Pedofilia e Presbiteri
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Re: Pedofilia e Presbiteri
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La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia
Perché B-XVI agli irlandesi ha ricordato certi vecchi errori del Concilio
La forza della “Lettera ai cattolici di Irlanda” di Benedetto XVI, dello scorso 19 marzo, sta soprattutto nel suo spirito di autentico rinnovamento e riforma della chiesa. Il richiamo alla penitenza che costituisce il suo filo conduttore non è mai disgiunto dall’appello “agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente”, che nel passato resero grande l’Irlanda e l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla (n. 3). Unico fondamento di questa ricostruzione è però Gesù Cristo “che è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei 13, (n. 9). Rivolgendosi a tutti i fedeli di Irlanda, il Papa li invita “ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale” (n. 12). Questa tradizione non è tramontata, anche se a essa si è opposto “un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici” (n. 4).
In questo paragrafo, che costituisce un passaggio chiave del documento pontificio, il Papa afferma che negli anni Sessanta fu “determinante” “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento del Concilio vaticano fu a volte frainteso” e vi fu “una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari”. “E’ in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la chiesa e per i suoi insegnamenti”, “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In che senso il Concilio poté essere “frainteso”? Il breve, ma significativo accenno di Benedetto XVI merita di essere sviluppato. Occorre ricordare che durante i lavori dell’assise conciliare prese forma l’idea di una chiesa non più militante, ma peregrinante, in ascolto dei segni dei tempi, pronta a rinunziare alla verginità della sua dottrina, per lasciarsi fecondare dai valori del mondo. Offrirsi ai valori del mondo significava rinunziare ai propri valori, a cominciare a quello che è più intrinseco al cristianesimo: l’idea del Sacrificio, che dal mistero della Croce discende in ogni aspetto della vita ecclesiale, fino alla dottrina morale, che un tempo ispirava la vita di ogni battezzato, chierico o laico che fosse.
Il Concilio impose ai vescovi, come un dovere, la “sociologia pastorale”, raccomandando di aprirsi alle scienze del mondo, dalla sociologia alla psicanalisi. In quegli anni era stato riscoperto lo psicanalista austriaco Wilhelm Reich, morto quasi del tutto dimenticato in un manicomio americano nel 1957. Nel suo libro-manifesto “La Rivoluzione sessuale,” Reich aveva sostituito alle categorie della borghesia e del proletariato quelle di repressione e di liberazione, intendendo con questo ultimo termine la pienezza della libertà sessuale. Ciò implicava la riduzione dell’uomo a un insieme di bisogni fisici e, in ultima analisi, ad energia sessuale. La famiglia, fondata sul matrimonio monogamico indissolubile tra un uomo e una donna, era vista come l’istituto sociale repressivo per eccellenza: nessuna considerazione sociologica poteva autorizzarne la sopravvivenza. Una nuova morale, basata sull’esaltazione del piacere, avrebbe presto spazzato via la morale tradizionale cristiana, che attribuiva un valore positivo all’idea di sacrificio e di sofferenza.
La nuova teologia, spinta dal suo abbraccio ecumenico ai valori del mondo, cercò l’impossibile dialogo tra la morale cristiana e i suoi nemici. I corifei della “nuova morale”, che in Italia furono teologi come don Enrico Chiavacci don Leandro Rossi e don Ambrogio Valsecchi, salutarono come maestri del nuovo corso morale Wilhelm Reich e Herbert Marcuse. Nel 1973, a cura di Valsecchi e di Rossi, uscì, per le edizioni Paoline, un pomposo “Dizionario enciclopedico di teologia morale”, che ambiva a sostituire il classico, e ancor oggi prezioso “Dizionario di teologia morale” dei cardinali Francesco Roberti e Pietro Palazzini (la quarta edizione fu pubblicata da Studium nel 1968). Nel nuovo “Dizionario morale”, Enrico Chiavacci sosteneva che “la vera natura umana è di non aver natura” e che l’uomo è tale per la “tensione” che la sua coscienza esprime, indipendentemente dai “divieti” della morale tradizionale. Valsecchi affermava la necessità di svincolarsi da una concezione della morale che facesse appello a una fondazione metafisica della natura umana. Unico peccato, radice di tutti gli altri, quello “contro l’amore”, e unica virtù, quella di assecondare l’amore, naturalmente e non soprannaturalmente inteso.
I nuovi moralisti, definiti da qualcuno “pornoteologi”, sostituivano alla oggettività della legge naturale, la “persona”, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’ “etica della situazione”. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita “funzione primaria di crescita personale” (così Valsecchi), anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui “ho bisogno dell’altro per essere me stesso”, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare. Chiavacci, Rossi e Valsecchi, contestarono pubblicamente, nel 1974, la posizione antidivorzista della Conferenza episcopale, ma continuarono ad essere per molti anni i “moralisti” più in vista della Chiesa italiana. Ancora oggi basta entrare in una libreria cattolica per trovare in primo piano sugli scaffali i loro libri, stampati da case editrici come le Paoline e la Queriniana.
Eppure, ciò che fa riflettere sono proprio vicende esistenziali, come quelle di Ambrogio Valsecchi professore di morale alla Facoltà teologica di Milano, consulente del cardinale di Milano, Carlo Colombo, al Concilio Vaticano II, alfiere della nuova morale, poi dispensato dai voti e sposato (con rito religioso) nel 1975, quindi divenuto nell’ultimo decennio della sua vita psicologo, analista e terapista di coppia. Altrettanto fallimentare è stato l’itinerario di colui che oggi è, con Hans Küng, il principale accusatore di Benedetto XVI: Rembert Weakland. Difensore ad oltranza della “rivoluzione sessuale”, dei diritti dei “gay” e delle donne nella Chiesa, Weakland non è più arcivescovo di Milwaukee dal 2002 quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari detratti dalle casse dell’arcidiocesi. La stampa “liberal”, lungi dal lapidarlo, lo trattò però con molto riguardo, come conveniva a un celebrato campione della Chiesa progressista quale egli era.
I nemici della tradizione hanno sempre preteso di opporre il primato dell’esistenza a quello della dottrina, il cristianesimo concretamente vissuto a quello astrattamente predicato. Il “tribunale della vita vissuta”, a cui essi si sono appellati, ha ribaltato però i loro giudizi e le loro previsioni. Chi ha voltato le spalle alla ferrea intransigenza dei princìpi per ancorarsi al molliccio fondamento della propria esperienza, è spesso fuoriuscito da quella Chiesa che diceva di voler meglio servire. Chi ha negato l’esistenza di una natura da rispettare, ha iniziato col soddisfare gli istinti della natura che negava, per assecondare poi le deviazioni che la volontà offriva alla sua intelligenza, disancorata dal vero. Il passaggio dalla etero alla omosessualità e di qui alla pedofilia è stato, per alcuni, se non cronologicamente, almeno logicamente coerente.
Oggi si può sostenere, in prima pagina di Repubblica, che il celibato ecclesiastico produce pedofilia. Ma su nessun giornale si potrebbe affermare l’esistenza di un nesso altrettanto diretto tra pedofilia e omosessualità. Lo impediscono le leggi di alcuni Stati europei, che hanno introdotto il reato di omofobia, ma più ancora lo vieta la censura culturale e sociale che riduce sempre di più i margini di difesa della moralità. All’interno di un certo mondo cattolico, ancora più grave è considerata l’affermazione di un rapporto, anche solo indiretto, tra la nuova teologia degli anni Sessanta e il pansessualismo che penetrò nella Chiesa dopo il Concilio. Benedetto XVI lo ha fatto e gliene va reso onore.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Roberto de Mattei
La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia
Perché B-XVI agli irlandesi ha ricordato certi vecchi errori del Concilio
La forza della “Lettera ai cattolici di Irlanda” di Benedetto XVI, dello scorso 19 marzo, sta soprattutto nel suo spirito di autentico rinnovamento e riforma della chiesa. Il richiamo alla penitenza che costituisce il suo filo conduttore non è mai disgiunto dall’appello “agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente”, che nel passato resero grande l’Irlanda e l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla (n. 3). Unico fondamento di questa ricostruzione è però Gesù Cristo “che è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei 13, (n. 9). Rivolgendosi a tutti i fedeli di Irlanda, il Papa li invita “ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale” (n. 12). Questa tradizione non è tramontata, anche se a essa si è opposto “un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici” (n. 4).
In questo paragrafo, che costituisce un passaggio chiave del documento pontificio, il Papa afferma che negli anni Sessanta fu “determinante” “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento del Concilio vaticano fu a volte frainteso” e vi fu “una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari”. “E’ in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la chiesa e per i suoi insegnamenti”, “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In che senso il Concilio poté essere “frainteso”? Il breve, ma significativo accenno di Benedetto XVI merita di essere sviluppato. Occorre ricordare che durante i lavori dell’assise conciliare prese forma l’idea di una chiesa non più militante, ma peregrinante, in ascolto dei segni dei tempi, pronta a rinunziare alla verginità della sua dottrina, per lasciarsi fecondare dai valori del mondo. Offrirsi ai valori del mondo significava rinunziare ai propri valori, a cominciare a quello che è più intrinseco al cristianesimo: l’idea del Sacrificio, che dal mistero della Croce discende in ogni aspetto della vita ecclesiale, fino alla dottrina morale, che un tempo ispirava la vita di ogni battezzato, chierico o laico che fosse.
Il Concilio impose ai vescovi, come un dovere, la “sociologia pastorale”, raccomandando di aprirsi alle scienze del mondo, dalla sociologia alla psicanalisi. In quegli anni era stato riscoperto lo psicanalista austriaco Wilhelm Reich, morto quasi del tutto dimenticato in un manicomio americano nel 1957. Nel suo libro-manifesto “La Rivoluzione sessuale,” Reich aveva sostituito alle categorie della borghesia e del proletariato quelle di repressione e di liberazione, intendendo con questo ultimo termine la pienezza della libertà sessuale. Ciò implicava la riduzione dell’uomo a un insieme di bisogni fisici e, in ultima analisi, ad energia sessuale. La famiglia, fondata sul matrimonio monogamico indissolubile tra un uomo e una donna, era vista come l’istituto sociale repressivo per eccellenza: nessuna considerazione sociologica poteva autorizzarne la sopravvivenza. Una nuova morale, basata sull’esaltazione del piacere, avrebbe presto spazzato via la morale tradizionale cristiana, che attribuiva un valore positivo all’idea di sacrificio e di sofferenza.
La nuova teologia, spinta dal suo abbraccio ecumenico ai valori del mondo, cercò l’impossibile dialogo tra la morale cristiana e i suoi nemici. I corifei della “nuova morale”, che in Italia furono teologi come don Enrico Chiavacci don Leandro Rossi e don Ambrogio Valsecchi, salutarono come maestri del nuovo corso morale Wilhelm Reich e Herbert Marcuse. Nel 1973, a cura di Valsecchi e di Rossi, uscì, per le edizioni Paoline, un pomposo “Dizionario enciclopedico di teologia morale”, che ambiva a sostituire il classico, e ancor oggi prezioso “Dizionario di teologia morale” dei cardinali Francesco Roberti e Pietro Palazzini (la quarta edizione fu pubblicata da Studium nel 1968). Nel nuovo “Dizionario morale”, Enrico Chiavacci sosteneva che “la vera natura umana è di non aver natura” e che l’uomo è tale per la “tensione” che la sua coscienza esprime, indipendentemente dai “divieti” della morale tradizionale. Valsecchi affermava la necessità di svincolarsi da una concezione della morale che facesse appello a una fondazione metafisica della natura umana. Unico peccato, radice di tutti gli altri, quello “contro l’amore”, e unica virtù, quella di assecondare l’amore, naturalmente e non soprannaturalmente inteso.
I nuovi moralisti, definiti da qualcuno “pornoteologi”, sostituivano alla oggettività della legge naturale, la “persona”, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’ “etica della situazione”. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita “funzione primaria di crescita personale” (così Valsecchi), anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui “ho bisogno dell’altro per essere me stesso”, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare. Chiavacci, Rossi e Valsecchi, contestarono pubblicamente, nel 1974, la posizione antidivorzista della Conferenza episcopale, ma continuarono ad essere per molti anni i “moralisti” più in vista della Chiesa italiana. Ancora oggi basta entrare in una libreria cattolica per trovare in primo piano sugli scaffali i loro libri, stampati da case editrici come le Paoline e la Queriniana.
Eppure, ciò che fa riflettere sono proprio vicende esistenziali, come quelle di Ambrogio Valsecchi professore di morale alla Facoltà teologica di Milano, consulente del cardinale di Milano, Carlo Colombo, al Concilio Vaticano II, alfiere della nuova morale, poi dispensato dai voti e sposato (con rito religioso) nel 1975, quindi divenuto nell’ultimo decennio della sua vita psicologo, analista e terapista di coppia. Altrettanto fallimentare è stato l’itinerario di colui che oggi è, con Hans Küng, il principale accusatore di Benedetto XVI: Rembert Weakland. Difensore ad oltranza della “rivoluzione sessuale”, dei diritti dei “gay” e delle donne nella Chiesa, Weakland non è più arcivescovo di Milwaukee dal 2002 quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari detratti dalle casse dell’arcidiocesi. La stampa “liberal”, lungi dal lapidarlo, lo trattò però con molto riguardo, come conveniva a un celebrato campione della Chiesa progressista quale egli era.
I nemici della tradizione hanno sempre preteso di opporre il primato dell’esistenza a quello della dottrina, il cristianesimo concretamente vissuto a quello astrattamente predicato. Il “tribunale della vita vissuta”, a cui essi si sono appellati, ha ribaltato però i loro giudizi e le loro previsioni. Chi ha voltato le spalle alla ferrea intransigenza dei princìpi per ancorarsi al molliccio fondamento della propria esperienza, è spesso fuoriuscito da quella Chiesa che diceva di voler meglio servire. Chi ha negato l’esistenza di una natura da rispettare, ha iniziato col soddisfare gli istinti della natura che negava, per assecondare poi le deviazioni che la volontà offriva alla sua intelligenza, disancorata dal vero. Il passaggio dalla etero alla omosessualità e di qui alla pedofilia è stato, per alcuni, se non cronologicamente, almeno logicamente coerente.
Oggi si può sostenere, in prima pagina di Repubblica, che il celibato ecclesiastico produce pedofilia. Ma su nessun giornale si potrebbe affermare l’esistenza di un nesso altrettanto diretto tra pedofilia e omosessualità. Lo impediscono le leggi di alcuni Stati europei, che hanno introdotto il reato di omofobia, ma più ancora lo vieta la censura culturale e sociale che riduce sempre di più i margini di difesa della moralità. All’interno di un certo mondo cattolico, ancora più grave è considerata l’affermazione di un rapporto, anche solo indiretto, tra la nuova teologia degli anni Sessanta e il pansessualismo che penetrò nella Chiesa dopo il Concilio. Benedetto XVI lo ha fatto e gliene va reso onore.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Roberto de Mattei
Re: Pedofilia e Presbiteri
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Ragazzi di chiesa
Che cosa si intende ed equivoca quando si parla di pedofilia cattolica? Tutto quello che avete sempre voluto sapere sull’amore dei preti per i bimbi
Innanzitutto chiamiamo le cose con il loro nome, se non vogliamo appiattirci su un grottesco negazionismo che contrabbanda l’odio per amore, in omaggio a questa nostra società dello spaccio che non risparmia nemmeno il linguaggio. Quindi basta chiamare “pedofili” coloro che molestano e stuprano i bambini e le bambine. Abusare sconciamente del termine “filia” – se gli antichi greci lo fecero peggio per loro – è mettersi in qualche modo, in un modo oscuro e viscido, dalla parte dei criminali. Coloro che amano il cinema, il vero grande cinema, si chiamano cinefili e certo non distruggono le pizze dei film; né mi risulta che i cinofili torturino i cani e così via. Se insistiamo con il greco, chiamiamoli misopedi gli orchi; se suona male c’è sempre un’ampia scelta: assassini, perversi, maledetti e giù di lì. Aboliamo il tabù che non permette di chiamare il più nefando dei crimini con il suo vero nome. E’ possibile nominare l’odio per le donne e correttamente chiamarlo misoginia, ma l’odio per il bambino risulta innominabile. Eppure tutta l’antichità odiava i bambini al punto tale che Dio dovette incarnarsi in uno di loro per porre un freno. E le chiese si riempirono di mamme col bambino e si benedisse la sua testolina, che fin dall’alba della vita il piccino sentisse d’essere ben accetto su questa terra. Mi rifiuto di parlare di pedofilia se non per indicare qualcosa che concerne l’amore – ghirlanda di intelligenza, generosità e quel certo nonsoché. Per questo oso parlare di pedofilia cattolica.
Immergiamoci nelle acque misteriose del ricordo. I preti possono essere l’oscuro oggetto di lampanti desideri o, circostanza ben più sciagurata, farsi essi stessi protagonisti di losche voglie; cominciamo con il primo caso, assai più confortante. Penso ai Padri spirituali che ho conosciuto e amato negli anni Cinquanta, quando studiavo in un collegio di gesuiti. Allora il prete di charme era una preda ambita, forse la più ambita: ricordo l’affascinante moglie di un miliardario che di botto lo abbandonò per seguire in convento un vecchio predicatore prossimo alla morte. Erano uomini che sapevano ascoltare con fermezza le ansie delle anime più inquiete ed esigenti, parlare con loro e innamorarsene era tutt’uno. I ragazzi, soprattutto quelli che sarebbero diventati i più ribelli, quelli che avrebbero fatto dell’anticlericalismo una bandiera, amavano i preti proprio perché in fondo al cuore sentivano che un giorno li avrebbero traditi. In collegio studiavo Sofocle e le peripezie di Edipo, ma ero attento a quel che mi accadeva attorno. Mi sembrava di stare in un luogo misterioso e cifrato, niente a che vedere con i college inglesi dove i ragazzi si ubriacavano da mane a sera, e a furia d’incularsi diventavano comunisti, arcicontenti di passare ai soviet i segreti della regina. Dalle mie parti era tutto soavemente enigmatico e ogni colpo di racchetta s’incideva per sempre nella memoria poiché toccava finire alla svelta la partita per correre… all’Angelus. Il mondo era maiuscolo e latino, tanto più sacro quanto più profanabile, perché l’Angelus lo celebrava lui, il Padre spirituale che forse, con quelle stesse mani benedette, pochi minuti prima…
Dieci anni passai con i gesuiti ed ebbi sentore d’un solo caso sospetto di abuso. In spiaggia il figlio quindicenne di un famoso imprenditore si apriva e si chiudeva l’accappatoio mostrando il corpo nudo e vantandosi d’avere sedotto un certo prete, il più inquietante in verità. L’ammirazione di tutti lambiva la carne appena rosata del piccolo dongiovanni, io ero viola per l’invidia ma un dubbio mi consolava: una settimana prima mi ero stirato una coscia giocando a calcio e mi ero fatto massaggiare proprio da quel prete, che eseguì l’operazione con il massimo scrupolo professionale, senza mai deviare verso il proibito. E dire che non avevo potuto trattenere una certa eccitazione. Inoltre, a ulteriore riprova della castità del gesuita, a quell’epoca ero un ragazzo piuttosto carino mentre quell’altro, che si vantava d’averlo conquistato, era un mostriciattolo che pochi anni dopo sarebbe diventato completamente calvo. A ping pong lo battei ventuno a sette.
Insomma, accerchiati da ogni parte, i preti belli mostravano un grande eroismo. Mi sono sempre chiesto come facessero, considerando che personalmente ho ceduto a donne che, per dirla con Swann, nemmeno erano il mio tipo. Per conto mio sarò sempre riconoscente ai padri gesuiti perché davvero mi furono Padri in un’adolescenza disperata. Da loro capii che noi ragazzi, per quanto nevrotici e rachitici, eravamo esseri degni d’amore, quello vero, che arricchisce e fa crescere. Uno di quei Padri, quello che più amavo e che mi aveva insegnato tutto ciò che sapevo, durante la gita scolastica a Parigi sbuffando disse al suo devoto quindicenne di non stargli attaccato alla sottana, e mi spinse a fare amicizia con un gruppo di graziose inglesine con il nastro blu sul berretto. Anni dopo, a un raduno di ex alunni, per farmi bello lo avrei pubblicamente deriso, strappandogli un sorriso che diceva quanto fosse fiero di me! Fin qui la giovinezza, l’amore, la fortuna. Ora entra in ballo la perversione, quella vera, e le cose si fanno dure e tristi.
Procediamo con il Vangelo sottobraccio. Rompendo la consuetudine di complicità propria dei pagani – che magari qualche leggina la facevano ma poi se ne fregavano – con voce per una volta tanto fremente d’ira Cristo disse che coloro che stupravano i bambini andavano puniti, anzi, facessero il favore di togliersi di torno annegandosi da qualche parte. L’invito e l’esempio di Gesù a una paternità degna e operosa vale innanzitutto per i preti, e che Benedetto XVI li sproni è più che sensato. Che i giornalisti sollecitino il Papa va anche bene, basta che non facciano i perversi, pretendendo una chiesa pura come un bambino solo per insozzarla. L’idea di purezza è torbidamente allucinatoria, per fare le opere che ha fatto la chiesa si è sempre sporcata le mani, come fanno i bambini del resto. C’è il dogma ma anche il magma e soprattutto il pragma, non facciamo gli ingenui, che tra i puristi sono i più schifosi. Sminuire la grandezza della chiesa per la sua intraprendenza è negazionismo efferato; nelle epoche in cui gli uomini si dedicavano quasi esclusivamente alle guerre e agli stupri di massa, la chiesa si dedicava alla carità e alla conoscenza, e così oggi in tante parti del mondo. Impegnarsi in un’immensa e complessa impresa non è esente da rischi, anzi è un rischio assoluto: come controllare tutti coloro che vi partecipano? Come accorgersi in tempo se uno di essi sta per venire travolto da un blasfemo delirio di onnipotenza, o un’altro dalla voglia di degradarsi degradando quel che sta facendo? Si possono commettere tanti errori, ma rinunciare all’impresa è il peccato davvero imperdonabile. C’è chi ci prova: il capo dei cattolici tedeschi progressisti ha appena sollecitato le dimissioni del Papa invitandolo a dichiarare pubblicamente “d’essere d’ostacolo alla purificazione della chiesa”. Meno male che ancora ce n’è uno, di ostacolo, sennò dovremmo passare il tempo in arcaici catariclisteri e in modernissimi anorexic vomiting. Caduto il Papa diventeremo tutti puri purissimi, per la gioia di guardoni senza sguardo.
Tante le accuse, le damnationes. La chiesa è tutta da gettare, sostengono i saccenti, toglie la libertà agli umani, infantilizzandoli e asservendoli al suo volere. Ma se fu lei a inventare il libero arbitrio togliendo agli umani le catene del fato! Perverso è piuttosto chi pensa che davvero qualcuno possa levare il senno a qualcun altro, chi pensa che siamo tutti bambini idioti pronti a farci asinelli e burattini. Altri picchiano sulla verginità: conta quella psichica non la ginecologica, e l’insistenza della chiesa per il celibato è una fisima che ne dimostra la grettezza. Verissimo, rispondo, la verginità che fa la differenza è sicuramente quella psichica, ma se uno vuol fare un voto di castità lo faccia pure, non saremo noi a portarlo di forza al bordello, come certi genitori – perversi essi sì – che poi si stupiscono se il figlio si vendica. Se uno non ha voglia di copulare con una donna sono fatti suoi e non per questo ne deriva che è misogino, tanti misogini si accoppiano con le donne solo per accopparle giorno dopo giorno.
E voi care signore, se volete un prete dovete conquistarvelo, e non è facile perché il vostro rivale è Dio; mettere il prete in quota azzurra è patetico, anche perché a quel punto non sapreste cosa farvene. Né è da credere che l’astinente si getterà sui ragazzini pur di sfogare da qualche parte la sua libido, solo un perverso può pensare e dire cose così grossolane. Siate sicuri, signori perversi: un uomo che parla con Dio, prete o eretico che sia, troverà infiniti e più interessanti modi per esprimere la propria sessualità, per esempio scrivendo “La salita del Monte Carmelo”. Infine, che qualcuno rinunci a qualcosa in questo mondo di avidi è un esempio per tutti. Che monaci e suore si rinchiudano nei conventi per celebrare l’ora et labora, la sobrietà e il silenzio, rinfresca l’alito del pianeta più di mille protocolli di Kyoto e Copenaghen.
