo gli stessi documenti che quel giorno venivano citati dal New York Times. In questo caso, sembra chiaro che si tratta di una vera e proprio campagna coordinata, e non una disinteressata forma di fare giornalismo. Nonostante tutto questo, è pur sempre possibile che una cattiva fonte possa dire la verità. Ma le fonti compromesse chiaramente necessitano di un maggiore controllo.
Invece di esercitare un riscontro minuzioso sulla storia, gli editori dei giornali di tutto il mondo si sono solo limitati a ripetere come un pappagallo l’articolo del New York Times. Un fatto che ci porta a un problema ancora più fondamentale: la storia non è affatto vera, come dimostrano gli stessi documenti su cui si è fondata. Il quotidiano americano ha messo a disposizione sul suo proprio sito web i documenti che dimostrerebbero il racconto. In nessuno di quei documenti viene dimostrato che il cardinale Ratzinger in persona abbia preso delle decisioni che, secondo quanto si afferma, avrebbero ostacolato il processo per abusi sessuali contro padre Murphy. Se è pur vero che le lettere sono indirizzate a Ratzinger, è altrettanto vero che le risposte provengono da un suo assistente. Ma anche lasciando da parte questo fatto, il gravamen dell’accusa – ossia che l’ufficio del cardinale Ratzinger ha impedito l’inchiesta – è totalmente falsa.
I documenti infatti dimostrano che né il processo canonico né il processo penale contro padre Murphy sono stati bloccati da nessuno. In realtà, è stato solo abbandonato pochi giorni prima che padre Murphy morisse. Secondo gli stessi documenti, il cardinale Ratzinger nella vicenda non ha mai preso alcuna decisione. Siccome padre Murphy era gravemente malato e un processo canonico è un procedimento particolarmente complicato, l’arcivescovo Tarcisio Bertone – l’assistente dell’attuale Papa – suggerì di adottare tutti i mezzi possibili per rimuoverlo da ogni incarico al più presto possibile. Ripeto: l’accusa che il cardinale Ratzinger fece qualcosa di sbagliato non è dimostrata dagli stessi testi su cui si basa l’articolo. Nella documentazione, Ratzinger non prende alcuna decisione.
Il suo assistente, l’arcivescovo Bertone, è d’accordo sulla necessità di svolgere un processo canonico. Quando era ormai ovvio che padre Murphy stava per morire, Bertone suggerì di togliergli quanto prima qualsiasi ministero sacerdotale. Per di più, secondo il diritto canonico vigente in quel momento, la principale responsabilità di casi di abusi sessuali ricadeva sul vescovo del luogo. Fin dal 1977, l’arcivescovo Weakland aveva la responsabilità di amministrare le punizioni a padre Murphy. Ma non ha fatto assolutamente nulla fino al 1996. E’ in quell’anno che l’ufficio del cardinale Ratzinger venne coinvolto nella faccenda. Questo dimostrerebbe quindi che il cardinale Ratzinger non fece nulla per impedire il processo locale. Secondo quanto dimostrano le sue stesse prove, il New York Times ha chiaramente raccontato male la storia. Forse i lettori vogliono sapere il perché.
Ecco qui una cronologia di fatti tracciata dagli stessi documenti pubblicati dal quotidiano americano sul proprio sito.
15 maggio 1974 Un’ex studente della scuola per sordi “St. Jhon” in Milwaukee accusa di abusi padre Lawrence Murphy. In effetti, le accuse risalgono a più di 10 anni prima.
12 settembre 1974 A padre Murphy viene accordato “un permesso temporaneo di malattia” dalla scuola per sordi “St. John”. Il sacerdote lascia Milwaukee e si trasferisce nel Wisconsin settentrionale, nella Diocesi di Superior, dove vive insieme alla madre nella casa di famiglia. Da questo momento fino alla sua morte, padre Murphy non ricoprirà alcun ministero ufficiale. Non torna a vivere a Milwaukee e non gli viene inflitta alcuna punizione canonica. 9 luglio 1980 Alcuni funzionari della Diocesi di Superior scrivono all’Arcidiocesi di Milwaukee per sapere quale incarico doveva ricoprire padre Murphy a Superior. L’arcivescovo Rembert Weakland, vescovo responsabile della Diocesi di Milwaukee dal 1977, viene consultato e ritiene che non sarebbe sensato far tornare padre Murphy nella scuola per sordi. Nulla fa pensare che l’arcivescovo Weakland abbia preso in considerazione qualsiasi altra misura da adottare nel caso in questione.
17 luglio 1996 Più di 20 anni dopo le prime accuse di abusi, l’arcivescovo Weakland scrive al cardinale Ratzinger affermando che solo ora è venuto a conoscenza che gli abusi sussuali messi in atto da padre Murphy coinvolgeva il sacramento della confessione, un crimine ancora più grave per il diritto canonico. Le accuse sull’abuso del sacramento della confessione erano già incluse nelle accuse del 1974. In quel momento, era da ben 19 anni che Weakland era arcivescovo. Si dovrebbe notare che l’arcivescovo Weakland avrebbe potuto avviare il processo contro padre Murphy in qualsiasi momento. La questione della richiesta del sacramento della confessione poi necessitava di una notifica a Roma, ma anche in questo caso potrebbe essere stata fatta giá negli anni ’70.
10 settembre 1996 A padre Murphy viene notificato che sarà avviato un processo canonico nei suoi confronti. Fino al 2001, il vescovo locale aveva l’autorità di procedere in questo tipo di processi. Solo adesso l’Arcidiocesi di Milwaukee inizia il processo. E’ importante notare, inoltre, che fino a questo momento, da Roma non era arrivata alcuna risposta che indicasse che l’arcivescovo Weakland sapeva d’avere l’autorità di avviare un processo.
24 marzo 1994 L’arcivescovo Tarcisio Bertone, assistente del cardinale Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede, suggerisce di avviare un processo canonico contro padre Murphy.
14 maggio 1997 L’arcivescovo Weakland scrive all’arcivescovo Bertone per informare che è stato avviato un processo penale nei confronti di padre Murphy e sottolinea che la Congregazione per la Dottrina della Fede gli ha consigliato di adare avanti col processo nonostante lo statuto delle limitazioni è scaduto. In realtà, però, non esiste alcun statuto delle limitazioni per la richiesta del sacramento della confessione. Per tutto il resto del 1997, vengono avviate le fasi preparatorie al processo penale o canonico contro padre Murphy.
Il 5 gennaio del 1998, il tribunale dell’Arcidiocesi di Milwaukee afferma che dovrebbe essere messo in atto un processo urgente da concludere nel giro di pochi mesi.
12 gennaio 1998 Meno di 8 mesi prima della sua morte, Padre Murphy s’appella al cardinale Ratzinger per chiedere che, visto la sua fragile salute, possa vivere i suoi ultimi giorni in pace.
6 aprile 1998 L’arcivescovo Bertone, tenendo in conto il precario stato di salute di padre Murphy e che negli ultimi 25 anni non erano emerse nuove accuse, consiglia di utilizzare le misure pastorali per assicurare che padre Murphy non abbia alcun incarico, ma senza l’aggravio di un processo penale. Si tratta solo di un suggerimento, anche perché il controllo del processo spetta completamente al vescovo locale.
13 maggio 1998 Il vescovo di Superior, il luogo in cui è stato trasferito il processo e nel quale padre Murphy vive dal 1974, rifiuta il suggerimento di adottare misure pastorali. In continuità con il procedimento già avviato con la notifica di processo del settembre ‘96, i procedimenti formali precedenti al processo vengono iniziati il 15 maggio del 1998.
30 maggio 1998 A Roma, l’arcivescovo Weakland incontra i funzionari della Congregazione della Dottrina della Fede – incluso l’arcivescovo Bertone ma non il cardinale Ratzinger – per discutere il caso. Il processo penale intanto continua. Nessuna decisione viene presa per fermare il processo ma, viste le difficoltà di svolgere un processo dopo 25 anni, altre opzioni vengono prese in considerazione per rimuovere padre Murphy dal suo ministero sacerdotale.
19 agosto 1998 L’arcivescovo Weakland scrive che ha bloccato il processo canonico e penale contro padre Murphy e ha immediatamente iniziato il processo per rimuoverlo dal ministero sacerdotale perché è l’opzione più veloce.
21 agosto 1998 Padre Murphy muore. La sua famiglia disobbedisce all’ordine imposto dall’arcivescovo Weakland di realizzare un funerale discreto.
*Padre Raymond J. De Souza è cappellano nella Queen’s University dell’Ontario Tratto da The Corner – National Review Online
Rilanciamo, dal Giornale on-line della Fondazione Magna Carta, l'Occidentale, un articolo scritto su "The Corner-National Review Online" sul caso Murphy.
Lo scorso 25 marzo, il New York Times ha accusato il cardinale Joseph Ratzinger, l’attuale Papa Benedetto XVI, di essere intervenuto per impedire che il sacerdote Lawrence Murphy venisse processato per numerosi casi di abusi sessuali su minori. Queste affermazioni sono false. Si tratta di un’insinuazione smentita dagli stessi documenti che la sostengono. Al contrario, lontano dall’essere segno di un giornalismo responsabile, la storia raccontata dal giornale americano dimostra nei minimi dettagli che è parte di una grande campagna coordinata contro papa Benedetto XVI. Prima di analizzare la falsità sostanziale della calunnia, vale la pena prendere in considerazione le seguenti circostanze:
- L’accusa del New York Times si basa su due fonti. La prima sono gli avvocati che attualmente stanno portando avanti una causa civile contro l’Arcidiocesi di Milwaukee. Jeffrey Anderson, uno dei legali, sta anche svolgendo dei processi contro la Santa Sede presso la Corte Suprema degli Stati Uniti. Quindi, in tutta questa storia Anderson ha un interesse finanziario diretto.
- La seconda fonte è Rembert Weakland, arcivescovo di Milwaukee in pensione. Questo personaggio è il vescovo meno affidabile e senza ritegno di tutti gli Stati Uniti, molto conosciuto per aver gestito male, quando ancora era in carica, molti casi di abusi sessuali. Weakland è stato anche ritenuto colpevole per aver utilizzato 450mila dollari dei fondi dell’Arcidiocesi per azzittire un suo ex amante omosessuale che lo stava ricattando. Nella vicenda degli abusi sui minori da parte di padre Murphy, l’arcivescovo era il responsabile nel periodo tra il 1977 e il 1998, quando il sacerdote morì. Per molto tempo Weakland è stato amareggiato per essere caduto in disgrazia agli occhi del papa Giovanni Paolo II e del cardinale Joseph Ratzinger a causa della sua cattiva amministrazione dell’Arcidiocesi di Milwaukee, molto prima che venisse a galla la storia del pagamento del ricatto al suo amante clandestino con i soldi dei parrocchiani. L’arcivescovo Weakland, quindi, non è prima facie una fonte affidabile.
- L’autrice dell’articolo del New York Times, Laurie Goodstein, ha già avuto in precedenza un legame con l’arcivescovo. L’anno scorso, subito dopo la pubblicazione della sfortunata autobiografia dell’arcivescovo, la Goodstein scrisse un peculiare e compassionevole articolo che cercava di nascondere tutte le accuse più gravi mosse contro Weakland (New York Times, 14 maggio 2009). - Lo stesso venerdì in cui il quotidiano americano pubblicava l’articolo sugli abusi, a Roma si è svolta una manifestazione. Uno potrebbe anche domandarsi come hanno fatto gli attivisti statunitensi ad essere a Roma distribuendo gli stessi documenti che quel giorno venivano citati dal New York Times. In questo caso, sembra chiaro che si tratta di una vera e proprio campagna coordinata, e non una disinteressata forma di fare giornalismo. Nonostante tutto questo, è pur sempre possibile che una cattiva fonte possa dire la verità. Ma le fonti compromesse chiaramente necessitano di un maggiore controllo.
Invece di esercitare un riscontro minuzioso sulla storia, gli editori dei giornali di tutto il mondo si sono solo limitati a ripetere come un pappagallo l’articolo del New York Times. Un fatto che ci porta a un problema ancora più fondamentale: la storia non è affatto vera, come dimostrano gli stessi documenti su cui si è fondata. Il quotidiano americano ha messo a disposizione sul suo proprio sito web i documenti che dimostrerebbero il racconto. In nessuno di quei documenti viene dimostrato che il cardinale Ratzinger in persona abbia preso delle decisioni che, secondo quanto si afferma, avrebbero ostacolato il processo per abusi sessuali contro padre Murphy. Se è pur vero che le lettere sono indirizzate a Ratzinger, è altrettanto vero che le risposte provengono da un suo assistente. Ma anche lasciando da parte questo fatto, il gravamen dell’accusa – ossia che l’ufficio del cardinale Ratzinger ha impedito l’inchiesta – è totalmente falsa.
I documenti infatti dimostrano che né il processo canonico né il processo penale contro padre Murphy sono stati bloccati da nessuno. In realtà, è stato solo abbandonato pochi giorni prima che padre Murphy morisse. Secondo gli stessi documenti, il cardinale Ratzinger nella vicenda non ha mai preso alcuna decisione. Siccome padre Murphy era gravemente malato e un processo canonico è un procedimento particolarmente complicato, l’arcivescovo Tarcisio Bertone – l’assistente dell’attuale Papa – suggerì di adottare tutti i mezzi possibili per rimuoverlo da ogni incarico al più presto possibile. Ripeto: l’accusa che il cardinale Ratzinger fece qualcosa di sbagliato non è dimostrata dagli stessi testi su cui si basa l’articolo. Nella documentazione, Ratzinger non prende alcuna decisione.