E che dire di chi punta la sua trave contro la chiesa ben sapendo che il novantanove per cento degli stupri avviene all’interno delle famiglie? (Le aboliamo?). E’ un favore a Satana: togliendo di mezzo preti e suore si priva l’infanzia, specie quella dei paesi ove più è esposta alla prostituzione e alla tratta, del suo storico e più efficace difensore. Da sempre infatti il vero scandalo è un altro: lo scandalo di uomini che invece di accarezzare i bambini prima di mandarli a morire in trincea, li proteggono a costo della propria vita. Chi saranno mai i preti per osare tanto? Orchi travestiti da angeli custodi, naturalmente; figurarsi se a un uomo può fregargliene qualcosa di un ragazzino, a meno che sia suo figlio ma anche lì… A tantissimi l’amore risulta inconcepibile.
La chiesa non può prendere sul serio le accuse dei suoi nemici. Travolta dal senso di colpa fa mea culpa per gli altrui peccati; ma se stima i preti a lei consustanziali, dovrebbe risarcire anche i crimini di Totò Riina poiché tutti noi fedeli siamo corpus ecclesiae. Pas de zèle, meglio una bella scomunica, non ai divorziati ma ai giornalisti che sparano cattiverie. Il cardinal Bertone sostiene che i fedeli hanno fiducia nella chiesa, ed è vero, ma solo se la chiesa ha fiducia in se stessa, pronta a controbattere con bella insolenza. Se il sole e la luna cominciassero a dubitare si spegnerebbero immediatamente, diceva William Blake. Se poi la chiesa decidesse di puntare ancora più in alto, a un altro Rinascimento, la formazione del seminarista è la chiave di svolta. La colpa della chiesa non è di avere scarsamente vigilato, che sennò si torna ai preti che passano per le camerate a vedere cosa accade tra le lenzuola; la colpa è di non avere adeguatamente promosso la paternità. Quello della paternità è un pensiero decisivo che partendo dalla Bibbia arriva all’oggi e già si affaccia sul domani. Attorno alla paternità cose importanti si sono dette e si dicono, in una ricerca costellata di trovate che sgorgano dalla penna di Dostoevskij e di tanti altri grandi scrittori e artisti. E’ stato san Freud a mostrare quel che a san Tommaso d’Aquino non era riuscito, le prove dell’esistenza di Dio, ad esempio quel Suo farsi vivo in un lapsus; ed è Nabokov ad avere scritto “Lolita”, portentoso trattato sulla perversione e la sua artistica redenzione che tutti dovrebbero leggere, e non solo le ragazze di Teheran. Come incontrare Padre? Non è necessario, cari anticlericali, aggredirlo e metterlo a morte, si può incontrarlo aprendo un bel libro o giocando a ping pong con maestria. Incontrare Padre immette nell’autorità, ritrovandosi autori della propria vita e così a propria volta punto d’identificazione e d’incontro per tanti.
Ma questa storia che il fratello del Papa lanciava le sedie per la stizza! Strehler e Visconti parlavano sottovoce? Mito gli uni, orco l’altro solo perché prete? Caspita, che sopravvalutazione sessuale, che sulfureo onore! Va bene così: oportet ut scandala eveniant anche quando non sono scandali ma scandalismo a bon marché; oportet cogliere sempre l’occasione affinché il pensiero faccia un balzo in avanti e irrompa ovunque. Il pensiero è Dio, senza di Lui tutto diventa perversione, incesto, sadismo. Se apre al pensiero, se spalanca non solo i suoi archivi ma il suo cuore e il suo intelletto senza timore ch’esso possa venire profanato dalla vita, la chiesa ha l’occasione di mettersi alla guida di un rinnovamento straordinario. Viceversa le chiese chiuse, come le famiglie chiuse e le persone chiuse, nascondono l’incesto, sicché il suo pestifero odore appesta la polis. Non abbiate paura amati padri: l’unica cosa di cui vergognarsi è di accontentarsi della vergogna. Santo cielo che meraviglia un prete che torna a essere oggetto di desiderio e non più di disprezzo, timore, sospetto, orrore! Prete è bello!
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Umberto Silva
Ragazzi di chiesa
Che cosa si intende ed equivoca quando si parla di pedofilia cattolica? Tutto quello che avete sempre voluto sapere sull’amore dei preti per i bimbi
Innanzitutto chiamiamo le cose con il loro nome, se non vogliamo appiattirci su un grottesco negazionismo che contrabbanda l’odio per amore, in omaggio a questa nostra società dello spaccio che non risparmia nemmeno il linguaggio. Quindi basta chiamare “pedofili” coloro che molestano e stuprano i bambini e le bambine. Abusare sconciamente del termine “filia” – se gli antichi greci lo fecero peggio per loro – è mettersi in qualche modo, in un modo oscuro e viscido, dalla parte dei criminali. Coloro che amano il cinema, il vero grande cinema, si chiamano cinefili e certo non distruggono le pizze dei film; né mi risulta che i cinofili torturino i cani e così via. Se insistiamo con il greco, chiamiamoli misopedi gli orchi; se suona male c’è sempre un’ampia scelta: assassini, perversi, maledetti e giù di lì. Aboliamo il tabù che non permette di chiamare il più nefando dei crimini con il suo vero nome. E’ possibile nominare l’odio per le donne e correttamente chiamarlo misoginia, ma l’odio per il bambino risulta innominabile. Eppure tutta l’antichità odiava i bambini al punto tale che Dio dovette incarnarsi in uno di loro per porre un freno. E le chiese si riempirono di mamme col bambino e si benedisse la sua testolina, che fin dall’alba della vita il piccino sentisse d’essere ben accetto su questa terra. Mi rifiuto di parlare di pedofilia se non per indicare qualcosa che concerne l’amore – ghirlanda di intelligenza, generosità e quel certo nonsoché. Per questo oso parlare di pedofilia cattolica.
Immergiamoci nelle acque misteriose del ricordo. I preti possono essere l’oscuro oggetto di lampanti desideri o, circostanza ben più sciagurata, farsi essi stessi protagonisti di losche voglie; cominciamo con il primo caso, assai più confortante. Penso ai Padri spirituali che ho conosciuto e amato negli anni Cinquanta, quando studiavo in un collegio di gesuiti. Allora il prete di charme era una preda ambita, forse la più ambita: ricordo l’affascinante moglie di un miliardario che di botto lo abbandonò per seguire in convento un vecchio predicatore prossimo alla morte. Erano uomini che sapevano ascoltare con fermezza le ansie delle anime più inquiete ed esigenti, parlare con loro e innamorarsene era tutt’uno. I ragazzi, soprattutto quelli che sarebbero diventati i più ribelli, quelli che avrebbero fatto dell’anticlericalismo una bandiera, amavano i preti proprio perché in fondo al cuore sentivano che un giorno li avrebbero traditi. In collegio studiavo Sofocle e le peripezie di Edipo, ma ero attento a quel che mi accadeva attorno. Mi sembrava di stare in un luogo misterioso e cifrato, niente a che vedere con i college inglesi dove i ragazzi si ubriacavano da mane a sera, e a furia d’incularsi diventavano comunisti, arcicontenti di passare ai soviet i segreti della regina. Dalle mie parti era tutto soavemente enigmatico e ogni colpo di racchetta s’incideva per sempre nella memoria poiché toccava finire alla svelta la partita per correre… all’Angelus. Il mondo era maiuscolo e latino, tanto più sacro quanto più profanabile, perché l’Angelus lo celebrava lui, il Padre spirituale che forse, con quelle stesse mani benedette, pochi minuti prima…
Dieci anni passai con i gesuiti ed ebbi sentore d’un solo caso sospetto di abuso. In spiaggia il figlio quindicenne di un famoso imprenditore si apriva e si chiudeva l’accappatoio mostrando il corpo nudo e vantandosi d’avere sedotto un certo prete, il più inquietante in verità. L’ammirazione di tutti lambiva la carne appena rosata del piccolo dongiovanni, io ero viola per l’invidia ma un dubbio mi consolava: una settimana prima mi ero stirato una coscia giocando a calcio e mi ero fatto massaggiare proprio da quel prete, che eseguì l’operazione con il massimo scrupolo professionale, senza mai deviare verso il proibito. E dire che non avevo potuto trattenere una certa eccitazione. Inoltre, a ulteriore riprova della castità del gesuita, a quell’epoca ero un ragazzo piuttosto carino mentre quell’altro, che si vantava d’averlo conquistato, era un mostriciattolo che pochi anni dopo sarebbe diventato completamente calvo. A ping pong lo battei ventuno a sette.
Insomma, accerchiati da ogni parte, i preti belli mostravano un grande eroismo. Mi sono sempre chiesto come facessero, considerando che personalmente ho ceduto a donne che, per dirla con Swann, nemmeno erano il mio tipo. Per conto mio sarò sempre riconoscente ai padri gesuiti perché davvero mi furono Padri in un’adolescenza disperata. Da loro capii che noi ragazzi, per quanto nevrotici e rachitici, eravamo esseri degni d’amore, quello vero, che arricchisce e fa crescere. Uno di quei Padri, quello che più amavo e che mi aveva insegnato tutto ciò che sapevo, durante la gita scolastica a Parigi sbuffando disse al suo devoto quindicenne di non stargli attaccato alla sottana, e mi spinse a fare amicizia con un gruppo di graziose inglesine con il nastro blu sul berretto. Anni dopo, a un raduno di ex alunni, per farmi bello lo avrei pubblicamente deriso, strappandogli un sorriso che diceva quanto fosse fiero di me! Fin qui la giovinezza, l’amore, la fortuna. Ora entra in ballo la perversione, quella vera, e le cose si fanno dure e tristi.
Procediamo con il Vangelo sottobraccio. Rompendo la consuetudine di complicità propria dei pagani – che magari qualche leggina la facevano ma poi se ne fregavano – con voce per una volta tanto fremente d’ira Cristo disse che coloro che stupravano i bambini andavano puniti, anzi, facessero il favore di togliersi di torno annegandosi da qualche parte. L’invito e l’esempio di Gesù a una paternità degna e operosa vale innanzitutto per i preti, e che Benedetto XVI li sproni è più che sensato. Che i giornalisti sollecitino il Papa va anche bene, basta che non facciano i perversi, pretendendo una chiesa pura come un bambino solo per insozzarla. L’idea di purezza è torbidamente allucinatoria, per fare le opere che ha fatto la chiesa si è sempre sporcata le mani, come fanno i bambini del resto. C’è il dogma ma anche il magma e soprattutto il pragma, non facciamo gli ingenui, che tra i puristi sono i più schifosi. Sminuire la grandezza della chiesa per la sua intraprendenza è negazionismo efferato; nelle epoche in cui gli uomini si dedicavano quasi esclusivamente alle guerre e agli stupri di massa, la chiesa si dedicava alla carità e alla conoscenza, e così oggi in tante parti del mondo. Impegnarsi in un’immensa e complessa impresa non è esente da rischi, anzi è un rischio assoluto: come controllare tutti coloro che vi partecipano? Come accorgersi in tempo se uno di essi sta per venire travolto da un blasfemo delirio di onnipotenza, o un’altro dalla voglia di degradarsi degradando quel che sta facendo? Si possono commettere tanti errori, ma rinunciare all’impresa è il peccato davvero imperdonabile. C’è chi ci prova: il capo dei cattolici tedeschi progressisti ha appena sollecitato le dimissioni del Papa invitandolo a dichiarare pubblicamente “d’essere d’ostacolo alla purificazione della chiesa”. Meno male che ancora ce n’è uno, di ostacolo, sennò dovremmo passare il tempo in arcaici catariclisteri e in modernissimi anorexic vomiting. Caduto il Papa diventeremo tutti puri purissimi, per la gioia di guardoni senza sguardo.
Tante le accuse, le damnationes. La chiesa è tutta da gettare, sostengono i saccenti, toglie la libertà agli umani, infantilizzandoli e asservendoli al suo volere. Ma se fu lei a inventare il libero arbitrio togliendo agli umani le catene del fato! Perverso è piuttosto chi pensa che davvero qualcuno possa levare il senno a qualcun altro, chi pensa che siamo tutti bambini idioti pronti a farci asinelli e burattini. Altri picchiano sulla verginità: conta quella psichica non la ginecologica, e l’insistenza della chiesa per il celibato è una fisima che ne dimostra la grettezza. Verissimo, rispondo, la verginità che fa la differenza è sicuramente quella psichica, ma se uno vuol fare un voto di castità lo faccia pure, non saremo noi a portarlo di forza al bordello, come certi genitori – perversi essi sì – che poi si stupiscono se il figlio si vendica. Se uno non ha voglia di copulare con una donna sono fatti suoi e non per questo ne deriva che è misogino, tanti misogini si accoppiano con le donne solo per accopparle giorno dopo giorno.
E voi care signore, se volete un prete dovete conquistarvelo, e non è facile perché il vostro rivale è Dio; mettere il prete in quota azzurra è patetico, anche perché a quel punto non sapreste cosa farvene. Né è da credere che l’astinente si getterà sui ragazzini pur di sfogare da qualche parte la sua libido, solo un perverso può pensare e dire cose così grossolane. Siate sicuri, signori perversi: un uomo che parla con Dio, prete o eretico che sia, troverà infiniti e più interessanti modi per esprimere la propria sessualità, per esempio scrivendo “La salita del Monte Carmelo”. Infine, che qualcuno rinunci a qualcosa in questo mondo di avidi è un esempio per tutti. Che monaci e suore si rinchiudano nei conventi per celebrare l’ora et labora, la sobrietà e il silenzio, rinfresca l’alito del pianeta più di mille protocolli di Kyoto e Copenaghen.
E che dire di chi punta la sua trave contro la chiesa ben sapendo che il novantanove per cento degli stupri avviene all’interno delle famiglie? (Le aboliamo?). E’ un favore a Satana: togliendo di mezzo preti e suore si priva l’infanzia, specie quella dei paesi ove più è esposta alla prostituzione e alla tratta, del suo storico e più efficace difensore. Da sempre infatti il vero scandalo è un altro: lo scandalo di uomini che invece di accarezzare i bambini prima di mandarli a morire in trincea, li proteggono a costo della propria vita. Chi saranno mai i preti per osare tanto? Orchi travestiti da angeli custodi, naturalmente; figurarsi se a un uomo può fregargliene qualcosa di un ragazzino, a meno che sia suo figlio ma anche lì… A tantissimi l’amore risulta inconcepibile.
La chiesa non può prendere sul serio le accuse dei suoi nemici. Travolta dal senso di colpa fa mea culpa per gli altrui peccati; ma se stima i preti a lei consustanziali, dovrebbe risarcire anche i crimini di Totò Riina poiché tutti noi fedeli siamo corpus ecclesiae. Pas de zèle, meglio una bella scomunica, non ai divorziati ma ai giornalisti che sparano cattiverie. Il cardinal Bertone sostiene che i fedeli hanno fiducia nella chiesa, ed è vero, ma solo se la chiesa ha fiducia in se stessa, pronta a controbattere con bella insolenza. Se il sole e la luna cominciassero a dubitare si spegnerebbero immediatamente, diceva William Blake. Se poi la chiesa decidesse di puntare ancora più in alto, a un altro Rinascimento, la formazione del seminarista è la chiave di svolta. La colpa della chiesa non è di avere scarsamente vigilato, che sennò si torna ai preti che passano per le camerate a vedere cosa accade tra le lenzuola; la colpa è di non avere adeguatamente promosso la paternità. Quello della paternità è un pensiero decisivo che partendo dalla Bibbia arriva all’oggi e già si affaccia sul domani. Attorno alla paternità cose importanti si sono dette e si dicono, in una ricerca costellata di trovate che sgorgano dalla penna di Dostoevskij e di tanti altri grandi scrittori e artisti. E’ stato san Freud a mostrare quel che a san Tommaso d’Aquino non era riuscito, le prove dell’esistenza di Dio, ad esempio quel Suo farsi vivo in un lapsus; ed è Nabokov ad avere scritto “Lolita”, portentoso trattato sulla perversione e la sua artistica redenzione che tutti dovrebbero leggere, e non solo le ragazze di Teheran. Come incontrare Padre? Non è necessario, cari anticlericali, aggredirlo e metterlo a morte, si può incontrarlo aprendo un bel libro o giocando a ping pong con maestria. Incontrare Padre immette nell’autorità, ritrovandosi autori della propria vita e così a propria volta punto d’identificazione e d’incontro per tanti.
Ma questa storia che il fratello del Papa lanciava le sedie per la stizza! Strehler e Visconti parlavano sottovoce? Mito gli uni, orco l’altro solo perché prete? Caspita, che sopravvalutazione sessuale, che sulfureo onore! Va bene così: oportet ut scandala eveniant anche quando non sono scandali ma scandalismo a bon marché; oportet cogliere sempre l’occasione affinché il pensiero faccia un balzo in avanti e irrompa ovunque. Il pensiero è Dio, senza di Lui tutto diventa perversione, incesto, sadismo. Se apre al pensiero, se spalanca non solo i suoi archivi ma il suo cuore e il suo intelletto senza timore ch’esso possa venire profanato dalla vita, la chiesa ha l’occasione di mettersi alla guida di un rinnovamento straordinario. Viceversa le chiese chiuse, come le famiglie chiuse e le persone chiuse, nascondono l’incesto, sicché il suo pestifero odore appesta la polis. Non abbiate paura amati padri: l’unica cosa di cui vergognarsi è di accontentarsi della vergogna. Santo cielo che meraviglia un prete che torna a essere oggetto di desiderio e non più di disprezzo, timore, sospetto, orrore! Prete è bello!
© - FOGLIO QUOTIDIANO
di Umberto Silva
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://www.libertaepersona.org/dblog/articolo.asp?articolo=1762
Pedofilia: ecco perchè a tanti laici conviene tacere
Di Giuliano Guzzo (del 12/04/2010 @ 14:29:14, in Attualità, linkato 147 volte)
Dispiace contraddire le anime belle, ma forse la sola legittimata a scandalizzarsi per la pedofilia all’interno della Chiesa, oggi, è proprio la Chiesa stessa: i preti, i vescovi, il Santo Padre. A tutto il mondo laico e secolarizzato, invece, conviene di gran lunga tacere. Conviene anzitutto ai moralisti del "New York Times", che negli ultimi dieci anni hanno pubblicato oltre 150 articoli sulla pedofilia nella Chiesa ignorando quasi sempre studi e notizie sul fenomeno degli abusi nelle scuole pubbliche e dimostrando così che del fenomeno pedofilia in sé, per farla breve, se ne infischiano.
Tacere conviene anche ai giornalisti di "Repubblica": in un recente editoriale sono arrivati a definire l'arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland, il grande accusatore di Benedetto XVI, “una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti d'America […] morto con parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti” (Repubblica 26/3/2010); piccola precisazione: monsignor Weakland non è affatto morto anche se non è più l'arcivescovo di Milwaukee dal 2002, quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari.
Farebbero bene ad evitare di indignarsi della pedofilia nella Chiesa anche i sostenitori di Michele Santoro, dal momento che il loro idolo ha mandato in onda “Sex and the Vatican” - video della Bbc condannato nel marzo 2008 dal Giudice di pace di Roma che, accogliendo il ricorso di un cittadino indignato e disponendo per lui un risarcimento, lo ha definito una rappresentazione fuorviante del problema della pedofilia - ma non ha fiatato quando, recentemente, un pedofilo siciliano, scarcerato dopo aver violentato ben tre ragazzine, è tornato a stuprare, abusando di una bambina di quattro anni, e nemmeno quando un macellaio veneto, processato per aver fatto sesso con una tredicenne, s’è visto riconoscere dal giudice le attenuanti perché “il sentimento era vero”. Proviamo solo ad immaginare che puntatone avrebbe realizzato la redazione di Annozero se un religioso, dopo aver abusato di tre bambine, fosse stato scarcerato e fosse tornato a violentare una bambina di quattro anni: si sarebbe scatenato l’inferno!
Più in generale, è tutta la galassia culturale contemporanea che farebbe meglio ad ignorare la pedofilia clericale e a pensare ai suoi celebrati intellettuali, primi fra tutti Foucault e Tournier, i magnifici corifei della "pedofilia dolce", i quali hanno teorizzato un'infanzia totalmente emancipata dai limiti, dagli obblighi e dalle norme, in cui la naturale polimorfia sessuale non venga soffocata dall'ipocrisia sociale, il tutto, si capisce, in nome del libero e imperativo appagamento del desiderio sessuale.
Un’altra buona ragione per tacere, il mondo contemporaneo, ce l’ha nell’aborto: chi tollera in silenzio che ogni anno, nel mondo, non nascano 41.6 milioni di bambini (Cfr. Lancet 10/2007, 370:1338-1345) ha ben poco titolo per spiegare poi che questi vanno rispettati e protetti. A meno che non si voglia sostenere – e in quel caso lo si dica apertamente - che ad sei, sette mesi un bimbo possa essere frullato e a nove diventi repentinamente inviolabile.
Viceversa, se il mondo laico - redazioni del “New York Times”, di “Repubblica” e di “Annozero” comprese – decidesse di continuare ad occuparsi ancora di pedofilia, potrebbe cominciare col dire la propria sulla petizione che Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault e Jack Lang (futuro ministro francese) firmarono, e nella quale si reclamava la legalizzazione dei rapporti sessuali coi minori. I più fieri avversari della pedofilia nella Chiesa, potrebbero dirci che pensano anche delle trovate di Radio Radicale, che mandò in onda - unica in Italia - il vergognoso programma danese dal titolo "Papà posso toccarti l'uccello?”.
Oppure potrebbero dirci se condividono quanto hanno scritto dei parlamentari radicali - stipendiati dai contribuenti italiani, giova ricordarlo - al quotidiano “Libero” in data 28 aprile 2002:” E’ del tutto inaccettabile la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di 'essere', di uno 'stato' […] criminalizzare i 'pedofili' in quanto tali, al contrario, non serve a tutelare i minori, ma solo a creare un clima incivili".
Ancora, potrebbero farci sapere se trovano giusto che la venerata cultura laica, ormai diversi anni fa, abbia assegnato nientemeno che il Nobel per la Letteratura ad André Gide, scrittore che nei suoi scritti racconta di quando, nei vicoli di Tangeri e di Casablanca, si divertiva con gli impuberi: se la sentirebbero di assegnare ad un prete pedofilo letterariamente dotato addirittura il Nobel?
Aveva ragione l’attuale Governatore della Puglia, Nichi Vendola, quando, in una intervista del 1985 a “Repubblica”, dichiarava che “non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti”? Oppure ha ragione Daniel Cohen Bendit, capogruppo dei Verdi a Bruxelles, che si è battuto per bocciare la nomina di Rocco Buttiglione alla Commissione Europea dall’alto della sua esperienza di insegnante che, come egli stesso racconta, abbassava i pantaloni ai suoi alunni? In attesa di avere chiarimenti e risposte ci viene un dubbio, che è questo: a tanti laici, quando si parla di pedofilia, forse conviene davvero tacere
Pedofilia: ecco perchè a tanti laici conviene tacere
Di Giuliano Guzzo (del 12/04/2010 @ 14:29:14, in Attualità, linkato 147 volte)
Dispiace contraddire le anime belle, ma forse la sola legittimata a scandalizzarsi per la pedofilia all’interno della Chiesa, oggi, è proprio la Chiesa stessa: i preti, i vescovi, il Santo Padre. A tutto il mondo laico e secolarizzato, invece, conviene di gran lunga tacere. Conviene anzitutto ai moralisti del "New York Times", che negli ultimi dieci anni hanno pubblicato oltre 150 articoli sulla pedofilia nella Chiesa ignorando quasi sempre studi e notizie sul fenomeno degli abusi nelle scuole pubbliche e dimostrando così che del fenomeno pedofilia in sé, per farla breve, se ne infischiano.
Tacere conviene anche ai giornalisti di "Repubblica": in un recente editoriale sono arrivati a definire l'arcivescovo di Milwaukee monsignor Weakland, il grande accusatore di Benedetto XVI, “una delle figure più luminose del cattolicesimo degli Stati Uniti d'America […] morto con parole di perdono per coloro che lo avevano ingiustamente coinvolto in accuse infamanti” (Repubblica 26/3/2010); piccola precisazione: monsignor Weakland non è affatto morto anche se non è più l'arcivescovo di Milwaukee dal 2002, quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari.
Farebbero bene ad evitare di indignarsi della pedofilia nella Chiesa anche i sostenitori di Michele Santoro, dal momento che il loro idolo ha mandato in onda “Sex and the Vatican” - video della Bbc condannato nel marzo 2008 dal Giudice di pace di Roma che, accogliendo il ricorso di un cittadino indignato e disponendo per lui un risarcimento, lo ha definito una rappresentazione fuorviante del problema della pedofilia - ma non ha fiatato quando, recentemente, un pedofilo siciliano, scarcerato dopo aver violentato ben tre ragazzine, è tornato a stuprare, abusando di una bambina di quattro anni, e nemmeno quando un macellaio veneto, processato per aver fatto sesso con una tredicenne, s’è visto riconoscere dal giudice le attenuanti perché “il sentimento era vero”. Proviamo solo ad immaginare che puntatone avrebbe realizzato la redazione di Annozero se un religioso, dopo aver abusato di tre bambine, fosse stato scarcerato e fosse tornato a violentare una bambina di quattro anni: si sarebbe scatenato l’inferno!
Più in generale, è tutta la galassia culturale contemporanea che farebbe meglio ad ignorare la pedofilia clericale e a pensare ai suoi celebrati intellettuali, primi fra tutti Foucault e Tournier, i magnifici corifei della "pedofilia dolce", i quali hanno teorizzato un'infanzia totalmente emancipata dai limiti, dagli obblighi e dalle norme, in cui la naturale polimorfia sessuale non venga soffocata dall'ipocrisia sociale, il tutto, si capisce, in nome del libero e imperativo appagamento del desiderio sessuale.
Un’altra buona ragione per tacere, il mondo contemporaneo, ce l’ha nell’aborto: chi tollera in silenzio che ogni anno, nel mondo, non nascano 41.6 milioni di bambini (Cfr. Lancet 10/2007, 370:1338-1345) ha ben poco titolo per spiegare poi che questi vanno rispettati e protetti. A meno che non si voglia sostenere – e in quel caso lo si dica apertamente - che ad sei, sette mesi un bimbo possa essere frullato e a nove diventi repentinamente inviolabile.
Viceversa, se il mondo laico - redazioni del “New York Times”, di “Repubblica” e di “Annozero” comprese – decidesse di continuare ad occuparsi ancora di pedofilia, potrebbe cominciare col dire la propria sulla petizione che Sartre, Simone de Beauvoir, Michel Foucault e Jack Lang (futuro ministro francese) firmarono, e nella quale si reclamava la legalizzazione dei rapporti sessuali coi minori. I più fieri avversari della pedofilia nella Chiesa, potrebbero dirci che pensano anche delle trovate di Radio Radicale, che mandò in onda - unica in Italia - il vergognoso programma danese dal titolo "Papà posso toccarti l'uccello?”.
Oppure potrebbero dirci se condividono quanto hanno scritto dei parlamentari radicali - stipendiati dai contribuenti italiani, giova ricordarlo - al quotidiano “Libero” in data 28 aprile 2002:” E’ del tutto inaccettabile la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di 'essere', di uno 'stato' […] criminalizzare i 'pedofili' in quanto tali, al contrario, non serve a tutelare i minori, ma solo a creare un clima incivili".
Ancora, potrebbero farci sapere se trovano giusto che la venerata cultura laica, ormai diversi anni fa, abbia assegnato nientemeno che il Nobel per la Letteratura ad André Gide, scrittore che nei suoi scritti racconta di quando, nei vicoli di Tangeri e di Casablanca, si divertiva con gli impuberi: se la sentirebbero di assegnare ad un prete pedofilo letterariamente dotato addirittura il Nobel?
Aveva ragione l’attuale Governatore della Puglia, Nichi Vendola, quando, in una intervista del 1985 a “Repubblica”, dichiarava che “non è facile affrontare un tema come quello della pedofilia ad esempio, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti”? Oppure ha ragione Daniel Cohen Bendit, capogruppo dei Verdi a Bruxelles, che si è battuto per bocciare la nomina di Rocco Buttiglione alla Commissione Europea dall’alto della sua esperienza di insegnante che, come egli stesso racconta, abbassava i pantaloni ai suoi alunni? In attesa di avere chiarimenti e risposte ci viene un dubbio, che è questo: a tanti laici, quando si parla di pedofilia, forse conviene davvero tacere
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/04/le-linee-guida-del-vaticano-sui-casi-di.html
Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo la traduzione delle linee guida pubblicate oggi dalla Santa Sede. Un grazie di vero cuore a Marco Tosatti che ha fatto il lavoro che spettava al Vaticano.
Pubblicate sul sito web del Vaticano le linee guida per applicare il Motu Proprio di Giovanni Paolo II emesso nel 2001. Il testo completo, una nostra traduzione.
MARCO TOSATTI
Nei casi più gravi di preti pedofili, il Papa potrà direttamente ridurre il colpevole allo stato laicale, senza passare per un processo canonico: è quanto indica la guida sulle procedure vaticane per quanto riguarda gli abusi sui minori, pubblicata oggi sul sito web della Santa Sede.
E nel caso di abusi sessuali su minori da parte dei preti "si deve sempre seguire la legge civile per quanto riguarda la denuncia dei crimini alle appropriate autorità". Sono questi alcuni dei punti delle linee guida che il Vaticano ha deciso di pubblicare online, e che fanno parte delle indicazioni sulle procedure canoniche della Congregazione per la dottrina della fede per contrastare il fenomeno della pedofilia nella chiesa. Proprio per questo, "nei casi più gravi il Papa potrà direttamente ridurre il colpevole allo stato laicale, senza passare per un processo canonico".
Le linee guida pubblicate oggi sul sito della Santa Sede sono il riassunto di procedure operative già' definite, con un regolamento interno al Dicastero della Congregazione per la Fede risalente al 2003, ma mai rese note al pubblico.
Ecco il testo integrale:
Il diritto applicabile è il Motu Proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (SST MP) del 30 aprile 2001, insieme con il codice di diritto canonico del 1983.
Questa è una guida introduttiva che può essere utile per i laici e i non canonisti.
A: Procedure preliminari
La diocesi locale indaga ogni accusa di abuso sessuale di un minore da parte un chierico.
Se l'accusa ha una parvenza di verità il caso viene deferito alla CDF.
Il vescovo locale trasmette tutte le informazioni necessarie alla CDF ed esprime il suo parere in merito alle procedure da seguire e le misure da adottare a breve e lungo termine.
La legge civile in materia di segnalazione di reati alle autorità competenti deve sempre essere seguita.
Durante la fase preliminare e fino a quando il caso è concluso, il vescovo può imporre misure precauzionali per proteggere la Comunità, comprese le vittime. Infatti, il vescovo locale mantiene sempre il potere per proteggere i bambini, limitando le attività di qualsiasi sacerdote nella sua diocesi. Questo fa parte della sua autorità ordinaria, che egli è incoraggiato a esercitare in qualsiasi misura sia necessaria per assicurare che i bambini non abbiano nocumento, e questo potere può essere esercitato a discrezione del vescovo, prima, durante e dopo qualsiasi procedimento canonico.
B: procedure autorizzate dalla CDF
La CDF studia il caso presentato dal vescovo locale e chiede anche informazioni supplementari, se necessario.
La CDF ha un numero di opzioni:
B1 Processi penali
La CDF può autorizzare il vescovo locale a condurre un processo giudiziario penale dinanzi a un tribunale locale della Chiesa. Un eventuale ricorso in tal caso può essere presentato alla CDF. La CDF può autorizzare il vescovo locale a condurre un processo penale amministrativo davanti aun delegato del vescovo locale assistito da due assessori. Il sacerdote accusato è chiamato a rispondere alle accuse e a esaminare le prove. L'imputato ha il diritto di presentare ricorso alla CDF contro un decreto che lo condanna a una pena canonica. La decisione dei membri cardinali della CDF è inappellabile. Se il chierico dovesse essere giudicato colpevole, i processi penali sia giudiziari che amministrativi possono condannare un chierico ad una serie di sanzioni canoniche, la più grave delle quali è la dimissione dallo stato clericale. La questione dei danni può essere trattata direttamente nel corso di queste procedure.
B2 cause che vanno direttamente al Santo Padre
In casi molto gravi, dove un processo penale civile ha trovato il chierico colpevole di abuso sessuale dei minori o dove le prove sono schiaccianti, la CDF può scegliere di portare il caso direttamente al Santo Padre con la richiesta che il Papa emetta un decreto di "d'ufficio" di dimissione dallo stato clericale. Non c'è nessun rimedio canonica contro un tale decreto Papa. La CDF porta anche il Santo Padre le richieste dei sacerdoti accusati che, consapevoli dei loro crimini, chiedono di essere dispensati dall'obbligo del sacerdozio e desiderano tornare allo stato laicale. Il Papa concede queste richieste per il bene della Chiesa ("pro bono Ecclesiae").
B3 Misure disciplinari
Nei casi in cui il sacerdote accusato ha ammesso i suoi crimini e ha accettato di vivere una vita di preghiera e di penitenza, la CDF autorizza il vescovo locale a emettere un decreto che vieta o limita il ministero pubblico di tale un sacerdote. Tali decreti sono imposti attraverso un precetto penale che comporta una pena canonica per una violazione delle condizioni del decreto, non escludendo la dismissione dallo stato clericale. Un ricorso amministrativo alla CDF è possibile contro tali decreti. La decisione della CDF è inappellabile.
C. revisione della SST MP
Da qualche tempo la CDF ha intrapreso una revisione di alcuni articoli del Motu Proprio “Sacramentorum Sanctitatis tutela”, al fine di aggiornare il suddetto Motu Proprio del 2001 alla luce della speciale facoltà conferita alla CDF dai papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Le modifiche proposte in discussione non cambieranno le procedure di cui sopra (A, B1-B3).
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=759&ID_sezione=&sezione=
Riceviamo e con grandissimo piacere e gratitudine pubblichiamo la traduzione delle linee guida pubblicate oggi dalla Santa Sede. Un grazie di vero cuore a Marco Tosatti che ha fatto il lavoro che spettava al Vaticano.
Pubblicate sul sito web del Vaticano le linee guida per applicare il Motu Proprio di Giovanni Paolo II emesso nel 2001. Il testo completo, una nostra traduzione.
MARCO TOSATTI
Nei casi più gravi di preti pedofili, il Papa potrà direttamente ridurre il colpevole allo stato laicale, senza passare per un processo canonico: è quanto indica la guida sulle procedure vaticane per quanto riguarda gli abusi sui minori, pubblicata oggi sul sito web della Santa Sede.
E nel caso di abusi sessuali su minori da parte dei preti "si deve sempre seguire la legge civile per quanto riguarda la denuncia dei crimini alle appropriate autorità". Sono questi alcuni dei punti delle linee guida che il Vaticano ha deciso di pubblicare online, e che fanno parte delle indicazioni sulle procedure canoniche della Congregazione per la dottrina della fede per contrastare il fenomeno della pedofilia nella chiesa. Proprio per questo, "nei casi più gravi il Papa potrà direttamente ridurre il colpevole allo stato laicale, senza passare per un processo canonico".
Le linee guida pubblicate oggi sul sito della Santa Sede sono il riassunto di procedure operative già' definite, con un regolamento interno al Dicastero della Congregazione per la Fede risalente al 2003, ma mai rese note al pubblico.
Ecco il testo integrale:
Il diritto applicabile è il Motu Proprio Sacramentorum sanctitatis tutela (SST MP) del 30 aprile 2001, insieme con il codice di diritto canonico del 1983.
Questa è una guida introduttiva che può essere utile per i laici e i non canonisti.
A: Procedure preliminari
La diocesi locale indaga ogni accusa di abuso sessuale di un minore da parte un chierico.
Se l'accusa ha una parvenza di verità il caso viene deferito alla CDF.
Il vescovo locale trasmette tutte le informazioni necessarie alla CDF ed esprime il suo parere in merito alle procedure da seguire e le misure da adottare a breve e lungo termine.
La legge civile in materia di segnalazione di reati alle autorità competenti deve sempre essere seguita.
Durante la fase preliminare e fino a quando il caso è concluso, il vescovo può imporre misure precauzionali per proteggere la Comunità, comprese le vittime. Infatti, il vescovo locale mantiene sempre il potere per proteggere i bambini, limitando le attività di qualsiasi sacerdote nella sua diocesi. Questo fa parte della sua autorità ordinaria, che egli è incoraggiato a esercitare in qualsiasi misura sia necessaria per assicurare che i bambini non abbiano nocumento, e questo potere può essere esercitato a discrezione del vescovo, prima, durante e dopo qualsiasi procedimento canonico.
B: procedure autorizzate dalla CDF
La CDF studia il caso presentato dal vescovo locale e chiede anche informazioni supplementari, se necessario.
La CDF ha un numero di opzioni:
B1 Processi penali
La CDF può autorizzare il vescovo locale a condurre un processo giudiziario penale dinanzi a un tribunale locale della Chiesa. Un eventuale ricorso in tal caso può essere presentato alla CDF. La CDF può autorizzare il vescovo locale a condurre un processo penale amministrativo davanti aun delegato del vescovo locale assistito da due assessori. Il sacerdote accusato è chiamato a rispondere alle accuse e a esaminare le prove. L'imputato ha il diritto di presentare ricorso alla CDF contro un decreto che lo condanna a una pena canonica. La decisione dei membri cardinali della CDF è inappellabile. Se il chierico dovesse essere giudicato colpevole, i processi penali sia giudiziari che amministrativi possono condannare un chierico ad una serie di sanzioni canoniche, la più grave delle quali è la dimissione dallo stato clericale. La questione dei danni può essere trattata direttamente nel corso di queste procedure.
B2 cause che vanno direttamente al Santo Padre
In casi molto gravi, dove un processo penale civile ha trovato il chierico colpevole di abuso sessuale dei minori o dove le prove sono schiaccianti, la CDF può scegliere di portare il caso direttamente al Santo Padre con la richiesta che il Papa emetta un decreto di "d'ufficio" di dimissione dallo stato clericale. Non c'è nessun rimedio canonica contro un tale decreto Papa. La CDF porta anche il Santo Padre le richieste dei sacerdoti accusati che, consapevoli dei loro crimini, chiedono di essere dispensati dall'obbligo del sacerdozio e desiderano tornare allo stato laicale. Il Papa concede queste richieste per il bene della Chiesa ("pro bono Ecclesiae").
B3 Misure disciplinari
Nei casi in cui il sacerdote accusato ha ammesso i suoi crimini e ha accettato di vivere una vita di preghiera e di penitenza, la CDF autorizza il vescovo locale a emettere un decreto che vieta o limita il ministero pubblico di tale un sacerdote. Tali decreti sono imposti attraverso un precetto penale che comporta una pena canonica per una violazione delle condizioni del decreto, non escludendo la dismissione dallo stato clericale. Un ricorso amministrativo alla CDF è possibile contro tali decreti. La decisione della CDF è inappellabile.
C. revisione della SST MP
Da qualche tempo la CDF ha intrapreso una revisione di alcuni articoli del Motu Proprio “Sacramentorum Sanctitatis tutela”, al fine di aggiornare il suddetto Motu Proprio del 2001 alla luce della speciale facoltà conferita alla CDF dai papi Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
Le modifiche proposte in discussione non cambieranno le procedure di cui sopra (A, B1-B3).
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/grubrica.asp?ID_blog=196&ID_articolo=759&ID_sezione=&sezione=
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://www.ilmessaggero.it/articolo.php?id=97850&sez=HOME_INITALIA
Pedofilia, il cardinal Bertone: «Studi dimostrano legame con l'omosessualità»
Grillini: affermazioni gravi. Critiche anche da parte del Movimento cileno per le minoranze sessuali
ROMA (12 aprile) - Ancora polemiche sulla bufera preti pedofili nel giorno in cui la Santa Sede ha pubblicato le linee guida per trattare la materia. Molti studiosi hanno dimostrato «il legame tra pedofilia e omosessualità» dice il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. «Affermazioni gravi» ribatte Il presidente di gaynet e neo consigliere regionale dell'Idv, Franco Grillini.
«È stato dimostrato da molti psicologi e psichiatri che non c'è legame tra celibato e pedofilia» ha detto in una conferenza stampa Bertone, ricordando che «molti» altri studiosi hanno invece dimostrato un legame «tra omosessualità e pedofilia». Rispondendo ai giornalisti a Santiago del Cile sulla questione della pedofilia nel clero, il cardinale Bertone ha inoltre ricordato che la Santa Sede «non può rispondere caso per caso» di fronte a nuove denunce, «ma ogni caso deve essere risolto». «Se interpellata, la Santa Sede dà le sue indicazioni, ma ogni caso deve essere risolto dalle autorità locali, sia ecclesiastiche sia civili», ha sottolineato.
«La pedofilia riguarda anche altre religioni» ha affermato il cardinal Bertone. «Abbiamo statistiche dell'Onu e dell'Unicef relative a migliaia di casi riguardanti tutte le categorie e che non parlano solo della Chiesa cattolica, perché - ha aggiunto - è una percentuale minima».
«È ora di finirla con questi attacchi sempre solo alla Chiesa cattolica» ha detto Bertone che contrattacca il New York Times, e annuncia nuove «sorprendenti» iniziative del Papa sull'argomento, precisando però che il celibato non è in discussione. «Il New York Times - ha detto citando il Wall Street Journal - è un giornale che attacca solo la Chiesa e ha smesso di dare informazione sui problemi del mondo».
Grillini: gravi affermazioni. Il presidente di gaynet e neo consigliere regionale dell'Idv, Franco Grillini, definisce «gravissime» le affermazioni del segretario di Stato vaticano Bertone «per l'accostamento che fa tra omosessualità e pedofIlia». Un accostamento, aggiunge, «del tutto destituito di fondamento, perché, come ognuno sa, i casi di pedofilia si concentrano soprattutto nelle strutture educative cattoliche e nella famiglia tradizionale, come dimostra il 90% dei casi giudiziari di violenza sui minori». Per Grillini, «le dichiarazioni di Bertone la dicono lunga sullo stato dell'attuale disperazione vaticana, se sono costretti a buttare la croce sugli omosessuali che sono invece il gruppo umano meno coinvolto in assoluto in casi di pedofilia. La Chiesa cattolica, anzichè buttare la croce addosso ad altri - conclude -, dovrebbe implorare il perdono per aver coperto per decenni, forse per secoli, quello che possiamo definire il più grande scandalo sessuale della storia dell'umanità».
Critiche anche da parte del Movimento cileno per le minoranze sessuali (Movikh). «Bertone mente in modo palese ed inumano quando sostiene che ci sono studi che dimostrato l'esistenza di relazioni tra l'omosessualità e la pedofilia», afferma il Movimento in una nota. Il Movilh ha replicato che il segretario di Stato «mente, in quanto non c'è nessuna ricerca scientifica, seria e indipendente da tutte le correnti religiose, che indichi questo. Le affermazioni del cardinale sono provocatorie - aggiunge la nota - perché tendono ad attribuire responsabilità a persone con un orientamento sessuale diverso per i brutali casi di pedofilia commessi da sacertoti, utilizzando in modo immorale gli omosessuali come capro espiatorio».
Pedofilia, il cardinal Bertone: «Studi dimostrano legame con l'omosessualità»
Grillini: affermazioni gravi. Critiche anche da parte del Movimento cileno per le minoranze sessuali
ROMA (12 aprile) - Ancora polemiche sulla bufera preti pedofili nel giorno in cui la Santa Sede ha pubblicato le linee guida per trattare la materia. Molti studiosi hanno dimostrato «il legame tra pedofilia e omosessualità» dice il segretario di Stato Vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. «Affermazioni gravi» ribatte Il presidente di gaynet e neo consigliere regionale dell'Idv, Franco Grillini.
«È stato dimostrato da molti psicologi e psichiatri che non c'è legame tra celibato e pedofilia» ha detto in una conferenza stampa Bertone, ricordando che «molti» altri studiosi hanno invece dimostrato un legame «tra omosessualità e pedofilia». Rispondendo ai giornalisti a Santiago del Cile sulla questione della pedofilia nel clero, il cardinale Bertone ha inoltre ricordato che la Santa Sede «non può rispondere caso per caso» di fronte a nuove denunce, «ma ogni caso deve essere risolto». «Se interpellata, la Santa Sede dà le sue indicazioni, ma ogni caso deve essere risolto dalle autorità locali, sia ecclesiastiche sia civili», ha sottolineato.
«La pedofilia riguarda anche altre religioni» ha affermato il cardinal Bertone. «Abbiamo statistiche dell'Onu e dell'Unicef relative a migliaia di casi riguardanti tutte le categorie e che non parlano solo della Chiesa cattolica, perché - ha aggiunto - è una percentuale minima».
«È ora di finirla con questi attacchi sempre solo alla Chiesa cattolica» ha detto Bertone che contrattacca il New York Times, e annuncia nuove «sorprendenti» iniziative del Papa sull'argomento, precisando però che il celibato non è in discussione. «Il New York Times - ha detto citando il Wall Street Journal - è un giornale che attacca solo la Chiesa e ha smesso di dare informazione sui problemi del mondo».
Grillini: gravi affermazioni. Il presidente di gaynet e neo consigliere regionale dell'Idv, Franco Grillini, definisce «gravissime» le affermazioni del segretario di Stato vaticano Bertone «per l'accostamento che fa tra omosessualità e pedofIlia». Un accostamento, aggiunge, «del tutto destituito di fondamento, perché, come ognuno sa, i casi di pedofilia si concentrano soprattutto nelle strutture educative cattoliche e nella famiglia tradizionale, come dimostra il 90% dei casi giudiziari di violenza sui minori». Per Grillini, «le dichiarazioni di Bertone la dicono lunga sullo stato dell'attuale disperazione vaticana, se sono costretti a buttare la croce sugli omosessuali che sono invece il gruppo umano meno coinvolto in assoluto in casi di pedofilia. La Chiesa cattolica, anzichè buttare la croce addosso ad altri - conclude -, dovrebbe implorare il perdono per aver coperto per decenni, forse per secoli, quello che possiamo definire il più grande scandalo sessuale della storia dell'umanità».
Critiche anche da parte del Movimento cileno per le minoranze sessuali (Movikh). «Bertone mente in modo palese ed inumano quando sostiene che ci sono studi che dimostrato l'esistenza di relazioni tra l'omosessualità e la pedofilia», afferma il Movimento in una nota. Il Movilh ha replicato che il segretario di Stato «mente, in quanto non c'è nessuna ricerca scientifica, seria e indipendente da tutte le correnti religiose, che indichi questo. Le affermazioni del cardinale sono provocatorie - aggiunge la nota - perché tendono ad attribuire responsabilità a persone con un orientamento sessuale diverso per i brutali casi di pedofilia commessi da sacertoti, utilizzando in modo immorale gli omosessuali come capro espiatorio».
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://www.supertraffico.com/ultimora/pedofilia-bertone-collegare-a-omosessualita-non-celibato/
pedofilia: bertone, collegare a omosessualita’ non celibato
Non c’e’ alcun collegamento tra la pedofilia e il celibato a cui sono sottoposti i sacerdoti; e invece questo tipo di patologie sessuali sono da mettere in relazione all’omosessualita’. Lo ha detto il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, in visita in Cile, preannunciando che papa Bendetto XVI assumera’ nuove iniziative per far fronte agli abusi commessi da sacerdoti.
pedofilia: bertone, collegare a omosessualita’ non celibato
Non c’e’ alcun collegamento tra la pedofilia e il celibato a cui sono sottoposti i sacerdoti; e invece questo tipo di patologie sessuali sono da mettere in relazione all’omosessualita’. Lo ha detto il segretario di Stato del Vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, in visita in Cile, preannunciando che papa Bendetto XVI assumera’ nuove iniziative per far fronte agli abusi commessi da sacerdoti.
Re: Pedofilia e Presbiteri
86% des pédophiles se déclarent homosexuels ou bisexuels – La vérité qui dérange du Cardinal Bertone
Le cardinal Tarcisio Bertone, numéro deux du Vatican, a expliqué lundi que les multiples scandales de pédophilie qui secouent l’Eglise catholique étaient liés à l’homosexualité.
« De nombreux psychiatres et psychologues ont démontré qu’il n’existe pas de relation entre le célibat et la pédophilie, mais beaucoup d’autres – et on me l’a dit récemment – ont démontré qu’il existait un lien entre l’homosexualité et la pédophilie. La vérité est celle-ci et le problème, c’est cela », a déclaré le secrétaire d’Etat du Vatican à une radio chilienne, répondant à une question qui lui suggérait que la fin du célibat des prêtres pourrait résoudre les problèmes de pédophilie au sein de l’Eglise catholique.
Faire le point.
Les prêtres pédophiles s’attaquent, pour plus de 80% d’entre eux, à des adolescents de sexe masculin (voir ici et là). Les adolescents qui ont toujours fasciné les homosexuels comme en témoignent les couvertures de Têtu ou les visuels censés aguicher le visiteur sur les sites « gays ». Ils représentent très souvent des jeunes hommes imberbes. L’histoire a d’ailleurs montré qu’une frange non négligeable du lobby homosexuel a défendu des revendications pédophiles (voir ici et là). Seule le dogme de l’enfant roi aura finalement protégé les enfants de ces irresponsables.