Il suo assistente, l’arcivescovo Bertone, è d’accordo sulla necessità di svolgere un processo canonico. Quando era ormai ovvio che padre Murphy stava per morire, Bertone suggerì di togliergli quanto prima qualsiasi ministero sacerdotale. Per di più, secondo il diritto canonico vigente in quel momento, la principale responsabilità di casi di abusi sessuali ricadeva sul vescovo del luogo. Fin dal 1977, l’arcivescovo Weakland aveva la responsabilità di amministrare le punizioni a padre Murphy. Ma non ha fatto assolutamente nulla fino al 1996. E’ in quell’anno che l’ufficio del cardinale Ratzinger venne coinvolto nella faccenda. Questo dimostrerebbe quindi che il cardinale Ratzinger non fece nulla per impedire il processo locale. Secondo quanto dimostrano le sue stesse prove, il New York Times ha chiaramente raccontato male la storia. Forse i lettori vogliono sapere il perché.
Ecco qui una cronologia di fatti tracciata dagli stessi documenti pubblicati dal quotidiano americano sul proprio sito.
15 maggio 1974 Un’ex studente della scuola per sordi “St. Jhon” in Milwaukee accusa di abusi padre Lawrence Murphy. In effetti, le accuse risalgono a più di 10 anni prima.
12 settembre 1974 A padre Murphy viene accordato “un permesso temporaneo di malattia” dalla scuola per sordi “St. John”. Il sacerdote lascia Milwaukee e si trasferisce nel Wisconsin settentrionale, nella Diocesi di Superior, dove vive insieme alla madre nella casa di famiglia. Da questo momento fino alla sua morte, padre Murphy non ricoprirà alcun ministero ufficiale. Non torna a vivere a Milwaukee e non gli viene inflitta alcuna punizione canonica. 9 luglio 1980 Alcuni funzionari della Diocesi di Superior scrivono all’Arcidiocesi di Milwaukee per sapere quale incarico doveva ricoprire padre Murphy a Superior. L’arcivescovo Rembert Weakland, vescovo responsabile della Diocesi di Milwaukee dal 1977, viene consultato e ritiene che non sarebbe sensato far tornare padre Murphy nella scuola per sordi. Nulla fa pensare che l’arcivescovo Weakland abbia preso in considerazione qualsiasi altra misura da adottare nel caso in questione.
17 luglio 1996 Più di 20 anni dopo le prime accuse di abusi, l’arcivescovo Weakland scrive al cardinale Ratzinger affermando che solo ora è venuto a conoscenza che gli abusi sussuali messi in atto da padre Murphy coinvolgeva il sacramento della confessione, un crimine ancora più grave per il diritto canonico. Le accuse sull’abuso del sacramento della confessione erano già incluse nelle accuse del 1974. In quel momento, era da ben 19 anni che Weakland era arcivescovo. Si dovrebbe notare che l’arcivescovo Weakland avrebbe potuto avviare il processo contro padre Murphy in qualsiasi momento. La questione della richiesta del sacramento della confessione poi necessitava di una notifica a Roma, ma anche in questo caso potrebbe essere stata fatta giá negli anni ’70.
10 settembre 1996 A padre Murphy viene notificato che sarà avviato un processo canonico nei suoi confronti. Fino al 2001, il vescovo locale aveva l’autorità di procedere in questo tipo di processi. Solo adesso l’Arcidiocesi di Milwaukee inizia il processo. E’ importante notare, inoltre, che fino a questo momento, da Roma non era arrivata alcuna risposta che indicasse che l’arcivescovo Weakland sapeva d’avere l’autorità di avviare un processo.
24 marzo 1994 L’arcivescovo Tarcisio Bertone, assistente del cardinale Ratzinger alla Congregazione per la Dottrina della Fede, suggerisce di avviare un processo canonico contro padre Murphy.
14 maggio 1997 L’arcivescovo Weakland scrive all’arcivescovo Bertone per informare che è stato avviato un processo penale nei confronti di padre Murphy e sottolinea che la Congregazione per la Dottrina della Fede gli ha consigliato di adare avanti col processo nonostante lo statuto delle limitazioni è scaduto. In realtà, però, non esiste alcun statuto delle limitazioni per la richiesta del sacramento della confessione. Per tutto il resto del 1997, vengono avviate le fasi preparatorie al processo penale o canonico contro padre Murphy.
Il 5 gennaio del 1998, il tribunale dell’Arcidiocesi di Milwaukee afferma che dovrebbe essere messo in atto un processo urgente da concludere nel giro di pochi mesi.
12 gennaio 1998 Meno di 8 mesi prima della sua morte, Padre Murphy s’appella al cardinale Ratzinger per chiedere che, visto la sua fragile salute, possa vivere i suoi ultimi giorni in pace.
6 aprile 1998 L’arcivescovo Bertone, tenendo in conto il precario stato di salute di padre Murphy e che negli ultimi 25 anni non erano emerse nuove accuse, consiglia di utilizzare le misure pastorali per assicurare che padre Murphy non abbia alcun incarico, ma senza l’aggravio di un processo penale. Si tratta solo di un suggerimento, anche perché il controllo del processo spetta completamente al vescovo locale.
13 maggio 1998 Il vescovo di Superior, il luogo in cui è stato trasferito il processo e nel quale padre Murphy vive dal 1974, rifiuta il suggerimento di adottare misure pastorali. In continuità con il procedimento già avviato con la notifica di processo del settembre ‘96, i procedimenti formali precedenti al processo vengono iniziati il 15 maggio del 1998.
30 maggio 1998 A Roma, l’arcivescovo Weakland incontra i funzionari della Congregazione della Dottrina della Fede – incluso l’arcivescovo Bertone ma non il cardinale Ratzinger – per discutere il caso. Il processo penale intanto continua. Nessuna decisione viene presa per fermare il processo ma, viste le difficoltà di svolgere un processo dopo 25 anni, altre opzioni vengono prese in considerazione per rimuovere padre Murphy dal suo ministero sacerdotale.
19 agosto 1998 L’arcivescovo Weakland scrive che ha bloccato il processo canonico e penale contro padre Murphy e ha immediatamente iniziato il processo per rimuoverlo dal ministero sacerdotale perché è l’opzione più veloce.
21 agosto 1998 Padre Murphy muore. La sua famiglia disobbedisce all’ordine imposto dall’arcivescovo Weakland di realizzare un funerale discreto.
*Padre Raymond J. De Souza è cappellano nella Queen’s University dell’Ontario Tratto da The Corner – National Review Online
Re: Pedofilia e Presbiteri
25/3/2010
Attacco al Papa? E perchè?
Salvatore Izzo, vaticanista di lungo corso dell'agenzia Italia, ci offre un commento sulle ultime vicende relative a Benedetto XVI e agli abusi del clero.
MARCO TOSATTI
Come vaticanista dell'Agenzia Italia, mio malgrado mi sono dovuto occupare in modo ricorrente del tema degli abusi sessuali compiuti sui minori, cioe' di orrendi reati (per di piu' commessi in ambienti religiosi nati per la proteggere l'infanzia). Preferisco non utilizzare la parola pedofilia - se possibile - nei miei lanci perche' e' di per se' ambigua: la sua radice infatti e' la stessa di zoofilia o cinefilia, che descrivono invece attitudini positive. Gli abusi sono invece veri e propri stupri e sarebbe piu' coerente parlare di pedofobia. E da questa considerazione vorrei partire per richiamare l'attenzione su un primo aspetto che personalmente considero assai inquietante: la cultura classica e quella moderna hanno in qualche modo giustificato questa perversione sessuale che - se realizzata - sfocia invece necessariamente in comportamenti criminali. Faccio due esempi addirittura banali: i filosofi greci e il romanzo Lolita. Ma recentemente ha fatto scalpore anche Melissa P, un vero caso ''letterario''. Altre perversioni sessuali non hanno goduto di simili testimonial. Ancora: potenti ''alleate'' di questa perversione sono alcune battaglie politiche considerate di civilta': leggi e sentenze che dichiarano lecito il fatto che una minorenne possa abortire o utilizzare contraccettivi senza il permesso dei genitori che tipo di messaggio danno? E i distributori di preservativi nei licei, dove i ragazzi del primo anno spesso non hanno nemmeno compiuto i fatidici 14 anni? Doloroso - per me - e' poi il capitolo dei media, dove ci sono altri alleati inconsapevoli della pedofilia: i pubblicitari che utilizzano i bambini per far loro scimmiottare i grandi, ma anche le tv che al posto del pomeridiano Zecchino d'oro e dei suoi proverbiali ''44 gatti'' programmano show serali con piccoli divi imbellettati e impegnati in brani seduttivi se non addirittura trasgressivi. Un capitolo a parte meriterebbero i programmi tv che hanno sostituito nella fascia pomeridiana la benemerita tv dei ragazzi e che sono fatti e pensati per adulti (anagrafici) ma consumati anche dai bambini, che possono cosi' assorbire messaggi non proprio adatti alla loro eta' dai 'naufraghi' dell'Isola o dai 'reclusi' della casa del GF - curiosamente per i reality si utilizzano termini etimologicamente evocatori di disgrazie - commentati da un piccolo esercito di opinionisti al quale non manca mai la foglia di fico di qualche prete un po' vanesio. E c'e' internet, dove la pedopornografia e' solo la punta di un iceberg, perche' in rete i bambini sono vittime potenziali anche di altri abusi, basta pensare alle chat che li mettono in contatto con chiunque voglia celarsi dietro un accattivante nikname. Quanti nemici inconsapevoli dei bambini sono nascosti nei media! Il fatto che siano ''inconsapevoli'' li scusa? Anche le agenzie viaggi che programmano i viaggi in Thailandia rischiano di essere complici ''inconsapevoli'' di crimini gravissimi commessi dai turisti sessuali, e nessuno ovviamente dice niente. Pero' se quando vado a fare un biglietto aereo mi accorgo che pubblicizzano questa ''merce'' magari cambio fornitore. Tutto questo solo per sottolineare che c'e' un'ambiguita' di fondo sul tema della pedofilia e che sarebbe necessario, per combattere piu' seriamente e radicalmente il fenomeno, prendere coscienza anche di questi altri aspetti. E veniamo al tema degli abusi nella Chiesa. Le statistiche parlano di una tendenza alla pedofilia diffusa nello 0,3 per cento della popolazione, questo non vuol dire, grazie a Dio, che poi in Italia ci siano 3 pedofili abusatori - cioe' stupratori e dunque pericolosi criminali - ogni mille abitanti: semplicemente ci da' le dimensioni potenziali del rischio che corrono i bambini nelle loro case, a scuola, nelle palestre. Nelle parrocchie il rischio e' inferiore, se ci fermiamo al dato statistico dell'associazione Meter che parla di 80 sacerdoti italiani inquisiti per abusi sessuali su minorenni, per la maggior parte adolescenti, contro (parola finalmente appropriata) circa 40 mila tra secolari e religiosi. Dato che peraltro e' abbastanza omogeneo con le statistiche dei vescovi americani. Ma certo l'esiguita' di queste percentuali non puo' tranquillizzarci. Ed e' evidente che il crimine degli abusi risulta ancora piu' intollerabile se a commetterlo e' un religioso. Ma dobbiamo anche essere consapvoli del rischio che quegli stessi ''nemici'' dei bambini che sono annidati nei nostri media e nel mondo politico possano cadere - diciamo in buona fede - in quella trappola che genericamente e' chiamata ricerca di un capro espiatorio. Per questo dobbiamo chiederci cosa ha fatto la Chiesa nel tempo contro questa piaga e cosa sta facendo adesso, sotto l'impulso del Papa. Mentre nell'antica Grecia e non solo, la pedofilia era più' che tollerata, Gesu' Cristo si e' scagliato con le parole piu' dure del Vangelo contro chi ''scandalizza'' i piccoli. Parole inascoltate, ci dice la storia dello schiavismo che si e' protratto nel civilissimo Belgio - e non solo - fino agli inizi del secolo scorso, grazie ai possedimenti africani di re Leopoldo (e non possiamo non piangere i bambini seviziati nei campi di concentramento nazisti). Ma chi ricorda queste violenze? La Chiesa ha parlato con voce alta a difesa dei bambini, non da oggi: san Marcellino Champagnat, fondatore dei fratelli maristi, dedico' tutti i suoi sforzi nella Francia post-napoleonica alla protezione dell'infanzia anche dagli abusi sessuali. Lo stesso ha fatto da noi Don Bosco. E nel mondo di oggi nessun uomo ha fatto e sta facendo quanto Joseph Ratzinger. La Lettera Pastorale ai cattolici dell'Irlanda - che qualifica come peccati di cui rendere conto a Dio e alla societa' sia gli abusi che le coperture - e' stata salutata come un fatto nuovo e certamente lo e'. Ma e' anche e soprattutto uno sviluppo conseguente del coraggioso Magistero di Benedetto XVI che gia' da cardinale era in prima nel denunciare e combattere la ''sporcizia'' nella Chiesa. Ho seguito il Papa negli Stati Uniti nel 2008 e ogni tappa fu una stazione di Via Crucis, di questo Calvario impervio che a 82 anni compiuti il Pontefice sta ancora salendo caricandosi sulle spalle una croce davvero pesante. E invece e' proprio su di lui che si materializza nei media la ricerca del capro espiatorio. E cosi' mentre veniva presentata la Lettera le agenzie alternavano alle frasi del Papa le anticipazioni di un giornale tedesco che - nonostante l'estraneita' di Ratzinger alla vicenda sia gia' stata acclarata - ritirava fuori la vicenda dell'abate H arrivato da Essen a Monaco. E nei servizi sugli abusi sui ragazzi del coro di Ratisbona, casi che risalgono a oltre 50 anni fa, si continua a tirare in ballo l'anziano mons. George Ratzinger che non c'entra per nulla. Tutto questo segue un copione gia' sperimentato dopo la lectio di Ratisbona, l'invito alla Sapienza, la rimozione delle scomuniche ai lefebvriani e la risposta in aereo sull'Aids. Polemiche feroci che hanno in comune il fatto di essere del tutto sganciate dalla realta', basate cioe' su speculazioni e non su quello che il Papa ha effettivamene detto o ha fatto. Il mondo sarebbe un po' migliore, se noi media provassimo onestamente a diffondere il suo Magistero a difesa dei bambini e degli ultimi della Terra. . Salvatore Izzo
Attacco al Papa? E perchè?