Selon une étude américaine de 1988, 86% des pédophiles se considèrent eux-mêmes comme homosexuels ou bisexuels.
Thibaud COUPRY
http://www.riposte-catholique.fr/?p=6148
Le cardinal Tarcisio Bertone, numéro deux du Vatican, a expliqué lundi que les multiples scandales de pédophilie qui secouent l’Eglise catholique étaient liés à l’homosexualité.
« De nombreux psychiatres et psychologues ont démontré qu’il n’existe pas de relation entre le célibat et la pédophilie, mais beaucoup d’autres – et on me l’a dit récemment – ont démontré qu’il existait un lien entre l’homosexualité et la pédophilie. La vérité est celle-ci et le problème, c’est cela », a déclaré le secrétaire d’Etat du Vatican à une radio chilienne, répondant à une question qui lui suggérait que la fin du célibat des prêtres pourrait résoudre les problèmes de pédophilie au sein de l’Eglise catholique.
Faire le point.
Les prêtres pédophiles s’attaquent, pour plus de 80% d’entre eux, à des adolescents de sexe masculin (voir ici et là). Les adolescents qui ont toujours fasciné les homosexuels comme en témoignent les couvertures de Têtu ou les visuels censés aguicher le visiteur sur les sites « gays ». Ils représentent très souvent des jeunes hommes imberbes. L’histoire a d’ailleurs montré qu’une frange non négligeable du lobby homosexuel a défendu des revendications pédophiles (voir ici et là). Seule le dogme de l’enfant roi aura finalement protégé les enfants de ces irresponsables.
Selon une étude américaine de 1988, 86% des pédophiles se considèrent eux-mêmes comme homosexuels ou bisexuels.
Thibaud COUPRY
http://www.riposte-catholique.fr/?p=6148
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://paparatzinger3-blograffaella.blogspot.com/2010/04/nel-2002-il-nyt-riportava-la-protesta.html
Nel 2002 il NYT riportava la protesta di alcune associazioni a tutela dei diritti circa l'estensione dell'obbligo di denunciare gli abusi
Mi permetto di riportare il commento e la segnalazione di Antonio:
C’è una pagina interessantissima del NYT segnalata a tal proposito da Catholic League. Nel 2002, quando CDF e USSBC introducevano l’obbligo di denuncia alle autorità civili, in USA sono state le ASSOCIAZIONI cosiddette a tutela dei diritti civili (New York Civil Liberties Union, Family Planning Advocates, Planned Parenthood) e la portavoce dei DEMOCRATICI ad OPPORSI AD UNA LEGGE che estendesse a tutti coloro che ne vengono a conoscenza nell’ambito della propria professione l’obbligo di denunciare gli abusi, perché non volevano dover denunciare i fatti riferiti loro dai clienti. Al contrario i Vescovi dello Stato di NY sostenevano l’approvazione della legge.
http://www.nytimes.com/2002/06/28/nyregion/clerics-sex-reporting-bill-proves-unexpectedly-complicated.html?pagewanted=1
Alberto
Nel 2002 il NYT riportava la protesta di alcune associazioni a tutela dei diritti circa l'estensione dell'obbligo di denunciare gli abusi
Mi permetto di riportare il commento e la segnalazione di Antonio:
C’è una pagina interessantissima del NYT segnalata a tal proposito da Catholic League. Nel 2002, quando CDF e USSBC introducevano l’obbligo di denuncia alle autorità civili, in USA sono state le ASSOCIAZIONI cosiddette a tutela dei diritti civili (New York Civil Liberties Union, Family Planning Advocates, Planned Parenthood) e la portavoce dei DEMOCRATICI ad OPPORSI AD UNA LEGGE che estendesse a tutti coloro che ne vengono a conoscenza nell’ambito della propria professione l’obbligo di denunciare gli abusi, perché non volevano dover denunciare i fatti riferiti loro dai clienti. Al contrario i Vescovi dello Stato di NY sostenevano l’approvazione della legge.
http://www.nytimes.com/2002/06/28/nyregion/clerics-sex-reporting-bill-proves-unexpectedly-complicated.html?pagewanted=1
Alberto
Re: Pedofilia e Presbiteri
http://quotidianonet.ilsole24ore.com/cronaca/2010/04/13/318001-pedofili_legati_omosessualita.shtml
"Pedofilia legata all'omosessualità" Divampa la polemica sulle parole di Bertone
Il numero due del Vaticano al centro di critiche furiose dopo le sue parole dal Cile. Franco Grillini, presidente di Gaynet e consigliere regionale Idv: "Frasi gravissime". Paola Concia (Pd): "Irreparabile indignazione". Psicologi cattolici: "Teoria priva di fondamento"
Chiesa e pedofilia
Bertone: "In arrivonuove iniziativeda parte del Papa"
Gay scrive al Papa:"Abusato da un preteHo denunciato ma non ho avuto giustizia"
Pedofilia, inviata la relazionesul pm Fornoal ministro Alfano
Santiago, 13 aprile 2010 - Il cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano, ritiene che i numerosi scandali di pedofilia che hanno scosso la Chiesa cattolica sono legati all’omosessualità e non al celibato dei preti. Un’affermazione che ha suscitato l’immediata reazione delle associazioni cilene in difesa dei diritti degli omosessuali. "Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri - e mi è stato confermato anche recentemente - hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema", ha dichiarato il segretario di Stato vaticano rispondendo a un’intervista a una radio cilena.
"Né Bertone, né il Vaticano hanno l’autorità morale" per offrire lezioni di sessualità, ha dichiarato Rolando Jimenez, presidente del movimento per l’integrazione e l’emancipazione degli omosessuali in Cile. "Si tratta - afferma - di una strategia perversa del Vaticano che cerca di fuggire dalle proprie responsabilità" in relazione agli scandali di pedofilia.
DIVAMPA LA POLEMICA - Ma le parole di Bertone fanno divampare la polemica anche in italia. Il presidente di Gaynet e neo consigliere regionale dell’Idv, Franco Grillini, definisce "gravissime" le affermazioni del segretario di Stato vaticano Bertone "per l’accostamento che fa tra omosessualità e pedofilia".
Un accostamento, aggiunge, "del tutto destituito di fondamento, perché, come ognuno sa, i casi di pedofilia si concentrano soprattutto nelle strutture educative cattoliche e nella famiglia tradizionale, come dimostra il 90% dei casi giudiziari di violenza sui minori". Per Grillini, "le dichiarazioni di Bertone la dicono lunga sullo stato dell’attuale disperazione vaticana, se sono costretti a buttare la croce sugli omosessuali che sono invece il gruppo umano meno coinvolto in assoluto in casi di pedofilia. La Chiesa cattolica, anziché buttare la croce addosso ad altri - conclude -, dovrebbe implorare il perdono per aver coperto per decenni, forse per secoli, quello che possiamo definire il più grande scandalo sessuale della storia dell’umanità".
All'attacco anche Anna Paola Concia, deputata del Pd, "le parole del Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, che pretendono di individuare nell’omosessualità la radice della pedofilia, suscitano una irreparabile indignazione. E’ davvero sconfortante che ancora oggi eminenti rappresentanti della Chiesa cattolica si lascino andare ad analisi così grossolane, proponendo tesi sbagliate, dannose, smentite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e non condivise dalla maggioranza dei cattolici". "Credo che Bertone, con un’affermazione infamante, voglia spostare l’attenzione dal problema della pedofilia. Quello della pedofilia - ha aggiunto - è un problema serio, e non lo si risolve con affermazioni che offendono la vita e la dignità di milioni di persone nel mondo. La Chiesa non può permettersi di scavare ulteriori solchi con la società, chiudendo gli occhi davanti alla realtà dei problemi e cercando un capro espiatorio".
GLI PSICOLOGI CATTOLICI - Non c’è nessun legame tra pedofilia e omosessualità: le teorie psichiatriche che ipotizzano un nesso sono "assolutamente prive di fondamento". Lo chiarisce il prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici (Aippc), dopo le parole del Cardinal Bertone secondo il quale invece "c’è una relazione tra omosessualità e pedofilia". "È una tesi senza fondamento - sottolinea, interpellato dall’Agi, il presidente degli psichiatri cattolici - perché il pedofilo è attratto da soggetti pre-puberi, che non hanno sviluppato la sessualità, e quindi la pedofilia è una perversione che prescinde assolutamente dall’orientamento sessuale".
Non a caso, sottolinea Cantelmi, "dei 10.000 pedofili accertati che ci sono in Italia, la maggior parte ha una vita ‘normale', con famiglia, e mostrano tendenze eterosessuali. La pedofilia è una perversione psichiatrica che colpisce narcisisti e antisociali, e nasce prima che si sviluppi la tendenza sessuale, quindi in quanto tale riguarda sia etero che omosessuali". Bertone, secondo Cantelmi, "forse si riferiva semplicemente ai casi di pedofilia nel clero, che spesso riguardano casi di minorenni già sviluppati, e quindi in quel caso non si può parlare di pedofilia in senso stretto ma di omosessualità".
"Pedofilia legata all'omosessualità" Divampa la polemica sulle parole di Bertone
Il numero due del Vaticano al centro di critiche furiose dopo le sue parole dal Cile. Franco Grillini, presidente di Gaynet e consigliere regionale Idv: "Frasi gravissime". Paola Concia (Pd): "Irreparabile indignazione". Psicologi cattolici: "Teoria priva di fondamento"
Chiesa e pedofilia
Bertone: "In arrivonuove iniziativeda parte del Papa"
Gay scrive al Papa:"Abusato da un preteHo denunciato ma non ho avuto giustizia"
Pedofilia, inviata la relazionesul pm Fornoal ministro Alfano
Santiago, 13 aprile 2010 - Il cardinale Tarcisio Bertone, numero due del Vaticano, ritiene che i numerosi scandali di pedofilia che hanno scosso la Chiesa cattolica sono legati all’omosessualità e non al celibato dei preti. Un’affermazione che ha suscitato l’immediata reazione delle associazioni cilene in difesa dei diritti degli omosessuali. "Numerosi psichiatri e psicologi hanno dimostrato che non esiste relazione tra celibato e pedofilia, ma molti altri - e mi è stato confermato anche recentemente - hanno dimostrato che esiste un legame tra omosessualità e pedofilia. Questa è la verità e là sta il problema", ha dichiarato il segretario di Stato vaticano rispondendo a un’intervista a una radio cilena.
"Né Bertone, né il Vaticano hanno l’autorità morale" per offrire lezioni di sessualità, ha dichiarato Rolando Jimenez, presidente del movimento per l’integrazione e l’emancipazione degli omosessuali in Cile. "Si tratta - afferma - di una strategia perversa del Vaticano che cerca di fuggire dalle proprie responsabilità" in relazione agli scandali di pedofilia.
DIVAMPA LA POLEMICA - Ma le parole di Bertone fanno divampare la polemica anche in italia. Il presidente di Gaynet e neo consigliere regionale dell’Idv, Franco Grillini, definisce "gravissime" le affermazioni del segretario di Stato vaticano Bertone "per l’accostamento che fa tra omosessualità e pedofilia".
Un accostamento, aggiunge, "del tutto destituito di fondamento, perché, come ognuno sa, i casi di pedofilia si concentrano soprattutto nelle strutture educative cattoliche e nella famiglia tradizionale, come dimostra il 90% dei casi giudiziari di violenza sui minori". Per Grillini, "le dichiarazioni di Bertone la dicono lunga sullo stato dell’attuale disperazione vaticana, se sono costretti a buttare la croce sugli omosessuali che sono invece il gruppo umano meno coinvolto in assoluto in casi di pedofilia. La Chiesa cattolica, anziché buttare la croce addosso ad altri - conclude -, dovrebbe implorare il perdono per aver coperto per decenni, forse per secoli, quello che possiamo definire il più grande scandalo sessuale della storia dell’umanità".
All'attacco anche Anna Paola Concia, deputata del Pd, "le parole del Segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, che pretendono di individuare nell’omosessualità la radice della pedofilia, suscitano una irreparabile indignazione. E’ davvero sconfortante che ancora oggi eminenti rappresentanti della Chiesa cattolica si lascino andare ad analisi così grossolane, proponendo tesi sbagliate, dannose, smentite dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e non condivise dalla maggioranza dei cattolici". "Credo che Bertone, con un’affermazione infamante, voglia spostare l’attenzione dal problema della pedofilia. Quello della pedofilia - ha aggiunto - è un problema serio, e non lo si risolve con affermazioni che offendono la vita e la dignità di milioni di persone nel mondo. La Chiesa non può permettersi di scavare ulteriori solchi con la società, chiudendo gli occhi davanti alla realtà dei problemi e cercando un capro espiatorio".
GLI PSICOLOGI CATTOLICI - Non c’è nessun legame tra pedofilia e omosessualità: le teorie psichiatriche che ipotizzano un nesso sono "assolutamente prive di fondamento". Lo chiarisce il prof. Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana Psicologi e Psichiatri Cattolici (Aippc), dopo le parole del Cardinal Bertone secondo il quale invece "c’è una relazione tra omosessualità e pedofilia". "È una tesi senza fondamento - sottolinea, interpellato dall’Agi, il presidente degli psichiatri cattolici - perché il pedofilo è attratto da soggetti pre-puberi, che non hanno sviluppato la sessualità, e quindi la pedofilia è una perversione che prescinde assolutamente dall’orientamento sessuale".
Non a caso, sottolinea Cantelmi, "dei 10.000 pedofili accertati che ci sono in Italia, la maggior parte ha una vita ‘normale', con famiglia, e mostrano tendenze eterosessuali. La pedofilia è una perversione psichiatrica che colpisce narcisisti e antisociali, e nasce prima che si sviluppi la tendenza sessuale, quindi in quanto tale riguarda sia etero che omosessuali". Bertone, secondo Cantelmi, "forse si riferiva semplicemente ai casi di pedofilia nel clero, che spesso riguardano casi di minorenni già sviluppati, e quindi in quel caso non si può parlare di pedofilia in senso stretto ma di omosessualità".
Re: Pedofilia e Presbiteri
"La lobby gay, Bertone e i preti pedofili". Zenit intervista Massimo
Deformate le parole del Cardinal Bertone su omosessualità e pedofilia
Intervista a Massimo Introvigne
di Jesús Colina
PAMPLONA, mercoledì, 14 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il prof. Massimo Introvigne, Direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), afferma che il Cardinale Tarcisio Bertone è stato vittima di una aggressione basata sulla disinformazione circa quanto da lui realmente dichiarato in merito al legame tra casi di abuso sessuale da parte di sacerdoti e omosessualità.
Da Pamplona, dove partecipa in questi giorni al XXXI Simposio di Teologia dell'Univesità di Navarra, il sociologo ha risposto alle domande di ZENIT, nel mezzo della tempesta di attacchi che si è abbattuta sul Segretario di Stato di Benedetto XVI, in seguito ad alcuni lanci d'agenzia che riprendevano una conferenza stampa da lui concessa questo lunedì a Santiago del Cile.
Rispondendo a un giornalista, il Cardinal Bertone ha fatto semplicemente riferimento agli studi realizzati sui casi di quei sacerdoti che hanno commesso abusi sessuali e dai quali emerge che per lo più sono stati commessi su ragazzi che hanno passato la pubertà. Quali sono le cifre?
Massimo Introvigne: Credo che sia doveroso esprimere solidarietà al Cardinale Bertone, vittima di un'aggressione indegna e anche francamente maleducata. Nel quadro di un'intervista, che non è un saggio scientifico, il Cardinale ha semplicemente fatto allusione a un dato ovvio, che tutti gli addetti ai lavori conoscono. Secondo il rapporto del 2004 del John Jay College di New York, lo studio più autorevole che esista sul tema, negli Stati Uniti l'81% delle accuse di abusi su minori rivolte a sacerdoti riguardano i ragazzini e non le ragazzine. Parliamo di maschi che abusano di altri maschi. Anche in Irlanda gli abusi di sacerdoti su ragazzi sono circa il doppio di quelli su ragazze. Questi sono numeri, che come tali non dovrebbero offendere nessuno e a cui non va fatto dire più - ma neanche meno - di quanto dicono.
Ma non si può dire che gli omosessuali siano pedofili!
Massimo Introvigne: Certamente nessuno ha mai sostenuto che tutti i preti con tendenze omosessuali abusano di minori. Questa sarebbe un'accusa del tutto ingiusta. Che la maggior parte dei preti che abusano di minori, però, abusino di minori dello stesso sesso invece è un fatto.
Come sono state deformate le parole del Cardinal Bertone?
Massimo Introvigne: Certamente il Cardinal Bertone non voleva intervenire sulla qualificazione medica di questi comportamenti: efebofilia, omofilia, pedofilia... Coloro che lo criticano qualche volta però scambiano un'intervista per un trattato di medicina, e semplicemente vorrebbero vietare di citare dati statistici che considerano non politicamente corretti. E questa è una forma di censura inaccettabile, talora travestita da scienza.
Benedetto XVI ha stabilito invece un rapporto chiaro nella sua Lettera Pastorale ai Cattolici d'Irlanda, (19 marzo 2010) tra questi casi e la perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti che si è sviluppato all'interno della Chiesa stessa successivamente al Concilio Vaticano II. Vede qui un rapporto diretto?
Massimo Introvigne: Come opinione personale ritengo anche che una certa tolleranza in alcuni seminari cattolici - sia chiaro: non in tutti - di una subcultura omosessuale negli anni 1970 sia stata una parte non secondaria di quella confusione morale e contestazione teorica e pratica del magistero morale della Chiesa che il Papa denuncia nella lettera sull'Irlanda. Questa confusione dottrinale e pratica ha creato il terreno su cui talora è potuta crescere anche la mala pianta della tolleranza per gli abusi. Certo, questa non è stata l'unica causa della crisi ma è parte di un problema più generale. Giustamente quindi la Chiesa ha preso misure che affrontano questo problema. Non dovrebbe essere una novità per nessuno il fatto che la Chiesa - fermo il rispetto delle persone omosessuali in quanto persone - considera gli atti omosessuali come sempre oggettivamente disordinati. E se li considera tali nella società in genere, tanto più non li può tollerare nei noviziati e nei seminari.
Qual è la ragione di attacchi così duri ma anche ingiusti contro il Cardinale Bertone, il Papa e la Chiesa?
Massimo Introvigne: Ormai è sotto gli occhi di tutti l'azione di una lobby gay che vuole trarre pretesto dalla questione dei preti pedofili per imbavagliare la Chiesa, impedirle di riproporre la sua dottrina sul carattere oggettivamente disordinato dell'atto omosessuale e soprattutto ostacolare l'azione molto efficace che i cattolici hanno dispiegato, per esempio in Italia con il Family Day, per bloccare ogni ipotesi di riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali da parte degli Stati. Il modo giusto di rispondere alla prepotenza delle lobby è non arretrare mai. Anzi, la dottrina della Chiesa sull'omosessualità va riproposta e spiegata con pacatezza in ogni sede, “opportune et importune”. Questa dottrina va pure mostrata nel suo fondamento di ragione e non solo di fede, così che s'impone nella sua ragionevolezza anche ai non credenti e chiedere agli Stati di tenerne conto non costituisce un'ingerenza della Chiesa ma un servizio al bene comune. E i laici cattolici, specie quelli impegnati in politica, devono alzare la voce contro ogni ipotesi di riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali. E contro gesti provocatori come il matrimonio simbolico fra due lesbiche "celebrato" il mese scorso dal sindaco di Torino.
Deformate le parole del Cardinal Bertone su omosessualità e pedofilia
Intervista a Massimo Introvigne
di Jesús Colina
PAMPLONA, mercoledì, 14 aprile 2010 (ZENIT.org).- Il prof. Massimo Introvigne, Direttore del CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), afferma che il Cardinale Tarcisio Bertone è stato vittima di una aggressione basata sulla disinformazione circa quanto da lui realmente dichiarato in merito al legame tra casi di abuso sessuale da parte di sacerdoti e omosessualità.
Da Pamplona, dove partecipa in questi giorni al XXXI Simposio di Teologia dell'Univesità di Navarra, il sociologo ha risposto alle domande di ZENIT, nel mezzo della tempesta di attacchi che si è abbattuta sul Segretario di Stato di Benedetto XVI, in seguito ad alcuni lanci d'agenzia che riprendevano una conferenza stampa da lui concessa questo lunedì a Santiago del Cile.
Rispondendo a un giornalista, il Cardinal Bertone ha fatto semplicemente riferimento agli studi realizzati sui casi di quei sacerdoti che hanno commesso abusi sessuali e dai quali emerge che per lo più sono stati commessi su ragazzi che hanno passato la pubertà. Quali sono le cifre?
Massimo Introvigne: Credo che sia doveroso esprimere solidarietà al Cardinale Bertone, vittima di un'aggressione indegna e anche francamente maleducata. Nel quadro di un'intervista, che non è un saggio scientifico, il Cardinale ha semplicemente fatto allusione a un dato ovvio, che tutti gli addetti ai lavori conoscono. Secondo il rapporto del 2004 del John Jay College di New York, lo studio più autorevole che esista sul tema, negli Stati Uniti l'81% delle accuse di abusi su minori rivolte a sacerdoti riguardano i ragazzini e non le ragazzine. Parliamo di maschi che abusano di altri maschi. Anche in Irlanda gli abusi di sacerdoti su ragazzi sono circa il doppio di quelli su ragazze. Questi sono numeri, che come tali non dovrebbero offendere nessuno e a cui non va fatto dire più - ma neanche meno - di quanto dicono.
Ma non si può dire che gli omosessuali siano pedofili!
Massimo Introvigne: Certamente nessuno ha mai sostenuto che tutti i preti con tendenze omosessuali abusano di minori. Questa sarebbe un'accusa del tutto ingiusta. Che la maggior parte dei preti che abusano di minori, però, abusino di minori dello stesso sesso invece è un fatto.
Come sono state deformate le parole del Cardinal Bertone?
Massimo Introvigne: Certamente il Cardinal Bertone non voleva intervenire sulla qualificazione medica di questi comportamenti: efebofilia, omofilia, pedofilia... Coloro che lo criticano qualche volta però scambiano un'intervista per un trattato di medicina, e semplicemente vorrebbero vietare di citare dati statistici che considerano non politicamente corretti. E questa è una forma di censura inaccettabile, talora travestita da scienza.
Benedetto XVI ha stabilito invece un rapporto chiaro nella sua Lettera Pastorale ai Cattolici d'Irlanda, (19 marzo 2010) tra questi casi e la perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti che si è sviluppato all'interno della Chiesa stessa successivamente al Concilio Vaticano II. Vede qui un rapporto diretto?
Massimo Introvigne: Come opinione personale ritengo anche che una certa tolleranza in alcuni seminari cattolici - sia chiaro: non in tutti - di una subcultura omosessuale negli anni 1970 sia stata una parte non secondaria di quella confusione morale e contestazione teorica e pratica del magistero morale della Chiesa che il Papa denuncia nella lettera sull'Irlanda. Questa confusione dottrinale e pratica ha creato il terreno su cui talora è potuta crescere anche la mala pianta della tolleranza per gli abusi. Certo, questa non è stata l'unica causa della crisi ma è parte di un problema più generale. Giustamente quindi la Chiesa ha preso misure che affrontano questo problema. Non dovrebbe essere una novità per nessuno il fatto che la Chiesa - fermo il rispetto delle persone omosessuali in quanto persone - considera gli atti omosessuali come sempre oggettivamente disordinati. E se li considera tali nella società in genere, tanto più non li può tollerare nei noviziati e nei seminari.
Qual è la ragione di attacchi così duri ma anche ingiusti contro il Cardinale Bertone, il Papa e la Chiesa?
Massimo Introvigne: Ormai è sotto gli occhi di tutti l'azione di una lobby gay che vuole trarre pretesto dalla questione dei preti pedofili per imbavagliare la Chiesa, impedirle di riproporre la sua dottrina sul carattere oggettivamente disordinato dell'atto omosessuale e soprattutto ostacolare l'azione molto efficace che i cattolici hanno dispiegato, per esempio in Italia con il Family Day, per bloccare ogni ipotesi di riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali da parte degli Stati. Il modo giusto di rispondere alla prepotenza delle lobby è non arretrare mai. Anzi, la dottrina della Chiesa sull'omosessualità va riproposta e spiegata con pacatezza in ogni sede, “opportune et importune”. Questa dottrina va pure mostrata nel suo fondamento di ragione e non solo di fede, così che s'impone nella sua ragionevolezza anche ai non credenti e chiedere agli Stati di tenerne conto non costituisce un'ingerenza della Chiesa ma un servizio al bene comune. E i laici cattolici, specie quelli impegnati in politica, devono alzare la voce contro ogni ipotesi di riconoscimento pubblico delle unioni omosessuali. E contro gesti provocatori come il matrimonio simbolico fra due lesbiche "celebrato" il mese scorso dal sindaco di Torino.
Più grande del peccato
Ci sarebbe da discutere a lungo, sulle vicende che hanno portato Benedetto XVI a scrivere
la sua Lettera ai cattolici d’Irlanda. E si potrebbe farlo partendo dai fatti, da numeri
e dati che - letti bene - dicono di una realtà molto meno imponente di quanto possa
sembrare dalla campagna feroce dei media. Oppure dalle contraddizioni di chi, sugli
stessi giornali, accusa - a ragione - certe nefandezze, ma poche pagine più in là giustifica
tutto e tutti, specie inmateria di sesso. Si potrebbe, e forse aiuterebbe a capire meglio il
contesto di una Chiesa davvero sotto attacco, ben al di là dei suoi errori. Solo che il gesto
umile e coraggioso del Papa ha spostato tutto più in là. Verso il cuore della questione.
Chiaro, la ferita c’è. Ed è gravissima. Di quella specie che ha fatto dire parole di fuoco
a Cristo («Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe
meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e fosse gettato negli abissi…») e
ai suoi vicari.
C’è la sporcizia, nella Chiesa. Lo disse chiaro e forte lo stesso Joseph Ratzinger nella Via
Crucis di cinque anni fa, poco prima di diventare Papa, e non ha smesso mai di ricordarlo
dopo, con realismo. C’è il peccato, anche grave. C’è il male e l’abisso di dolore che
il male si porta dietro. E c’è l’esigenza di fare tutto il possibile - pure con durezza - per arginare
quelmale e riparare a quel dolore. Il Papa lo sta già facendo, e la sua Lettera lo ribadisce
con forza, quando chiede ai colpevoli di risponderne «davanti a Dio onnipotente,
come pure davanti a tribunali».
Ma proprio per questi motivi il vero cuore della questione, il focus dimenticato, sta altrove.
Accanto a tutti i limiti e dentro l’umanità ferita della Chiesa c’è o no qualcosa di
più grande del peccato? Di radicalmente più grande del peccato? C’è qualcosa che può
spaccare la misura inesorabile del nostro male? Qualcosa che, come scrive il Pontefice,
«ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più
terribile dei mali»?
«Ecco dunque il punto: Dio si è commosso per il nostro niente», ricordava don Giussani
in una frase usata da Cl per il Volantone di Pasqua: «Non solo: Dio si è commosso
per il nostro tradimento, per la nostra povertà rozza, dimentica e traditrice, per la nostra meschinità.
È una compassione, una pietà, una passione. Ha avuto pietà per me».
È questo che porta la Chiesa nel mondo, e non certo per merito, bravura o tantomeno
coerenza dei suoi: la commozione di Dio per la nostra meschinità. Qualcosa di più
grande dei nostri limiti. L’unica cosa infinitamente più grande dei nostri limiti. Se non si
parte da lì, non si capisce nulla. Impazzisce tutto, letteralmente.
È capitato - capita - anche a noi di schivare quella commozione, di sfuggirla. A volte è
nella Chiesa stessa che si riduce la fede a un’etica e la moralità a un’impossibile rincorsa
solitaria alle leggi, quasi che aver bisogno di quell’abbraccio fosse una cosa di cui doversi
vergognare. Ma se si dimentica Cristo, se si fa fuori la misura totalmente diversa che Lui
introduce nel mondo ora, attraverso la Chiesa, non si hanno più i termini per capire e
giudicare la Chiesa stessa.
Allora diventa facile confondere l’attenzione per le vittime e il riguardo per la loro storia
con un silenzio connivente, e la prudenza verso i colpevoli veri o presunti – accusati,
magari, sulla base di voci affiorate dopo decenni – con la voglia di «insabbiare» (che
pure a volte, evidentemente, c’è stata). Diventa quasi inevitabile straparlare di celibato
senza sfiorare nemmeno il valore reale della verginità. E diventa impossibile capire perché
la Chiesa può essere dura ematerna insieme, con i suoi sacerdoti che sbagliano. Può
punirli con severità e chiedere loro di scontare la pena e riparare al male (lo ha già fatto,
non da oggi; e lo farà, sempre), ma senza spezzare - se possibile - il filo di un legame, perché
è l’unica cosa che può redimerli. Può chiedere ai suoi figli «siate perfetti come è perfetto
il Padre vostro» non per domandare un’impossibile irreprensibilità, ma per
richiamare una tensione a vivere la stessa misericordia con cui ci abbraccia Dio («siate
misericordiosi come è misericordioso il Padre che è nei cieli»).
È proprio per questo che la Chiesa può educare. Che, in fondo, è la vera questione
messa in discussione da chi la sta accusando («vedete che sbagliano anche i preti, e di
brutto? Come facciamo ad affidargli i nostri bambini?»), come se il suo essere maestra
dipendesse tutto dalla coerenza dei suoi figli, e non da Lui. Da Cristo. Dalla Presenza
che – tra tutti gli errori e gli orrori commessi - rende possibile nel mondo un abbraccio
come quello del Figliol prodigo ritratto da Chagall nello stesso Volantone. Lì, accanto alla
frase di Giussani, ce n’è un’altra, di Benedetto XVI: «Convertirsi a Cristo significa in
fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la
propria indigenza, esigenza del suo perdono».
Ecco, l’abbraccio di Cristo, dentro la nostra umanità ferita e indigente e al di là del male
che possiamo compiere. Se la Chiesa – con tutti i suoi limiti - non avesse questo da offrire
al mondo, persino alle vittime di quelle barbarie, allora sì che saremmo perduti.
Tutti. Perché il male ci sarebbe sempre.Ma sarebbe impossibile vincerlo.
Sac. Julian Carron
la sua Lettera ai cattolici d’Irlanda. E si potrebbe farlo partendo dai fatti, da numeri
e dati che - letti bene - dicono di una realtà molto meno imponente di quanto possa
sembrare dalla campagna feroce dei media. Oppure dalle contraddizioni di chi, sugli
stessi giornali, accusa - a ragione - certe nefandezze, ma poche pagine più in là giustifica
tutto e tutti, specie inmateria di sesso. Si potrebbe, e forse aiuterebbe a capire meglio il
contesto di una Chiesa davvero sotto attacco, ben al di là dei suoi errori. Solo che il gesto
umile e coraggioso del Papa ha spostato tutto più in là. Verso il cuore della questione.
Chiaro, la ferita c’è. Ed è gravissima. Di quella specie che ha fatto dire parole di fuoco
a Cristo («Chi scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe
meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina e fosse gettato negli abissi…») e
ai suoi vicari.
C’è la sporcizia, nella Chiesa. Lo disse chiaro e forte lo stesso Joseph Ratzinger nella Via
Crucis di cinque anni fa, poco prima di diventare Papa, e non ha smesso mai di ricordarlo
dopo, con realismo. C’è il peccato, anche grave. C’è il male e l’abisso di dolore che
il male si porta dietro. E c’è l’esigenza di fare tutto il possibile - pure con durezza - per arginare
quelmale e riparare a quel dolore. Il Papa lo sta già facendo, e la sua Lettera lo ribadisce
con forza, quando chiede ai colpevoli di risponderne «davanti a Dio onnipotente,
come pure davanti a tribunali».
Ma proprio per questi motivi il vero cuore della questione, il focus dimenticato, sta altrove.
Accanto a tutti i limiti e dentro l’umanità ferita della Chiesa c’è o no qualcosa di
più grande del peccato? Di radicalmente più grande del peccato? C’è qualcosa che può
spaccare la misura inesorabile del nostro male? Qualcosa che, come scrive il Pontefice,
«ha il potere di perdonare persino il più grave dei peccati e di trarre il bene anche dal più
terribile dei mali»?
«Ecco dunque il punto: Dio si è commosso per il nostro niente», ricordava don Giussani
in una frase usata da Cl per il Volantone di Pasqua: «Non solo: Dio si è commosso
per il nostro tradimento, per la nostra povertà rozza, dimentica e traditrice, per la nostra meschinità.
È una compassione, una pietà, una passione. Ha avuto pietà per me».
È questo che porta la Chiesa nel mondo, e non certo per merito, bravura o tantomeno
coerenza dei suoi: la commozione di Dio per la nostra meschinità. Qualcosa di più
grande dei nostri limiti. L’unica cosa infinitamente più grande dei nostri limiti. Se non si
parte da lì, non si capisce nulla. Impazzisce tutto, letteralmente.
È capitato - capita - anche a noi di schivare quella commozione, di sfuggirla. A volte è
nella Chiesa stessa che si riduce la fede a un’etica e la moralità a un’impossibile rincorsa
solitaria alle leggi, quasi che aver bisogno di quell’abbraccio fosse una cosa di cui doversi
vergognare. Ma se si dimentica Cristo, se si fa fuori la misura totalmente diversa che Lui
introduce nel mondo ora, attraverso la Chiesa, non si hanno più i termini per capire e
giudicare la Chiesa stessa.
Allora diventa facile confondere l’attenzione per le vittime e il riguardo per la loro storia
con un silenzio connivente, e la prudenza verso i colpevoli veri o presunti – accusati,
magari, sulla base di voci affiorate dopo decenni – con la voglia di «insabbiare» (che
pure a volte, evidentemente, c’è stata). Diventa quasi inevitabile straparlare di celibato
senza sfiorare nemmeno il valore reale della verginità. E diventa impossibile capire perché
la Chiesa può essere dura ematerna insieme, con i suoi sacerdoti che sbagliano. Può
punirli con severità e chiedere loro di scontare la pena e riparare al male (lo ha già fatto,
non da oggi; e lo farà, sempre), ma senza spezzare - se possibile - il filo di un legame, perché
è l’unica cosa che può redimerli. Può chiedere ai suoi figli «siate perfetti come è perfetto
il Padre vostro» non per domandare un’impossibile irreprensibilità, ma per
richiamare una tensione a vivere la stessa misericordia con cui ci abbraccia Dio («siate
misericordiosi come è misericordioso il Padre che è nei cieli»).
È proprio per questo che la Chiesa può educare. Che, in fondo, è la vera questione
messa in discussione da chi la sta accusando («vedete che sbagliano anche i preti, e di
brutto? Come facciamo ad affidargli i nostri bambini?»), come se il suo essere maestra
dipendesse tutto dalla coerenza dei suoi figli, e non da Lui. Da Cristo. Dalla Presenza
che – tra tutti gli errori e gli orrori commessi - rende possibile nel mondo un abbraccio
come quello del Figliol prodigo ritratto da Chagall nello stesso Volantone. Lì, accanto alla
frase di Giussani, ce n’è un’altra, di Benedetto XVI: «Convertirsi a Cristo significa in
fondo proprio questo: uscire dall’illusione dell’autosufficienza per scoprire e accettare la
propria indigenza, esigenza del suo perdono».
Ecco, l’abbraccio di Cristo, dentro la nostra umanità ferita e indigente e al di là del male
che possiamo compiere. Se la Chiesa – con tutti i suoi limiti - non avesse questo da offrire
al mondo, persino alle vittime di quelle barbarie, allora sì che saremmo perduti.
Tutti. Perché il male ci sarebbe sempre.Ma sarebbe impossibile vincerlo.
Sac. Julian Carron
Ferrara: I preti pedofili sono solo un pretesto
http://blog.panorama.it/opinioni/2010/04/09/ferrara-i-preti-pedofili-sono-solo-un-pretesto/
Ferrara: I preti pedofili sono solo un pretesto
La pedofilia di alcuni preti c’entra niente. Ogni occasione è buona. Benedetto XVI è insidiato dal «chiacchiericcio», cioè dall’opinion. Scritta nella lingua dei Lumi, alla francese, l’opinione pubblica è quel pensiero unico che tutto intende omologare nelle magnifiche sorti e progressive di un tempo dominato dalla Ragione: intesa come brutale strumento di scristianizzazione e di critica corrosiva, distruttiva della religione e del suo basamento, la fede nella trascendenza e nel mistero. Ecrasez l’infâme! era il grido di guerra di Voltaire.
Il pericolo massimo, da scongiurare con le buone o con le cattive, è che la Raison si renda docile al proprio limite, che è il mistero, e si allei con la fede, senza dunque disprezzarla, e con l’istituzione terrena, che si pretende anche divina, nella quale la fede da millenni è custodita insieme con i grandi tesori che sappiamo della cultura artistica, filosofica, spirituale. Benedetto è il Papa-filosofo, il teologo che ha dialogato con Jürgen Habermas in nome della autolimitazione della ragione e della fede, il vero tema del massimo illuminista, lo scettico e trasparente Immanuel Kant; un’autolimitazione riconosciuta come preziosa dai due spiriti più affinati e significativi del mondo di lingua tedesca, la lingua della filosofia. Con scandalo per intellettuali e media di tutto il mondo. Sempre lì stiamo.
Il pensiero oggi diffuso e caratterizzante è sostanzialmente questo: c’è una sola etica, quella della libertà. La libertà è individuale e il suo contenuto è vuoto, è puramente negativo, consiste nell’osservanza di una regola secondo cui la libertà non deve invadere la libertà degli altri, ma non esprime nulla che non sia privato, questa libertà non ha potere sull’etica civile, sull’amore, sulla carità, sul pensiero.
Il nichilismo contemporaneo si esprime poi in modi e mode i più vari, tra i principali l’impostazione freudiana della vita, il rilievo primaziale dovuto alla sessualità, la caratterizzazione positivistica del piacere corporale, che è benessere, potenza pura, divinizzazione della carne nel sepolcro della coscienza liberata.
Non dobbiamo salvarci, come dicono i preti cattivi; dobbiamo solo curarci, come dicono i medici faustiani che pensano di poter usare i bambini come farmaci per curare altri bambini, i biologi che vogliono liberare le donne dal fardello della malattia e fabbricare per loro figli sani e belli, à la carte. È questa brutalizzazione degli aspetti sacrali della vita la vera critica moderna della religione, il vero progetto laicista, che tende a una redenzione terrena dell’uomo dall’infamia della credulità celeste; è questa l’apologetica del neopaganesimo contro l’umiliazione moralistica del Cristianesimo che bandisce la buona vita e rende l’uomo, orrore per i nicciani de noantri, creatura umile e spiritualmente immortale.
Dan Segre, l’ebreo che ancora sa stupirci con pensieri degni di un grande protagonista della storia del Novecento, ha scritto genialmente nel Giornale che una segreta solidarietà collega il Vaticano aggredito e l’Israele assediato. Ed è la solidarietà di due luoghi simbolici in cui si coltiva eroicamente «la pretesa di dimostrare agli altri l’incapacità di vivere secondo i valori e gli scopi che proclamano». Essere virtuosi, forti, duraturi e tuttavia prosternarsi eucaristicamente o inchinarsi nel canto della sinagoga, due scandali insopportabili per il secolo, quando il secolo diventa ideologia secolarista e dispoticamente reclama per sé tutto il proscenio della vita e della storia.
Ecco perché attaccano il Papa teologo e filosofo, il Papa magisteriale, l’uomo che non accetta di piegare la schiena, e soprattutto la sua grande intelligenza delle cose, agli idoli del nostro tempo.
Ferrara: I preti pedofili sono solo un pretesto
La pedofilia di alcuni preti c’entra niente. Ogni occasione è buona. Benedetto XVI è insidiato dal «chiacchiericcio», cioè dall’opinion. Scritta nella lingua dei Lumi, alla francese, l’opinione pubblica è quel pensiero unico che tutto intende omologare nelle magnifiche sorti e progressive di un tempo dominato dalla Ragione: intesa come brutale strumento di scristianizzazione e di critica corrosiva, distruttiva della religione e del suo basamento, la fede nella trascendenza e nel mistero. Ecrasez l’infâme! era il grido di guerra di Voltaire.
Il pericolo massimo, da scongiurare con le buone o con le cattive, è che la Raison si renda docile al proprio limite, che è il mistero, e si allei con la fede, senza dunque disprezzarla, e con l’istituzione terrena, che si pretende anche divina, nella quale la fede da millenni è custodita insieme con i grandi tesori che sappiamo della cultura artistica, filosofica, spirituale. Benedetto è il Papa-filosofo, il teologo che ha dialogato con Jürgen Habermas in nome della autolimitazione della ragione e della fede, il vero tema del massimo illuminista, lo scettico e trasparente Immanuel Kant; un’autolimitazione riconosciuta come preziosa dai due spiriti più affinati e significativi del mondo di lingua tedesca, la lingua della filosofia. Con scandalo per intellettuali e media di tutto il mondo. Sempre lì stiamo.
Il pensiero oggi diffuso e caratterizzante è sostanzialmente questo: c’è una sola etica, quella della libertà. La libertà è individuale e il suo contenuto è vuoto, è puramente negativo, consiste nell’osservanza di una regola secondo cui la libertà non deve invadere la libertà degli altri, ma non esprime nulla che non sia privato, questa libertà non ha potere sull’etica civile, sull’amore, sulla carità, sul pensiero.
Il nichilismo contemporaneo si esprime poi in modi e mode i più vari, tra i principali l’impostazione freudiana della vita, il rilievo primaziale dovuto alla sessualità, la caratterizzazione positivistica del piacere corporale, che è benessere, potenza pura, divinizzazione della carne nel sepolcro della coscienza liberata.
Non dobbiamo salvarci, come dicono i preti cattivi; dobbiamo solo curarci, come dicono i medici faustiani che pensano di poter usare i bambini come farmaci per curare altri bambini, i biologi che vogliono liberare le donne dal fardello della malattia e fabbricare per loro figli sani e belli, à la carte. È questa brutalizzazione degli aspetti sacrali della vita la vera critica moderna della religione, il vero progetto laicista, che tende a una redenzione terrena dell’uomo dall’infamia della credulità celeste; è questa l’apologetica del neopaganesimo contro l’umiliazione moralistica del Cristianesimo che bandisce la buona vita e rende l’uomo, orrore per i nicciani de noantri, creatura umile e spiritualmente immortale.
Dan Segre, l’ebreo che ancora sa stupirci con pensieri degni di un grande protagonista della storia del Novecento, ha scritto genialmente nel Giornale che una segreta solidarietà collega il Vaticano aggredito e l’Israele assediato. Ed è la solidarietà di due luoghi simbolici in cui si coltiva eroicamente «la pretesa di dimostrare agli altri l’incapacità di vivere secondo i valori e gli scopi che proclamano». Essere virtuosi, forti, duraturi e tuttavia prosternarsi eucaristicamente o inchinarsi nel canto della sinagoga, due scandali insopportabili per il secolo, quando il secolo diventa ideologia secolarista e dispoticamente reclama per sé tutto il proscenio della vita e della storia.
Ecco perché attaccano il Papa teologo e filosofo, il Papa magisteriale, l’uomo che non accetta di piegare la schiena, e soprattutto la sua grande intelligenza delle cose, agli idoli del nostro tempo.
PAPA: CATTOLICI ITALIANI IL 16 MAGGIO IN PIAZZA SAN PIETRO
Trovato su Repubblica
PAPA: CATTOLICI ITALIANI IL 16 MAGGIO IN PIAZZA SAN PIETRO
La Consulta nazionale delle aggregazioni laicali, organismo che raduna sessantasette associazioni e movimenti ecclesiali italiani, ha invitato ''quanti appartengono e si riconoscono nel mondo dell?associazionismo cattolico a partecipare a Roma alla recita del Regina Coeli, domenica 16 maggio 2010, in Piazza San Pietro. Vogliamo in questo modo stringerci visibilmente intorno a Benedetto XVI''. .
PAPA: CATTOLICI ITALIANI IL 16 MAGGIO IN PIAZZA SAN PIETRO
La Consulta nazionale delle aggregazioni laicali, organismo che raduna sessantasette associazioni e movimenti ecclesiali italiani, ha invitato ''quanti appartengono e si riconoscono nel mondo dell?associazionismo cattolico a partecipare a Roma alla recita del Regina Coeli, domenica 16 maggio 2010, in Piazza San Pietro. Vogliamo in questo modo stringerci visibilmente intorno a Benedetto XVI''. .
«Pedofilia, il problema sono i gay» È bufera per le parole di Bertone
«Pedofilia, il problema sono i gay» È bufera per le parole di Bertone
«C’è una relazione tra omosessualità e pedofilia». Sono bastate poche parole, dette davanti ai microfoni e alle telecamere dei media cileni dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, per gettare benzina sul fuoco già peraltro ben alimentato delle polemiche di questi giorni. Bertone, che com’è noto sta concludendo il suo lungo viaggio in Cile, ha dichiarato che non c’è alcun collegamento tra pedofilia e celibato, rispondendo così alle richieste di quanti - anche dentro la Chiesa - hanno preso spunto dagli scandali di questi giorni per chiedere che venga rimessa in discussione la regola ecclesiastica che proibisce l’ordinazione di uomini sposati. Ma ha anche rilanciato: «Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c’è relazione tra celibato e pedofilia, e invece molti altri hanno dimostrato - me lo hanno detto recentemente - che c’è una relazione tra omosessualità e pedofilia e là sta il problema». Le parole del cardinale, dette durante una conferenza stampa a Santiago del Cile durante la quale ha anche ricordato che il fenomeno della pedofilia «riguarda anche altre religioni», non sono passate inosservate.
A prendere innanzitutto le distanze sono stati politici cattolici cileni, del partito di governo e dell’opposizione. «Comprendo la buona fede delle dichiarazioni, ma sono generalizzazioni che non si fanno», ha sottolineato il senatore Juan Coloma, presidente dell’Unione democratica indipendente (Udi). Mentre il senatore Patricio Walker, della Democrazia cristiana cilena, ha precisato che la pedofilia è «un disordine mentale di indole sessuale» sia nel caso dell’omosessualità sia in quello dell’eterosessualità, definendo «sorprendenti» le parole del cardinale. Lo psichiatra cileno Sergio Canals ha aggiunto: «Non esiste un’equazione causa-effetto che sostenga il nesso omosessualità-pedofilia: ci sono persone eterosessuali che sono pedofile». Anche il movimento cileno per le minoranze sessuali ha contestato le parole del Segretario di Stato: «Non c’è alcuna ricerca scientifica seria e indipendente che indichi questo».
Molte le reazioni anche in Italia. A mettere in discussione il parallelo del «primo ministro» vaticano è il professor Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc): «È una tesi senza fondamento, perché il pedofilo è attratto da soggetti pre-puberi, che non hanno sviluppato la sessualità, e quindi la pedofilia è una perversione che prescinde assolutamente dall’orientamento sessuale». Non a caso, continua Cantelmi, «dei 10mila pedofili accertati che ci sono in Italia, la maggior parte ha una vita “normale”, con famiglia e mostrano tendenze eterosessuali». Ma lo psichiatra dà anche una possibile interpretazione delle parole del cardinale, ipotizzando che in realtà egli intendesse riferirsi al fatto che spesso i casi segnalati di pedofilia del clero riguardano minorenni già sviluppati e quindi in quel caso non si può parlare di pedofilia in senso stretto ma di omosessualità.
Indignate le organizzazioni gay italiane. Di «irreparabile indignazione» parla Anna Paola Concia, deputata del Pd: «È davvero sconfortante che ancora oggi eminenti rappresentanti della Chiesa cattolica si lascino andare ad analisi così grossolane, proponendo tesi sbagliate, dannose, smentite dall’Oms e non condivise dalla maggioranza dei cattolici».
http://www.ilgiornale.it/interni/pedofilia_problema_sono_gay__bufera_parole_bertone/14-04-2010/articolo-id=437337-page=0-comments=1
«C’è una relazione tra omosessualità e pedofilia». Sono bastate poche parole, dette davanti ai microfoni e alle telecamere dei media cileni dal Segretario di Stato Tarcisio Bertone, per gettare benzina sul fuoco già peraltro ben alimentato delle polemiche di questi giorni. Bertone, che com’è noto sta concludendo il suo lungo viaggio in Cile, ha dichiarato che non c’è alcun collegamento tra pedofilia e celibato, rispondendo così alle richieste di quanti - anche dentro la Chiesa - hanno preso spunto dagli scandali di questi giorni per chiedere che venga rimessa in discussione la regola ecclesiastica che proibisce l’ordinazione di uomini sposati. Ma ha anche rilanciato: «Molti sociologi, molti psichiatri hanno dimostrato che non c’è relazione tra celibato e pedofilia, e invece molti altri hanno dimostrato - me lo hanno detto recentemente - che c’è una relazione tra omosessualità e pedofilia e là sta il problema». Le parole del cardinale, dette durante una conferenza stampa a Santiago del Cile durante la quale ha anche ricordato che il fenomeno della pedofilia «riguarda anche altre religioni», non sono passate inosservate.