Salvatore Izzo, vaticanista di lungo corso dell'agenzia Italia, ci offre un commento sulle ultime vicende relative a Benedetto XVI e agli abusi del clero.
MARCO TOSATTI
Come vaticanista dell'Agenzia Italia, mio malgrado mi sono dovuto occupare in modo ricorrente del tema degli abusi sessuali compiuti sui minori, cioe' di orrendi reati (per di piu' commessi in ambienti religiosi nati per la proteggere l'infanzia). Preferisco non utilizzare la parola pedofilia - se possibile - nei miei lanci perche' e' di per se' ambigua: la sua radice infatti e' la stessa di zoofilia o cinefilia, che descrivono invece attitudini positive. Gli abusi sono invece veri e propri stupri e sarebbe piu' coerente parlare di pedofobia. E da questa considerazione vorrei partire per richiamare l'attenzione su un primo aspetto che personalmente considero assai inquietante: la cultura classica e quella moderna hanno in qualche modo giustificato questa perversione sessuale che - se realizzata - sfocia invece necessariamente in comportamenti criminali. Faccio due esempi addirittura banali: i filosofi greci e il romanzo Lolita. Ma recentemente ha fatto scalpore anche Melissa P, un vero caso ''letterario''. Altre perversioni sessuali non hanno goduto di simili testimonial. Ancora: potenti ''alleate'' di questa perversione sono alcune battaglie politiche considerate di civilta': leggi e sentenze che dichiarano lecito il fatto che una minorenne possa abortire o utilizzare contraccettivi senza il permesso dei genitori che tipo di messaggio danno? E i distributori di preservativi nei licei, dove i ragazzi del primo anno spesso non hanno nemmeno compiuto i fatidici 14 anni? Doloroso - per me - e' poi il capitolo dei media, dove ci sono altri alleati inconsapevoli della pedofilia: i pubblicitari che utilizzano i bambini per far loro scimmiottare i grandi, ma anche le tv che al posto del pomeridiano Zecchino d'oro e dei suoi proverbiali ''44 gatti'' programmano show serali con piccoli divi imbellettati e impegnati in brani seduttivi se non addirittura trasgressivi. Un capitolo a parte meriterebbero i programmi tv che hanno sostituito nella fascia pomeridiana la benemerita tv dei ragazzi e che sono fatti e pensati per adulti (anagrafici) ma consumati anche dai bambini, che possono cosi' assorbire messaggi non proprio adatti alla loro eta' dai 'naufraghi' dell'Isola o dai 'reclusi' della casa del GF - curiosamente per i reality si utilizzano termini etimologicamente evocatori di disgrazie - commentati da un piccolo esercito di opinionisti al quale non manca mai la foglia di fico di qualche prete un po' vanesio. E c'e' internet, dove la pedopornografia e' solo la punta di un iceberg, perche' in rete i bambini sono vittime potenziali anche di altri abusi, basta pensare alle chat che li mettono in contatto con chiunque voglia celarsi dietro un accattivante nikname. Quanti nemici inconsapevoli dei bambini sono nascosti nei media! Il fatto che siano ''inconsapevoli'' li scusa? Anche le agenzie viaggi che programmano i viaggi in Thailandia rischiano di essere complici ''inconsapevoli'' di crimini gravissimi commessi dai turisti sessuali, e nessuno ovviamente dice niente. Pero' se quando vado a fare un biglietto aereo mi accorgo che pubblicizzano questa ''merce'' magari cambio fornitore. Tutto questo solo per sottolineare che c'e' un'ambiguita' di fondo sul tema della pedofilia e che sarebbe necessario, per combattere piu' seriamente e radicalmente il fenomeno, prendere coscienza anche di questi altri aspetti. E veniamo al tema degli abusi nella Chiesa. Le statistiche parlano di una tendenza alla pedofilia diffusa nello 0,3 per cento della popolazione, questo non vuol dire, grazie a Dio, che poi in Italia ci siano 3 pedofili abusatori - cioe' stupratori e dunque pericolosi criminali - ogni mille abitanti: semplicemente ci da' le dimensioni potenziali del rischio che corrono i bambini nelle loro case, a scuola, nelle palestre. Nelle parrocchie il rischio e' inferiore, se ci fermiamo al dato statistico dell'associazione Meter che parla di 80 sacerdoti italiani inquisiti per abusi sessuali su minorenni, per la maggior parte adolescenti, contro (parola finalmente appropriata) circa 40 mila tra secolari e religiosi. Dato che peraltro e' abbastanza omogeneo con le statistiche dei vescovi americani. Ma certo l'esiguita' di queste percentuali non puo' tranquillizzarci. Ed e' evidente che il crimine degli abusi risulta ancora piu' intollerabile se a commetterlo e' un religioso. Ma dobbiamo anche essere consapvoli del rischio che quegli stessi ''nemici'' dei bambini che sono annidati nei nostri media e nel mondo politico possano cadere - diciamo in buona fede - in quella trappola che genericamente e' chiamata ricerca di un capro espiatorio. Per questo dobbiamo chiederci cosa ha fatto la Chiesa nel tempo contro questa piaga e cosa sta facendo adesso, sotto l'impulso del Papa. Mentre nell'antica Grecia e non solo, la pedofilia era più' che tollerata, Gesu' Cristo si e' scagliato con le parole piu' dure del Vangelo contro chi ''scandalizza'' i piccoli. Parole inascoltate, ci dice la storia dello schiavismo che si e' protratto nel civilissimo Belgio - e non solo - fino agli inizi del secolo scorso, grazie ai possedimenti africani di re Leopoldo (e non possiamo non piangere i bambini seviziati nei campi di concentramento nazisti). Ma chi ricorda queste violenze? La Chiesa ha parlato con voce alta a difesa dei bambini, non da oggi: san Marcellino Champagnat, fondatore dei fratelli maristi, dedico' tutti i suoi sforzi nella Francia post-napoleonica alla protezione dell'infanzia anche dagli abusi sessuali. Lo stesso ha fatto da noi Don Bosco. E nel mondo di oggi nessun uomo ha fatto e sta facendo quanto Joseph Ratzinger. La Lettera Pastorale ai cattolici dell'Irlanda - che qualifica come peccati di cui rendere conto a Dio e alla societa' sia gli abusi che le coperture - e' stata salutata come un fatto nuovo e certamente lo e'. Ma e' anche e soprattutto uno sviluppo conseguente del coraggioso Magistero di Benedetto XVI che gia' da cardinale era in prima nel denunciare e combattere la ''sporcizia'' nella Chiesa. Ho seguito il Papa negli Stati Uniti nel 2008 e ogni tappa fu una stazione di Via Crucis, di questo Calvario impervio che a 82 anni compiuti il Pontefice sta ancora salendo caricandosi sulle spalle una croce davvero pesante. E invece e' proprio su di lui che si materializza nei media la ricerca del capro espiatorio. E cosi' mentre veniva presentata la Lettera le agenzie alternavano alle frasi del Papa le anticipazioni di un giornale tedesco che - nonostante l'estraneita' di Ratzinger alla vicenda sia gia' stata acclarata - ritirava fuori la vicenda dell'abate H arrivato da Essen a Monaco. E nei servizi sugli abusi sui ragazzi del coro di Ratisbona, casi che risalgono a oltre 50 anni fa, si continua a tirare in ballo l'anziano mons. George Ratzinger che non c'entra per nulla. Tutto questo segue un copione gia' sperimentato dopo la lectio di Ratisbona, l'invito alla Sapienza, la rimozione delle scomuniche ai lefebvriani e la risposta in aereo sull'Aids. Polemiche feroci che hanno in comune il fatto di essere del tutto sganciate dalla realta', basate cioe' su speculazioni e non su quello che il Papa ha effettivamene detto o ha fatto. Il mondo sarebbe un po' migliore, se noi media provassimo onestamente a diffondere il suo Magistero a difesa dei bambini e degli ultimi della Terra. . Salvatore Izzo
Re: Pedofilia e Presbiteri
25/3/2010
USA: quanto costano gli abusi
Una reazione dei vescovi americani sui costi relativi allo scandalo pedofilia fra il 2004 e il 2009.
MARCO TOSATTI
Lo scandalo degli abusi è costato alle diocesi americane 104,439 milioni di dollari nel 2009, secondo il rapporto annuale preparato dalla Coneferenza Episcopale Usa. Solo il 59% di questi fondi erano destinati ad accordi con le vittime ($55.0 million) e terapie per le vittime degli abusi ($6.5 millioni); il resto era per le parcelle degli avvocati ($28.7 milioni), terapie per i responsabili ($10.9 milioni), e altri costi ($3.3 milioni). Il che fa salire il coso globale dello scandalo per gli abusi del clero nelle diocesi americane e in istituti religiosi tra il 2004 e il 2009 a 2.194.729.859 di dollari; 1.897.599.482 dollari per le diocesi e le eparchie, e 297.130.377 per gli istituti religiosi. Inoltre, le diocesi americane hanno speso più di 21 milioni nel 2009 sui programmi per un “ambiente sicuro” e di controllo dei precedenti.
La relazione ha rilevato che 398 nuove accuse credibili di abusi sessuali su minori sono state presentate contro 286 sacerdoti diocesani e diaconi nel 2009. Solo sei delle 398 accuse coinvolgono persone che sono attualmente minori; le altre accuse sono state fatte da adulti che sostengono di essere stati abusati quando erano minori. In tutto, 65 accuse di abusi a partire dal 2004 hanno coinvolto coloro che erano minorenni nell'anno della denuncia. Di 398 nuove accuse credibili, l’83% dei coinvolti sono vittime di sesso maschile, e solo il 15% delle vittime erano di età inferiore ai dieci anni. Questo è quanto afferma un rapporto preparato dai vescovi americani sul tema. "Per la maggior parte delle nuove accuse (71 per cento), l'abuso si è verificato o è iniziato tra il 1960 e il 1984", prosegue il rapporto. "Il periodo di tempo più comune per le accuse riportate nel 2009 è stato quello 1975-1979. Questo è approssimativamente lo stesso modello di tempo che è stato segnalato negli anni precedenti, con la maggior parte delle accuse riportate che si sono verificate fra la metà del 1960 e la metà del 1980. " "Tra le 398 nuove accuse credibili segnalati nel 2009, 48 nuove accuse (12 per cento) sono state trovate infondate o chiaramente false entro il 31 dicembre 2009," aggiunge il rapporto. "Inoltre, 23 denunce ricevute antecedenti il 2009 sono state trovate prive di fondamento o chiaramente false nel corso del 2009."
USA: quanto costano gli abusi
Una reazione dei vescovi americani sui costi relativi allo scandalo pedofilia fra il 2004 e il 2009.
MARCO TOSATTI
Lo scandalo degli abusi è costato alle diocesi americane 104,439 milioni di dollari nel 2009, secondo il rapporto annuale preparato dalla Coneferenza Episcopale Usa. Solo il 59% di questi fondi erano destinati ad accordi con le vittime ($55.0 million) e terapie per le vittime degli abusi ($6.5 millioni); il resto era per le parcelle degli avvocati ($28.7 milioni), terapie per i responsabili ($10.9 milioni), e altri costi ($3.3 milioni). Il che fa salire il coso globale dello scandalo per gli abusi del clero nelle diocesi americane e in istituti religiosi tra il 2004 e il 2009 a 2.194.729.859 di dollari; 1.897.599.482 dollari per le diocesi e le eparchie, e 297.130.377 per gli istituti religiosi. Inoltre, le diocesi americane hanno speso più di 21 milioni nel 2009 sui programmi per un “ambiente sicuro” e di controllo dei precedenti.