A prendere innanzitutto le distanze sono stati politici cattolici cileni, del partito di governo e dell’opposizione. «Comprendo la buona fede delle dichiarazioni, ma sono generalizzazioni che non si fanno», ha sottolineato il senatore Juan Coloma, presidente dell’Unione democratica indipendente (Udi). Mentre il senatore Patricio Walker, della Democrazia cristiana cilena, ha precisato che la pedofilia è «un disordine mentale di indole sessuale» sia nel caso dell’omosessualità sia in quello dell’eterosessualità, definendo «sorprendenti» le parole del cardinale. Lo psichiatra cileno Sergio Canals ha aggiunto: «Non esiste un’equazione causa-effetto che sostenga il nesso omosessualità-pedofilia: ci sono persone eterosessuali che sono pedofile». Anche il movimento cileno per le minoranze sessuali ha contestato le parole del Segretario di Stato: «Non c’è alcuna ricerca scientifica seria e indipendente che indichi questo».
Molte le reazioni anche in Italia. A mettere in discussione il parallelo del «primo ministro» vaticano è il professor Tonino Cantelmi, presidente dell’Associazione italiana psicologi e psichiatri cattolici (Aippc): «È una tesi senza fondamento, perché il pedofilo è attratto da soggetti pre-puberi, che non hanno sviluppato la sessualità, e quindi la pedofilia è una perversione che prescinde assolutamente dall’orientamento sessuale». Non a caso, continua Cantelmi, «dei 10mila pedofili accertati che ci sono in Italia, la maggior parte ha una vita “normale”, con famiglia e mostrano tendenze eterosessuali». Ma lo psichiatra dà anche una possibile interpretazione delle parole del cardinale, ipotizzando che in realtà egli intendesse riferirsi al fatto che spesso i casi segnalati di pedofilia del clero riguardano minorenni già sviluppati e quindi in quel caso non si può parlare di pedofilia in senso stretto ma di omosessualità.
Indignate le organizzazioni gay italiane. Di «irreparabile indignazione» parla Anna Paola Concia, deputata del Pd: «È davvero sconfortante che ancora oggi eminenti rappresentanti della Chiesa cattolica si lascino andare ad analisi così grossolane, proponendo tesi sbagliate, dannose, smentite dall’Oms e non condivise dalla maggioranza dei cattolici».
http://www.ilgiornale.it/interni/pedofilia_problema_sono_gay__bufera_parole_bertone/14-04-2010/articolo-id=437337-page=0-comments=1
Papa: "E' l'ora della penitenza"
Papa: "E' l'ora della penitenza"
Il "consenso della maggioranza" non si può sostituire "all'obbedienza a Dio", senza la quale la libertà dell'uomo "é una menzogna", come dimostrano le dittature di un tempo, e quella nuova, più "sottile", del conformismo.
MARCO TOSATTI
"Noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza», ma «adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza». Lo ha detto papa Benedetto XVI nell'omelia della Messa celebrata, nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della Pontificia Commissione Biblica.
Il richiamo del Pontefice alla penitenza è giunto al termine di un ragionamento sul «primato» dell'obbedienza a Dio, che dà a Pietro - ha aggiunto richiamando le parole dell'apostolo davanti al Sinedrio - «la libertà di opporsi alla suprema istituzione religiosa» e sottopone tutti gli uomini al suo giudizio. Un giudizio che, in una prospettiva di vita eterna, non va inteso come un limite, ma come «la grazia» di una possibilità di rinnovamento. «Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi - ha osservato il pontefice - abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura. Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perchè è rinnovamento, è opera della Misericordia divina».
Il "consenso della maggioranza" non si può sostituire "all'obbedienza a Dio", senza la quale la libertà dell'uomo "é una menzogna", come dimostrano le dittature di un tempo, e quella nuova, più "sottile", del conformismo. Lo ha affermato Benedetto XVI nell'omelia della messa celebrata, nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della Pontificia Commissione Biblica. "L'uomo - ha detto il pontefice - non esiste da se stesso e per se stesso; è una menzogna politica e pratica, perché la collaborazione e la condivisione delle libertà è necessaria e se Dio non esiste, se Dio non è un'istanza accessibile all'uomo, rimane come suprema istanza solo il consenso della maggioranza. Poi il consenso della maggioranza diventa l'ultima parola alla quale dobbiamo obbedire e questo consenso - lo sappiamo dalla storia del secolo scorso - può essere anche un consenso nel male. Cosi vediamo che la cosiddetta autonomia non libera l'uomo". "Le dittature - ha osservato - sono state sempre contro questa obbedienza a Dio". "La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio sopra il potere ideologico, e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio è sempre l'atto della liberazione, nel quale arriva la libertà di Cristo a noi". "Oggi, grazie a Dio - ha proseguito Benedetto XVI - non viviamo in dittature, ma esistono forme sottili di dittature. Un conformismo, per cui diventa obbligatorio pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e la sottile aggressione contro la Chiesa, o anche meno sottile, dimostrano come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura". "Per i cristiani - ha concluso - obbedire più a Dio che agli uomini, suppone però conoscere veramente Dio e voler veramente obbedire, e che Dio non sia pretesto per la propria volontà, ma che sia realmente Dio che invita, in caso necessario, anche al martirio".
Il "consenso della maggioranza" non si può sostituire "all'obbedienza a Dio", senza la quale la libertà dell'uomo "é una menzogna", come dimostrano le dittature di un tempo, e quella nuova, più "sottile", del conformismo.
MARCO TOSATTI
"Noi cristiani, anche negli ultimi tempi, abbiamo spesso evitato la parola penitenza», ma «adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza». Lo ha detto papa Benedetto XVI nell'omelia della Messa celebrata, nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della Pontificia Commissione Biblica.
Il richiamo del Pontefice alla penitenza è giunto al termine di un ragionamento sul «primato» dell'obbedienza a Dio, che dà a Pietro - ha aggiunto richiamando le parole dell'apostolo davanti al Sinedrio - «la libertà di opporsi alla suprema istituzione religiosa» e sottopone tutti gli uomini al suo giudizio. Un giudizio che, in una prospettiva di vita eterna, non va inteso come un limite, ma come «la grazia» di una possibilità di rinnovamento. «Devo dire che noi cristiani, anche negli ultimi tempi - ha osservato il pontefice - abbiamo spesso evitato la parola penitenza, che ci appariva troppo dura. Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perchè è rinnovamento, è opera della Misericordia divina».
Il "consenso della maggioranza" non si può sostituire "all'obbedienza a Dio", senza la quale la libertà dell'uomo "é una menzogna", come dimostrano le dittature di un tempo, e quella nuova, più "sottile", del conformismo. Lo ha affermato Benedetto XVI nell'omelia della messa celebrata, nella Cappella Paolina in Vaticano, con i membri della Pontificia Commissione Biblica. "L'uomo - ha detto il pontefice - non esiste da se stesso e per se stesso; è una menzogna politica e pratica, perché la collaborazione e la condivisione delle libertà è necessaria e se Dio non esiste, se Dio non è un'istanza accessibile all'uomo, rimane come suprema istanza solo il consenso della maggioranza. Poi il consenso della maggioranza diventa l'ultima parola alla quale dobbiamo obbedire e questo consenso - lo sappiamo dalla storia del secolo scorso - può essere anche un consenso nel male. Cosi vediamo che la cosiddetta autonomia non libera l'uomo". "Le dittature - ha osservato - sono state sempre contro questa obbedienza a Dio". "La dittatura nazista, come quella marxista, non possono accettare un Dio sopra il potere ideologico, e la libertà dei martiri, che riconoscono Dio è sempre l'atto della liberazione, nel quale arriva la libertà di Cristo a noi". "Oggi, grazie a Dio - ha proseguito Benedetto XVI - non viviamo in dittature, ma esistono forme sottili di dittature. Un conformismo, per cui diventa obbligatorio pensare come pensano tutti, agire come agiscono tutti, e la sottile aggressione contro la Chiesa, o anche meno sottile, dimostrano come questo conformismo può realmente essere una vera dittatura". "Per i cristiani - ha concluso - obbedire più a Dio che agli uomini, suppone però conoscere veramente Dio e voler veramente obbedire, e che Dio non sia pretesto per la propria volontà, ma che sia realmente Dio che invita, in caso necessario, anche al martirio".
http://www.lastampa.it/_web/CMSTP/tmplrubriche/giornalisti/hrubrica.asp?ID_blog=196#
Lo scandalo cattolico degli abusi sessuali: è tempo di cacciare i vescovi modaioli e restaurare la fede.
Per chiudere questa giornata 'monografica' sulla pedofilia figlia degli sbandamenti postconciliari, ecco il 'piatto forte', sotto l'aspetto dei toni che, perfino a noi, appaiono talvolta eccessivi. Si tratta di un articolo di Gerald Wagner, editorialista del britannico Telegraph. Questo vi dà già la chiara percezione che questo collegamento tra progressismo e pedofilia è evidente a tutte le latitudini. Dicevamo che i toni dell'articolo sono polemici. Non ce ne scandalizziamo affatto: dopo decenni di martellamento su 'primavere del concilio', sulla 'provvidenziale apertura al mondo', sulla 'aria chiusa preconciliare' (proprio mentre tutt'intorno il cattolicesimo si sfasciava), sentir parlare di "Catastrofe Vaticano II", pur se fosse ingiusto o eccessivo, ha il valore finalmente liberatorio del giudizio critico di Fantozzi nei confronti de La corazzata Potëmkin
Lo scandalo cattolico degli abusi sessuali: è tempo di cacciare i vescovi modaioli e restaurare la fede.
E’ diventato di moda sostenere che lo scandalo di abusi sessuali che attualmente affligge la Chiesa Cattolica è "la più grande crisi dai tempi della Riforma". Oh, davvero? Spiegatemi un po’. Il problema degli abusi è solo una piccola parte della crisi molto più grande che ha travolto la Chiesa dopo la Catastrofe Vaticano secondo, e che è ben più seria della Riforma.
Abolire il celibato? L'ultima cosa di cui un sacerdote che abusa di chierichetti necessita o vuole è una moglie. Non c'è nessun celibato obbligatorio nella Chiesa anglicana, ma ciò non ha impedito a vicari e boy scout di decorare gratificanti quantità di copie di tabloid domenicali del secolo scorso. Il celibato va contro l’idea odierna dell’approccio al sesso ‘non represso’, ‘senza pregiudizi’, ‘metti-tutto-in-piazza’; la sua persistente esistenza è un rimprovero per il mondo occidentale edonista; così Roma deve essere persuasa ad abolirlo - come deve abolire la condanna del divorzio, della contraccezione, dell'omosessualità e di tutti gli altri feticci della società liberale. Sognatevelo, secolaristi!
"Le vittime irlandesi degli abusi deluse dalla lettera del Papa". Naturalmente lo sono. Essi ne sono stati delusi prima ancora di averla letta, prima che fosse scritta. Qualsiasi altra loro risposta diminuirebbe il potere che si trovano a brandire contro la Chiesa. Hanno una ragione di reclamo legittima? Nella maggior parte dei casi, sì. Essi hanno un feroce risentimento contro la "sporcizia" (termine di Benedetto XVI, coniato molto prima che cominciasse la pressione dell'opinione pubblica) che li ha intaccati e trattati come animali.
Come poteva il clero trasgredire così gravemente le dottrine della Chiesa? Quali dottrine? Questi reati hanno avuto luogo nella scia del Vaticano II, quando le dottrine furono gettate via come zavorre. Questi criminali erano i figli di Paolo VI e dell’"aggiornamento". Una volta che hai svilito il Corpo mistico di Cristo, insozzare i chierichetti diventa facile.
I Sacramenti e le pratiche devozionali ‘trascurati’, che il Papa dice avrebbero potuto evitare tutto questo, non avvizzirono sulla vite: essi sono stati scoraggiati attivamente da vescovi e sacerdoti. Nel periodo quando questo abuso era dilagante, c'era solo un peccato mortale nella Chiesa Cattolica: osar celebrare o assistere alla Messa Tridentina in latino. Un sacerdote che stuprasse chierichetti sarebbe stato spostato in un'altra parrocchia; per un sacerdote che avesse avuto l'audacia di celebrare la messa antica – i suoi piedi non avrebbero toccato il suolo.
C'era una volontà determinata tra i vescovi di impedire ogni significativa catechesi ai giovani. Quella è la generazione, totalmente ignorante della fede, che in Irlanda ha raggiunto la prosperità materiale dell'economia della "Tigre celtica". Inizialmente essa ancora frequentava la messa (o ciò che era propinato per messa) solo per conformismo sociale. Poi lo scandalo degli abusi sessuali ha dato agli agnostici irlandesi post-Vaticano II la scusa perfetta per l’apostasia: decine di migliaia di persone che mai erano state abusate, né mai avevano incontrato qualcuno che lo fosse, avevano trovato una scusa per rimanere a letto la domenica mattina.
I sacerdoti pedofili non sono i soli ipocriti. "Io sono così sconvolto dallo scandalo abusi che sto lasciando la Chiesa." Bene. Così, il fatto che alcuni degenerati che mai avrebbe dovuto essere ordinati abbiano violato dei giovani - di per sé un peccato deplorevole - significa che il figlio di Dio non è venuto sulla terra, a redimere l'umanità sulla Croce e a fondare la Chiesa? Questo scandalo terribile compromette le verità della fede non più che la carriera di Alessandro VI o di qualsiasi altro corrotto Papa rinascimentale.
Dovrebbero essere costretti a dimettersi i vescovi? Oh sì - circa il 95 per cento di loro in tutto il mondo. Questi pagliacci nelle loro mitre pseudo-etniche e paramenti in poliestere con simboli cristiani finto-naif, che sproloquiano le loro episcobubbole ecumaniache, hanno supervisionato ben più che gli abusi sessuali: hanno estinto la fede cattolica con le loro fatuità moderniste. Essi dovrebbero essere rinchiusi in monasteri a spendere i loro anni restanti a valutare come render conto al loro Creatore di una guida fallita, che è costata innumerevoli milioni di anime perse.
Benedetto XVI dovrebbe prendere vantaggio di un'ondata popolare di avversione contro l'episcopato fallito per cacciare ogni hippy sessantottino dai pantaloni a zampa d’elefante, che sta ostacolando Summorum Pontificum. Si tratta di un'opportunità unica per abbattere il pastore mercenario e tagliar via il legno morto della Catastrofe Vaticano II. È il momento di interrompere i mea culpa e ricominciare con l’apologetica; per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto negli ultimi 40 anni; per fronteggiare liberali e secolaristi come hanno fatto molte generazioni di cattolici in passato; per proclamare nuovamente le verità immutabili dell’Unica Vera Chiesa che, nella gloria della Risurrezione, non può avere alcun altro legittimo atteggiamento se non il trionfalismo.
Lo scandalo cattolico degli abusi sessuali: è tempo di cacciare i vescovi modaioli e restaurare la fede.
E’ diventato di moda sostenere che lo scandalo di abusi sessuali che attualmente affligge la Chiesa Cattolica è "la più grande crisi dai tempi della Riforma". Oh, davvero? Spiegatemi un po’. Il problema degli abusi è solo una piccola parte della crisi molto più grande che ha travolto la Chiesa dopo la Catastrofe Vaticano secondo, e che è ben più seria della Riforma.
Abolire il celibato? L'ultima cosa di cui un sacerdote che abusa di chierichetti necessita o vuole è una moglie. Non c'è nessun celibato obbligatorio nella Chiesa anglicana, ma ciò non ha impedito a vicari e boy scout di decorare gratificanti quantità di copie di tabloid domenicali del secolo scorso. Il celibato va contro l’idea odierna dell’approccio al sesso ‘non represso’, ‘senza pregiudizi’, ‘metti-tutto-in-piazza’; la sua persistente esistenza è un rimprovero per il mondo occidentale edonista; così Roma deve essere persuasa ad abolirlo - come deve abolire la condanna del divorzio, della contraccezione, dell'omosessualità e di tutti gli altri feticci della società liberale. Sognatevelo, secolaristi!
"Le vittime irlandesi degli abusi deluse dalla lettera del Papa". Naturalmente lo sono. Essi ne sono stati delusi prima ancora di averla letta, prima che fosse scritta. Qualsiasi altra loro risposta diminuirebbe il potere che si trovano a brandire contro la Chiesa. Hanno una ragione di reclamo legittima? Nella maggior parte dei casi, sì. Essi hanno un feroce risentimento contro la "sporcizia" (termine di Benedetto XVI, coniato molto prima che cominciasse la pressione dell'opinione pubblica) che li ha intaccati e trattati come animali.
Come poteva il clero trasgredire così gravemente le dottrine della Chiesa? Quali dottrine? Questi reati hanno avuto luogo nella scia del Vaticano II, quando le dottrine furono gettate via come zavorre. Questi criminali erano i figli di Paolo VI e dell’"aggiornamento". Una volta che hai svilito il Corpo mistico di Cristo, insozzare i chierichetti diventa facile.
I Sacramenti e le pratiche devozionali ‘trascurati’, che il Papa dice avrebbero potuto evitare tutto questo, non avvizzirono sulla vite: essi sono stati scoraggiati attivamente da vescovi e sacerdoti. Nel periodo quando questo abuso era dilagante, c'era solo un peccato mortale nella Chiesa Cattolica: osar celebrare o assistere alla Messa Tridentina in latino. Un sacerdote che stuprasse chierichetti sarebbe stato spostato in un'altra parrocchia; per un sacerdote che avesse avuto l'audacia di celebrare la messa antica – i suoi piedi non avrebbero toccato il suolo.
C'era una volontà determinata tra i vescovi di impedire ogni significativa catechesi ai giovani. Quella è la generazione, totalmente ignorante della fede, che in Irlanda ha raggiunto la prosperità materiale dell'economia della "Tigre celtica". Inizialmente essa ancora frequentava la messa (o ciò che era propinato per messa) solo per conformismo sociale. Poi lo scandalo degli abusi sessuali ha dato agli agnostici irlandesi post-Vaticano II la scusa perfetta per l’apostasia: decine di migliaia di persone che mai erano state abusate, né mai avevano incontrato qualcuno che lo fosse, avevano trovato una scusa per rimanere a letto la domenica mattina.
I sacerdoti pedofili non sono i soli ipocriti. "Io sono così sconvolto dallo scandalo abusi che sto lasciando la Chiesa." Bene. Così, il fatto che alcuni degenerati che mai avrebbe dovuto essere ordinati abbiano violato dei giovani - di per sé un peccato deplorevole - significa che il figlio di Dio non è venuto sulla terra, a redimere l'umanità sulla Croce e a fondare la Chiesa? Questo scandalo terribile compromette le verità della fede non più che la carriera di Alessandro VI o di qualsiasi altro corrotto Papa rinascimentale.
Dovrebbero essere costretti a dimettersi i vescovi? Oh sì - circa il 95 per cento di loro in tutto il mondo. Questi pagliacci nelle loro mitre pseudo-etniche e paramenti in poliestere con simboli cristiani finto-naif, che sproloquiano le loro episcobubbole ecumaniache, hanno supervisionato ben più che gli abusi sessuali: hanno estinto la fede cattolica con le loro fatuità moderniste. Essi dovrebbero essere rinchiusi in monasteri a spendere i loro anni restanti a valutare come render conto al loro Creatore di una guida fallita, che è costata innumerevoli milioni di anime perse.
Benedetto XVI dovrebbe prendere vantaggio di un'ondata popolare di avversione contro l'episcopato fallito per cacciare ogni hippy sessantottino dai pantaloni a zampa d’elefante, che sta ostacolando Summorum Pontificum. Si tratta di un'opportunità unica per abbattere il pastore mercenario e tagliar via il legno morto della Catastrofe Vaticano II. È il momento di interrompere i mea culpa e ricominciare con l’apologetica; per ricostruire tutto ciò che è stato distrutto negli ultimi 40 anni; per fronteggiare liberali e secolaristi come hanno fatto molte generazioni di cattolici in passato; per proclamare nuovamente le verità immutabili dell’Unica Vera Chiesa che, nella gloria della Risurrezione, non può avere alcun altro legittimo atteggiamento se non il trionfalismo.
Fonte: Telegraph
http://blog.messainlatino.it/2010/03/il-clima-postconciliare-e-la-pedofilia_8511.html
La finta vittima dei preti pedofili: coi soldi del Vaticano si paga il golf
La finta vittima dei preti pedofili: coi soldi del Vaticano si paga il golf
di Andrea Tornielli
di Andrea Tornielli
Nel 2007 denunciò una molestia avvenuta da bambino. La Chiesa gli crede e paga 100mila euro per le sedute di psicoterapia che però non ha mai fatto
Era stato ammesso al programma di aiuto e di sostegno per le vittime della pedofilia istituito dalla diocesi di Philadelphia, ma gli oltre 100mila dollari che ha ricevuto tra il 2007 e il 2010 per pagarsi le sedute di psicoterapia sono stati in realtà usati per l’abbonamento al campo di golf, per pagare l’affitto e anche per aumentare le dimensioni del seno della sua ragazza con un intervento di chirurgia plastica.
La storia di Michael W. McDonnel, raccontata dal «Philadelphia Inquirer», rappresenta l’altra faccia della medaglia degli abusi sessuali sui minori perpetrati da sacerdoti e religiosi. Negli anni scorsi, numerose diocesi americane sono state travolte dalle richieste di risarcimento e sono andate in bancarotta. Si sono moltiplicati gli studi legali specializzati in questo tipo di processi e di fronte alla pressione dell’opinione pubblica la Chiesa ha pagato talvolta senza troppe verifiche.
Il caso emerso nei giorni scorsi è emblematico in questo senso. McDonnel, 41 anni, è stato fermato venerdì scorso a Doylestown con l’accusa di furto e truffa. Nel 2007 aveva affermato di essere stato molestato da due sacerdoti quando era chierichetto a Philadelphia e aveva 11 anni. Non ricordava il nome dei due preti pedofili, ma la diocesi ha ritenuto lo stesso di inserirlo nel programma di sostegno alle vittime. Così, l’uomo, ha cominciato a presentare alla Chiesa le ricevute per le sedute di psicoterapia che dovevano curarlo, aiutarlo a superare il trauma subito. In tre anni, fino al febbraio scorso, McDonnel ha presentato la bellezza di richieste di rimborso per 662 sedute, pagate 130 dollari l’ora, per un totale di 87.135 dollari. In più ha chiesto e ottenuto il rimborso delle spese sostenute per gli spostamenti che ha affrontato, circa 13mila dollari. Un detective della contea, che stava indagando su delle irregolarità riguardanti un’attività di McDonnel, si è imbattuto casualmente nella verità. «McDonnel - ha spiegato il procuratore distrettuale della contea di Bucks, David W. Heckler - preparava da solo le false ricevute usando il suo computer di lavoro. In realtà quelle sedute di psicoterapia così necessarie per superare il trauma subito da bambino, non sono mai avvenute».
Ed è più che lecito ora dubitare anche sul racconto che l’uomo ha fatto accusando i due sconosciuti sacerdoti. La vicenda degli abusi, però, non è entrata in alcun modo nella vicenda e l’avvocato di McDonnel, Christopher Serpico ha dichiarato: «Da quello che mi è stato detto, il mio cliente è stato davvero abusato all’età di 11 o 12 anni».
L’arcidiocesi di Philadelphia ha dunque accettato di pagare, senza però verificare come il denaro veniva speso. La portavoce della Chiesa locale, Donna Farrel, non ha voluto commentare la notizia e ha detto di non sapere quali verifiche siano state fatte sul caso, ma ha confermato che la diocesi ha cercato in tutti i modi di semplificare negli ultimi anni le procedure di finanziamento alle vittime. E forse ha semplificato troppo. Dalle indagini è emerso che una buona parte dei soldi ottenuti con le false ricevute non si sa dove siano andati a finire. Ma una parte è stata usata per pagare l’affitto, la pulizia della casa, l’abbonamento al campo da golf, ma anche la consulenza del chirurgo plastico che doveva intervenire per aumentare il seno della fidanzata di McDonnel.
L’uomo non ha però truffato soltanto la Chiesa cattolica. La polizia ha infatti accertato che si è anche intascato più di ottomila dollari di donazioni destinate alle vittime dell’alcolismo e della droga, nel periodo in cui McDonnel lavorava per un programma sociale pubblico dedicandosi alla raccolta di fondi. Intanto però lo scandalo degli abusi sui minori non sembra conoscere tregua. In Olanda i vescovi hanno accettato l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente sulle 1500 denunce già raccolte, relative agli ultimi 55 anni. Mentre in Belgio dal 23 aprile 2010 ad oggi sono stati aperti 270 nuovi dossier presso la commissione istituita dalla conferenza episcopale.
Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/la_finta_vittima_preti_pedofili_soldi_vaticano_si_paga_golf/13-05-2010/articolostampa-id=445017-page=1-comments=1
Era stato ammesso al programma di aiuto e di sostegno per le vittime della pedofilia istituito dalla diocesi di Philadelphia, ma gli oltre 100mila dollari che ha ricevuto tra il 2007 e il 2010 per pagarsi le sedute di psicoterapia sono stati in realtà usati per l’abbonamento al campo di golf, per pagare l’affitto e anche per aumentare le dimensioni del seno della sua ragazza con un intervento di chirurgia plastica.
La storia di Michael W. McDonnel, raccontata dal «Philadelphia Inquirer», rappresenta l’altra faccia della medaglia degli abusi sessuali sui minori perpetrati da sacerdoti e religiosi. Negli anni scorsi, numerose diocesi americane sono state travolte dalle richieste di risarcimento e sono andate in bancarotta. Si sono moltiplicati gli studi legali specializzati in questo tipo di processi e di fronte alla pressione dell’opinione pubblica la Chiesa ha pagato talvolta senza troppe verifiche.
Il caso emerso nei giorni scorsi è emblematico in questo senso. McDonnel, 41 anni, è stato fermato venerdì scorso a Doylestown con l’accusa di furto e truffa. Nel 2007 aveva affermato di essere stato molestato da due sacerdoti quando era chierichetto a Philadelphia e aveva 11 anni. Non ricordava il nome dei due preti pedofili, ma la diocesi ha ritenuto lo stesso di inserirlo nel programma di sostegno alle vittime. Così, l’uomo, ha cominciato a presentare alla Chiesa le ricevute per le sedute di psicoterapia che dovevano curarlo, aiutarlo a superare il trauma subito. In tre anni, fino al febbraio scorso, McDonnel ha presentato la bellezza di richieste di rimborso per 662 sedute, pagate 130 dollari l’ora, per un totale di 87.135 dollari. In più ha chiesto e ottenuto il rimborso delle spese sostenute per gli spostamenti che ha affrontato, circa 13mila dollari. Un detective della contea, che stava indagando su delle irregolarità riguardanti un’attività di McDonnel, si è imbattuto casualmente nella verità. «McDonnel - ha spiegato il procuratore distrettuale della contea di Bucks, David W. Heckler - preparava da solo le false ricevute usando il suo computer di lavoro. In realtà quelle sedute di psicoterapia così necessarie per superare il trauma subito da bambino, non sono mai avvenute».
Ed è più che lecito ora dubitare anche sul racconto che l’uomo ha fatto accusando i due sconosciuti sacerdoti. La vicenda degli abusi, però, non è entrata in alcun modo nella vicenda e l’avvocato di McDonnel, Christopher Serpico ha dichiarato: «Da quello che mi è stato detto, il mio cliente è stato davvero abusato all’età di 11 o 12 anni».
L’arcidiocesi di Philadelphia ha dunque accettato di pagare, senza però verificare come il denaro veniva speso. La portavoce della Chiesa locale, Donna Farrel, non ha voluto commentare la notizia e ha detto di non sapere quali verifiche siano state fatte sul caso, ma ha confermato che la diocesi ha cercato in tutti i modi di semplificare negli ultimi anni le procedure di finanziamento alle vittime. E forse ha semplificato troppo. Dalle indagini è emerso che una buona parte dei soldi ottenuti con le false ricevute non si sa dove siano andati a finire. Ma una parte è stata usata per pagare l’affitto, la pulizia della casa, l’abbonamento al campo da golf, ma anche la consulenza del chirurgo plastico che doveva intervenire per aumentare il seno della fidanzata di McDonnel.
L’uomo non ha però truffato soltanto la Chiesa cattolica. La polizia ha infatti accertato che si è anche intascato più di ottomila dollari di donazioni destinate alle vittime dell’alcolismo e della droga, nel periodo in cui McDonnel lavorava per un programma sociale pubblico dedicandosi alla raccolta di fondi. Intanto però lo scandalo degli abusi sui minori non sembra conoscere tregua. In Olanda i vescovi hanno accettato l’istituzione di una commissione d’inchiesta indipendente sulle 1500 denunce già raccolte, relative agli ultimi 55 anni. Mentre in Belgio dal 23 aprile 2010 ad oggi sono stati aperti 270 nuovi dossier presso la commissione istituita dalla conferenza episcopale.
Fonte: http://www.ilgiornale.it/interni/la_finta_vittima_preti_pedofili_soldi_vaticano_si_paga_golf/13-05-2010/articolostampa-id=445017-page=1-comments=1
La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia
30 marzo 2010
La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia
Perché B-XVI agli irlandesi ha ricordato certi vecchi errori del Concilio
La forza della “Lettera ai cattolici di Irlanda” di Benedetto XVI, dello scorso 19 marzo, sta soprattutto nel suo spirito di autentico rinnovamento e riforma della chiesa. Il richiamo alla penitenza che costituisce il suo filo conduttore non è mai disgiunto dall’appello “agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente”, che nel passato resero grande l’Irlanda e l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla (n. 3). Unico fondamento di questa ricostruzione è però Gesù Cristo “che è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei 13, 8) (n. 9). Rivolgendosi a tutti i fedeli di Irlanda, il Papa li invita “ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale” (n. 12). Questa tradizione non è tramontata, anche se a essa si è opposto “un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici” (n. 4).
In questo paragrafo, che costituisce un passaggio chiave del documento pontificio, il Papa afferma che negli anni Sessanta fu “determinante” “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento del Concilio vaticano fu a volte frainteso” e vi fu “una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari”. “E’ in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la chiesa e per i suoi insegnamenti”, “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In che senso il Concilio poté essere “frainteso”? Il breve, ma significativo accenno di Benedetto XVI merita di essere sviluppato. Occorre ricordare che durante i lavori dell’assise conciliare prese forma l’idea di una chiesa non più militante, ma peregrinante, in ascolto dei segni dei tempi, pronta a rinunziare alla verginità della sua dottrina, per lasciarsi fecondare dai valori del mondo. Offrirsi ai valori del mondo significava rinunziare ai propri valori, a cominciare a quello che è più intrinseco al cristianesimo: l’idea del Sacrificio, che dal mistero della Croce discende in ogni aspetto della vita ecclesiale, fino alla dottrina morale, che un tempo ispirava la vita di ogni battezzato, chierico o laico che fosse.
Il Concilio impose ai vescovi, come un dovere, la “sociologia pastorale”, raccomandando di aprirsi alle scienze del mondo, dalla sociologia alla psicanalisi. In quegli anni era stato riscoperto lo psicanalista austriaco Wilhelm Reich, morto quasi del tutto dimenticato in un manicomio americano nel 1957. Nel suo libro-manifesto “La Rivoluzione sessuale,” Reich aveva sostituito alle categorie della borghesia e del proletariato quelle di repressione e di liberazione, intendendo con questo ultimo termine la pienezza della libertà sessuale. Ciò implicava la riduzione dell’uomo a un insieme di bisogni fisici e, in ultima analisi, ad energia sessuale. La famiglia, fondata sul matrimonio monogamico indissolubile tra un uomo e una donna, era vista come l’istituto sociale repressivo per eccellenza: nessuna considerazione sociologica poteva autorizzarne la sopravvivenza. Una nuova morale, basata sull’esaltazione del piacere, avrebbe presto spazzato via la morale tradizionale cristiana, che attribuiva un valore positivo all’idea di sacrificio e di sofferenza.
La nuova teologia, spinta dal suo abbraccio ecumenico ai valori del mondo, cercò l’impossibile dialogo tra la morale cristiana e i suoi nemici. I corifei della “nuova morale”, che in Italia furono teologi come don Enrico Chiavacci don Leandro Rossi e don Ambrogio Valsecchi, salutarono come maestri del nuovo corso morale Wilhelm Reich e Herbert Marcuse. Nel 1973, a cura di Valsecchi e di Rossi, uscì, per le edizioni Paoline, un pomposo “Dizionario enciclopedico di teologia morale”, che ambiva a sostituire il classico, e ancor oggi prezioso “Dizionario di teologia morale” dei cardinali Francesco Roberti e Pietro Palazzini (la quarta edizione fu pubblicata da Studium nel 1968). Nel nuovo “Dizionario morale”, Enrico Chiavacci sosteneva che “la vera natura umana è di non aver natura” e che l’uomo è tale per la “tensione” che la sua coscienza esprime, indipendentemente dai “divieti” della morale tradizionale. Valsecchi affermava la necessità di svincolarsi da una concezione della morale che facesse appello a una fondazione metafisica della natura umana. Unico peccato, radice di tutti gli altri, quello “contro l’amore”, e unica virtù, quella di assecondare l’amore, naturalmente e non soprannaturalmente inteso.
I nuovi moralisti, definiti da qualcuno “pornoteologi”, sostituivano alla oggettività della legge naturale, la “persona”, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’ “etica della situazione”. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita “funzione primaria di crescita personale” (così Valsecchi), anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui “ho bisogno dell’altro per essere me stesso”, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare. Chiavacci, Rossi e Valsecchi, contestarono pubblicamente, nel 1974, la posizione antidivorzista della Conferenza episcopale, ma continuarono ad essere per molti anni i “moralisti” più in vista della Chiesa italiana. Ancora oggi basta entrare in una libreria cattolica per trovare in primo piano sugli scaffali i loro libri, stampati da case editrici come le Paoline e la Queriniana.
Eppure, ciò che fa riflettere sono proprio vicende esistenziali, come quelle di Ambrogio Valsecchi professore di morale alla Facoltà teologica di Milano, consulente del cardinale di Milano, Carlo Colombo, al Concilio Vaticano II, alfiere della nuova morale, poi dispensato dai voti e sposato (con rito religioso) nel 1975, quindi divenuto nell’ultimo decennio della sua vita psicologo, analista e terapista di coppia. Altrettanto fallimentare è stato l’itinerario di colui che oggi è, con Hans Küng, il principale accusatore di Benedetto XVI: Rembert Weakland. Difensore ad oltranza della “rivoluzione sessuale”, dei diritti dei “gay” e delle donne nella Chiesa, Weakland non è più arcivescovo di Milwaukee dal 2002 quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari detratti dalle casse dell’arcidiocesi. La stampa “liberal”, lungi dal lapidarlo, lo trattò però con molto riguardo, come conveniva a un celebrato campione della Chiesa progressista quale egli era.
I nemici della tradizione hanno sempre preteso di opporre il primato dell’esistenza a quello della dottrina, il cristianesimo concretamente vissuto a quello astrattamente predicato. Il “tribunale della vita vissuta”, a cui essi si sono appellati, ha ribaltato però i loro giudizi e le loro previsioni. Chi ha voltato le spalle alla ferrea intransigenza dei princìpi per ancorarsi al molliccio fondamento della propria esperienza, è spesso fuoriuscito da quella Chiesa che diceva di voler meglio servire. Chi ha negato l’esistenza di una natura da rispettare, ha iniziato col soddisfare gli istinti della natura che negava, per assecondare poi le deviazioni che la volontà offriva alla sua intelligenza, disancorata dal vero. Il passaggio dalla etero alla omosessualità e di qui alla pedofilia è stato, per alcuni, se non cronologicamente, almeno logicamente coerente.
Oggi si può sostenere, in prima pagina di Repubblica, che il celibato ecclesiastico produce pedofilia. Ma su nessun giornale si potrebbe affermare l’esistenza di un nesso altrettanto diretto tra pedofilia e omosessualità. Lo impediscono le leggi di alcuni Stati europei, che hanno introdotto il reato di omofobia, ma più ancora lo vieta la censura culturale e sociale che riduce sempre di più i margini di difesa della moralità. All’interno di un certo mondo cattolico, ancora più grave è considerata l’affermazione di un rapporto, anche solo indiretto, tra la nuova teologia degli anni Sessanta e il pansessualismo che penetrò nella Chiesa dopo il Concilio. Benedetto XVI lo ha fatto e gliene va reso onore.
La nuova teologia e un’ipotesi sulla pedofilia
Perché B-XVI agli irlandesi ha ricordato certi vecchi errori del Concilio
La forza della “Lettera ai cattolici di Irlanda” di Benedetto XVI, dello scorso 19 marzo, sta soprattutto nel suo spirito di autentico rinnovamento e riforma della chiesa. Il richiamo alla penitenza che costituisce il suo filo conduttore non è mai disgiunto dall’appello “agli ideali di santità, di carità e di sapienza trascendente”, che nel passato resero grande l’Irlanda e l’Europa e che ancora oggi possono rifondarla (n. 3). Unico fondamento di questa ricostruzione è però Gesù Cristo “che è lo stesso ieri, oggi e sempre” (Ebrei 13, 8) (n. 9). Rivolgendosi a tutti i fedeli di Irlanda, il Papa li invita “ad aspirare ad alti ideali di santità, di carità e di verità e a trarre ispirazione dalle ricchezze di una grande tradizione religiosa e culturale” (n. 12). Questa tradizione non è tramontata, anche se a essa si è opposto “un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici” (n. 4).
In questo paragrafo, che costituisce un passaggio chiave del documento pontificio, il Papa afferma che negli anni Sessanta fu “determinante” “la tendenza, anche da parte di sacerdoti e religiosi, di adottare modi di pensiero e di giudizio delle realtà secolari senza sufficiente riferimento al Vangelo. Il programma di rinnovamento del Concilio vaticano fu a volte frainteso” e vi fu “una tendenza, dettata da retta intenzione ma errata, ad evitare approcci penali nei confronti di situazioni canoniche irregolari”. “E’ in questo contesto generale” di “indebolimento della fede” e di “perdita del rispetto per la chiesa e per i suoi insegnamenti”, “che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi”.
In che senso il Concilio poté essere “frainteso”? Il breve, ma significativo accenno di Benedetto XVI merita di essere sviluppato. Occorre ricordare che durante i lavori dell’assise conciliare prese forma l’idea di una chiesa non più militante, ma peregrinante, in ascolto dei segni dei tempi, pronta a rinunziare alla verginità della sua dottrina, per lasciarsi fecondare dai valori del mondo. Offrirsi ai valori del mondo significava rinunziare ai propri valori, a cominciare a quello che è più intrinseco al cristianesimo: l’idea del Sacrificio, che dal mistero della Croce discende in ogni aspetto della vita ecclesiale, fino alla dottrina morale, che un tempo ispirava la vita di ogni battezzato, chierico o laico che fosse.
Il Concilio impose ai vescovi, come un dovere, la “sociologia pastorale”, raccomandando di aprirsi alle scienze del mondo, dalla sociologia alla psicanalisi. In quegli anni era stato riscoperto lo psicanalista austriaco Wilhelm Reich, morto quasi del tutto dimenticato in un manicomio americano nel 1957. Nel suo libro-manifesto “La Rivoluzione sessuale,” Reich aveva sostituito alle categorie della borghesia e del proletariato quelle di repressione e di liberazione, intendendo con questo ultimo termine la pienezza della libertà sessuale. Ciò implicava la riduzione dell’uomo a un insieme di bisogni fisici e, in ultima analisi, ad energia sessuale. La famiglia, fondata sul matrimonio monogamico indissolubile tra un uomo e una donna, era vista come l’istituto sociale repressivo per eccellenza: nessuna considerazione sociologica poteva autorizzarne la sopravvivenza. Una nuova morale, basata sull’esaltazione del piacere, avrebbe presto spazzato via la morale tradizionale cristiana, che attribuiva un valore positivo all’idea di sacrificio e di sofferenza.
La nuova teologia, spinta dal suo abbraccio ecumenico ai valori del mondo, cercò l’impossibile dialogo tra la morale cristiana e i suoi nemici. I corifei della “nuova morale”, che in Italia furono teologi come don Enrico Chiavacci don Leandro Rossi e don Ambrogio Valsecchi, salutarono come maestri del nuovo corso morale Wilhelm Reich e Herbert Marcuse. Nel 1973, a cura di Valsecchi e di Rossi, uscì, per le edizioni Paoline, un pomposo “Dizionario enciclopedico di teologia morale”, che ambiva a sostituire il classico, e ancor oggi prezioso “Dizionario di teologia morale” dei cardinali Francesco Roberti e Pietro Palazzini (la quarta edizione fu pubblicata da Studium nel 1968). Nel nuovo “Dizionario morale”, Enrico Chiavacci sosteneva che “la vera natura umana è di non aver natura” e che l’uomo è tale per la “tensione” che la sua coscienza esprime, indipendentemente dai “divieti” della morale tradizionale. Valsecchi affermava la necessità di svincolarsi da una concezione della morale che facesse appello a una fondazione metafisica della natura umana. Unico peccato, radice di tutti gli altri, quello “contro l’amore”, e unica virtù, quella di assecondare l’amore, naturalmente e non soprannaturalmente inteso.
I nuovi moralisti, definiti da qualcuno “pornoteologi”, sostituivano alla oggettività della legge naturale, la “persona”, intesa come volontà progettante, sciolta da ogni vincolo normativo e immersa nel contesto storico-culturale, ovvero nell’ “etica della situazione”. E poiché il sesso costituisce parte integrante della persona, rivendicavano il ruolo della sessualità, definita “funzione primaria di crescita personale” (così Valsecchi), anche perché, a dir loro, il Concilio insegnava che solo nel rapporto dialogico con l’altro, la persona umana si realizza. Citavano a questo proposito il concetto secondo cui “ho bisogno dell’altro per essere me stesso”, fondato sul n. 24 della Gaudium et Spes, magna charta del progressismo postconciliare. Chiavacci, Rossi e Valsecchi, contestarono pubblicamente, nel 1974, la posizione antidivorzista della Conferenza episcopale, ma continuarono ad essere per molti anni i “moralisti” più in vista della Chiesa italiana. Ancora oggi basta entrare in una libreria cattolica per trovare in primo piano sugli scaffali i loro libri, stampati da case editrici come le Paoline e la Queriniana.
Eppure, ciò che fa riflettere sono proprio vicende esistenziali, come quelle di Ambrogio Valsecchi professore di morale alla Facoltà teologica di Milano, consulente del cardinale di Milano, Carlo Colombo, al Concilio Vaticano II, alfiere della nuova morale, poi dispensato dai voti e sposato (con rito religioso) nel 1975, quindi divenuto nell’ultimo decennio della sua vita psicologo, analista e terapista di coppia. Altrettanto fallimentare è stato l’itinerario di colui che oggi è, con Hans Küng, il principale accusatore di Benedetto XVI: Rembert Weakland. Difensore ad oltranza della “rivoluzione sessuale”, dei diritti dei “gay” e delle donne nella Chiesa, Weakland non è più arcivescovo di Milwaukee dal 2002 quando fu “dimissionato” dopo che un ex studente di teologia l’aveva accusato di violenza carnale, rompendo il segreto che lo stesso Weakland gli aveva imposto in cambio di 450 mila dollari detratti dalle casse dell’arcidiocesi. La stampa “liberal”, lungi dal lapidarlo, lo trattò però con molto riguardo, come conveniva a un celebrato campione della Chiesa progressista quale egli era.
I nemici della tradizione hanno sempre preteso di opporre il primato dell’esistenza a quello della dottrina, il cristianesimo concretamente vissuto a quello astrattamente predicato. Il “tribunale della vita vissuta”, a cui essi si sono appellati, ha ribaltato però i loro giudizi e le loro previsioni. Chi ha voltato le spalle alla ferrea intransigenza dei princìpi per ancorarsi al molliccio fondamento della propria esperienza, è spesso fuoriuscito da quella Chiesa che diceva di voler meglio servire. Chi ha negato l’esistenza di una natura da rispettare, ha iniziato col soddisfare gli istinti della natura che negava, per assecondare poi le deviazioni che la volontà offriva alla sua intelligenza, disancorata dal vero. Il passaggio dalla etero alla omosessualità e di qui alla pedofilia è stato, per alcuni, se non cronologicamente, almeno logicamente coerente.
Oggi si può sostenere, in prima pagina di Repubblica, che il celibato ecclesiastico produce pedofilia. Ma su nessun giornale si potrebbe affermare l’esistenza di un nesso altrettanto diretto tra pedofilia e omosessualità. Lo impediscono le leggi di alcuni Stati europei, che hanno introdotto il reato di omofobia, ma più ancora lo vieta la censura culturale e sociale che riduce sempre di più i margini di difesa della moralità. All’interno di un certo mondo cattolico, ancora più grave è considerata l’affermazione di un rapporto, anche solo indiretto, tra la nuova teologia degli anni Sessanta e il pansessualismo che penetrò nella Chiesa dopo il Concilio. Benedetto XVI lo ha fatto e gliene va reso onore.
http://www.ilfoglio.it/soloqui/4769
L'intervento di Introvigne a Strasburgo
Pedofilia. L'intervento di Introvigne a Strasburgo: la traduzione italiana
Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
Udienza sul tema «Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle vittime», Strasburgo, 22 giugno 2010
https://www.facebook.com/note.php?note_id=408490656327
Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa
Udienza sul tema «Abuso di minori nelle istituzioni: garantire la piena protezione delle vittime», Strasburgo, 22 giugno 2010
Intervento del dottor Massimo Introvigne, delegato ad hoc della Santa Sede
1. Sono un sociologo delle religioni, e tra i temi di cui mi sono occupato c’è l’abuso dei minori in istituzioni religiose. Ho scritto diversi testi su questo argomento. Questo breve intervento si concentra sul problema dell’abuso di minori in istituzioni della Chiesa Cattolica. Il problema è stato trattato in profondità da Papa Benedetto XVI nella recente Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda del 19 marzo 2010. Il punto di partenza di questa lettera è che ci sono sacerdoti che hanno abusato di minori. Alcuni casi sono sconcertanti, e perfino disgustosi. Questi casi – negli Stati Uniti, Irlanda, Germania, Austria e altrove – spiegano la parole molto severe del Papa, la sua richiesta di perdono alle vittime, e la sua affermazione che la Chiesa «deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi». Anche se ci fosse un solo caso – e purtroppo i casi sono più di uno – sarebbe sempre un caso di troppo. Nulla in questo mio intervento intende negare l’orrore di quanto è avvenuto in alcune istituzioni cattoliche, che costituisce oggetto di vergogna per la Chiesa intera.
2. Benché il Papa non abbia certamente voluto proporre un’analisi sociologica della crisi, come sociologo sono colpito dalla profondità della sua riflessione, che s’inserisce in dibattiti di grande attualità in corso fra i sociologi e gli storici sociali – soprattutto dopo la pubblicazione nel 2007 dell’influente opera di Hugh McLeod The Religious Crisis of the 1960s (Oxford University Press, Oxford) – sulla rivoluzione silenziosa che ha profondamente cambiato le abitudini morali, religiose e sessuali degli Europei e degli Americani del Nord nei decenni 1960 e 1970. Il Papa afferma che in Irlanda – ma la sua osservazione è ugualmente valida per altri Paesi – si è verificata una «rapida trasformazione e secolarizzazione della società», «un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici», con un «indebolimento della fede» e una «perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti»: «è in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi».
3. Come il Papa afferma nella stessa lettera, «il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa». La rivoluzione sessuale e morale degli anni 1960 ha coinvolto l’intera cultura occidentale. Se il Papa ha espresso «la vergogna e il rimorso» della Chiesa Cattolica, il sociologo deve sottolineare che il problema riguarda tutte le società occidentali dopo la Seconda guerra mondiale e non soltanto la Chiesa. Paragonare i sacerdoti cattolici ad altre categorie può sembrare per qualche verso di cattivo gusto. Ma nello stesso tempo è importante per comprendere il problema nel suo contesto specifico. Secondo l’opera molto spesso citata di Philip Jenkins Pedophiles and Priests (Oxford University Press, New York 1996, pp. 50 e 81), se si paragona la Chiesa Cattolica ad altre organizzazioni religiose negli Stati Uniti si scopre che i casi di abuso di minori sono stati più numerosi in altre denominazioni e religioni, almeno nel periodo di tempo esaminato da Jenkins. Tra l’atro, questi dati dimostrano che il problema non è il celibato. Il personale religioso di altre comunità e religioni è in maggioranza sposato. Il numero di maestri di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili che sono stati condannati per abuso sessuale di minori negli Stati Uniti nell’arco di cinquant’anni è di circa seimila (cfr. Michael Dobie, «Violation of Trust; When Young Athletes Are Sex-Abuse Victims, Their Coaches Are Often the Culprits», Newsday, 9 giugno 2002, p. C25). Secondo il cosiddetto Rapporto Shakeshaft, commissionato dal Ministero dell’Educazione degli Stati Uniti e pubblicato nel 2004, il 6,7% degli alunni delle scuole elementari pubbliche americane è stato molestato da maestri o da personale non insegnante (C. Shakeshaft, Educator Sexual Misconduct. A Synthesis of Existing Literature, U.S. Department of Education, Office of the Under Secretary, Washington D.C. 2004, p. 20). Lo stesso documento ci ricorda che negli Stati Uniti due terzi degli abusi sessuali su minori non vengono da persone estranee alla cerchia familiare – compresi i sacerdoti cattolici e i pastori protestanti – ma da membri della famiglia: zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori.
4. Per quanto riguarda i sacerdoti e le istituzioni cattoliche, pochi Paesi hanno compiuto uno sforzo di raccolta di dati paragonabile a quello del rapporto irlandese della Commission to Inquire into Child Abuse (il cosiddetto Rapporto Ryan) o del rapporto statunitense pubblicato nel 2004 dal John Jay College della City University of the New York. Quest’ultimo esamina gli anni tra il 1950 e il 2002, e conclude che 4.392 sacerdoti e religiosi statunitensi (su un totale di oltre 109.000) sono stati accusati di molestie sessuali a minorenni, con un numero di condanne congruamente più basso. Ci sono anche stati casi clamorosi di sacerdoti accusati ingiustamente. Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei preti americani è pedofilo? Non è così. Secondo la ricerca, il 78,2 per cento delle accuse si riferisce a minori che hanno superato la soglia della pubertà. Avere un rapporto sessuale con una, o un, diciassettenne non è certo una bella cosa per un adulto, e lo è ancora meno per un prete, ma non è pedofilia. In effetti nell’arco di cinquantadue anni il numero di sacerdoti e religiosi accusati di pedofilia, nel senso tecnico di rapporti o molestie sessuali a minori prepuberi, è 958. Anche in questo caso, le condanne sono in numero molto minore rispetto alle accuse.
5. Permettetemi di ripetere che i casi di abusi sessuali di minori da parte di sacerdoti cattolici, benché siano meno numerosi di quanto alcuni media hanno riferito e non siano più diffusi tra i sacerdoti che tra altre categorie in frequente contatto con minorenni, sono oggetto di seria preoccupazione e di «vergogna e rimorso» per la Chiesa, come ha detto il Papa. Nessuna statistica può attenuare la tragedia. Come ha reagito la Chiesa? A questa domanda occorre rispondere tenendo ben fermo il riferimento ai dati e ai testi, che spesso non sono ben compresi da giornalisti che hanno scarsa familiarità con il diritto canonico o con la Chiesa. Per esempio, è stata molto criticata l’istruzione Crimen sollicitationis, che risale al 1922. Normalmente si legge che questa istruzione è del 1962. Ma in effetti il testo del 1962 della Crimen sollicitations è identico a quello di un’analoga istruzione del 1922 intitolata Pagella, se si eccettuano tre piccole aggiunte relative ai membri d’istituti religiosi. Lo stesso testo del 1922 non costituiva tanto una nuova normativa quanto una compilazione di vecchie norme, che si trattava di armonizzare con il Codice di Diritto Canonico che era stato allora da poco pubblicato, nel 1917. Alcuni che attaccano le diocesi cattoliche hanno scoperto la Crimen sollicitationis solo perché è citata nel motu proprio di Giovanni Paolo II Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001. Qualcuno ha pensato di avere finalmente trovato la prova decisiva contro la Chiesa, un documento che avrebbe coperto le inchieste sugli abusi sessuali del clero con uno spesso velo di segretezza. Ma in realtà la Crimen sollicitationis faceva obbligo alle vittime e a chiunque altro fosse venuto a conoscenza degli abusi di denunciarli sollecitamente all’autorità ecclesiastica. Che la successiva procedura canonica dovesse svolgersi a porte chiuse e in segreto era (ed è) normale per cause di questo genere in tutti gli ordinamenti giuridici, e protegge la riservatezza della vittima non meno di quella dell’accusato, che può essere a sua volta colpevole ma anche innocente. Non ha niente a che fare con il tenere nascosti i fatti alle autorità degli Stati, un problema che cade completamente al di fuori dell’oggetto e degli scopi della Crimen sollicitationis, Ma forse l’aspetto più importante è che la Crimen sollicitationis ha avuto una circolazione molto limitata, e fino al primo decennio del secolo XXI le diocesi che dovevano occuparsi di casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti in genere non sapevano neppure che l’istruzione esistesse (cfr. John P. Beal, «The 1962 Instruction Crimen sollicitationis: Caught Red-Handed or Handed a Red Herring?», Studia Canonica, vol. 41 [2007], pp. 199-236).
6. Con il già citato motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001 e il relativo regolamento costituito dalla lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede De delictis gravioribus, pure del 2001, la Chiesa ha riformato le norme canoniche relative a certi crimini, compreso l’abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti e religiosi. Queste regole sono già di per se stesse una prova di quanto la Chiesa Cattolica prenda sul serio il problema dell’abuso di minori da parte di sacerdoti. Lo include nei «delicta graviora», i «crimini più gravi» che le diocesi devono segnalare alla Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma. Contrariamente a quanto talora si è letto, le nuove regole non hanno sottratto al vescovo locale la sua responsabilità. In effetti, la Congregazione studia i documenti che arrivano dal vescovo e in molti casi autorizza l’avvio di una procedura nella diocesi locale. In questo caso il processo è condotto nella diocesi, e la Congregazione opera sia con una funzione di consulenza sia come istanza d’appello. Si deve notare che il Promotore di Giustizia presso la Congregazione può presentare appello anche contro una decisione della diocesi locale che ha giudicato innocente l’imputato. In altri casi la Congregazione e il vescovo possono imporre sanzioni amministrative, come l’esclusione del sacerdote da ogni ulteriore esercizio pubblico del suo ministero. Fin dall’inizio della procedura si raccomanda che il vescovo locale adotti «misure precauzionali per la salvaguardia della comunità, comprese le vittime». Le direttive della Santa Sede, contenute nel testo Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, precisano pure che «va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte».
7. È piuttosto importante notare che la procedura della Congregazione rubrica tra i «delitti più gravi» l’abuso sessuale di minori, ma questo «non significa solo contatto fisico o abuso diretto, ma comprende anche l’abuso indiretto […]. È compreso anche il possesso, o il download da Internet, di materiale pornografico dove compaiono minori. Questo tipo di comportamento è considerato un reato in diversi Paesi. Mentre il browsing su Internet può essere involontario, è difficile concepire situazioni dove sia involontario il download, che non solo implica compiere una scelta o scegliere una specifica opzione, ma spesso comprende un pagamento tramite carta di credito e la fornitura da parte dell’acquirente di informazioni personali che permettono d’identificarlo. […] Secondo la prassi della Congregazione per la Dottrina della Fede anche questo comportamento è considerato un delictum gravius» (Mgr. Charles J. Scicluna, Promotore di Giustizia, «The Procedure and Praxis of the Congregation for the Doctrine of the Faith regarding Graviora Delicta», disponibile sul sito Internet della Santa Sede).
8. Il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e le varie direttive della Santa Sede sono state accompagnate da documenti delle varie Conferenze Episcopali, come la Carta di Dallas del 2002 negli Stati Uniti, le «Direttive su come si debba procedere in casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti e religiosi che rientrano nella sfera d’influenza della Conferenza Episcopl\ale Tedesca» (Leitlinien zum Vorgehen bei sexuellem Missbrauch Minderjähriger durch Geistliche im Bereich der Deutschen Bischofskonferenz), pure del 2002; e simili documenti in Irlanda, nel Regno Unito e altrove.
9. Il John Jay Report del 2004 concludeva che c’era stato un «significativo declino» nel numero di casi nuovi – da non confondersi con casi più antichi, che venivano alla luce o arrivavano a un processo dopo molti anni – emersi nella Chiesa Cattolica fra il 2000 e il 2003. Ci si attende che un nuovo rapporto del John Jay College, di prossima pubblicazione, insista su questa tendenza. Questo conferma che le misure prese dalla Chiesa Cattolica tra la fine del secolo XX e l’inizio del XXI sono state ragionevolmente efficaci. È anche importante notare che il diritto canonico non ha mai favorito le incertezze o i veri e propri insabbiamenti da parte di qualche vescovo. Ai vescovi irlandesi Benedetto XVI ha scritto nella sua lettera: «Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi». Ci furono mancanze di vescovi? Sì, ci furono. Ma furono mancanze commesse contro il diritto canonico, non a causa o con il favore della normativa. Beninteso, il diritto canonico è opera di uomini e come tale può sempre essere migliorato.
10. La Chiesa Cattolica crede pure che la radice profonda di questa tragedia sia il peccato. Benché questo punto possa essere più difficile da capire per i non credenti, il Papa nella sua lettera ha anche affermato che i problemi dei sacerdoti derivano per una parte importante dal fatto che «le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese». A queste pratiche il Papa raccomanda di tornare. Nello stesso tempo sono state prese misure anche sul piano del diritto e della prassi amministrativa, che sono state piuttosto efficaci e forse possono essere studiate da altre istituzioni che oggi patiscono gli stessi problemi. Nessuno ha fatto di più per instaurare nella Chiesa procedure nuove e più rigorose per affrontare questa tragedia del cardinale Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Per questa ragione, sia come cattolico sia come studioso sono profondamente turbato dagli attacchi alla persona e all’insegnamento del Santo Padre. Sono convinto che uno studio di questa materia fondato sui dati e sui documenti, più che sulle emozioni e sui ritagli di stampa, potrà sia confermare come siano appropriati «la vergogna e il rimorso» cui ci chiama il Papa, sia fare emergere il suo ruolo luminoso di avvocato tanto delle vittime quanto di quella stragrande maggioranza dei sacerdoti cattolici che non ha niente a che fare con gli abusi e continua a offrire in silenzio la sua opera quotidiana per l’amore di Dio e per il bene comune della nostra umanità sofferente.
1. Sono un sociologo delle religioni, e tra i temi di cui mi sono occupato c’è l’abuso dei minori in istituzioni religiose. Ho scritto diversi testi su questo argomento. Questo breve intervento si concentra sul problema dell’abuso di minori in istituzioni della Chiesa Cattolica. Il problema è stato trattato in profondità da Papa Benedetto XVI nella recente Lettera pastorale ai cattolici dell’Irlanda del 19 marzo 2010. Il punto di partenza di questa lettera è che ci sono sacerdoti che hanno abusato di minori. Alcuni casi sono sconcertanti, e perfino disgustosi. Questi casi – negli Stati Uniti, Irlanda, Germania, Austria e altrove – spiegano la parole molto severe del Papa, la sua richiesta di perdono alle vittime, e la sua affermazione che la Chiesa «deve in primo luogo riconoscere davanti al Signore e davanti agli altri, i gravi peccati commessi contro ragazzi indifesi». Anche se ci fosse un solo caso – e purtroppo i casi sono più di uno – sarebbe sempre un caso di troppo. Nulla in questo mio intervento intende negare l’orrore di quanto è avvenuto in alcune istituzioni cattoliche, che costituisce oggetto di vergogna per la Chiesa intera.
2. Benché il Papa non abbia certamente voluto proporre un’analisi sociologica della crisi, come sociologo sono colpito dalla profondità della sua riflessione, che s’inserisce in dibattiti di grande attualità in corso fra i sociologi e gli storici sociali – soprattutto dopo la pubblicazione nel 2007 dell’influente opera di Hugh McLeod The Religious Crisis of the 1960s (Oxford University Press, Oxford) – sulla rivoluzione silenziosa che ha profondamente cambiato le abitudini morali, religiose e sessuali degli Europei e degli Americani del Nord nei decenni 1960 e 1970. Il Papa afferma che in Irlanda – ma la sua osservazione è ugualmente valida per altri Paesi – si è verificata una «rapida trasformazione e secolarizzazione della società», «un rapidissimo cambiamento sociale, che spesso ha colpito con effetti avversi la tradizionale adesione del popolo all’insegnamento e ai valori cattolici», con un «indebolimento della fede» e una «perdita del rispetto per la Chiesa e per i suoi insegnamenti»: «è in questo contesto generale che dobbiamo cercare di comprendere lo sconcertante problema dell’abuso sessuale dei ragazzi».
3. Come il Papa afferma nella stessa lettera, «il problema dell’abuso dei minori non è specifico né dell’Irlanda né della Chiesa». La rivoluzione sessuale e morale degli anni 1960 ha coinvolto l’intera cultura occidentale. Se il Papa ha espresso «la vergogna e il rimorso» della Chiesa Cattolica, il sociologo deve sottolineare che il problema riguarda tutte le società occidentali dopo la Seconda guerra mondiale e non soltanto la Chiesa. Paragonare i sacerdoti cattolici ad altre categorie può sembrare per qualche verso di cattivo gusto. Ma nello stesso tempo è importante per comprendere il problema nel suo contesto specifico. Secondo l’opera molto spesso citata di Philip Jenkins Pedophiles and Priests (Oxford University Press, New York 1996, pp. 50 e 81), se si paragona la Chiesa Cattolica ad altre organizzazioni religiose negli Stati Uniti si scopre che i casi di abuso di minori sono stati più numerosi in altre denominazioni e religioni, almeno nel periodo di tempo esaminato da Jenkins. Tra l’atro, questi dati dimostrano che il problema non è il celibato. Il personale religioso di altre comunità e religioni è in maggioranza sposato. Il numero di maestri di ginnastica e allenatori di squadre sportive giovanili che sono stati condannati per abuso sessuale di minori negli Stati Uniti nell’arco di cinquant’anni è di circa seimila (cfr. Michael Dobie, «Violation of Trust; When Young Athletes Are Sex-Abuse Victims, Their Coaches Are Often the Culprits», Newsday, 9 giugno 2002, p. C25). Secondo il cosiddetto Rapporto Shakeshaft, commissionato dal Ministero dell’Educazione degli Stati Uniti e pubblicato nel 2004, il 6,7% degli alunni delle scuole elementari pubbliche americane è stato molestato da maestri o da personale non insegnante (C. Shakeshaft, Educator Sexual Misconduct. A Synthesis of Existing Literature, U.S. Department of Education, Office of the Under Secretary, Washington D.C. 2004, p. 20). Lo stesso documento ci ricorda che negli Stati Uniti due terzi degli abusi sessuali su minori non vengono da persone estranee alla cerchia familiare – compresi i sacerdoti cattolici e i pastori protestanti – ma da membri della famiglia: zii, cugini, fratelli e purtroppo anche genitori.
4. Per quanto riguarda i sacerdoti e le istituzioni cattoliche, pochi Paesi hanno compiuto uno sforzo di raccolta di dati paragonabile a quello del rapporto irlandese della Commission to Inquire into Child Abuse (il cosiddetto Rapporto Ryan) o del rapporto statunitense pubblicato nel 2004 dal John Jay College della City University of the New York. Quest’ultimo esamina gli anni tra il 1950 e il 2002, e conclude che 4.392 sacerdoti e religiosi statunitensi (su un totale di oltre 109.000) sono stati accusati di molestie sessuali a minorenni, con un numero di condanne congruamente più basso. Ci sono anche stati casi clamorosi di sacerdoti accusati ingiustamente. Lo studio del John Jay College ci dice, come si legge spesso, che il quattro per cento dei preti americani è pedofilo? Non è così. Secondo la ricerca, il 78,2 per cento delle accuse si riferisce a minori che hanno superato la soglia della pubertà. Avere un rapporto sessuale con una, o un, diciassettenne non è certo una bella cosa per un adulto, e lo è ancora meno per un prete, ma non è pedofilia. In effetti nell’arco di cinquantadue anni il numero di sacerdoti e religiosi accusati di pedofilia, nel senso tecnico di rapporti o molestie sessuali a minori prepuberi, è 958. Anche in questo caso, le condanne sono in numero molto minore rispetto alle accuse.
5. Permettetemi di ripetere che i casi di abusi sessuali di minori da parte di sacerdoti cattolici, benché siano meno numerosi di quanto alcuni media hanno riferito e non siano più diffusi tra i sacerdoti che tra altre categorie in frequente contatto con minorenni, sono oggetto di seria preoccupazione e di «vergogna e rimorso» per la Chiesa, come ha detto il Papa. Nessuna statistica può attenuare la tragedia. Come ha reagito la Chiesa? A questa domanda occorre rispondere tenendo ben fermo il riferimento ai dati e ai testi, che spesso non sono ben compresi da giornalisti che hanno scarsa familiarità con il diritto canonico o con la Chiesa. Per esempio, è stata molto criticata l’istruzione Crimen sollicitationis, che risale al 1922. Normalmente si legge che questa istruzione è del 1962. Ma in effetti il testo del 1962 della Crimen sollicitations è identico a quello di un’analoga istruzione del 1922 intitolata Pagella, se si eccettuano tre piccole aggiunte relative ai membri d’istituti religiosi. Lo stesso testo del 1922 non costituiva tanto una nuova normativa quanto una compilazione di vecchie norme, che si trattava di armonizzare con il Codice di Diritto Canonico che era stato allora da poco pubblicato, nel 1917. Alcuni che attaccano le diocesi cattoliche hanno scoperto la Crimen sollicitationis solo perché è citata nel motu proprio di Giovanni Paolo II Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001. Qualcuno ha pensato di avere finalmente trovato la prova decisiva contro la Chiesa, un documento che avrebbe coperto le inchieste sugli abusi sessuali del clero con uno spesso velo di segretezza. Ma in realtà la Crimen sollicitationis faceva obbligo alle vittime e a chiunque altro fosse venuto a conoscenza degli abusi di denunciarli sollecitamente all’autorità ecclesiastica. Che la successiva procedura canonica dovesse svolgersi a porte chiuse e in segreto era (ed è) normale per cause di questo genere in tutti gli ordinamenti giuridici, e protegge la riservatezza della vittima non meno di quella dell’accusato, che può essere a sua volta colpevole ma anche innocente. Non ha niente a che fare con il tenere nascosti i fatti alle autorità degli Stati, un problema che cade completamente al di fuori dell’oggetto e degli scopi della Crimen sollicitationis, Ma forse l’aspetto più importante è che la Crimen sollicitationis ha avuto una circolazione molto limitata, e fino al primo decennio del secolo XXI le diocesi che dovevano occuparsi di casi di abusi sessuali commessi da sacerdoti in genere non sapevano neppure che l’istruzione esistesse (cfr. John P. Beal, «The 1962 Instruction Crimen sollicitationis: Caught Red-Handed or Handed a Red Herring?», Studia Canonica, vol. 41 [2007], pp. 199-236).
6. Con il già citato motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela del 2001 e il relativo regolamento costituito dalla lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede De delictis gravioribus, pure del 2001, la Chiesa ha riformato le norme canoniche relative a certi crimini, compreso l’abuso sessuale di minori da parte di sacerdoti e religiosi. Queste regole sono già di per se stesse una prova di quanto la Chiesa Cattolica prenda sul serio il problema dell’abuso di minori da parte di sacerdoti. Lo include nei «delicta graviora», i «crimini più gravi» che le diocesi devono segnalare alla Congregazione per la Dottrina della Fede a Roma. Contrariamente a quanto talora si è letto, le nuove regole non hanno sottratto al vescovo locale la sua responsabilità. In effetti, la Congregazione studia i documenti che arrivano dal vescovo e in molti casi autorizza l’avvio di una procedura nella diocesi locale. In questo caso il processo è condotto nella diocesi, e la Congregazione opera sia con una funzione di consulenza sia come istanza d’appello. Si deve notare che il Promotore di Giustizia presso la Congregazione può presentare appello anche contro una decisione della diocesi locale che ha giudicato innocente l’imputato. In altri casi la Congregazione e il vescovo possono imporre sanzioni amministrative, come l’esclusione del sacerdote da ogni ulteriore esercizio pubblico del suo ministero. Fin dall’inizio della procedura si raccomanda che il vescovo locale adotti «misure precauzionali per la salvaguardia della comunità, comprese le vittime». Le direttive della Santa Sede, contenute nel testo Guida alla comprensione delle procedure di base della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) riguardo alle accuse di abusi sessuali, precisano pure che «va sempre dato seguito alle disposizioni della legge civile per quanto riguarda il deferimento di crimini alle autorità preposte».
7. È piuttosto importante notare che la procedura della Congregazione rubrica tra i «delitti più gravi» l’abuso sessuale di minori, ma questo «non significa solo contatto fisico o abuso diretto, ma comprende anche l’abuso indiretto […]. È compreso anche il possesso, o il download da Internet, di materiale pornografico dove compaiono minori. Questo tipo di comportamento è considerato un reato in diversi Paesi. Mentre il browsing su Internet può essere involontario, è difficile concepire situazioni dove sia involontario il download, che non solo implica compiere una scelta o scegliere una specifica opzione, ma spesso comprende un pagamento tramite carta di credito e la fornitura da parte dell’acquirente di informazioni personali che permettono d’identificarlo. […] Secondo la prassi della Congregazione per la Dottrina della Fede anche questo comportamento è considerato un delictum gravius» (Mgr. Charles J. Scicluna, Promotore di Giustizia, «The Procedure and Praxis of the Congregation for the Doctrine of the Faith regarding Graviora Delicta», disponibile sul sito Internet della Santa Sede).
8. Il motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela e le varie direttive della Santa Sede sono state accompagnate da documenti delle varie Conferenze Episcopali, come la Carta di Dallas del 2002 negli Stati Uniti, le «Direttive su come si debba procedere in casi di abusi sessuali da parte di sacerdoti e religiosi che rientrano nella sfera d’influenza della Conferenza Episcopl\ale Tedesca» (Leitlinien zum Vorgehen bei sexuellem Missbrauch Minderjähriger durch Geistliche im Bereich der Deutschen Bischofskonferenz), pure del 2002; e simili documenti in Irlanda, nel Regno Unito e altrove.
9. Il John Jay Report del 2004 concludeva che c’era stato un «significativo declino» nel numero di casi nuovi – da non confondersi con casi più antichi, che venivano alla luce o arrivavano a un processo dopo molti anni – emersi nella Chiesa Cattolica fra il 2000 e il 2003. Ci si attende che un nuovo rapporto del John Jay College, di prossima pubblicazione, insista su questa tendenza. Questo conferma che le misure prese dalla Chiesa Cattolica tra la fine del secolo XX e l’inizio del XXI sono state ragionevolmente efficaci. È anche importante notare che il diritto canonico non ha mai favorito le incertezze o i veri e propri insabbiamenti da parte di qualche vescovo. Ai vescovi irlandesi Benedetto XVI ha scritto nella sua lettera: «Non si può negare che alcuni di voi e dei vostri predecessori avete mancato, a volte gravemente, nell’applicare le norme del diritto canonico codificate da lungo tempo circa i crimini di abusi di ragazzi». Ci furono mancanze di vescovi? Sì, ci furono. Ma furono mancanze commesse contro il diritto canonico, non a causa o con il favore della normativa. Beninteso, il diritto canonico è opera di uomini e come tale può sempre essere migliorato.
10. La Chiesa Cattolica crede pure che la radice profonda di questa tragedia sia il peccato. Benché questo punto possa essere più difficile da capire per i non credenti, il Papa nella sua lettera ha anche affermato che i problemi dei sacerdoti derivano per una parte importante dal fatto che «le pratiche sacramentali e devozionali che sostengono la fede e la rendono capace di crescere, come ad esempio la frequente confessione, la preghiera quotidiana e i ritiri annuali, sono state disattese». A queste pratiche il Papa raccomanda di tornare. Nello stesso tempo sono state prese misure anche sul piano del diritto e della prassi amministrativa, che sono state piuttosto efficaci e forse possono essere studiate da altre istituzioni che oggi patiscono gli stessi problemi. Nessuno ha fatto di più per instaurare nella Chiesa procedure nuove e più rigorose per affrontare questa tragedia del cardinale Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI. Per questa ragione, sia come cattolico sia come studioso sono profondamente turbato dagli attacchi alla persona e all’insegnamento del Santo Padre. Sono convinto che uno studio di questa materia fondato sui dati e sui documenti, più che sulle emozioni e sui ritagli di stampa, potrà sia confermare come siano appropriati «la vergogna e il rimorso» cui ci chiama il Papa, sia fare emergere il suo ruolo luminoso di avvocato tanto delle vittime quanto di quella stragrande maggioranza dei sacerdoti cattolici che non ha niente a che fare con gli abusi e continua a offrire in silenzio la sua opera quotidiana per l’amore di Dio e per il bene comune della nostra umanità sofferente.
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