La relazione ha rilevato che 398 nuove accuse credibili di abusi sessuali su minori sono state presentate contro 286 sacerdoti diocesani e diaconi nel 2009. Solo sei delle 398 accuse coinvolgono persone che sono attualmente minori; le altre accuse sono state fatte da adulti che sostengono di essere stati abusati quando erano minori. In tutto, 65 accuse di abusi a partire dal 2004 hanno coinvolto coloro che erano minorenni nell'anno della denuncia. Di 398 nuove accuse credibili, l’83% dei coinvolti sono vittime di sesso maschile, e solo il 15% delle vittime erano di età inferiore ai dieci anni. Questo è quanto afferma un rapporto preparato dai vescovi americani sul tema. "Per la maggior parte delle nuove accuse (71 per cento), l'abuso si è verificato o è iniziato tra il 1960 e il 1984", prosegue il rapporto. "Il periodo di tempo più comune per le accuse riportate nel 2009 è stato quello 1975-1979. Questo è approssimativamente lo stesso modello di tempo che è stato segnalato negli anni precedenti, con la maggior parte delle accuse riportate che si sono verificate fra la metà del 1960 e la metà del 1980. " "Tra le 398 nuove accuse credibili segnalati nel 2009, 48 nuove accuse (12 per cento) sono state trovate infondate o chiaramente false entro il 31 dicembre 2009," aggiunge il rapporto. "Inoltre, 23 denunce ricevute antecedenti il 2009 sono state trovate prive di fondamento o chiaramente false nel corso del 2009."
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/articolo-14604.htm
VATICANO-ANO-ANO – MACCHÉ PEDOFILIA! DIETRO AGLI ATTACCHI DEL CIRCONCISO “NEW YORK TIMES” SI CELANO INTERESSI DI EGEMONIA ECONOMICA – QUELLO CHE DÀ FASTIDIO AI MASSONI E ALLE LOBBY EBRAICHE E’ LA PENETRAZIONE DELL'OPUS DEI NELLA FINANZA USA (VOLUTA GUARDA CASO DA RATZINGER E WOJTYLA….
Franco Talenti per "Italia Oggi"
VATICANO
La pedofilia di qualche prete, peraltro già isolato dalla Chiesa, è solo un pretesto. Dietro l'ultimo attacco del New York Times a Benedetto XVI c'è ben altro. C'è una lotta di potere: la finanza massonica contro l'Opus dei e la sua penetrazione crescente anche negli Stati Uniti.
VATICANO Stiamo ai fatti. Le pedofilia nella Chiesa cattolica americana c'è stata, ma è un fatto del tutto marginale. Un recente rapporto governativo Usa (2008) sugli abusi nei confronti dei minori sostiene che «per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole degli Stati Uniti quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie», mentre gli episodi che coinvolgono preti cattolici si stima che «siano meno dello 0,03 per cento» sul totale degli abusi sui minori.
Accusare Benedetto XVI, come fa il "New York Times", di avere omesso scientemente di intervenire sul caso di un singolo prete, accusa poi rivelatasi frutto di una pessima traduzione in inglese di un documento che testimonia l'esatto contrario, induce a pensare che l'obiettivo vero di un giornale così autorevole sia un altro, qualcosa di più concreto e di più importante. Qualcosa che dà fastidio a un certo establishment Usa.
il cardinale Ratzinger fotografato da Marco Delogu
papa ratzinger Per esempio, la penetrazione dell'Opus Dei nell'economia e nella finanza americana, da sempre dominio esclusivo di tycoon legati alle logge massoniche e alla finanza ebraica. Non è una tesi a caso, questa. Lo sbarco dell'Opus Dei negli States è infatti l'iniziativa più concreta che la Chiesa di Papa Ratzinger sta patrocinando da anni, in questo raccogliendo il testimone del papato di Karol Wojtyla.
Il Papa polacco è stato un papa guerriero non solo sul piano della fede, ma anche nel campo politico e in quello economico. Nel suo Paese aveva toccato con mano quali e quanti danni aveva provocato per decenni lo sterminio dei 23 mila ufficiali polacchi ad opera di Stalin nella foresta di Katyn. Quegli ufficiali erano professori universitari, manager e laureati, che al momento della leva militare diventavano, per legge, ufficiali. Con il loro sterminio, la Polonia non ha avuto una propria classe dirigenti fino all'avvento di Solidarnosc, un sindacato di cui proprio il Papa polacco è stato un ispiratore prima e un protettore poi.
La mala educacion pedofili Dopo essere arrivato sul trono di San Pietro, memore di quella lezione, Wojtyla ha preso atto della debolezza della classe dirigente cattolica nel mondo, e di una dilagante teologia della liberazione dentro la Chiesa, con sconfinamenti nel marxismo in tonaca sempre più evidenti soprattutto nell'America latina.
Preti Pedofili
I suggerimenti per porre rimedio a quella situazione gli vennero dalla frequentazione, negli anni Settanta, di alcuni incontri riservati organizzati a Roma dall'Opus Dei, l'organizzazione fondata dallo spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, poi beatificato dallo stesso pontefice nel 2002.
La forte capacità di reclutamento di nuovi adepti da parte dell'Opus tra i manager più affermati e influenti, sia in Italia che in tutti i Paesi europei e delle due Americhe, colpì Papa Wojtyla, fino al punto che decise di entrare lui stesso nel movimento e di sostenerlo all'interno della Chiesa.
La prima offensiva fu contro i preti latino-americani che avevano fatto della teologia della liberazione la loro missione, incitando i poveri a ribellarsi anche con le armi.
stella di david ebreo ebrei
Al suo fianco, il Papa polacco ebbe come valido aiuto il cardinale Ratzinger, capo della congregazione per la Dottrina della Fede, che istruì un vero e proprio processo di tipo eretico al manifesto della teologia della liberazione lanciato dal teologo peruviano Gustavo Gutierrez. Le teorie di quest'ultimo, al pari di quelle predicate da Ernesto Cardenal (che è stato un prete-ministro del governo sandinista in Nicaragua) e dal brasiliano Leonardo Boff, furono bandite dalla Chiesa cattolica, che poi ne recuperò i contenuti di solidarietà con i poveri, ma senza il mitra in mano.
Risultato: oggi la Chiesa dell'America latina è controllata dai prelati legati all'Opus Dei, che sono stati i primi a votare per Ratzinger papa, dopo la morte di Wojtyla. E al loro fianco sono numerosi i manager legati all'Opus Dei, presenti in tutti i settori dell'economia in molte posizioni di comando.
new york times
Lo sbarco a Manhattan dell'Opus Dei è successivo. Ma è stato pianificato in ogni dettaglio e sta avendo un fortissimo impatto. La sede dell'Opus, che all'inizio doveva essere un palazzotto di tre piani, è un piccolo grattacielo di 17 piani nell'Upper East di New York, tra la Trentaquattresima e la Lexington, a due passi da Central Park, un posto per ricchi. La sede, la cui costruzione è finita nel 2001, ha un soprannome, «Torre del potere», che dice tutto.
RATZINGER CON MASCOTTE MONDIALI NUOTO
E la donazione che l'Opus ha ricevuto per la sua realizzazione è tra le più ricche della storia: 60 milioni di dollari in azioni di un'azienda farmaceutica, rivendute con un'enorme plusvalenza.
Giovanni Paolo II
In pochi anni, l'Opus Dei ha conquistato uomini potenti e molto in vista, non solo nella finanza Usa, ma anche nel mondo politico e in quello della giustizia.
Una crescita che ha prodotto, come era prevedibile, dei potenti anticorpi, soprattutto nel mondo finanziario e dei media, come confermano gli ultimi attacchi del "New York Times". Una guerra che merita un approfondimento. Ci torneremo sopra.
VATICANO-ANO-ANO – MACCHÉ PEDOFILIA! DIETRO AGLI ATTACCHI DEL CIRCONCISO “NEW YORK TIMES” SI CELANO INTERESSI DI EGEMONIA ECONOMICA – QUELLO CHE DÀ FASTIDIO AI MASSONI E ALLE LOBBY EBRAICHE E’ LA PENETRAZIONE DELL'OPUS DEI NELLA FINANZA USA (VOLUTA GUARDA CASO DA RATZINGER E WOJTYLA….
Franco Talenti per "Italia Oggi"
VATICANO
La pedofilia di qualche prete, peraltro già isolato dalla Chiesa, è solo un pretesto. Dietro l'ultimo attacco del New York Times a Benedetto XVI c'è ben altro. C'è una lotta di potere: la finanza massonica contro l'Opus dei e la sua penetrazione crescente anche negli Stati Uniti.
VATICANO Stiamo ai fatti. Le pedofilia nella Chiesa cattolica americana c'è stata, ma è un fatto del tutto marginale. Un recente rapporto governativo Usa (2008) sugli abusi nei confronti dei minori sostiene che «per oltre il 64 per cento sono commessi da genitori, parenti o conviventi, dunque all'interno delle relazioni familiari; nelle scuole degli Stati Uniti quasi il 10 per cento dei ragazzi subisce molestie», mentre gli episodi che coinvolgono preti cattolici si stima che «siano meno dello 0,03 per cento» sul totale degli abusi sui minori.
Accusare Benedetto XVI, come fa il "New York Times", di avere omesso scientemente di intervenire sul caso di un singolo prete, accusa poi rivelatasi frutto di una pessima traduzione in inglese di un documento che testimonia l'esatto contrario, induce a pensare che l'obiettivo vero di un giornale così autorevole sia un altro, qualcosa di più concreto e di più importante. Qualcosa che dà fastidio a un certo establishment Usa.
il cardinale Ratzinger fotografato da Marco Delogu
papa ratzinger Per esempio, la penetrazione dell'Opus Dei nell'economia e nella finanza americana, da sempre dominio esclusivo di tycoon legati alle logge massoniche e alla finanza ebraica. Non è una tesi a caso, questa. Lo sbarco dell'Opus Dei negli States è infatti l'iniziativa più concreta che la Chiesa di Papa Ratzinger sta patrocinando da anni, in questo raccogliendo il testimone del papato di Karol Wojtyla.
Il Papa polacco è stato un papa guerriero non solo sul piano della fede, ma anche nel campo politico e in quello economico. Nel suo Paese aveva toccato con mano quali e quanti danni aveva provocato per decenni lo sterminio dei 23 mila ufficiali polacchi ad opera di Stalin nella foresta di Katyn. Quegli ufficiali erano professori universitari, manager e laureati, che al momento della leva militare diventavano, per legge, ufficiali. Con il loro sterminio, la Polonia non ha avuto una propria classe dirigenti fino all'avvento di Solidarnosc, un sindacato di cui proprio il Papa polacco è stato un ispiratore prima e un protettore poi.
La mala educacion pedofili Dopo essere arrivato sul trono di San Pietro, memore di quella lezione, Wojtyla ha preso atto della debolezza della classe dirigente cattolica nel mondo, e di una dilagante teologia della liberazione dentro la Chiesa, con sconfinamenti nel marxismo in tonaca sempre più evidenti soprattutto nell'America latina.
Preti Pedofili
I suggerimenti per porre rimedio a quella situazione gli vennero dalla frequentazione, negli anni Settanta, di alcuni incontri riservati organizzati a Roma dall'Opus Dei, l'organizzazione fondata dallo spagnolo Josemaria Escrivà de Balaguer, poi beatificato dallo stesso pontefice nel 2002.
La forte capacità di reclutamento di nuovi adepti da parte dell'Opus tra i manager più affermati e influenti, sia in Italia che in tutti i Paesi europei e delle due Americhe, colpì Papa Wojtyla, fino al punto che decise di entrare lui stesso nel movimento e di sostenerlo all'interno della Chiesa.
La prima offensiva fu contro i preti latino-americani che avevano fatto della teologia della liberazione la loro missione, incitando i poveri a ribellarsi anche con le armi.
stella di david ebreo ebrei
Al suo fianco, il Papa polacco ebbe come valido aiuto il cardinale Ratzinger, capo della congregazione per la Dottrina della Fede, che istruì un vero e proprio processo di tipo eretico al manifesto della teologia della liberazione lanciato dal teologo peruviano Gustavo Gutierrez. Le teorie di quest'ultimo, al pari di quelle predicate da Ernesto Cardenal (che è stato un prete-ministro del governo sandinista in Nicaragua) e dal brasiliano Leonardo Boff, furono bandite dalla Chiesa cattolica, che poi ne recuperò i contenuti di solidarietà con i poveri, ma senza il mitra in mano.
Risultato: oggi la Chiesa dell'America latina è controllata dai prelati legati all'Opus Dei, che sono stati i primi a votare per Ratzinger papa, dopo la morte di Wojtyla. E al loro fianco sono numerosi i manager legati all'Opus Dei, presenti in tutti i settori dell'economia in molte posizioni di comando.
new york times
Lo sbarco a Manhattan dell'Opus Dei è successivo. Ma è stato pianificato in ogni dettaglio e sta avendo un fortissimo impatto. La sede dell'Opus, che all'inizio doveva essere un palazzotto di tre piani, è un piccolo grattacielo di 17 piani nell'Upper East di New York, tra la Trentaquattresima e la Lexington, a due passi da Central Park, un posto per ricchi. La sede, la cui costruzione è finita nel 2001, ha un soprannome, «Torre del potere», che dice tutto.
RATZINGER CON MASCOTTE MONDIALI NUOTO
E la donazione che l'Opus ha ricevuto per la sua realizzazione è tra le più ricche della storia: 60 milioni di dollari in azioni di un'azienda farmaceutica, rivendute con un'enorme plusvalenza.
Giovanni Paolo II
In pochi anni, l'Opus Dei ha conquistato uomini potenti e molto in vista, non solo nella finanza Usa, ma anche nel mondo politico e in quello della giustizia.
Una crescita che ha prodotto, come era prevedibile, dei potenti anticorpi, soprattutto nel mondo finanziario e dei media, come confermano gli ultimi attacchi del "New York Times". Una guerra che merita un approfondimento. Ci torneremo sopra.
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/04/gli-avvenimenti-degli-ultimi-giorni-ed.html
Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo questo bellissimo e documentato commento del vaticanista Salvatore Izzo, che ringraziamo di cuore:
Cara Raffaella,
dopo la clamorosa cantonata di venerdi' scorso, presa da chi in America e in Italia voleva infangare il Papa sulla base della lettera in latino del 1985, assistiamo al tentativo maldestro, messo in atto dagli stessi media, di coinvolgere almeno Giovanni Paolo II nel ''caso Kiesle''.
Fatica sprecata perche' quel sacerdote criminale fu prima arrestato e condannato dalla giustizia civile e solo dopo aver scontato tre anni di carcere domando' la riduzione allo stato laicale. Che fu accordata con i tempi e le procedure previste. Nessuno ha coperto nulla. Nessuno ha rallentato nulla. Nessuno ha mai chiesto la sua riammissione. Da Roma era arrivata solo una raccomandazione ad attenersi alle procedure utilizzando ''paterna prudenza'' affinche' al sacerdote fosse impedito di compiere altri stupri. E il fatto che, una volta tornato laico, Kiesle abbia commesso di nuovo abusi denuncia semmai una inadeguatezza del sistema di prevenzione dello Stato della California.
Queste considerazioni molto elementari tuttavia non risolvono il problema che abbiamo di fronte. L'attacco dell'Ap - al di la' dell'inconsistenza delle accuse - secondo me e' in qualche modo emblematico e piu' grave di quelli mossi nelle scorse settimane dal New York Times e dallo Spiegel, cui si sono accodati tutti gli altri media che nei vari Paesi hanno preso a sputi e spinte il Santo Padre, proprio come accadde a Gesu' il Venerdi' Santo.
Mentre molte altre testate assistevano in un pilatesco silenzio al supplizio.
Ora infatti siamo al salto di qualita', all'attacco finale ad alzo zero. Stanno ergendo il patibolo.
E mi sembra evidente, a questo punto, che quanto sta accadendo non puo' essere spiegato solo con la superficialita' e l'impreparazione di alcuni giornalisti al di la' e al di qua dell'Oceano, dove certamente ha dato fastidio la mutua simpatia che si e' stabilita tra il Papa e il popolo americano con lo straordinario e sofferto pellegrinaggio del 2008.
Ma se le carenze professionali e la presunzione di testate che ritengono di essere chiamate al compito storico di processare la Chiesa Cattolica e il Papa hanno certamente favorito l'aggressione, e' chiaro d'altra parte che i mandanti sono altri, quelli che abilmente utilizzano per i loro scopi le debolezze culturali e morali del sistema mediatico. Cosi' come strumentalizzano il dramma degli abusi, crimini gravissimi che feriscono, insieme alle vittime innocenti, Gesu' stesso come il Papa ci ha detto piu' volte.
Ma che non sono affatto un'esclusiva della Chiesa Cattolica, come si vuole far credere. Si manipolano persone gia' duramente provate, che vengono spinte a un risentimento generalizzato contro la fede cattolica che in realta' non ha giustificazioni. Ci sono associazioni gay e studi legali che fanno questo, e' provato. Ma neanche gli attivisti omosessuali e gli avvocati piu' spregiudicati avrebbero da soli la forza di sparare cosi' in alto.
Come nel caso Murphy, inoltre, anche stavolta c'e' stata una sponda catto-progressista, non tanto per fornire i documenti utilizzati ma per indirizzare la ricerca e decodificare i dossier individuando le ''prove''. Ma nemmeno l'ex vescovo e campione progressista, oggi icona gay, Weakland e i suoi accoliti potevano riuscire da soli a convincere il quarto potere a un passo del genere.
Prima potevamo dubitare che ci fosse un complotto.
Purtroppo pero' da questo nuovo attacco, portato stavolta attraverso la maggiore agenzia d'informazione del mondo, emerge una volonta' politica divenuta evidente di colpire il Papa. Non e' nemmeno immaginabile che la direzione di una testata cosi' prestigiosa, che fornisce servizi ai maggiori giornali del mondo, si sia mossa senza avere le spalle coperte. Certo la non conoscenza del latino e delle procedure ecclesiastiche possono aver indotto in errore i giornalisti, ma fa riflettere che la direzione di un'agenzia di tali proporzioni si sia lasciata utilizzare. Chi ha giocato questa mossa si era convinto che il Vaticano, dopo settimane di ''rivelazioni'', che a questo punto possiamo definire concertate, fosse ormai come un pugile suonato, pronto a cadere a tappeto. E cosi' si potesse finalmente realizzare l'epilogo lungamente sognato e perseguito con le campagne di stampa susseguitesi da Ratisbona in avanti, sempre con la collaborazione di media quanto meno irresponsabili: quello di costringere Benedetto XVI in un angolo.
Vogliono farlo fuori, questo e' chiaro. Per impedirgli di fermare il declino della Chiesa e la caduta dei valori.
E non trovare piu' nessun impedimento, nessuno che sbarri la strada alla menzogna, che alzi la voce per difendere i bambini non nati in America e in Europa, e ancora quelli che in Africa sono derubati di tutto e in alcuni Paesi dell'Asia vengono violati in massa.
Con il Papa e la Chiesa e' la Verita' stessa del Vangelo - mi sembra - ad essere sotto attacco da parte di poteri forti che tradizionalmente, ironia della storia, hanno avallato la violenza sui bambini in molteplici forme, tra l'altro fabbricando e vendendo bombe a forma di giocattoli, ma e' solo un esempio. O ancora sfruttando le loro piccole mani nelle fabbriche delocalizzate in tanti Paesi del Terzo Mondo.
E dunque oggi i cristiani debbono mobilitarsi per difendere non solo Benedetto XVI e le mura delle chiese - sulle quali cominciano a comparire scritte inquietanti - ma la nostra identita' che rappresenta, io credo, la tutela piu' efficace per i deboli nella societa' di oggi, come ci insegnano il volontariato e le migliaia di famiglie che proteggono i loro malati come non e' stato possibile fare con Eluana Englaro.
La risposta a una simile aggressione che non e' solo mediatica - non dimentichiamoci le mozioni antiPapa di diversi Parlamenti dopo le manipolazioni delle sue parole sull'Aids - non puo' essere affidata soltanto all'abilita' del portavoce della Santa Sede e alla penna brillante di alcuni polemisti. La certezza che ''non prevalebunt'' non ci esime dal dovere di vigilare e reagire. E l'unica risposta possibile a un attacco che di fatto e' politico e' quella di mettere in atto un'azione politica, chiamando in causa - siamo cittadini elettori - i nostri eletti, qui in Italia, Paese che si e' assunto con il Concordato il dovere di proteggere la Sede Apostolica. E ovunque questo sia reso possibile dalle condizioni concrete. I musulmani ci guardano con sospetto perche' non difendiamo il Papa e i nostri valori. Non si puo' dare loro torto su questo aspetto: che fede e' la nostra, se temiamo di manifestarla e ci chiudiamo da soli nelle catacombe? La proposta di padre Aldo Trento e di Mimmo Delle Foglie di un gesto pubblico a sostegno del Pontefice - che e' per noi il dolce Cristo in terra, come scrisse Santa Caterina da Siena, e la Santita' di Nostro Signore Gesu' Cristo, come si leggeva fino a qualche anno fa sull'Osservatore Romano - non andrebbe lasciata cadere.
Ma quel giorno dovrebbero essere invitati in piazza San Pietro anche i leader di tutti i partiti che si rivolgono all'elettorato cattolico. E l'intero Governo. Inoltre, andando verso San Pietro, sarebbe forse il caso di passare - senza schiamazzi ovviamente - davanti all'ambasciata americana, perche' il messaggio arrivi ben chiaro anche alla Casa Bianca. Le sceneggiate di Milingo sono cessate quando Moon e i suoi hanno capito che non potevano esagerare.
Dilettanti rispetto al nuovo Gran Sinedrio che ha condannato Ratzinger, ma forse quegli attacchi al valore del celibato sacerdotale erano solo le prove generali di questa campagna che vorrebbero fosse quella finale.
Salvatore Izzo
Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo questo bellissimo e documentato commento del vaticanista Salvatore Izzo, che ringraziamo di cuore:
Cara Raffaella,
dopo la clamorosa cantonata di venerdi' scorso, presa da chi in America e in Italia voleva infangare il Papa sulla base della lettera in latino del 1985, assistiamo al tentativo maldestro, messo in atto dagli stessi media, di coinvolgere almeno Giovanni Paolo II nel ''caso Kiesle''.
Fatica sprecata perche' quel sacerdote criminale fu prima arrestato e condannato dalla giustizia civile e solo dopo aver scontato tre anni di carcere domando' la riduzione allo stato laicale. Che fu accordata con i tempi e le procedure previste. Nessuno ha coperto nulla. Nessuno ha rallentato nulla. Nessuno ha mai chiesto la sua riammissione. Da Roma era arrivata solo una raccomandazione ad attenersi alle procedure utilizzando ''paterna prudenza'' affinche' al sacerdote fosse impedito di compiere altri stupri. E il fatto che, una volta tornato laico, Kiesle abbia commesso di nuovo abusi denuncia semmai una inadeguatezza del sistema di prevenzione dello Stato della California.
Queste considerazioni molto elementari tuttavia non risolvono il problema che abbiamo di fronte. L'attacco dell'Ap - al di la' dell'inconsistenza delle accuse - secondo me e' in qualche modo emblematico e piu' grave di quelli mossi nelle scorse settimane dal New York Times e dallo Spiegel, cui si sono accodati tutti gli altri media che nei vari Paesi hanno preso a sputi e spinte il Santo Padre, proprio come accadde a Gesu' il Venerdi' Santo.
Mentre molte altre testate assistevano in un pilatesco silenzio al supplizio.
Ora infatti siamo al salto di qualita', all'attacco finale ad alzo zero. Stanno ergendo il patibolo.
E mi sembra evidente, a questo punto, che quanto sta accadendo non puo' essere spiegato solo con la superficialita' e l'impreparazione di alcuni giornalisti al di la' e al di qua dell'Oceano, dove certamente ha dato fastidio la mutua simpatia che si e' stabilita tra il Papa e il popolo americano con lo straordinario e sofferto pellegrinaggio del 2008.
Ma se le carenze professionali e la presunzione di testate che ritengono di essere chiamate al compito storico di processare la Chiesa Cattolica e il Papa hanno certamente favorito l'aggressione, e' chiaro d'altra parte che i mandanti sono altri, quelli che abilmente utilizzano per i loro scopi le debolezze culturali e morali del sistema mediatico. Cosi' come strumentalizzano il dramma degli abusi, crimini gravissimi che feriscono, insieme alle vittime innocenti, Gesu' stesso come il Papa ci ha detto piu' volte.
Ma che non sono affatto un'esclusiva della Chiesa Cattolica, come si vuole far credere. Si manipolano persone gia' duramente provate, che vengono spinte a un risentimento generalizzato contro la fede cattolica che in realta' non ha giustificazioni. Ci sono associazioni gay e studi legali che fanno questo, e' provato. Ma neanche gli attivisti omosessuali e gli avvocati piu' spregiudicati avrebbero da soli la forza di sparare cosi' in alto.
Come nel caso Murphy, inoltre, anche stavolta c'e' stata una sponda catto-progressista, non tanto per fornire i documenti utilizzati ma per indirizzare la ricerca e decodificare i dossier individuando le ''prove''. Ma nemmeno l'ex vescovo e campione progressista, oggi icona gay, Weakland e i suoi accoliti potevano riuscire da soli a convincere il quarto potere a un passo del genere.
Prima potevamo dubitare che ci fosse un complotto.
Purtroppo pero' da questo nuovo attacco, portato stavolta attraverso la maggiore agenzia d'informazione del mondo, emerge una volonta' politica divenuta evidente di colpire il Papa. Non e' nemmeno immaginabile che la direzione di una testata cosi' prestigiosa, che fornisce servizi ai maggiori giornali del mondo, si sia mossa senza avere le spalle coperte. Certo la non conoscenza del latino e delle procedure ecclesiastiche possono aver indotto in errore i giornalisti, ma fa riflettere che la direzione di un'agenzia di tali proporzioni si sia lasciata utilizzare. Chi ha giocato questa mossa si era convinto che il Vaticano, dopo settimane di ''rivelazioni'', che a questo punto possiamo definire concertate, fosse ormai come un pugile suonato, pronto a cadere a tappeto. E cosi' si potesse finalmente realizzare l'epilogo lungamente sognato e perseguito con le campagne di stampa susseguitesi da Ratisbona in avanti, sempre con la collaborazione di media quanto meno irresponsabili: quello di costringere Benedetto XVI in un angolo.
Vogliono farlo fuori, questo e' chiaro. Per impedirgli di fermare il declino della Chiesa e la caduta dei valori.
E non trovare piu' nessun impedimento, nessuno che sbarri la strada alla menzogna, che alzi la voce per difendere i bambini non nati in America e in Europa, e ancora quelli che in Africa sono derubati di tutto e in alcuni Paesi dell'Asia vengono violati in massa.
Con il Papa e la Chiesa e' la Verita' stessa del Vangelo - mi sembra - ad essere sotto attacco da parte di poteri forti che tradizionalmente, ironia della storia, hanno avallato la violenza sui bambini in molteplici forme, tra l'altro fabbricando e vendendo bombe a forma di giocattoli, ma e' solo un esempio. O ancora sfruttando le loro piccole mani nelle fabbriche delocalizzate in tanti Paesi del Terzo Mondo.
E dunque oggi i cristiani debbono mobilitarsi per difendere non solo Benedetto XVI e le mura delle chiese - sulle quali cominciano a comparire scritte inquietanti - ma la nostra identita' che rappresenta, io credo, la tutela piu' efficace per i deboli nella societa' di oggi, come ci insegnano il volontariato e le migliaia di famiglie che proteggono i loro malati come non e' stato possibile fare con Eluana Englaro.
La risposta a una simile aggressione che non e' solo mediatica - non dimentichiamoci le mozioni antiPapa di diversi Parlamenti dopo le manipolazioni delle sue parole sull'Aids - non puo' essere affidata soltanto all'abilita' del portavoce della Santa Sede e alla penna brillante di alcuni polemisti. La certezza che ''non prevalebunt'' non ci esime dal dovere di vigilare e reagire. E l'unica risposta possibile a un attacco che di fatto e' politico e' quella di mettere in atto un'azione politica, chiamando in causa - siamo cittadini elettori - i nostri eletti, qui in Italia, Paese che si e' assunto con il Concordato il dovere di proteggere la Sede Apostolica. E ovunque questo sia reso possibile dalle condizioni concrete. I musulmani ci guardano con sospetto perche' non difendiamo il Papa e i nostri valori. Non si puo' dare loro torto su questo aspetto: che fede e' la nostra, se temiamo di manifestarla e ci chiudiamo da soli nelle catacombe? La proposta di padre Aldo Trento e di Mimmo Delle Foglie di un gesto pubblico a sostegno del Pontefice - che e' per noi il dolce Cristo in terra, come scrisse Santa Caterina da Siena, e la Santita' di Nostro Signore Gesu' Cristo, come si leggeva fino a qualche anno fa sull'Osservatore Romano - non andrebbe lasciata cadere.
Ma quel giorno dovrebbero essere invitati in piazza San Pietro anche i leader di tutti i partiti che si rivolgono all'elettorato cattolico. E l'intero Governo. Inoltre, andando verso San Pietro, sarebbe forse il caso di passare - senza schiamazzi ovviamente - davanti all'ambasciata americana, perche' il messaggio arrivi ben chiaro anche alla Casa Bianca. Le sceneggiate di Milingo sono cessate quando Moon e i suoi hanno capito che non potevano esagerare.
Dilettanti rispetto al nuovo Gran Sinedrio che ha condannato Ratzinger, ma forse quegli attacchi al valore del celibato sacerdotale erano solo le prove generali di questa campagna che vorrebbero fosse quella finale.
Salvatore Izzo
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://www.asianews.it/notizie-it/Lo-scandalo-dei-preti-pedofili-visto-dalla-Thailandia-del-turismo-sessuale-17995.html
26/03/2010 14:47
VATICANO - THAILANDIA
Lo scandalo dei preti pedofili visto dalla Thailandia del turismo sessuale
La testimonianza di p. Adriano Pelosin, che a Bangkok si occupa di bambini di strada, strappati alla prostituzione e alla schiavitù. Occorre la denuncia, ma anche la compassione per i colpevoli e le vittime degli abusi. È un momento di purificazione per la Chiesa e un esame di coscienza per il mondo: l’aborto, la povertà, la mortalità infantile per mancanza di cure sono altrettanti abusi davanti a cui il mondo ricco sembra indifferente.
Bangkok (AsiaNews) – “Le accuse ai preti pedofili sono una cosa che mi fa vergognare e mi imbarazza, ma ho anche molta compassione per le vittime e i colpevoli degli abusi. Per questo è importante non ridurre tutto alla denuncia. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli – segnati senz’altro da ferite - e le vittime che sono state abusate. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare”.
Parla così p. Adriano Pelosin, 64 anni, missionario Pime, in Thailandia da 29 anni, e da più di 12 impegnato nel recupero di bambini di strada abusati dai genitori, usati come strumento di piacere per il turismo sessuale, abbandonati dalle loro famiglie.
Lo scandalo dei preti pedofili anche se riportato sui giornali thailandesi, non ha grosso impatto sulla gente. “Qui – continua il sacerdote – vi è una legge che proibisce di parlare di scandali dei monaci e della casa reale. Il papa e i sacerdoti sono assommati al mondo religioso buddista e per questo si parla poco. Fra i cattolici vi è comunque una certa vergogna per il modo in cui alcun i ministri sacri abbiano macchiato il loro servizio e tradito la fiducia che dei bambini o ragazzi e ragazze hanno posto in loro”. Per questo, egli dice, i colpevoli devono essere perseguiti e non ci deve essere nascondimenti o silenzi. “Ma – aggiunge - è il momento giusto di guardarsi dentro, sacerdoti e laici, credenti e non credenti: se dei preti hanno sbagliato così, chissà quanto hanno sbagliato tutti gli altri! Gesù’ direbbe: Chi è senza peccato scagli la prima pietra. E Se Dio ha chiamato l’esercito dei giornalisti ad accusare la Chiesa, - come una volta ha chiamato l’esercito assiro a distruggere Gerusalemme – bisogna stare attenti a non andare al di la dei limiti che Dio stesso pone ad ogni punizione”.
Secondo p. Pelosin, la sola denuncia rischia di essere sterile. “Vivo in mezzo a tanti casi di vittime della pedofilia, e non da parte di preti, ma da parte di membri del circolo familiare delle vittime: padri verso i figli; fratelli maggiori verso fratelli minori; zii e parenti verso i nipoti… È qualcosa che colpisce in profondità i bambini. Eppure io preferisco non parlarne mai in pubblico, non farne oggetto di conversazione. Anzitutto perché altrimenti rischio di spingere le vittime alla disperazione; in secondo luogo perché puntare tutto sul negativo non porta a nulla. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli e le vittime. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare. Assieme alla giustizia, bisogna usare anche la misericordia”.
P. Pelosin ha salvato molte volte ragazzi 12enni dal giro della prostituzione (soprattutto omosessuale, da parte di occidentali). Rimane stupito del fatto che “le denunce contro i preti vengono da un mondo permissivo e anarchico, dove la violenza e la libertà sessuale sono affermati come un diritto: “C’è come una vendetta nei confronti della Chiesa che si erge a giudice delle azioni degli altri”. “In realtà questo è un momento per prendere coscienza della bellezza dei bambini, della loro dignità e fragilità, del loro bisogno di rispetto e amore che tutti devono portare loro, a partire da genitori, insegnanti, e dalla società in generale. E bisogna ripensare ai bambini che vengono soppressi nel seno materno: è questo è il più grande abuso, che perfino una madre fa al suo bambino, magari con l’approvazione ufficiale di quelle autorità per perseguono gli abusi sessuali dei preti”.
Un altro fatto che stupisce p. Pelosin è che “ci sono denunce ai preti solo su questi scandali sessuali e non su altri aspetti del loro lavoro, come manipolazione di soldi, ruberie, pigrizie”. Tutto questo lo spinge a pensare “che vi sia una vera e propria campagna contro il papa e i sacerdoti”, dimenticando che oltre a questi casi umilianti “vi è anche tantissimo bene che viene compiuto”.
L’ultima raccomandazione di p. Pelosin è di “non temere di far fronte a tutti questi scandali: essi sono un’occasione di purificazione”. E dopo aver citato la lettera che Benedetto XVI ha scritto ai cattolici irlandesi sugli scandali dei preti pedofili qualche settimana fa, aggiunge: “È il momento per un esame di coscienza mondiale: dovremmo prendere coscienza dei diritti dei bambini poveri, che non hanno cibo sufficiente, non possono andare a scuola, muoiono delle malattie più comuni perché non possono curarsi. La comunità internazionale deve domandarsi sulle responsabilità di questi abusi su milioni di bambini, che a causa dell’indifferenza finiscono per essere poi abusati in tutti i sensi dagli adulti: schiavitù, sesso, accattonaggio, bambini-soldato, spaccio di droga. Non è forse il mondo ricco e indifferente a negare i diritti a milioni di bambini?”.
26/03/2010 14:47
VATICANO - THAILANDIA
Lo scandalo dei preti pedofili visto dalla Thailandia del turismo sessuale
La testimonianza di p. Adriano Pelosin, che a Bangkok si occupa di bambini di strada, strappati alla prostituzione e alla schiavitù. Occorre la denuncia, ma anche la compassione per i colpevoli e le vittime degli abusi. È un momento di purificazione per la Chiesa e un esame di coscienza per il mondo: l’aborto, la povertà, la mortalità infantile per mancanza di cure sono altrettanti abusi davanti a cui il mondo ricco sembra indifferente.
Bangkok (AsiaNews) – “Le accuse ai preti pedofili sono una cosa che mi fa vergognare e mi imbarazza, ma ho anche molta compassione per le vittime e i colpevoli degli abusi. Per questo è importante non ridurre tutto alla denuncia. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli – segnati senz’altro da ferite - e le vittime che sono state abusate. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare”.
Parla così p. Adriano Pelosin, 64 anni, missionario Pime, in Thailandia da 29 anni, e da più di 12 impegnato nel recupero di bambini di strada abusati dai genitori, usati come strumento di piacere per il turismo sessuale, abbandonati dalle loro famiglie.
Lo scandalo dei preti pedofili anche se riportato sui giornali thailandesi, non ha grosso impatto sulla gente. “Qui – continua il sacerdote – vi è una legge che proibisce di parlare di scandali dei monaci e della casa reale. Il papa e i sacerdoti sono assommati al mondo religioso buddista e per questo si parla poco. Fra i cattolici vi è comunque una certa vergogna per il modo in cui alcun i ministri sacri abbiano macchiato il loro servizio e tradito la fiducia che dei bambini o ragazzi e ragazze hanno posto in loro”. Per questo, egli dice, i colpevoli devono essere perseguiti e non ci deve essere nascondimenti o silenzi. “Ma – aggiunge - è il momento giusto di guardarsi dentro, sacerdoti e laici, credenti e non credenti: se dei preti hanno sbagliato così, chissà quanto hanno sbagliato tutti gli altri! Gesù’ direbbe: Chi è senza peccato scagli la prima pietra. E Se Dio ha chiamato l’esercito dei giornalisti ad accusare la Chiesa, - come una volta ha chiamato l’esercito assiro a distruggere Gerusalemme – bisogna stare attenti a non andare al di la dei limiti che Dio stesso pone ad ogni punizione”.
Secondo p. Pelosin, la sola denuncia rischia di essere sterile. “Vivo in mezzo a tanti casi di vittime della pedofilia, e non da parte di preti, ma da parte di membri del circolo familiare delle vittime: padri verso i figli; fratelli maggiori verso fratelli minori; zii e parenti verso i nipoti… È qualcosa che colpisce in profondità i bambini. Eppure io preferisco non parlarne mai in pubblico, non farne oggetto di conversazione. Anzitutto perché altrimenti rischio di spingere le vittime alla disperazione; in secondo luogo perché puntare tutto sul negativo non porta a nulla. Molto meglio essere discreti e aiutare i colpevoli e le vittime. Solo così si può far nascere il positivo anche da queste esperienze amare. Assieme alla giustizia, bisogna usare anche la misericordia”.
P. Pelosin ha salvato molte volte ragazzi 12enni dal giro della prostituzione (soprattutto omosessuale, da parte di occidentali). Rimane stupito del fatto che “le denunce contro i preti vengono da un mondo permissivo e anarchico, dove la violenza e la libertà sessuale sono affermati come un diritto: “C’è come una vendetta nei confronti della Chiesa che si erge a giudice delle azioni degli altri”. “In realtà questo è un momento per prendere coscienza della bellezza dei bambini, della loro dignità e fragilità, del loro bisogno di rispetto e amore che tutti devono portare loro, a partire da genitori, insegnanti, e dalla società in generale. E bisogna ripensare ai bambini che vengono soppressi nel seno materno: è questo è il più grande abuso, che perfino una madre fa al suo bambino, magari con l’approvazione ufficiale di quelle autorità per perseguono gli abusi sessuali dei preti”.
Un altro fatto che stupisce p. Pelosin è che “ci sono denunce ai preti solo su questi scandali sessuali e non su altri aspetti del loro lavoro, come manipolazione di soldi, ruberie, pigrizie”. Tutto questo lo spinge a pensare “che vi sia una vera e propria campagna contro il papa e i sacerdoti”, dimenticando che oltre a questi casi umilianti “vi è anche tantissimo bene che viene compiuto”.
L’ultima raccomandazione di p. Pelosin è di “non temere di far fronte a tutti questi scandali: essi sono un’occasione di purificazione”. E dopo aver citato la lettera che Benedetto XVI ha scritto ai cattolici irlandesi sugli scandali dei preti pedofili qualche settimana fa, aggiunge: “È il momento per un esame di coscienza mondiale: dovremmo prendere coscienza dei diritti dei bambini poveri, che non hanno cibo sufficiente, non possono andare a scuola, muoiono delle malattie più comuni perché non possono curarsi. La comunità internazionale deve domandarsi sulle responsabilità di questi abusi su milioni di bambini, che a causa dell’indifferenza finiscono per essere poi abusati in tutti i sensi dagli adulti: schiavitù, sesso, accattonaggio, bambini-soldato, spaccio di droga. Non è forse il mondo ricco e indifferente a negare i diritti a milioni di bambini?”.
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://blog.messainlatino.it/2010/03/la-verita-sul-caso-di-pedofilia-di.html
La verità sul caso di pedofilia di Milwaukee
In spirito di servizio alla Chiesa e per mettere a disposizione del lettore italiano questo importante documento, che fa giustizia delle calunnie rivolte al Santo Padre dal New York Times circa l'insabbiamento che egli avrebbe operato del caso di un prete pedofilo di Milwaukee, traduciamo e pubblichiamo questa testimonianza di prima mano apparsa su Catholic Anchor di Anchorage (Alaska), e segnalato da Father Z.
Per fornire il contesto di questo articolo, chiarisco che sono stato il vicario giudiziale per l'Arcidiocesi di Milwaukee, dal 1995 al 2003. In quegli anni, ho presieduto quattro casi criminali canonici, uno dei quali ha coinvolto padre Lawrence Murphy. Due dei quattro uomini sono morti durante il processo. Solo Dio giudicherà questi uomini.
Per inquadrare le osservazioni che seguono, preciso che sto scrivendo questo articolo con la conoscenza e il consenso esplicito dell'Arcivescovo Roger Schwietz, OMI, Arcivescovo di Anchorage, dove attualmente servo. L'Arcivescovo Schwietz è anche l'editore del giornale Catholic Anchor.
Limiterò le mie osservazioni, a causa dei giuramenti giudiziari che ho preso come avvocato canonico e come giudice ecclesiastico. Tuttavia, dal momento che il mio nome e commenti sul caso di padre Murphy sono stati liberamente e spesso erroneamente citati nel New York Times e in più di 100 altri giornali e periodici on-line, mi sento libero di raccontare la storia del processo di padre Murphy partendo da zero.
Dato che le notizie su questo problema sono state imprecise e inaccurate nella ricostruzione dei fatti, sto scrivendo anche mosso da un senso del dovere, in nome della verità.
Il fatto che abbia presieduto quel processo e mai una volta sia stato contattato da qualsiasi fonte di notizie per un commento, parla da sé.
Il mio intento nei paragrafi seguenti è il seguente:
- Raccontare la storia dietro le quinte di ciò che realmente è accaduto nel caso di padre Murphy a livello locale;
- Delineare la sciatto e impreciso resoconto sul caso padre Murphy da parte del New York Times e di altri mezzi di comunicazione;
- Affermare che il Santo Padre ha fatto più di qualsiasi altro Papa o vescovo nella storia per liberare la Chiesa Cattolica del flagello di abusi sessuali su minori e provvedere a coloro che sono stati danneggiati;
- Fare il punto direttamente in merito agli sforzi compiuti dalla Chiesa per guarire le ferite causate da cattiva condotta sessuale di membri del clero. La Chiesa Cattolica è probabilmente il posto più sicuro per i bambini in questo momento della storia.
Prima di procedere, è importante sottolineare che flagello sono stati gli abusi sessuali su minori — non solo per la Chiesa, ma anche per la società. Poche azioni possono falsare la vita di un bambino più di un abuso sessuale. È una forma di omicidio emotivo e spirituale e comincia una traiettoria verso un senso distorto della sessualità. Se commessi da una persona autorevole, creano una diffidenza verso quasi chiunque, dovunque.
Come cappellano volontario di prigione in Alaska, ho trovato una connessione tra coloro che sono stati incarcerati per abusi sessuali su minori e i sacerdoti che hanno commesso tali azioni dolorose. Essi tendono ad essere molto intelligenti e manipolatori. Essi tendono ad essere benvoluti e affascinanti. Essi tendono ad avere uno scopo nella vita — soddisfare la loro brama. La maggior parte sono altamente narcisistici e non vedono che hanno causato danno. Vedono i bambini di cui hanno abusato non come persone ma come oggetti. Essi mostrano raramente rimorso e, inoltre, a volte ritraggono se stessi come vittime. Essi sono, in breve, persone pericolose e non si dovrebbe mai dare loro fiducia una seconda volta. La maggior parte commetterà nuovamente il suo crimine se ne ha una possibilità.
Circa i numerosi articoli sul caso di padre Murphy, la vera storia non è stata ancora raccontata.
Nel 1996, ho avuto conoscenza della storia di padre Murphy, ex direttore della scuola S. Giovanni per sordi in Milwaukee. Era fatto notorio da decadi che durante il mandato di padre Murphy alla scuola (1950-1974) c'era stato uno scandalo a s. Giovanni che coinvolgeva lui e alcuni bambini sordi. I dettagli, tuttavia, erano abbozzati nel migliore dei casi.
Una coraggiosa difesa delle vittime (e spesso le loro mogli), ha portato l'Arcidiocesi di Milwaukee, a rivedere la questione nel 1996. Nelle discussioni interne della curia dell'Arcidiocesi di Milwaukee, divenne evidente che avevamo bisogno di intraprendere un'azione forte e rapida per i torti di alcuni decenni fa. Con il consenso dell'Arcivescovo di allora di Milwaukee Rembert Weakland, abbiamo iniziato un'inchiesta sulle accuse di abuso sessuale infantile, come pure sulla violazione del reato di sollecitazione entro il confessionale da parte di padre Murphy.
Abbiamo proceduto ad avviare un processo contro Padre Murphy. Sono stato il presidente del collegio giudicante in questa materia e ho informato il padre Murphy che accuse penali stavano per essere promosse contro di lui in materia di abusi sessuali su minori e sollecitazione nel confessionale.
Nelle mie interazioni con padre Murphy, ho avuto l'impressione che mi stavo occupando di un uomo che semplicemente non capiva. Egli era difensivo e minaccioso.
Tra il 1996 e il 1998, agosto, ho intervistato, con l'aiuto di un interprete qualificato, circa una dozzina di vittime del padre Murphy. Questi sono stati interrogatori rivoltanti. In un caso la vittima era diventato un perpetratore egli stesso e era stato in prigione per i suoi crimini. Mi sono reso conto che questa malattia è virulenta e facilmente è trasmessa agli altri. Ho sentito storie di vita distorta, sessualità diminuita o rimossa. Questi sono stati i giorni più bui del mio sacerdozio, ed ero stato ordinato meno di dieci anni prima. Una direzione spirituale ispirata dalla grazia è stata un aiuto di Dio.
Ho incontrato anche una rappresentanza di sordi cattolici. Hanno insistito che Padre Murphy fosse rimosso dal sacerdozio; la richiesta che fosse sepolto non come un sacerdote, ma come un laico, è stata molto importante per loro. Ho indicato che come giudice, non potevo garantire la prima richiesta e avrei potuto fare solo una raccomandazione sulla seconda.
Nell'estate del 1998, ho ordinato al padre Murphy di essere presente alla deposizione presso la cancelleria di Milwaukee. Poco dopo, ho ricevuto una lettera dal suo medico che egli era in stato precario di salute e poteva viaggiare non più di 20 miglia (da Boulder Junction a Milwaukee sarebbero state circa 276 miglia). Una settimana più tardi, padre Murphy morì di cause naturali in un luogo a circa 100 miglia da casa sua.
Per quanto riguarda il rapporto poco accurato del New York Times, l'Associated Press e di quelli che hanno utilizzato queste fonti, prima di tutto ribadisco che mai sono stato contattato da una di queste agenzie di notizie, benché si siano sentiti liberi di citarmi. Sono quasi tutte delle mie citazioni da un documento che può essere trovato online con la corrispondenza tra la Santa Sede e l'Arcidiocesi di Milwaukee. In un documento scritto a mano, 31 ottobre 1997, io sono citato con le parole "è probabile che questa situazione sia delle più orrende, sia per il numero, e soprattutto perché si tratta di persone disabili, vulnerabili". Inoltre è citata la seguente:"I bambini sono stati contattati entro il confessionale, dove la questione della circoncisione cominciò la sollecitazione".
Il problema con queste affermazioni attribuite a me è che esse sono state scritte a mano. I documenti non sono stati scritti da me e non assomigliano alla mia scrittura. La sintassi è simile a quello che io potrei aver detto, ma non ho idea di chi ha scritto queste dichiarazioni, eppure io sono accreditato come se l'avessi detto. Quand'ero matricola presso la Marquette University School of Journalism, ci è stato detto di controllare, ricontrollare e poi controllare ancora le nostre citazioni se necessario. Eppure mai sono stato contattato da alcuno su questo documento, scritto da una fonte sconosciuta a me. Discernere la verità richiede tempo ed è evidente che il New York Times, l'Associated Press e altri non hanno preso il tempo per ottenere i fatti corretti.
Inoltre, nella documentazione in una lettera dall'Arcivescovo Weakland all'allora Segretario della Congregazione per la dottrina della fede Arcivescovo Tarcisio Bertone il 19 agosto 1998, l'Arcivescovo Weakland ha dichiarato che egli mi aveva incaricato di sospendere il procedimento contro Padre Murphy. Padre Murphy, tuttavia, morì dopo due giorni e il fatto è che il giorno che Padre Murphy è morto, era ancora il convenuto in un processo penale ecclesiastico. Nessuno sembra essere consapevole di questo. Se mi fosse stato chiesto di sospendere la procedura, certamente avrei insistito che si facesse appello alla Corte suprema della Chiesa, o a Giovanni Paolo II se necessario. Mesi, se non più, avrebbe preso quel processo.
In secondo luogo, con riguardo al ruolo dell'allora Cardinale Joseph Ratzinger (ora Papa Benedetto XVI), in questa materia, non ho motivo di credere che sia stato coinvolto in un qualsiasi modo. Mettere la cosa a suo carico è un enorme ignoranza di logica e di informazioni.
In terzo luogo, la competenza per ascoltare i casi di abuso sessuale dei minori è passata dalla Rota romana alla Congregazione per la dottrina della fede guidata dal Cardinale Ratzinger nel 2001. Fino a quel momento, la maggior parte dei casi di appello andava alla Rota e era nostra esperienza che i casi potessero languire per anni in quella Corte. Quando la competenza è stata modificata in favore della Congregazione per la Dottrina della Fede, la mia constatazione, così come di molti dei miei colleghi canonisti, è che i casi di abuso sessuale sono stati gestiti rapidamente, correttamente e con il dovuto riguardo ai diritti di tutte le parti coinvolte. Non ho alcun dubbio che questo fu l'opera dell'allora Cardinale Ratzinger.
In quarto luogo, Papa Benedetto XVI ha chiesto scusa più volte per la vergogna dell'abuso sessuale dei bambini in diverse sedi e in pubblico in tutto il mondo. Questo non era mai accaduto prima. Egli ha incontrato le vittime. E' intervenuto su intere conferenze episcopali su questa materia, da ultimo quella dell'Irlanda. Egli è stato il più attivo e reattivo di qualsiasi funzionario della Chiesa internazionale nella storia per la piaga del l'abuso sessuale del clero sui minori. Invece di incolpare lui per l'inazione su questi temi, è stato veramente un leader forte ed efficace sulla questione.
Infine, nel corso degli ultimi 25 anni, una vigorosa azione ha avuto luogo all'interno della Chiesa per evitare danni ai bambini. Potenziali seminaristi ricevono ampia valutazione psicologica-sessuale prima dell'ammissione. Praticamente tutti i seminari concentrano i propri sforzi su un ambiente sicuro per i bambini. Ci sono stati pochissimi casi di recente di abuso sessuale dei bambini da parte del clero nel corso degli ultimi dieci anni o più.
Le diocesi cattoliche in tutto il paese hanno preso provvedimenti straordinari per garantire la sicurezza dei bambini e degli adulti vulnerabili. Un esempio, che non è assolutamente unico, è l'Arcidiocesi di Anchorage, dove attualmente lavoro. Qui, praticamente ogni bagno pubblico nelle parrocchie ha un pannello che chiede se una persona è stata abusata da parte di chiunque nella Chiesa. Viene assegnato un numero di telefono per segnalare l'abuso, e quasi tutti i dipendenti dell'Arcidiocesi sono tenuti a prendere sessioni di formazione annuale in classi di ambiente sicuro. Non so che cosa possa fare di più la Chiesa.
Per concludere, gli eventi durante degli anni sessanta e settanta dell'abuso sessuale dei minori e di sollecitazione nel confessionale da parte del padre Lawrence Murphy, sono crimini atroci e senza attenuanti. A nome della Chiesa, sono profondamente dispiaciuto e ho vergogna per i torti che sono stati fatti dai miei fratelli sacerdoti, ma capisco che il mio dolore è probabilmente di poca importanza 40 anni dopo il fatto. L'unica cosa che possiamo fare in questo momento è quello di apprendere la verità, implorare perdono e fare tutto ciò che è umanamente possibile per sanare le ferite. Il resto, e ne sono grato, è nelle mani di Dio.
Padre Thomas T. Brundage, JCL
Nota del redattore: padre Brundage può essere contattato al brundaget@archmil.org o per telefono al (907) 745-3229 X 11.
La verità sul caso di pedofilia di Milwaukee
In spirito di servizio alla Chiesa e per mettere a disposizione del lettore italiano questo importante documento, che fa giustizia delle calunnie rivolte al Santo Padre dal New York Times circa l'insabbiamento che egli avrebbe operato del caso di un prete pedofilo di Milwaukee, traduciamo e pubblichiamo questa testimonianza di prima mano apparsa su Catholic Anchor di Anchorage (Alaska), e segnalato da Father Z.
Per fornire il contesto di questo articolo, chiarisco che sono stato il vicario giudiziale per l'Arcidiocesi di Milwaukee, dal 1995 al 2003. In quegli anni, ho presieduto quattro casi criminali canonici, uno dei quali ha coinvolto padre Lawrence Murphy. Due dei quattro uomini sono morti durante il processo. Solo Dio giudicherà questi uomini.
Per inquadrare le osservazioni che seguono, preciso che sto scrivendo questo articolo con la conoscenza e il consenso esplicito dell'Arcivescovo Roger Schwietz, OMI, Arcivescovo di Anchorage, dove attualmente servo. L'Arcivescovo Schwietz è anche l'editore del giornale Catholic Anchor.
Limiterò le mie osservazioni, a causa dei giuramenti giudiziari che ho preso come avvocato canonico e come giudice ecclesiastico. Tuttavia, dal momento che il mio nome e commenti sul caso di padre Murphy sono stati liberamente e spesso erroneamente citati nel New York Times e in più di 100 altri giornali e periodici on-line, mi sento libero di raccontare la storia del processo di padre Murphy partendo da zero.
Dato che le notizie su questo problema sono state imprecise e inaccurate nella ricostruzione dei fatti, sto scrivendo anche mosso da un senso del dovere, in nome della verità.
Il fatto che abbia presieduto quel processo e mai una volta sia stato contattato da qualsiasi fonte di notizie per un commento, parla da sé.
Il mio intento nei paragrafi seguenti è il seguente:
- Raccontare la storia dietro le quinte di ciò che realmente è accaduto nel caso di padre Murphy a livello locale;
- Delineare la sciatto e impreciso resoconto sul caso padre Murphy da parte del New York Times e di altri mezzi di comunicazione;
- Affermare che il Santo Padre ha fatto più di qualsiasi altro Papa o vescovo nella storia per liberare la Chiesa Cattolica del flagello di abusi sessuali su minori e provvedere a coloro che sono stati danneggiati;
- Fare il punto direttamente in merito agli sforzi compiuti dalla Chiesa per guarire le ferite causate da cattiva condotta sessuale di membri del clero. La Chiesa Cattolica è probabilmente il posto più sicuro per i bambini in questo momento della storia.
Prima di procedere, è importante sottolineare che flagello sono stati gli abusi sessuali su minori — non solo per la Chiesa, ma anche per la società. Poche azioni possono falsare la vita di un bambino più di un abuso sessuale. È una forma di omicidio emotivo e spirituale e comincia una traiettoria verso un senso distorto della sessualità. Se commessi da una persona autorevole, creano una diffidenza verso quasi chiunque, dovunque.
Come cappellano volontario di prigione in Alaska, ho trovato una connessione tra coloro che sono stati incarcerati per abusi sessuali su minori e i sacerdoti che hanno commesso tali azioni dolorose. Essi tendono ad essere molto intelligenti e manipolatori. Essi tendono ad essere benvoluti e affascinanti. Essi tendono ad avere uno scopo nella vita — soddisfare la loro brama. La maggior parte sono altamente narcisistici e non vedono che hanno causato danno. Vedono i bambini di cui hanno abusato non come persone ma come oggetti. Essi mostrano raramente rimorso e, inoltre, a volte ritraggono se stessi come vittime. Essi sono, in breve, persone pericolose e non si dovrebbe mai dare loro fiducia una seconda volta. La maggior parte commetterà nuovamente il suo crimine se ne ha una possibilità.
Circa i numerosi articoli sul caso di padre Murphy, la vera storia non è stata ancora raccontata.
Nel 1996, ho avuto conoscenza della storia di padre Murphy, ex direttore della scuola S. Giovanni per sordi in Milwaukee. Era fatto notorio da decadi che durante il mandato di padre Murphy alla scuola (1950-1974) c'era stato uno scandalo a s. Giovanni che coinvolgeva lui e alcuni bambini sordi. I dettagli, tuttavia, erano abbozzati nel migliore dei casi.
Una coraggiosa difesa delle vittime (e spesso le loro mogli), ha portato l'Arcidiocesi di Milwaukee, a rivedere la questione nel 1996. Nelle discussioni interne della curia dell'Arcidiocesi di Milwaukee, divenne evidente che avevamo bisogno di intraprendere un'azione forte e rapida per i torti di alcuni decenni fa. Con il consenso dell'Arcivescovo di allora di Milwaukee Rembert Weakland, abbiamo iniziato un'inchiesta sulle accuse di abuso sessuale infantile, come pure sulla violazione del reato di sollecitazione entro il confessionale da parte di padre Murphy.
Abbiamo proceduto ad avviare un processo contro Padre Murphy. Sono stato il presidente del collegio giudicante in questa materia e ho informato il padre Murphy che accuse penali stavano per essere promosse contro di lui in materia di abusi sessuali su minori e sollecitazione nel confessionale.
Nelle mie interazioni con padre Murphy, ho avuto l'impressione che mi stavo occupando di un uomo che semplicemente non capiva. Egli era difensivo e minaccioso.
Tra il 1996 e il 1998, agosto, ho intervistato, con l'aiuto di un interprete qualificato, circa una dozzina di vittime del padre Murphy. Questi sono stati interrogatori rivoltanti. In un caso la vittima era diventato un perpetratore egli stesso e era stato in prigione per i suoi crimini. Mi sono reso conto che questa malattia è virulenta e facilmente è trasmessa agli altri. Ho sentito storie di vita distorta, sessualità diminuita o rimossa. Questi sono stati i giorni più bui del mio sacerdozio, ed ero stato ordinato meno di dieci anni prima. Una direzione spirituale ispirata dalla grazia è stata un aiuto di Dio.
Ho incontrato anche una rappresentanza di sordi cattolici. Hanno insistito che Padre Murphy fosse rimosso dal sacerdozio; la richiesta che fosse sepolto non come un sacerdote, ma come un laico, è stata molto importante per loro. Ho indicato che come giudice, non potevo garantire la prima richiesta e avrei potuto fare solo una raccomandazione sulla seconda.
Nell'estate del 1998, ho ordinato al padre Murphy di essere presente alla deposizione presso la cancelleria di Milwaukee. Poco dopo, ho ricevuto una lettera dal suo medico che egli era in stato precario di salute e poteva viaggiare non più di 20 miglia (da Boulder Junction a Milwaukee sarebbero state circa 276 miglia). Una settimana più tardi, padre Murphy morì di cause naturali in un luogo a circa 100 miglia da casa sua.
Per quanto riguarda il rapporto poco accurato del New York Times, l'Associated Press e di quelli che hanno utilizzato queste fonti, prima di tutto ribadisco che mai sono stato contattato da una di queste agenzie di notizie, benché si siano sentiti liberi di citarmi. Sono quasi tutte delle mie citazioni da un documento che può essere trovato online con la corrispondenza tra la Santa Sede e l'Arcidiocesi di Milwaukee. In un documento scritto a mano, 31 ottobre 1997, io sono citato con le parole "è probabile che questa situazione sia delle più orrende, sia per il numero, e soprattutto perché si tratta di persone disabili, vulnerabili". Inoltre è citata la seguente:"I bambini sono stati contattati entro il confessionale, dove la questione della circoncisione cominciò la sollecitazione".
Il problema con queste affermazioni attribuite a me è che esse sono state scritte a mano. I documenti non sono stati scritti da me e non assomigliano alla mia scrittura. La sintassi è simile a quello che io potrei aver detto, ma non ho idea di chi ha scritto queste dichiarazioni, eppure io sono accreditato come se l'avessi detto. Quand'ero matricola presso la Marquette University School of Journalism, ci è stato detto di controllare, ricontrollare e poi controllare ancora le nostre citazioni se necessario. Eppure mai sono stato contattato da alcuno su questo documento, scritto da una fonte sconosciuta a me. Discernere la verità richiede tempo ed è evidente che il New York Times, l'Associated Press e altri non hanno preso il tempo per ottenere i fatti corretti.
Inoltre, nella documentazione in una lettera dall'Arcivescovo Weakland all'allora Segretario della Congregazione per la dottrina della fede Arcivescovo Tarcisio Bertone il 19 agosto 1998, l'Arcivescovo Weakland ha dichiarato che egli mi aveva incaricato di sospendere il procedimento contro Padre Murphy. Padre Murphy, tuttavia, morì dopo due giorni e il fatto è che il giorno che Padre Murphy è morto, era ancora il convenuto in un processo penale ecclesiastico. Nessuno sembra essere consapevole di questo. Se mi fosse stato chiesto di sospendere la procedura, certamente avrei insistito che si facesse appello alla Corte suprema della Chiesa, o a Giovanni Paolo II se necessario. Mesi, se non più, avrebbe preso quel processo.
In secondo luogo, con riguardo al ruolo dell'allora Cardinale Joseph Ratzinger (ora Papa Benedetto XVI), in questa materia, non ho motivo di credere che sia stato coinvolto in un qualsiasi modo. Mettere la cosa a suo carico è un enorme ignoranza di logica e di informazioni.
In terzo luogo, la competenza per ascoltare i casi di abuso sessuale dei minori è passata dalla Rota romana alla Congregazione per la dottrina della fede guidata dal Cardinale Ratzinger nel 2001. Fino a quel momento, la maggior parte dei casi di appello andava alla Rota e era nostra esperienza che i casi potessero languire per anni in quella Corte. Quando la competenza è stata modificata in favore della Congregazione per la Dottrina della Fede, la mia constatazione, così come di molti dei miei colleghi canonisti, è che i casi di abuso sessuale sono stati gestiti rapidamente, correttamente e con il dovuto riguardo ai diritti di tutte le parti coinvolte. Non ho alcun dubbio che questo fu l'opera dell'allora Cardinale Ratzinger.
In quarto luogo, Papa Benedetto XVI ha chiesto scusa più volte per la vergogna dell'abuso sessuale dei bambini in diverse sedi e in pubblico in tutto il mondo. Questo non era mai accaduto prima. Egli ha incontrato le vittime. E' intervenuto su intere conferenze episcopali su questa materia, da ultimo quella dell'Irlanda. Egli è stato il più attivo e reattivo di qualsiasi funzionario della Chiesa internazionale nella storia per la piaga del l'abuso sessuale del clero sui minori. Invece di incolpare lui per l'inazione su questi temi, è stato veramente un leader forte ed efficace sulla questione.
Infine, nel corso degli ultimi 25 anni, una vigorosa azione ha avuto luogo all'interno della Chiesa per evitare danni ai bambini. Potenziali seminaristi ricevono ampia valutazione psicologica-sessuale prima dell'ammissione. Praticamente tutti i seminari concentrano i propri sforzi su un ambiente sicuro per i bambini. Ci sono stati pochissimi casi di recente di abuso sessuale dei bambini da parte del clero nel corso degli ultimi dieci anni o più.
Le diocesi cattoliche in tutto il paese hanno preso provvedimenti straordinari per garantire la sicurezza dei bambini e degli adulti vulnerabili. Un esempio, che non è assolutamente unico, è l'Arcidiocesi di Anchorage, dove attualmente lavoro. Qui, praticamente ogni bagno pubblico nelle parrocchie ha un pannello che chiede se una persona è stata abusata da parte di chiunque nella Chiesa. Viene assegnato un numero di telefono per segnalare l'abuso, e quasi tutti i dipendenti dell'Arcidiocesi sono tenuti a prendere sessioni di formazione annuale in classi di ambiente sicuro. Non so che cosa possa fare di più la Chiesa.
Per concludere, gli eventi durante degli anni sessanta e settanta dell'abuso sessuale dei minori e di sollecitazione nel confessionale da parte del padre Lawrence Murphy, sono crimini atroci e senza attenuanti. A nome della Chiesa, sono profondamente dispiaciuto e ho vergogna per i torti che sono stati fatti dai miei fratelli sacerdoti, ma capisco che il mio dolore è probabilmente di poca importanza 40 anni dopo il fatto. L'unica cosa che possiamo fare in questo momento è quello di apprendere la verità, implorare perdono e fare tutto ciò che è umanamente possibile per sanare le ferite. Il resto, e ne sono grato, è nelle mani di Dio.
Padre Thomas T. Brundage, JCL
Nota del redattore: padre Brundage può essere contattato al brundaget@archmil.org o per telefono al (907) 745-3229 X 11.
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